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Autore: heitslottie    24/05/2015    2 recensioni
Alexie è un angelo custode, e le cose cominciano ad andare meglio quando le affidano Harry Styles, un bambino problematico che con il passare del tempo non potrà fare a meno di amare.
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Se diciotto anni prima i suoi superiori avessero saputo che tipo di ragazzo sarebbe diventato Harry probabilmente non lo avrebbero affidato ad una novellina come lei. Sta di fatto però che le cose erano iniziate davvero bene, e lei sembrava aver trovato il suo posto nel mondo. Forse proprio Harry era il suo posto nel mondo.
Un giorno Alexie compie un errore che le cambierà la vita, ma che forse la renderà più bella. Si rivela ai suoi occhi.
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Harry Styles, Het
4k parole
heitslottie
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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per alessia
 
Not about angels
 
But if you'd search the whole wide world.
Would you dare to let it go?
'Cause what about, what about angels?
They will come, they will go make us special.
 
1.
Alexie, conosciuta da tutti i suoi amici e colleghi come Lexie, aveva capito ben poche cose della vita, benché avesse vissuto più anni di quanti ne avrebbe voluti. Gli uomini pensano agli angeli come a creature magnifiche, irreali, incapaci di provare sentimenti che non siano altro che amore, gioià o fedeltà. Alexie, che è un angelo, può benissimo permettersi di dire che la realtà non era assolutamente come l'aspettativa umana la immaginava per quelli come lei. 
Essere un angelo era difficile. Sei un umano nell'aspetto -tranne le ali, s'intende- ma non hai il permesso di camminare sulla terra come se niente fosse, non hai il permesso di crearti amici fuori dal paradiso, non puoi permetterti di essere triste o arrabbiato, o nervoso. C'erano stati momenti in cui si era sentita così fuori posto che aveva quasi desiderato di scomparire nel nulla. La sera le grandi ali bianche pesavano così tanto da farle male alla schiena, soprattutto dato che era di corporatura minuta. Quei terribili abiti bianchi che sembravano sacchi dell'immondizia del colore sbagliato le stavano tremendamente male e a volte perfino fare il suo lavoro durante il giorno la scocciava. 
Le cose erano andate meglio quando era stata promossa da angelo cadetto ad angelo custode, e aveva avuto il suo primo incarico: Harry Styles. 
Se diciotto anni prima i suoi superiori avessero saputo che tipo di ragazzo sarebbe diventato Harry probabilmente non lo avrebbero affidato ad una novellina come lei. Sta di fatto però che le cose erano iniziate davvero bene, e lei sembrava aver trovato il suo posto nel mondo. 
Harry era nato l'1 febbraio del 1994, e Alexie aveva dovuto aiutare sua madre a spingere perché quel diavoletto non voleva saperne di uscire fuori. Da quel giorno l'aveva sorvegliato ora per ora, aiutandolo in ogni singola cosa in cui avesse avuto bisogno, a volte anche quando non gli serviva aiuto solo per il piacere di sentirsi importante per lui. 
Lo aveva sorretto per le spalle quando aveva compiuto i suoi primi passi, aveva impedito che cadesse fuori dalla finestra della cameretta quando a tre anni aveva deciso che voleva imparare a volare anche se lui le ali non le aveva, gli aveva messo fuori gioco le ruote dello skateboard perché sapeva che si sarebbe ucciso nel provare ad usarlo. L'aveva anche stretto tra le braccia la notte quando a quindici anni i suoi genitori avevano iniziato a litigare e lo aveva sentito cantare in silenzio dalla cameretta mentre lui faceva la doccia, cominciando a desiderare quei momenti sempre di più perché la voce bassa che aveva cominciato ad avere sapeva creare più magie di quanto fosse davvero possibile. Lo aveva perfino spinto per le spalle per dargli il passo avanti che gli serviva per dare il primo bacio alla ragazza per cui aveva una cotta, sul tronco di un albero non molto lontano da casa sua. 
I primi tredici anni erano passati in un lampo, Harry era un bambino bellissimo e Alexie aveva imparato a conoscerlo meglio di chiunque altro.
Poi si sa che le cose nell'adolescenza si complicano per tutti, ma Harry era davvero cambiato quando i suoi genitori si erano separati, e lui aveva sedici anni. Era diventato schivo e scontroso nei confronti di tutti, perfino nei confronti di sua sorella, con cui aveva sempre avuto un bellissimo rapporto. Aveva cominciato a portare le ragazze in camera per il solo piacere personale, cacciandole via dopo essersi soddisfatto, aveva cominciato a bere e a fumare, talvolta anche qualche innocua canna che gli veniva offerta. Andava male a scuola perché preferiva uscire con quegli amici che la madre non poteva nemmeno sentir nominare. E adesso odiava tutti. Non si sentiva amato da nessuno, ma se solo avesse potuto sentire i pensieri di Alexie avrebbe saputo che qualcuno che lo amava c'era eccome. 

