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Autore: mudblood88    24/05/2015    3 recensioni
Seguito di "I cattivi non hanno mai un lieto fine, ma Regina ha Emma."
TRATTO DAL TESTO:
«Vuole il tuo cuore, Emma».
«Non mi importa» rispose la bionda, con fermezza. «Non ti lascerò andare da sola».
Regina fece un passo verso di lei, trovandosi a pochi centimetri dal suo viso.
«Emma, ascolta...»
«No» la interruppe, alzando le mani in un gesto deciso. «Non mi importa, qualsiasi cosa dirai ho preso la mia decisione. Avevo promesso a Henry che mi sarei presa cura di te. Che ti avrei protetta. Ed è quello che ho intenzione di fare. Io sono la Salvatrice!»
«Emma» disse Regina, in tono grave. «A volte... anche la Salvatrice deve essere salvata».
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Henry Mills, Regina Mills, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2

Ventotto giorni prima del solstizio d'estate


 
 

Per Henry fu facile fare irruzione di nuovo nel negozio del signor Gold, perché dopo tutto quello che era successo, tra le loro priorità non c'era quella di preoccuparsi di chiudere la porta.

Aveva corso dall'ospedale fino al negozio senza mai fermarsi, e una volta entrato dovette accasciarsi a terra per riprendere fiato. Teneva ancora il giacchetto di Emma stretto tra le braccia, se lo rigirò tra le mani come per assicurarsi che non gli scivolasse via.

Inspirò a fondo e si rialzò, guardandosi intorno. Si diresse subito alla teca delle pozioni di Tremotino, ancora aperta e coi vetri rotti a terra. Notò che c'erano soltato quattro fialette, ma non aveva idea di quale fosse la pozione localizzante. Perciò decise di prenderle tutte. Non sapeva se effettivamente gli sarebbe servita, ma preferiva non farsi trovare impreparato.

Infilò le fiale nello zaino, e decise di stiparci anche il giacchetto di Emma, almeno sarebbe stato al sicuro. Poi rivolse la sua attenzione all'armadio. Le ante erano socchiuse, ed Henry le spalancò, liberando un fascio di luce. Era la luce del Pozzo dei Desideri.

Si guardò intorno per un attimo, prima di muovere un passo dentro l'armadio. Non era sicuro che l'avrebbe portato dove voleva, ma era la sua unica possibilità. Aveva pensato di andare a New York a cercare direttamente Tremotino, ma se si fosse trovato in una New York del futuro? Cos'avrebbe fatto poi?

Ripensò alle ultime parole di Emma; si fidava di lei, si fidava del suo istinto e dei suoi giudizi. Se gli aveva detto di tornare ad Arendelle era la scelta giusta.

Sospirò e si convinse ad entrare nell'armadio, richiudendosi le ante alle spalle. E in un attimo il fascio di luce verde lo avvolse.

Fu sbalzato fuori dal Pozzo dei Desideri rischiando di rompersi l'osso del collo. Rimbalzò sull'erba fredda e rotolò per un paio di metri, prima di fermarsi ai piedi di un grosso albero.

«Ahia!» brontolò, massaggiandosi la schiena.

Poi subito si sfilò lo zaino, controllò che le fiale delle pozioni fossero intatte e anche che il giacchetto fosse ancora al proprio posto. Non sapeva perché, ma aveva come la sensazione di poterlo perdere da un momento all'altro. E quella era l'unica cosa che gli rimaneva di Emma, l'unica cosa che l'avrebbe riportato da lei e Regina.

Tirò un sospiro di sollievo nel vedere che era tutto quanto a posto. Poi, frugando nello zaino, si ritrovò in mano la mappa di Arendelle che Elsa aveva dato a loro.

Sorrise. Con quella avrebbe raggiunto il castello il prima possibile. Elsa e Hans avrebbero saputo aiutarlo.

Rimise tutto nello zaino e solo in quel momento, per la prima volta, si guardò intorno. Era giorno. Non sapeva se mattino o pomeriggio, ma di sicuro non era sera come in quella strana Storybrooke del futuro, quindi se era fortunato era davvero tornato indietro, nel posto giusto, al momento giusto.

Rallegrato da questi pensieri e mosso da una nuova determinazione, prese la mappa e cominciò a seguire il percorso che l'avrebbe riportato al castello.

 

**

 

Emma stava rischiando di impazzire.

Era rinchiusa in quella cella da tutto il giorno, non aveva notizie di Regina e non riusciva nemmeno a parlare con Neal. Non che sarebbe servito a qualcosa, probabilmente. Il ragazzo non era particolarmente loquace, nè ben disposto ad ascoltare le sue ragioni. Tutto ciò che gli importava era che aveva fatto irruzione in un negozio, e quando provò a spiegargli come erano andate veramente le cose – menzionando il loro viaggio attraverso l'armadio – aveva capito che il ragazzo non sapeva niente della magia, oltre che essersi guadagnata un controllo con l'alcol test.

