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Autore: Stephanie86    24/05/2015    3 recensioni
[Post!4x11 | Elsanna | Incest | Crossover]
Elsa ed Anna sono tornate a casa. Le loro vite sembrano essere tornate alla normalità.
Ma c'è qualcosa, fra loro. Le sorelle lo sanno e anche se fanno di tutto per ignorare quei sentimenti, essi emergono e le spingono verso una linea di confine che due sorelle non dovrebbero mai superare.
E cosa accade quando il sovrano delle fate, Oberon, si presenta al matrimonio di Anna, accompagnato dal suo dispettoso folletto, Puck? Le cose possono solo farsi più complicate.
Nuove avventure attendono Elsa ed Anna.
_______________________________
Stavano l’una di fronte all’altra, adesso. Il fiato di Elsa le agitava leggermente una ciocca di capelli.
- Non permetterò più a nessuno di separarci. E non andrai più in nessun luogo in cui io non possa raggiungerti – continuò Elsa.
- Questo suona tanto come un 'finché morte non ci separi' – disse, quasi senza riflettere.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Anna, Elsa, Kristoff, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, Lime | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lost and Found'
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“It’s funny how some distance
Makes everything seems small
And the fears than once controlled me
Can’t get to me at all”

[Frozen, Let it Go]

 

 

Non appena i seguaci di Aslan uscirono dalla stretta valle sinuosa, videro l’esercito della Strega Bianca.

Peter ed Edmund avevano guidato il primo attacco ed ora erano in mezzo alla mischia infernale, a combattere. Anna scorse la chioma bionda del maggiore dei fratelli Pevensie, impegnato in una lotta contro un minotauro, mentre Edmund era qualche metro più avanti, alla prese con uno degli orchi dalle zanne lunghe. Qui e là si vedevano centauri, lupi e unicorni che si facevano largo in mezzo ai nemici. Alla luce del sole le creature di Jadis sembravano molto più numerose dell’esercito del leone, più terribili e anche più orrende.

Urla. Grida di rabbia e di dolore. Clangore di spade contro scudi e di corpi che entravano in collisione. A terra c’erano già molti cadaveri, mentre altri che non erano caduti erano stati trasformati in statue dalla Strega, che sostava in mezzo al campo di battaglia, difendendosi con la bacchetta tutte le volte che si sentiva in pericolo.

Susan estrasse il suo corno e vi soffiò dentro, producendo una lunga, lugubre nota, che si espanse per il campo di battaglia.

- Lucy, rimani qui con la scorta che ti ho affidato – disse Aslan, accucciandosi perché la bambina potesse scendere dalla sua groppa. – Alla fine della battaglia ci sarà bisogno di te. Hai ancora ciò che ti ho dato?

- Sì, Aslan – Lucy mostrò una bottiglietta trasparente. – Eccola qui.

- Che cos’è? – volle sapere Anna.

- Cordiale. Un liquore estratto dai fiori di fuoco che crescono su quelle che noi chiamiamo Montagne del Sole. Un dono importante. Poche gocce bastano a guarire le ferite.

Tasch aveva detto ad Elsa che Aslan aveva donato qualcosa ad ognuno dei Salvatori. Uno scudo, sul quale era impressa l’immagine di un leone, e una spada per Peter. L’arco e la faretra piena di frecce per Susan, più il corno che aveva usato un attimo prima. Per Edmund la spada con l’impugnatura d’argento. La bottiglietta di cristallo per Lucy, che aveva con sé anche un pugnale.

- Hai dato un pugnale a Lucy? – domandò Elsa, vedendo l’arma agganciata alla cintura della bambina.

- Lucy non combatterà – intervenne Aslan, con aria grave. – Ma nel caso in cui avesse bisogno di difendersi... potrà usarlo.

- Potrei combattere anch’io – osservò Lucy. – Credo che... beh... sarei coraggiosa.

- Le battaglie diventano ignobili quando combattono bambini così piccoli – commentò il fauno Tumnus, mettendo una mano sulla spalla della piccola Lucy. Le sorrise. Era terreo in volto. Aveva molta paura e non riusciva a nasconderla. Il suo amico Tasch era già sceso in battaglia. Faceva parte della prima ondata guidata da Peter.