 
2.
Harry era fuori, e da parecchio ormai. L'orologio affisso sul muro della sua camera segnava le due del mattino passate, e dire che Alexie era in ansia sarebbe stato un eufemismo. Era anche vero che Harry stava spesso fuori nel periodo estivo per partecipare a quel milione di feste a cui lei non avrebbe mai potuto partecipare, quindi forse non c'era da preoccuparsi così tanto dell'ora tarda della notte. Ma non poteva impedirsi di sentire quel nodo in fondo allo stomaco che proprio in quel momento aveva: non si sarebbe sentita meglio finché non avesse sentito il rumore delle chiavi di Harry che facevano scattare la serratura della casa in cui abitava. 
Si rese visibile mentre aspettava l'arrivo di Harry perché il potere che permetteva agli angeli di essere invisibili agli occhi degli umani era dispendioso di energie e se in quel momento poteva evitare di utilizzarlo si sarebbe sicuramente sentita meglio. 
Si alzò dal letto di Harry assicurandosi di non lasciare l'impronta del suo corpo tra le lenzuola -dubitava comunque che Harry se ne sarebbe accorto una volta rientrato- e prese a camminare per la stanza osservando ogni minuscolo dettaglio delle pareti, dei mobili e degli oggetti del suo protetto. Agli angeli era proibito condizionare troppo la vita dell'umano che era loro affidato, e per evitare ciò veniva da subito insegnato loro che non dovevano curiosare nei loro oggetti, rendendosi sentimentalmente partecipi della loro vita. 
Ma tanto per lei era ormai troppo tardi.
Così non si sentì in colpa più di tanto quando prese il piccolo quaderno di pelle marrone di Harry tra le mani. Lo prese e si costrinse a sfogliare le pagine tentando di non leggere, ma quando i suoi occhi si fermarono e lessero la data successiva a quella di quel giorno le dita non poterono non fermarsi dallo sfogliare le pagine e gli occhi non poterono non leggere, il cuore non potette non battere più veloce.

 
15 Aprile,
Ieri sera (prima che andassi a dormire) mamma e papà hanno litigato di nuovo. Ma non sono qui a scrivere di questo perché non ho intenzione di fare il sedicenne in crisi che ha bisogno di sfogarsi su un maledetto diario, anche se forse questa sarebbe la mia esatta descrizione.
Sono qui a scrivere perché credo di essere impazzito, o per lo meno di essermi immaginato qualcosa. Quando ieri sera sono corso su in camera per andare a dormire non ho avuto la forza nemmeno di andare in bagno o di mettermi il pigiama. Mi sono rannicchiato sul letto, contro la parete con metà del letto libero, e sono rimasto così per quelle che mi sono parse ore, totalmente in silenzio. Poi ho sentito come se qualcosa si poggiasse dietro di me, non so se riesco a spiegarmi, però contro ogni aspettativa non mi sono spaventato. Ho sentito un braccio piccolo avvolgermi dolcemente, un'altrettanto piccola mano poggiarsi sul mio addome nel tentativo di calmarmi. Ma quando ho girato la testa non c'era nessuno, mentre quella sensazione di venir abbracciato c'era ancora. E' stato davvero strano, ma bello. Mi sono sentito calmo, come se tutte le paure fossero andate via da me in un attimo. Poi mi sono addormentato e al mattino non c'era più niente, nemmeno quella splendida sensazione.
Forse sono impazzito, ma lo scrivo perché è una di quelle cose che voglio ricordarmi e che voglio rileggere fino a che non la imparerò a memoria.
Haz.