Ad aggravare il tutto, c'era il fatto che aveva coinvolto nelle sue malefatte un minorenne – attualmente scomparso - e una donna incinta.

Insomma, Emma stava rischiando di impazzire.

Neal entrò nell'ufficio dello Sceriffo soltanto nel pomeriggio successivo alla notte del suo arresto.

«Buon giorno signorina Swan» la salutò, posando un caffè sulla scrivania. Si tolse la giacca – Emma constatò che aveva anche lui una passione per le giacche in pelle – e poi recuperò il bicchiere, sorseggiando un po', guardando dritto nella direzione di Emma.

«Buon giorno un cavolo!» sbraitò Emma, incapace di trattenersi. Ma se ne pentì subito. «Scusami. Sono nervosa».

«Le conviene rilassarsi» suggerì Neal, sedendosi sulla sedia dietro la scrivania. «Altrimenti così non andiamo da nessuna parte».

Emma sbuffò. «Io di certo non vado da nessuna parte» borbottò. «Vorrei parlare con Mary Margaret e David, se è possibile».

Neal si rialzò e fece qualche passo verso di lei. «Non mi ha ancora detto come conosce i miei genitori».

Emma strinse i pugni intorno alle sbarre della cella. «Non ci crederesti mai, se te lo dicessi».

Neal non rispose, così Emma approfittò di quel momento per chiedergli di Regina. «Posso avere notizie sulla donna che è stata ricoverata ieri sera? Sta bene?»

«Mi piacerebbe molto darle queste informazioni» replicò Neal. «Ma lei, in fin dei conti, è una sconosciuta e per il momento è una detenuta».

Emma alzò gli occhi al cielo.

«Quindi penso che dovrà aspettare di essere di nuovo libera».

«E questo quando accadrà, di grazia?» Emma gridò più forte di quanto non volesse. Sicuramente quell'atteggiamento così poco collaborativo non avrebbe migliorato la sua posizione, ma era più forte di lei.

Il cellulare di Neal squillò. Il ragazzo rispose e dopo una breve conversazione annunciò ad Emma di dover uscire per un'emergenza.

«Mi raccomando, non faccia danni mentre sono via» disse, con un sorriso beffardo.

Emma trasalì. Quel sorriso le ricordava, vagamente, il suo. Molti anni prima, quando faceva la cacciatrice di taglie, quando non era ancora stata stravolta dal mondo delle fiabe e dai doveri da Salvatrice.

Fu solo quando sentì la porta dell'ufficio richiudersi che Emma valutò le opzioni che aveva.

Per prima cosa, doveva uscire di lì e andare a trovare Regina. Doveva sapere se stava bene, doveva avere sue notizie o sarebbe letteralmente impazzita. In secondo luogo, doveva trovare Mary Margaret e David. Non aveva ancora capito se, in quella strana Storybrooke, fosse saggio farsi vedere dagli altri. Ripensò al suo viaggio nel passato insieme a Uncino, quando erano stati costretti a muoversi sotto falsa identità per non farsi vedere e non cambiare gli eventi futuri. Ma in questo caso, pensò, era diverso; non c'erano eventi futuri da cambiare, perché quello era il futuro.

«Regina sicuramente saprà cosa fare» bisbigliò tra sé e sé, guardandosi intorno nella cella.

Regina.

I suoi pensieri erano sempre per Regina.

Si erano separate da meno di un giorno e lei stava rischiando di andare nei matti.

Se fosse stata insieme a Regina avrebbe saputo come comportarsi in questo strano contesto, e avrebbe anche saputo come poter contattare Henry.

Henry.

L'aveva spedito ad Arendelle, nella speranza che con l'aiuto di Elsa e Hans riuscisse a trovare un modo per contattare Tremotino. Insieme avrebbero potuto risolvere tutto quel casino.

Ma se il ragazzino non fosse mai arrivato ad Arendelle? Se attraverso l'armadio fosse arrivato in un altro luogo, o un'altra epoca? Se gli fosse capitato qualcosa ancora prima di raggiungere il negozio del signor Gold?

Si prese la testa tra le mani, sopraffatta da tutte quelle domande che le causavano un mal di testa fulminante.

Aveva dormito pochissimo e mangiato ancora meno. Si sentiva stanca, debole e piena di rabbia. Ma non doveva cedere, non poteva cedere.

«Io sono la Salvatrice» si disse. «Io sono la Salvatrice».

Prese a camminare avanti e indietro nella cella.

«Io sono la Salvatrice» ripeté. Sentì la frustazione crescerle dentro sempre più forte. «Io sono la Salvatrice!»