Tutti tacquero.

- Elsa, Anna... seguiteci. E ricordate tutti quello che vi ho detto: non avvicinatevi troppo alla Strega almeno finché avrà con sé la bacchetta. – disse Aslan. – Gigante Fracassone, tu chiuderai il gruppo.

- Sì, signore – tuonò il gigante. Nel muovere un passo in avanti sradicò una macchia di cespugli.

- I giganti non sono molto intelligenti. È sicuro farlo scendere in battaglia? – chiese un nano.

- Guarda che ti ho sentito, maledetto nano! – esclamò gigante. – Potrei schiacciarti come un lombrico.

- Ed io ti sfuggirei facilmente visto che sono piccolo e più veloce.

- Basta chiacchiere. – lo interruppe Aslan, severo. – Andate!

I nani lanciarono grida di guerra e si buttarono giù per la china, brandendo asce e mazze, seguiti da un gruppo di centauri. Susan incoccò la prima freccia.

- Non ho mai visto tanti mostri in una volta sola – commentò Anna, con la netta sensazione che lo stomaco le fosse appena finito in gola.

- Anna, puoi ancora restare qui, con Lucy e la scorta di Aslan – le disse Elsa, avvicinandosi. – Saresti al sicuro. Questa è... è una follia.

- Restare qui? – Anna fissò la sorella, con gli occhi sgranati. – Non ci penso nemmeno. Io vado laggiù con gli altri. Ho una spada, la so usare... e ho anche infilzato un lupo di recente, o te ne sei già dimenticata? Mi piacciono le follie.

Elsa non si era dimenticata niente. Né il lupo, né gli occhi di Anna immersi nei suoi dopo che l’aveva ritrasformata in una persona in carne ed ossa con il suo bacio.

- Anna...

Lei la prese per la nuca, avvicinandola quanto bastava perché potesse poggiare le labbra contro il suo orecchio. – Qualsiasi cosa succeda, non ti dimenticare che... ti amo.

 

***

 

La battaglia era come un vortice. Un vortice fatto di facce mostruose e facce umane, di facce infuriate e facce risolute. Facce di pietra, anche. Le facce di chi era già stato trasformato dalla Strega Bianca. Era un vortice fatto di occhi spiritati, del rumore delle lame e delle armature che cozzavano, dell’odore metallico del sangue che già impregnava l’erba della valle, delle urla delle arpie e di altre creature alate che planavano per acciuffare e dilaniare i loro nemici con le zampe munite di artigli.

“Qualsiasi cosa succeda non ti dimenticare che... ti amo”.

Dopo averle detto quelle cose Anna si era buttata nella mischia con la spada sguainata. Elsa l’aveva seguita dopo un attimo di esitazione ed ora si faceva largo in mezzo a quegli esseri diabolici usando il suo potere. Alcune di quelle creature giacevano già a terra e si contorcevano mentre il ghiaccio iniziava a torturarli da dentro. Un orco allungò una mano, afferrandola per la caviglia, ma l’ascia di un nano gli mozzò di netto il braccio.

“Qualsiasi cosa succeda...”

Cercava Anna in mezzo alla calca. Vide Peter, impegnato in un duello contro un altro minotauro, che lo incalzava con il suo spadone. Vide Edmund parare il fendente di un orco con il suo scudo, anche se fu costretto a piegarsi sulle ginocchia. Una freccia di Susan si piantò nella fronte dell’orco che lo minacciava e quello cadde all’indietro, con gli occhi sbarrati. Vide il fauno Tasch che combatteva contro un folletto dall’aria maligna. Vide la criniera dorata di Aslan e udì il suo ruggito. Vide le sue fauci aprirsi e chiudersi, scagliando il lupo che aveva acciuffato molto lontano. Vide Jadis che muoveva la sua bacchetta a destra e a sinistra, mentre nell’altra mano teneva il coltello con il quale aveva assassinato Aslan. Intorno a lei si era creato il vuoto. Sulla testa brillava la corona. Vide il gigante Fracassone abbassare la sua clava ai margini del campo. Altre frecce di Susan che colpivano i bersagli.