Alexie finì di leggere quelle due pagine e sorrise, un po' per il nomignolo con cui Harry si era firmato alla fine, un po' perché era felice di essere riuscita a farlo stare così bene, anche se quel giorno aveva rischiato davvero tanto. Harry avrebbe potuto raccontarlo a qualcuno, e da lì qualche altro angelo sarebbe potuto venirlo a sapere, e poi sarebbe scoppiato il fini-mondo, almeno per lei. Fortunatamente il ragazzo era stato abbastanza riservato da tenere l'episodio per sè. Qualcosa che sapevano solo loro.

"Chi sei tu?"- una voce roca la fece sussultare, si era immersa troppo nei ricordi e nella lettura -"C'è qualche festa in maschera di cui non ricordo e magari alla quale ti ho invitata?"

Alexie si girò con lentezza chiudendo il quaderno alle sue spalle, la paura di quello che stava accadendo che si impossessava pian piano del suo corpo. Sentì le ali percorse da un brivido. Quando si girò completamente Harry era poggiato sullo stipite della porta con una bottiglia quasi vuota tra le mani e un sorriso sghembo sul volto, mentre la osservava da capo a piedi. Alexie realizzò in quell'istante che essendosi resa visibile Harry poteva vederla, e anche fin troppo bene.

"Io.."- la voce gli morì in gola mentre tentava di parlare.

Harry buttò gli occhi al cielo. -"Probabilmente ho bevuto un bicchiere di troppo"- disse, facendo qualche passo avanti barcollando e lasciandosi andare sul letto, il liquido rimasto della bottiglia che sporcava le lenzuola candide -"già, decisamente troppo. C'è un cazzo di bellissimo angelo nella mia stanza!"

Alexie si permise di prendere un respiro, mentre un'idea geniale si faceva spazio nella sua testa. -"Sì, Harry. Sei solo ubriaco. Io non esist0."- Ecco, magari così sarebbe riuscita a sistemare le cose.

Harry annuì chiudendo gli occhi, ormai abbandonato sul letto ed evidentemente non intenzionato ad alzarsi, mentre lei gli metteva sopra uno dei lenzuoli sperando che questo potesse aiutarlo a dormire più in fretta. 

"Me li immaginavo più alti, gli angeli."- borbottò.

Alexie sorrise, poi si diresse verso la finestra, con un peso sul cuore. Una parte di lei sperava vivamente di vedere un Harry che al suo risveglio non sarebbe stato in grado di ricordarsi di lei, l'altra parte della sua testa le gridava con tutte le forze che sarebbe stato meglio se invece si fosse ricordato, perché in realtà lei voleva rivelarsi a lui senza più avere paura, e ciò avrebbe decisamente aiutato.

 
3.
Harry non sembrava trovare la sua camera accogliente come prima, a quanto pare. Dall'istante in cui si era svegliato ed era sceso in cucina per fare colazione non era più risalito, e Alexie non era riuscita a capire se lui si ricordasse di lei. Harry era stato impegnato tutta la mattina, concentrato nel guardare la televisione, e dopo pranzo si era abbandonato con poca grazia sul divano e non sembrava intenzionato a volersi alzare per una qualunque ragione. Alexie era seduta sulla poltrona, e semplicemente lo guardava, non potendo fare nient'altro.
Harry era bello. Come poche persone potevano essere. Ma non bello solo esteriormente. Poco le importava che avesse un fisico alto e magro al punto giusto, poco le importava che avesse quelle mani meravigliose per cui aveva perso la testa, poco le importava che i ricci castani gli incorniciassero perfettamente il viso e poco le importava che avesse quegli occhi verdi così brillanti quanto profondi che l'avevano guardata una volta sola. Poco importava anche che avesse quella splendida voce roca e quelle labbra bellissime. Perché Harry era bello anche dentro, e lei che lo conosceva meglio di chiunque altro poteva dirlo sapendo di affermare qualcosa di assolutamente vero. Aveva quel modo di mascherarsi al mondo che lo rendeva così chiuso, eppure sempre aperto nel conoscere le storie altrui. Aveva quel modo di osservare le persone che non aveva nessun altro: come se ti entrasse dentro con un semplice sguardo. Non c'era un vero modo per descriverlo perché nemmeno un migliaio di parole sarebbero bastate: lui era semplicemente Harry.
A riscuoterla dai suoi pensieri furono Anne e Gemma che si affacciarono alla porta del salone, e Harry abbassò il volume della musica per poterle sentir parlare. 