Stavolta aveva gridato. Per fortuna che era sola nell'ufficio, altrimenti Neal le avrebbe fatto rifare l'alcol test come la sera prima.

Poi, all'improvviso, comprese cosa doveva fare. Si guardò le mani, che tremavano, e si avvicinò alla serratura della cella. Inspirò a fondo.

Forse la magia non funzionava, lì, ma doveva fare un tentativo. Era la sua sola possibilità.

Posò una mano sulla serratura, si concentrò, e dopo pochi istanti la porta della cella si aprì, spinta da una piccola luce bianca.

Tuttavia, non uscì subito. Si meravigliò di quanto fosse stato facile, ma decise di non preoccuparsene, non in quel momento. Valutò i pro e i contro di quella situazione, nonostante la smania di rivedere Regina la spingesse a correre fuori dall'ufficio.

Scappando, la sua posizione si sarebbe aggravata ancora di più. Neal le avrebbe dato la caccia, e una volta trovata l'avrebbe rinchiusa di nuovo. Ma sapeva bene come funzionavano quelle cose a Storybrooke, almeno nella vecchia Storybrooke. Sarebbe rimasta in cella qualche giorno e poi l'avrebbero rilasciata. Ma in questa nuova Storybrooke, cosa le sarebbe accaduto? Cosa sarebbe accaduto a Regina?

Regina.

Sicuramente si sentiva spaesata. Sicuramente aveva bisogno di riposte, aveva bisogno di qualcuno accanto. E quel qualcuno era, senza dubbio, lei.

Quei pensieri la spinsero a uscire dalla cella, senza neanche preoccuparsi di chiudersi la porta alle spalle. Si guardò intorno, e vide una felpa nera appesa all'attaccapanni. Non era il suo giacchetto, pensò, ma andava bene comunque. La prese, se la mise addosso – le stava larga – e si tirò su il cappuccio.

Doveva andare in ospedale da Regina. Sapeva che quello era il primo posto dove Neal l'avrebbe cercata, ma non le importava. Doveva assicurarsi che stesse bene, dopo si sarebbero accordate su come affrontare quella situazione. Poi avrebbe cercato David e Mary Margaret, nella speranza che potessero aiutarla.

Mentre usciva dall'ufficio, cercò di convincersi che tutto sarebbe andato per il meglio. Prima di allontanarsi, decise di sigillare la porta con un incantesimo, così avrebbe guadagnato un po' di tempo con Neal. Si sforzò di ricordare tutto quello che Regina le aveva insegnato, ma non ce ne fu bisogno; il solo pensare a lei era sufficiente per farle sprigionare la magia necessaria.

Quando si incamminò verso l'ospedale, avvolta nella felpa nera col cappuccio sulla testa, stava di nuovo scendendo la sera.

 

**

 

Regina aprì gli occhi, trovandosi davanti un soffitto bianco. Non ricordava niente di ciò che era successo, ma ancora prima di guardarsi intorno si rese conto di dove si trovava; l'odore di medicinali e di malati propagava per tutta la stanza.

Spostò la testa di lato, sentendola pesante. Vide una flebo, attaccata al suo braccio, e i suoi vestiti adagiati su una sedia non distante dal letto.

Era ancora stordita, e i ricordi faticavano ad arrivare; l'ultimo luogo in cui ricordava di essere stata era il negozio del signor Gold, dopo aver attraversato l'armadio.

Un dottore entrò in quel momento, facendola sussultare.

«Signorina Mills, che piacere vederla sveglia» esordì. «Si ricorda qualcosa di ciò che è accaduto?»

Regina mosse la testa per dire no.

Un'infermiera le portò un po' d'acqua e la aiutò a sistemarsi con la schiena più dritta, contro i cuscini.

«Che cosa mi è successo? Perché mi trovo qui?» domandò Regina, con voce flebile.

«Ha subito un forte stress» spiegò il dottore. «E nella sua condizione può rivelarsi un grosso problema».

Regina strizzò un po' gli occhi. «Nella mia condizione?»

Il dottore sorrise. «Signorina Mills, congratulazioni. Lei è incinta di cinque settimane».

Regina si sentì sprofondare.

Fu come se tutto intorno a lei fosse diventato inconsistente; le pareti, i mobili, perfino il letto su cui riposava. Le sembrava di precipitare in un buco nero.

Fu travolta da una marea di emozioni contemporaneamente. Prima lo smarrimento, e lo shock di ricevere una tale notizia; poi senso di colpa, perché i ricordi riaffiorarono con prepotenza, e lei si ricordò di aver visto nel libro delle immagini di sé stessa incinta, ma le aveva tranquillamente ignorate. E aveva messo a rischio la vita del bambino, oltre che la sua.