Elsa scagliò un’ondata del suo potere contro un minotauro che si era avventato contro Tumnus. Lo colpì alla testa, ma quello continuò ad agitare il suo spadone, fino a quando non si ritrovò con il corno bianco di uno degli unicorni conficcato al centro del petto.

- Oh, ma guarda! È appena stato impalato. – gridò uno dei centauri di Aslan, con una luce folle e divertita negli occhi scuri.

Elsa distolse lo sguardo. Era senza fiato. L’odore del sangue la nauseava. Notò che molti dei nemici di Aslan la evitavano, esattamente come loro evitavano la Strega Bianca.

Vide Anna. La vide mentre sollevava la spada per parare il colpo che un orco voleva infliggerle con la mazza. Elsa cercò di aprirsi un varco per raggiungerla ed aiutarla, ma Anna ebbe il tempo di sgusciare via prima che l’essere potesse calare nuovamente la sua arma.

Poi una mano l’afferrò per la treccia ed Elsa si sentì strattonare all’indietro. Lanciò un grido e allungò le mani, ma prima che potesse sprigionare il suo potere avvertì il morso freddo della lama sulla gola. Sentì il fiato pestilenziale della creatura sul collo. La mano che stringeva l’impugnatura della spada era verde, squamosa come quella di un serpente.

- Ho visto la Regina trasformarti in pietra. Evidentemente non hai imparato la lezione – disse una voce scura e sibilante.

Sentì la lama penetrarle leggermente nel collo. Poi dalle sue spalle venne un suono carnoso. La creatura emise un gorgoglio, allentò la presa sull’arma, che cadde a terra, e lentamente si afflosciò. Elsa si girò di scatto, notando che l’essere aveva un aspetto vagamente umano, ma la pelle era ricoperta di squame verdi e gli occhi erano grandi e dorati, ormai vuoti.

Peter l’aveva trafitto con la sua spada. Il ragazzo era paonazzo. Era anche ferito, ma non sembravano ferite gravi: graffi sul viso e sulle braccia, per lo più. Un labbro spaccato, un taglio sul sopracciglio. Vacillò su gambe malferme. Elsa annientò con il suo potere l’arpia che si era gettata nella mischia per acciuffarlo.

- Peter – mormorò, chinandosi su di lui.

- Sto bene – rispose il ragazzo, togliendosi ciuffi di capelli biondi dalla fronte sudata. – E sono... molto stanco.

Una delle frecce di Susan sfrecciò sopra di loro e colpì Jadis. La colpì al collo, anche se solo di striscio. La Strega Bianca lanciò un grido furibondo e quando un centauro si fece sotto per ucciderla, approfittando del suo momento di distrazione, lei lo trafisse con il pugnale. Ridusse in pietra tre nani che avevano commesso l’errore di avvicinarsi troppo al suo raggio d’azione nella foga della battaglia.  

Ovunque infuriavano i combattimenti.

Il nano cocchiere che aveva guidato le renne bianche della slitta della sovrana le stava sempre vicino, con uno spadone in pugno. Era rosso in viso ed evidentemente spaventato, ma sembrava intenzionato a rimanere attaccato alle sottane della Regina fino alla fine.

- Nano traditore! – urlò un altro nano. – Sei una vergogna per la nostra razza!

Le frecce di Susan continuava a sibilare intorno a loro. Elsa non sapeva più dove volgere lo sguardo, perché ovunque guardasse vedeva cose orribili. E non riusciva più a scorgere Anna.

- Via tutti! – urlò Aslan, scavalcando con un balzo i corpi di alcune creature morenti. – Andate via, presto!

- Aslan, maledetto! Dovresti essere morto! – strillò Jadis.

Il leone spiccò un altro balzo, con le fauci spalancate.