"Io e Gem andiamo in centro"- disse la mamma di Harry -"ci vediamo stasera, tornerò in tempo per preparare la cena. E mi raccomando, niente casini."

Harry sorrise per poi annuire. -"Non ho quindici anni, mamma."

"No infatti, non li hai, te lo dicevo per questo."- lei gli sorrise e Harry alzò gli occhi al cielo in modo teatrale, per poi riportare lo sguardo sul telefonino che aveva tra le mani.

Non appena la porta scattò Alexie lo vide tirarsi su a sedere, bloccare lo schermo del telefono poggiandolo sul basso tavolino da caffè che c'era davanti al divano e spegnere la televisione ancora accesa con un rapido gesto dopo aver afferrato il telecomando. Tutto questo nel giro di un paio di secondi, che quasi le fecero girare la testa. 
Harry si guardò nervosamente intorno prima di prendere un respiro profondo e il cuore le saltò irrimediabilmente nel petto perché sperava che stesse cercando lei, anche se forse non avrebbe dovuto nemmeno pensarlo. 

Harry chiuse gli occhi prima di parlare nel silenzio della casa, e lei trattenne il respiro. -"Mi sento un idiota perchè sono quasi sicuro di star parlando da solo, ma non credo di poter dimenticare quello che ho visto ieri, sempre che non fossi davvero più ubriaco di quello che ricordo. Ma non era la prima volta che pensavo di non essere solo. Ti prego, se ci sei, esci fuori."

No, non posso, furono i suoi primi pensieri. Rimase immobile sullo schienale della poltrona e le ali richiuse sulla schiena, poi vide Harry sospirare e lasciarsi andare anche lui sullo schienale del divano. Alexie sentì il cuore battere più forte quando Harry parlò di nuovo, stavolta chiudendo gli occhi. -"Ti prego"- sussurrò -"per quanto io mi creda stupido per questo, so che c'eri il giorno che i miei genitori litigarono. Lo so e basta, è tardi per tornare indietro."

Qualcosa dentro di lei le disse che era davvero troppo tardi per tornare indietro, che lui aveva bisogno di lei e che tanto ormai aveva capito. O forse erano solo tutte giustificazioni. Fatto sta che si alzò, si rese visibile e, quando Harry aprì gli occhi, la vide. Inaspettatamente non ci fu nessuna reazione eccessiva in lui, semplicemente sgranò gli occhi e la bocca gli si aprì leggermente in un'espressione di stupore, e il cuore cominciò a battergli più forte nel petto.
Era bella. Non molto alta, ma graziosa nelle sue piccole forme. Era vestita di un'unica tunica bianca che per quanto fosse dritta e sproporzionata non riusciva proprio a farla sembrare sgradevole, mentre i piedi erano nudi sul pavimento. Il capo era un po' chinato in avanti, ma lui riusciva perfettamente a vederle il viso. Gli occhi erano grandi di un verde chiarissimo, le labbra carnose e rosee, il nasino all'insù. L'espressione era neutra, quasi spaventata, eppure le donava. I capelli erano di un castano molto chiaro, vaporosi, che le incorniciavano il viso in maniera dolcissima. Ma la cosa che più colpì Harry furono le ali: grandi, bianche, anche ripiegate sulla sua schiena risultavano magnifiche e maestose.

Trovò il coraggio di parlare. -"Chi sei?"- mormorò.

"Alexie, il tuo angelo custode."

Harry rise, perché la cosa gli sembrava così strana da essere impossibile. Eppure lei era lì, di fronte a lui, e qualcosa gli diceva che non era solo un'immagine della sua pazza mente. -"Da quanto? Come è possibile?"

Lei sorrise a sua volta perché il fatto che lui le stesse parlando la rendeva estremamente felice, per quanto fosse anche preoccupata. -"Da quando sei nato. Non so dirti come è possibile, è così e basta."

"Come posso sapere che non è tutto uno scherzo e che non ci sono delle fottute telecamere nascoste da qualche parte?"