Poi, all'improvviso, arrivò la gioia; aveva sempre desiderato portare in grembo un figlio suo, ma aveva passato metà della sua vita a inseguire una vendetta insensata, invece che cercare di costruirsi una famiglia.

Una famiglia.

Henry ed Emma.

«C'erano delle persone con me» disse, con lo sguardo perso nel vuoto. «Un ragazzo sui tredici anni e una donna bionda. Dove sono?»

Il dottore le rivolse uno sguardo incuriosito.

«Il ragazzo, per quel che ne so, è scappato dall'ospedale e non penso l'abbiano trovato. La donna invece è stata arrestata».

E ancora una volta, Regina si sentì sprofondare.

«Arrestata?» gridò, agitandosi. «Scappato? Quel ragazzo è mio figlio! Devo sapere dov'è!»

«Signorina, deve calmarsi» le consigliò il dottore. «Questo non fa bene alla sua salute, né al bambino».

Regina sospirò. Poi guardò fuori dalla finestra, e vide che si stava già facendo buio.

«Da quanto sono qui?»

«Ha dormito per quasi ventiquattr'ore» rispose il dottore. «E' arrivata ieri sera tardi».

Regina annuì, poi si distese di nuovo sul letto.

«La terremo in osservazione qualche giorno» aggiunse, prima di uscire dalla stanza. «Dobbiamo far rientrare i parametri nella norma. Ma anche quando la dimetteremo, mi raccomando... niente stress».

Regina annuì ancora, anche se non l'aveva ascoltato davvero.

I suoi pensieri erano tutti rivolti a Henry ed Emma. Le parole "scappato" e "arrestata" le rimbalzavano nella testa, pesanti come macigni.

Poi si posò una mano sulla pancia e solo allora si rese conto di ciò che stava succedendo.

Era incinta.

Incinta.

Di un piccolo essere umano.

E per la prima volta da quando aveva saputo la notizia pensò a Robin.

E fu la terza volta che Regina Mills si sentì sprofondare in un buco nero.

Si portò una mano sul petto e sentì il cuore accelerare. Doveva risolvere tutto quel casino, doveva capire cosa stava succedendo. Ma non poteva farlo da sola. Doveva trovare suo figlio e doveva trovare Emma.

Emma.

Cos'avrebbe detto, lei, del bambino? Cos'avrebbe pensato, dopo tutte le cose che si erano dette?

Si prese la testa tra le mani, prima di valutare la situazione.

Il dottore aveva detto che l'avrebbero tenuta in osservazione qualche giorno, ma lei si sentiva bene. Si sentiva incredibilmente bene a parte un gran mal di testa.

Doveva trovare Emma. E doveva trovare Henry.

Se avesse chiesto al dottore di dimetterla, non gliel'avrebbe mai permesso, non subito almeno. Ma lei non aveva tempo da perdere.

Se Emma era stata arrestata, l'avrebbe trovata sicuramente alla centrale, e magari lei sapeva dove Henry era scappato. Sicuramente faceva parte di un piano da loro elaborato, ed era giunto il momento che anche lei ne prendesse parte.

Si tolse la flebo, e si alzò con calma dal letto. Recuperò i suoi vestiti, si rivestì e si chiese se non fosse del tutto un'incoscente.

Sentì dei passi lungo il corridoio, e capì che non aveva più molto tempo, doveva prendere la sua decisione subito.

Si posò una mano sulla pancia. I passi erano sempre più vicini. Prese un lungo respiro, sperando di non pentirsi di quella decisione.

Scomparì nella nuvola di fumo viola un attimo prima che qualcuno entrasse nella sua stanza. Quello che però non sapeva, era che la persona che stava entrando era Emma.  


** Hello everybody! Eccomi con il secondo capitolo, puntuale come spero potrò essere nelle prossime settimane. Infatti ho deciso che pubblicherò ogni domenica, così da tenervi compagnia e sopperire alla mancanza della nostra serie. Non so voi, ma io sono in astinenza dopo solo due settimane! Sarà lunga arrivare a fine settembre.
Colgo l'occasione per ringraziarvi come sempre di tutte le recensioni e di seguirmi, sia nella long, che nella raccolta di OS, sulla pagina di facebook, e MI SCUSO se non rispondo sempre alle recensioni o rispondo in ritardo. Ma vi leggo, davvero, e mi fa tanto piacere che mi seguiate! Quindi, continuate a farlo :*
Comunque, vi ricordo di seguire la mia pagina di facebook qui: 
https://www.facebook.com/pages/SwanQueen-%CF%9F-I-cattivi-non-hanno-mai-un-lieto-fine-ma-Regina-ha-Emma/1587931868117207?ref=bookmarks
E di dare un'occhiata alla raccolta di OS che sto pubblicando, intitolata Delirio Swan Queen, qui: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3073107&i=1


Un abbraccione people, a domenica prossima! :)

  
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