Per qualche momento nessuno capì cosa stesse accadendo. Ad Elsa parve che fossero in gioco almeno tre bacchette, due coltelli e due giganteschi leoni identici ad Aslan. Non avrebbe saputo dire se fosse un’illusione magica di Jadis o se fosse opera della confusione che si era creata, ma vide chiaramente Edmund alla spalle della Regina. Era incredibilmente piccolo rispetto a lei, incredibilmente pallido e fragile, eppure calò la spada con forza, tranciando la bacchetta della Strega a metà. Lei lanciò un nuovo grido di rabbia, mentre Edmund crollava al suolo, lasciando cadere la spada.

Poi Aslan piombò su Jadis, ruggendo.

Elsa non poté più vedere niente, ma udì. Udì le urla agonizzanti della Strega Bianca. Il rumore dei denti che strappavano e laceravano.

Vi prego, basta, pensò la regina di Arendelle.

- Edmund! – Susan comparve con l’arco in mano e la faretra ormai quasi vuota. Si diresse verso il fratello. Nessuno cercò di fermarla. I nemici erano stati presi dal panico quando avevano visto Aslan scagliarsi contro la sovrana.

Il grande leone sollevò la testa dopo un tempo che parve lunghissimo. Le urla di Jadis erano cessate. Aslan aveva il muso sporco di sangue, eppure non perse nemmeno un briciolo della sua regalità. Spalancò la bocca ed emise un nuovo, roboante ruggito.

 

***

 

Nel giro di poco la battaglia si concluse. I nemici, non appena si resero conto che la loro Regina era morta, fatta a pezzi dal leone, avevano cominciato a guardarsi intorno, confusi e disorientati. Alcuni si erano arresi, gettando le armi e buttandosi in ginocchio ai piedi dei loro avversari. Altri cercarono di darsela a gambe. Certi ci riuscirono, sebbene avessero i centauri e gli unicorni alle calcagna, ma non tutti. Quelli che vennero catturati furono subito ridotti all’impotenza, legati e imbavagliati. Il cocchiere di Jadis era tra questi. I nani che lo legarono come un salame gli inflissero anche una serie di pizzicotti. Lo pungolarono con le asce e risero delle sue imprecazioni.

- Statemi lontani! Dannati, andate via! Via!

- Cocchiere, questo è solo l’inizio. Sei fortunato a non essere stato ridotto in poltiglia come la tua amata sovrana. – rispose un nano, colpendolo con il manico dell’ascia.

- La mia Regina mi ha dato tutto. Tutto quello che voi della mia razza non mi avete mai dato.

- Ovvero?

- Cibo. Un posto dove stare! Un lavoro onorevole...

- Quindi frustare le renne della Regina era onorevole?

- Mi ha scelto come suo cocchiere. Io fra tanti!

- Avrei preferito essere messo in catene piuttosto che diventare il suo cocchiere!

La discussione si protrasse per un bel po’.

- Elsa! – Anna venne verso di lei, mentre Peter e Susan erano chini su Edmund.

Elsa si accorse subito che la sorella zoppicava vistosamente. Non aveva più la spada con sé e zoppicava. E perdeva sangue. Molto sangue. La ferita alla gamba le parve molto seria.

Anna le cadde addosso. Sollevò appena le palpebre, osservandola con occhi velati dal dolore. – Ti ho trovata, finalmente...

- Anna... che cosa ti hanno fatto?

- Non l’ho visto arrivare, mi dispiace...

- Non devi preoccuparti, adesso. Ci sono io. Andrà tutto bene. Guarirai. – Elsa la strinse tra le braccia, premendo le labbra contro la sua fronte. La strinse come l’aveva stretta al villaggio amazzone, dopo il combattimento contro Varja. La strinse così come l’aveva stretta quando erano bambine e lei l’aveva ferita accidentalmente.

E ad Anna, sua sorella sembrava persino più bella del solito. Sapeva che la luce che vedeva intorno a lei era dovuta al fatto che stava per perdere conoscenza. Sapeva che era colpa del dolore terribile che le trafiggeva la gamba e la testa. Però allungò una mano con le ultime forze che le rimanevano e con la punta delle dita le toccò la guancia. Fiocchi di neve cadevano, posandosi sui suoi capelli rossi.