Lei alzò le spalle, come a dire che non ne aveva idea. -"Ti conosco meglio di chiunque altro, forse anche meglio di come tu conosci te stesso. So di ogni piccolo episodio che ti è accaduto ed ho assistito a quasi tutti quelli, ma se non vuoi credermi capisco."

Harry sembrò pensarci, prima di rispondere. -"Fammi qualche esempio."

Lei si sedette, ne aveva a bizzeffe. -"La prima vera canzone che hai cantato è stata Isn't she lovely di Stevie Wonder, quando a tredici anni stavi facendo la doccia. Sempre a tredici anni hai dato il tuo primo bacio, ad una ragazza di nome Wendy Parker, e sono stata proprio io a spingerti per far sì che accadesse. Per un periodo di tempo, quando avevi quindici anni, hai creduto di essere innamorato del tuo migliore amico Louis Tomlinson, ma i tuoi amici Zayn, Niall e Liam ti hanno aiutato a capire che gli volevi solo troppo bene perché ti aveva aiutato a superare momenti difficili. Il tuo primo sport è stato il calcio, e devo dire che eri davvero negato, benché ti riuscissero bene i rigori. Odi la professoressa di musica perché non ti ha voluto ascoltare quando le hai fatto leggere la prima canzone che avevi scritto, musica e melodia. Ah, non ti piace il cioccolato bianco, mangi solo quello fondente o al latte, anche se in generale preferisci i piatti salati. Infatti il tuo piatto preferito è l'arrosto di carne con le patate che tua madre era solita farti tutti i sabato dopo le partite di calcio, soprattutto quando perdevi. E poi ami i gatti, anche se in reltà ne sei allergico."- poi sorrise -"Può bastare o ne vuoi ancora? Ne ho un migliaio, alcune anche molto divertenti."

Harry sorrise arrossendo un po', poi scosse la testa. Era confuso, ma quell'angelo le aveva azzeccate tutte, ed erano cose che non molti sapevano. Qualcosa dentro di lui gli stava dicendo che era tutto vero, tutto dannatamente reale. Quasi fosse uno strano scherzo del destino.

 
4.
Le cose non si erano svolte come Alexie se le era immaginate. Harry non aveva parlato del loro incontro a nessuno, benché fossero passate due settimane. In quei giorni cercava di rimanere in camera da solo -chiuso a chiave- più tempo possibile, così che potesse chiamarla per stare insieme. Non facevano niente di eclatante: parlavano. Seduti sul letto uno di fronte l'altra parlavano di milioni di cose diverse, anche se all'inizio era solo Harry che la riempiva di domande. Gli aveva raccontato di quando gli avevano affidato lui come suo protetto, e di come lei l'avesse seguito passo passo in ogni singola cosa in cui avesse bisogno, cercando di fare del suo meglio per aiutarlo in tutto. Lui rimaneva semplicemente a bocca aperta, sempre più curioso ogni secondo che passavano insieme. 

"Ricordi quando l'anno scorso hai rischiato il debito in matematica?"- gli chiese.

Luì annuì. -"Certo che me lo ricordo, odio quella professoressa quasi quanto odio la materia."

Alexie sorride. -"Potrei averla accidentalmente influenzata positivamente per farti arrivare alla sufficienza"

Harry rise e la ringraziò, poi continuarono a parlare di altre stupidaggini. Harry si sentiva bene con lei. -"Posso toccarti le ali?"- le chiese ad un certo punto.

Alexie sussultò. Tra gli angeli era estremamente raro che accadesse. Le ali erano qualcosa di così personale che anche solo tentare di spiegare la loro importanza per i loro possessori era assolutmente inutile. Così esitò prima di rispondere, ma alla fine annuì perché se c'era qualcuno a cui avrebbe permesso di fare qualcosa di simile quel qualcuno era proprio Harry. Così si alzò dal letto per poi sedersi di nuovo dandogli le spalle.
Harry vide le sue ali bianche spalancarsi, ma non del tutto perché altrimenti quella destra avrebbe toccato la parete accanto al letto. Allungò una mano con straordinaria delicatezza, sapendo di star facendo qualcosa di strano, ma che lo incuriosiva molto. Posò la mano destra sull'ala di fronte a lui, e le piume candide erano così soffici sotto il suo tocca da fargli quasi il solletico. A quel contatto Alexie sospirò chiudendo gli occhi; era una bella sensazione ma era anche molto strana dato che prima di quell'istante non era mai capitato che le toccassero le ali. Harry mosse la mano lentamente lungo il dorso superiore, per poi tornare indietro e spostarla verso l'attaccatura, sempre con molta delicatezza. Vide che l'attaccatura delle ali non aveva una fine, si univa al corpo come parte integrante di esso.