- Elsa? – Era Peter. Titubante.

Lei non rispose.

- Elsa, credo che dovremmo portare Anna nelle retrovie. Stiamo portando là tutti i feriti. Anche Edmund...

Elsa si rannicchiò su se stessa per proteggere la sorella. Il cuore le batteva forte nel petto, le orecchie fischiavano e l’unica cosa che contava era tenere stretta a sé Anna, inglobarla se necessario. Nessuno le avrebbe più fatto del male. Non avrebbe dovuto permettere che uno di quei mostri la riducesse in quello stato.

“Qualsiasi cosa succeda, non ti dimenticare che... ti amo”.

Anna aveva già perso i sensi.

- Elsa – La voce di Aslan la costrinse ad alzare la testa. Il leone era molto vicino. Non c’erano più tracce di sangue sul suo muso. Non sembrava nemmeno vagamente provato dalla battaglia. – Peter vuole aiutarti a portare Anna nelle retrovie. Laggiù c’è Lucy. Ricordi? Lei ha il cordiale. Con esso potrà guarire la ferita di tua sorella e quelle di tutti gli altri.

Elsa guardò Peter. Sembrava molto cambiato. Pallido, grave, la bocca ridotta ad una linea piatta, decisamente più adulto, anche se il viso era pur sempre quello di un ragazzino.

“Un liquore estratto dai fiori di fuoco che crescono su quelle che noi chiamiamo Montagne del Sole. Un dono importante. Poche gocce bastano a guarire le ferite”.

- Sì... – mormorò Elsa. – Sì, ti prego. Aiutami, Peter.

In quel momento la terra tremò. Si scosse, come percossa dai piedi di una decina di giganti. Un albero si piegò e si schiantò al suolo. La valle si riempì di gridolini di sorpresa e paura.

Aslan girò la testa di lato, mettendosi in ascolto.

- Che sta succedendo? – domandò un nano. – È un’altra magia?

- No – rispose Aslan. – Nessuna magia. È Lilith. Il demone piange la morte di uno dei suoi figli. Così come ha pianto la morte delle migliaia di figli che sono spirati non appena hanno visto la luce. 

 

***

 

Nelle retrovie c’era un gran viavai. I feriti erano sistemati su barelle di fortuna, fatte di funi, foglie e rami, oppure sedevano contro le rocce o i tronchi degli alberi, stringendosi gli arti o le teste fasciate in qualche modo. Alcuni animali avevano portato delle coperte e si prodigavano per aiutare. Susan correva da una parte all’altra con una borraccia piena d’acqua e un panno bagnato.

Anna venne adagiata con cura da Peter ed Elsa le prese subito la mano, chiudendola nelle sue. Era in preda all’angoscia e le riusciva difficile controllare il suo potere. I cristalli di ghiaccio le svolazzavano intorno come tanti piccoli moscerini.

Le palpebre di Anna tremolarono e si sollevarono un poco. Il suo sguardo era distante. La guardava, ma non sembrava che vedesse davvero. – Elsa... sta nevicando.

- No. Non nevica, Anna. Scusami, sono io, non riesco...

- Vuoi costruire un pupazzo di neve?

Elsa le sorrise e baciò le nocche della sua mano. – Sì. Certo. Faremo tanti pupazzi di neve. Li farò io per te.

- E uno lo chiameremo Olaf. O magari Sven. Potremmo farne uno... a forma di renna... e chiamarlo Sven.

- Tutto quello che vuoi, Anna. Adesso non parlare più. Tra poco starai bene.

Edmund era lì vicino. Letteralmente coperto di sangue, con il viso di un brutto colore verdognolo, le labbra socchiuse e il respiro affaticato.

- Il cordiale, Lucy. Presto! – esclamò Aslan.

- Sì! Sì, Aslan. Ecco... – A Lucy tremavano talmente tanto le mani che sulle prime non riuscì ad aprire la bottiglietta di cristallo.

- Aspetta, ti aiuto io – si offrì Peter.

- Ce la faccio – Lucy svitò il tappo e si chinò subito sul fratello, versandogli qualche goccia di cordiale sulla bocca.

Stettero tutti a fissare l’espressione di Edmund, aspettando un cambiamento. Aspettando che aprisse gli occhi e parlasse. Ma il ragazzo non si mosse.

- Aslan... non funziona – mormorò la bambina.

- Certo che funziona, Lucy – rispose il leone. – Abbi pazienza. Edmund starà bene. Ora tocca ad Anna e agli altri feriti.

Lucy si riscosse e si avvicinò ad Anna, facendo la stessa cosa che aveva fatto con Edmund. Alzò la testa, osservando Elsa, e poi si allontanò, seguendo Aslan.

 

***

 

Sulle prime non accadde niente. Anna non si muoveva, a parte gli occhi che si agitavano sotto le palpebre. La ferita le pareva sempre uguale. Il suo viso era sempre pallido e la mano che stringeva era fredda. Lo stesso valeva per Edmund, accudito da sua sorella Susan.

Dopo una buona mezz’ora, mentre Lucy era ancora impegnata a curare chi ne aveva bisogno e Aslan ridava vita alle statue di pietra con il suo soffio magico, Elsa vide che i graffi sul viso della sorella erano spariti e che lo squarcio nella gamba si stava rimarginando davanti ai suoi occhi.

- Funziona – mormorò, sentendosi inondare dal sollievo.

Edmund si destò di soprassalto e si mise a sedere. Si guardò intorno, disorientato. – Dove sono? Dov’è la Strega?

- La Strega è morta – gli rispose Susan, offrendogli la borraccia perché potesse bere un sorso. – Aslan l’ha uccisa.

- E Peter? Lucy? Loro sono vivi? Stanno bene, vero?

- Sì, nessuno di loro è ferito. Ed è merito tuo.

- Mio? Io ho combinato solo pasticci.

- Niente affatto. Sei stato coraggioso. Ho visto cos’hai fatto. Se non fosse stato per te, la Strega avrebbe trasformato tutti in statue! Tu l’hai disarmata.

Edmund arrossì. – Credo sia... credo sia stata fortuna. Era distratta. È Aslan che l’ha sconfitta.

- Grazie a te. – insistette la sorella.

Edmund volle a tutti i costi alzarsi in piedi. Era decisamente in buona salute. Non solo non era più ferito, ma aveva un’aria diversa, più dolce e serena. – E... Anna? Si riprenderà?

- Sta già meglio. – rispose Elsa.

- Edmund! – strillò Lucy, correndo dal fratello e abbracciandolo stretto. Lui le scompigliò i capelli e rise. – Edmund, sei tornato...

- A quanto pare sì.

Aslan si avvicinò con Peter. Anche il leone sorrideva. – Sono lieto di vederti di nuovo in forze, figlio di Adamo. Peter mi ha detto che in battaglia sei stato molto coraggioso. Anche se non ce n’era bisogno. Lo sapevo già.

Elsa era felice di vedere i quattro fratelli uniti. Erano giovani, ma era sicura che sarebbero stati degli ottimi sovrani per Narnia.

E pensò a casa sua. Ad Arendelle. Al suo regno così lontano. A Kristoff che aspettava il loro ritorno. Aslan aveva detto che esisteva un passaggio, in quel mondo, che avrebbe permesso a lei e ad Anna di tornare a casa.

- Il passaggio esiste – disse Aslan. Ovviamente non c’era bisogno di esprimere i propri pensieri ad alta voce quando era nei paraggi. – Non preoccuparti, Elsa. Farò in modo che raggiungiate presto il luogo di cui vi ho parlato, così che possiate fare ritorno nel vostro mondo.

- Presto? – domandò Peter. Sembrava dispiaciuto.

- Elsa ha un regno che l’aspetta, caro Peter. Come Narnia ha aspettato voi – precisò Aslan.

- Beh, sì... certo, naturalmente.