"Come fai ad infilare i vestiti?"- chise Harry, ingenuamente.

Alexie sorrise. -"Non li infilo, mi basta immaginare di averli e loro compaiono, cuciti con lo spazio per le ali come se fossero maniche per le braccia."

Harry annuì. -"Ovviamente, che stupido sono a non averci pensato."

Nel momento esatto in cui ritrasse la mano Alexie chiuse gli occhi e ripiegò le ali su loro stesse, per poi girarsi di nuovo a per poter guardare il ragazzo in quegli occhi che tanto amava. 

"Mi sento strano"- ammise Harry.

E lei sorrise. -"Sarebbe stato strano il contrario, hai appena toccato le ali del tuo angelo custode."




Harry rientrò dalla festa decisamente più presto del solito. Si era convinto ad andare solo perché era il compleanno di Louis, altrimenti non avrebbe preso la decisione di stare per così tanto tempo lontano da lei. Non che lei ne avesse bisogno, e nemmeno che lui ne avesse bisogno, sia chiaro. Solo che gli era diventato difficile starle lontano, e nemmeno lui sapeva il perchè. Si limitava a prendere le cose come venivano e così avrebbe continuato a fare dato che quel comportamento lo aveva portato e lei. Non avrebbe cambiato assolutamente nulla.
Quando aprì la porta rimase un attimo interdetto perché Alexie giaceva sul suo letto, con gli occhi chiusi, il respiro leggero e le ali avvolte intorno al suo stesso corpo come a realizzare una strana coperta di piume bianche. Harry richiuse la porta con delicatezza dietro di sé, per non svegliarla in modo brusco, e ringraziò il cielo che a sua madre a sua sorella non fosse passato per la testa di andare nella sua camera, perché sicuramente sarebbero rimaste un tantino sconvolte nel vedere un angelo sul suo letto.
Si inginocchiò ai piedi di quest'ultimo, accanto a lei.
La prima cosa che Alexie vide quando aprì gli occhi furono quelli verdi e profondi del suo protetto. La sua mano grande le sfiorava con estrema gentilezza la guancia, ed era la cosa che l'aveva fatta svegliare, ma non le dispiaceva affatto.

"Ti eri addormentata."- le spiegò Harry a bassa voce, come se la cosa non fosse già ovvia.

Lei annuì e si alzò un pochino su con la schiena. Non l'avesse mai fatto. Harry approfittò di quel piccolo e semplice movimento, certamente non studiato per quello che stava per arrivare, per baciarla.
Non ci pensò due volte prima di unire le loro labbra, perché inconsciamente l'aveva desiderato dalla prima volta che avevano parlato per davvero. E lei non si tirò indietro perché come poteva non amarlo? Come poteva non desiderare un suo bacio? Come poteva semplicemente non voler cadere nelle sue braccia fino anche a scomparire e a dimenticarsi di se stessa?
E forse era sbagliato perché un angelo non avrebbe dovuto baciare un umano, non avrebbe dovuto amarlo, non avrebbe dovuto e basta. Eppure lei era lì e l'unica cosa che in quel momento riusciva a pensare era che anche se non avrebbe dovuto lo voleva, quindi a fanculo il dovere e per sempre le sue labbra.
Si baciarono per minuti che sembrarono anni, e non sarebbe potuto essere meglio di così.
Perché forse non si trattava di angeli, ma solo di chi era arrivato per restare.


-
Storia scritta per la mia bellissima amica, Alessia, che in questo caso è anche la protagonista. Spero davvero che ti piaccia!
A te che stai leggendo voglio dire grazie per aver deciso di aprire, di leggere e di arrivare fin qua giù. E, dato che ci sei, mi piacerebbe leggere cosa ne pensi della storia!
E' stato molto impegnativo scriverla, ma mi piaceva l'idea e ci ho messo tutta me stessa nella speranza di farla venire come la desideravo!

Lasciate una recensione per favore!

All the love,
heitslottie xx


 
   
 
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