- Scusalo, Aslan. Credo volesse conoscerle meglio. Soprattutto vorrebbe conoscere meglio Anna. – Susan sollevò un sopracciglio, rimirando il fratello maggiore.

Elsa sorrise.

- No, non è questo! – esclamò Peter, diventando rosso. – Pensavo solo... che... beh, pensavo che sarebbero rimaste ancora un po’... almeno per l’incoronazione e la festa. E pensavo...

-  L’incoronazione avverrà domani, Peter. – annunciò Aslan, quasi fosse la normale routine.

- Domani?

- Ho già preparato tutto. Così anche Elsa ed Anna potranno assistere quando siederete sui troni che vi spettano.

In quel momento alcuni nani trasportarono delle barelle sui quali erano adagiati i corpi senza vita di alcuni membri dell’esercito di Aslan. I morti erano tanti e quella sera i roghi avrebbero illuminato a giorno la valle in cui si era svolta la battaglia contro Jadis.

Prima Elsa vide Tumnus, il fauno amico di Tasch. Aveva i capelli tutti arruffati, zoppicava e aveva il viso bagnato di lacrime. Poi vide un nano afferrare il lembo di una coperta per coprire il volto di uno dei caduti. Elsa intravide appena quella faccia. Ma quello che notò fu sufficiente.

- Aspettate! – gridò.

Quando si era accorta che Tasch non era nei paraggi dopo la fine dei combattimenti, si era detta che probabilmente era rimasto ferito ed era stato trasportato nelle retrovie. Si era detta che probabilmente era tra le persone che Lucy aveva curato con il suo cordiale. Era troppo preoccupata per Anna e non si era fermata a riflettere sul fatto che potesse anche essere...

“Hai detto di chiamarti Elsa?”.

“Sì”.

“È uno strano nome. Il mio è Tasch”.

A prima vista sembrava che il giovane fauno stesse solo dormendo. Il suo viso era bianco come carta ma rilassato. I suoi capelli erano una zazzera rossa e scompigliata, ma non c’erano tracce di sangue. Però era evidente che non c’era più traccia di vita in quel corpo. Il petto era immobile. Le membra non erano semplicemente rilassate ma rigide.

- È morto per salvarmi. – mormorò Tumnus, mordendosi il labbro inferiore. – Un orco mi aveva disarmato e stava per uccidermi... lui... lui è intervenuto. Non avrebbe dovuto. Era troppo grande e troppo forte per Tasch...

Elsa non disse niente. Aveva la gola serrata. Le sue dita sfiorarono gentilmente il viso del fauno, la prima faccia amica che aveva incontrato quando aveva messo piede a Narnia. L’aveva seguita anche se non aveva la minima idea di chi fosse. L’aveva aiutata a raggiungere il castello della Regina e a ritrovare Anna. Si erano dati una mano a vicenda...

- È... morto quasi subito... Lucy non ha potuto aiutarlo... – continuò Tumnus. Aveva ricominciato a piangere.

- Oh, signor Tumnus! – esclamò la bambina, stringendo la mano del fauno tra le sue. – Mi dispiace così tanto!

Per un attimo restarono tutti così, immobili. Lucy con la mano in quella di Tumnus. Elsa con gli occhi spalancati che fissavano Tasch. Anna ancora priva di sensi dietro di lei. Peter, Susan ed Edmund vicini. Il leone che agitava la coda.

- Preparate le pire – annunciò Aslan, rompendo il silenzio.

 

***

 

Elsa cercò di non pensare al corpo senza vita di Tasch, mentre intorno a lei chi era in grado di farlo, si prodigava per eseguire al meglio l’ordine di Aslan. Peter ed Edmund davano una mano, in silenzio, mentre Susan si distraeva affilando la punta delle frecce che le erano rimaste, seduta su un tronco caduto.

Anna continuava a dormire. La ferita era ormai completamente rimarginata.

Elsa giocherellò con una ciocca dei suoi capelli rossi. Si chinò per sfiorare la sua fronte con le labbra, leggermente, senza fare pressione.

- Sai cosa mi ricorda tutto questo? – le disse Elsa, rimanendo piegata su di lei, parlandole come se potesse sentirla. – Mi ricorda... quella volta in cui ti sei ammalata e non sei venuta a bussare alla mia porta.

Le palpebre di Anna tremolarono. Accanto a loro un giovane satiro con degli strani capelli ritti come gli aculei di un porcospino si rigirò sotto la coperta che gli avevano dato, senza destarsi.

- Ero così... abituata a sentirti bussare... ti fermavi sempre davanti alla porta della mia stanza, bussavi, mi chiedevi di uscire a giocare con te, mi chiedevi... se volevo costruire un pupazzo di neve... e ovviamente io ti rispondevo di andartene. Pensavo fosse troppo pericoloso per te. – Si interruppe qualche istante. – Però il giorno in cui non ti ho sentita bussare alla mia porta... ho capito che poteva esserti successo qualcosa. Tu non ti arrendi mai, Anna. Non ti sei mai arresa. Ero... ero preoccupata... e la mamma mi ha detto che ti eri ammalata.

Per lei era difficile ricordare quei momenti. I momenti in cui non faceva altro che scacciare la sorella, quando avrebbe solo voluto aprire quella porta e abbracciarla forte. I momenti in cui le diceva di andarsene, quando invece avrebbe voluto uscire in giardino e costruire quel maledetto pupazzo. Vederla sorridere. Vedere i suoi occhi brillare come quando giocavano da bambine, prima dell’incidente.

- Ho chiesto se potevo vederti. Non ci ho nemmeno riflettuto. Dovevo assicurarmi che stessi bene. – continuò Elsa, toccandole la fronte e accarezzandola piano. – E la mamma mi ha lasciato entrare nella tua stanza. Eri... eri buffa. Dormivi in una posizione assurda... ed eri molto calda. Quando ti ho toccata... eri molto calda. Ma hai sorriso. Perché mi hai sentita... e il freddo della mia pelle ti ha dato un po’ di sollievo.

“Vuoi che ti lasci da sola con lei?”, le aveva chiesto sua madre.

Probabilmente Gerda si era domandata se fosse la cosa giusta da fare, lasciare la figlia da sola con la sorella, pur sapendo di quel potere, pur sapendo che era rischioso. Forse aveva ripensato alla sua, di sorella. Ad Ingrid che uccideva involontariamente Helga.

Elsa ricordava anche la sua paura. La paura di farle del male anche solo sfiorandola.

Ma quella volta aveva cercato di non avere paura.

- Mi sono avvicinata al tuo letto e ti ho dato un bacio... non te lo puoi ricordare, ma io sì. Io me lo ricordo. Ti ho dato un bacio anche se avevo paura. E ti ho detto che ti volevo bene. Poteva essere la mia ultima occasione...

L’aveva fatto con il cuore in gola e poi era scappata via.

Si chinò di nuovo per baciarla in mezzo agli occhi e poi scese più in basso, appoggiando le labbra sulla sua guancia, vicino alla bocca.

 

***

 

 

Angolo autrice:

Buonsalve a tutti!

Come al solito mi scuso per i tempi biblici con cui aggiorno e preciso alcune cose che riguardano questo capitolo:

Nel romanzo di Lewis non è Aslan a donare quegli oggetti ai fratelli Pevensie, ma Babbo Natale. Dato che non mi sembrava proprio il caso di inserire Babbo Natale in questa storia (niente contro Babbo Natale ovviamente ^^ solo che mi sarebbe parso un po’ ridicolo, ecco), ho cambiato questo particolare.

Devo ringraziare un mio amico Oncer che, tempo fa, scrisse una piccola storia su Elsa ed Anna, in cui Anna, appunto, si era ammalata e la sorella le faceva visita anche se aveva paura di farle del male. Il mio amico mi ha permesso di inserire la sua idea nella mia storia.

La one shot si chiama “Oggi per l’ultima volta”.

Il bacio che Elsa dà ad Anna è un piccolo rimando a La Regina delle Nevi, fiaba di Andersen, in cui Kay viene incantato dalla Regina delle Nevi con un bacio.


   
 
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