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Autore: _Son Hikaru    24/05/2015    3 recensioni
Premetto che davvero non so come mi sia uscita, ma è una storia davvero molto importante per me. Parla di due ragazzi diversi dagli altri, hanno un qualcosa nel loro corpo che li rende unici ma allo stesso tempo spaventosi e pericolosi.
Dovranno scoprire che cosa li rende così diversi e imparare a convivere con quel qualcosa...
Spero di avervi messo un minimo di curiosità, leggete e commentate per me è davvero importante :)
Genere: Azione, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Nuovo Personaggio, Obito Uchiha, Sai | Coppie: Hinata/Naruto
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Prologo
 
La macchina si fermò al semaforo. Il cielo era nuvoloso e prometteva pioggia, ancora ricordava le parole che le erano state dette non più di un mese prima:
l’avevano convocata nell’ufficio della direttrice dell’orfanotrofio, non le avevano annunciato nulla, solo che era una cosa che l’avrebbe di sicuro resa felice.
“Allora? Cosa dovete dirmi?” chiese lei scocciata
La donna che le sedeva di fronte le sorrise, uno sforzo che la bambina non gradi, prese dei documenti ed iniziò a parlarle di una famiglia; gli Hatake. Non poté trattenersi dal ridacchiare per il loro buffo cognome. Erano una famiglia per bene, un padre, una madre e un figlio maschio di vent’anni. Il padrone di casa era un professore universitario mentre la moglie era…
No. Perché le stava dicendo tutte quelle cose? A lei cosa importava della vita di quelle persone?  Un terribile sospetto si insinuò nella sua mente, che volessero…? No l’ultima volta era stato così brutto che sicuramente non l’avrebbero fatto di nuovo. Terrorizzata provò a chiedere
“Perché mi parlate di loro?” il cuore le batteva così forte per la paura che temeva potesse scoppiarle
“Appena hanno visto la tua foto hanno deciso di adottarti, non è stupendo?” disse la donna raggiante
Stupendo? No non lo era affatto, non voleva essere portata da una nuova famiglia per restarci solo qualche mese o peggio una o due settimane. Come poteva anche solo pensare che lei trovasse il loro desiderio di adottarla una cosa di cui essere felice?
“Non voglio andare”  disse con voce sicura intrecciando il suo sguardo, già furioso, con quello della donna che sgranando gli occhi sorpresa disse
“Non puoi decidere tu”
“È la mia vita” rispose ferma lei
“Ma sei minorenne” ecco con questo sapeva che la battaglia era stata vinta da lei, ma ci provò ugualmente:
“Non mi importa, non voglio andarci lo stesso” gli occhi iniziarono a riempirsi piano di lacrime, si concentrò allora sul porta matite blu cobalto che c’era sulla scrivania per non piangere, sapeva che non sarebbe servito a nulla, ormai la decisione era stata presa ed ogni tentativo di capriccio sarebbe stato vano.
“Fatti coraggio, questa sarà quella buona” la congedò con un semplice gesto della mano

Ora si trovava in macchina proprio con la sua nuova famiglia, diretta nella sua nuova casa. Appoggiò la testa al finestrino guardando distratta le piccole gocce che iniziavano a cadere sul vetro; il cielo stava piangendo, era triste come lei e piangeva al posto suo, che mai si sarebbe fatta vedere con le lacrime agli occhi da degli sconosciuti.
“Vedrai Hikaru la casa ti piacerà molto”  la voce della donna arrivò limpida e dolce alle orecchi della bambina, forse con loro sarebbe stato tutto diverso, forse loro l’avrebbero davvero amata. Scosse la testa, no non poteva farsi abbindolare solo da un tono dolce e materno. Rispose con  un piccolo grugnito tornando a concentrarsi sul vetro rigato dalle goccioline di pioggia.
I due sposi si scambiarono uno sguardo di intesa poi il marito alzò le spalle e disse sotto voce “Tranquilla si abituerà presto”
Accostò la macchina al vialetto, davanti ad un piccolo cancello in acciaio bianco, il primo a scendere fu il signore Hatake, non ricordava ancora il suo nome, e da vero gentil’uomo aprì lo sportello prima alla moglie, che lo ringraziò sorridendo divertita, e poi a lei, che per un pelo non aveva rischiato di cadere fuori dalla macchina per via del modo in cui si era seduta: ben rannicchiata contro lo sportello.
Le mise una mano dietro la schiena, le venne l’impulso di allontanarsi, odiava essere toccata se non aveva un buon rapporto con la persona in questione, ma per non essere maleducata ed offensiva si scostò con cautela stringendosi nel cappotto nero concentrandosi sulla roccia che era ricamata finemente sulla manica destra. Era il simbolo del suo orfanotrofio, nonché simbolo anche del villaggio dal quale proveniva: il villaggio della Roccia.
Entrarono in casa, le era piaciuta già da fuori, era una villa di grandi dimensioni, le pareti erano tinte di un arancione tenue e il giardino che la circondava era tenuto nei migliore dei modi, e lei già si vedeva lì a giocare e ridere con quei due signori. Scosse di nuovo la testa tornando a concentrarsi sull’aspetto della villa. Era grande e questo le piaceva perché per la prima volta avrebbe vissuto in un luogo più confortevole del solito. L’interno era ben arredato, i mobili erano raffinati e davano alla casa un tocco di antico che le piacque subito.
“Prima di entrare in casa Hikaru” iniziò l’uomo in equilibrio precario su una gamba “Devi levarti le scarpe e posarle qui sul Doma” e sistemò le scarpe laccate nere a terra. Lei lo guardò senza capire il motivo di quella strana abitudine, anche perché non era sicura di aver capito bene quello che le aveva detto, aveva parlato troppo in fretta per lei che ancora non conosceva appieno la lingua. Provò lo stesso, levò le scarpe e le mise in modo ordinato accanto a quelle con i tacchi alti rosse della donna.
Fece per salire il piccolo gradino ma la donna la fermò prontamente mettendole davanti al viso un bel paio di ciabattine rosa con le orecchie da gatto e sopra disegnato un bel muso con gli occhiazzurri “Prendi queste” gliele mise in mano prendendo subito il suo paio “Con queste puoi girare liberamente per la casa, non trascinano polvere” e le sorrise.
Di nuovo fece come gli era stato detto, mise le ciabatte e li seguì nel giro turistico della casa. Le dissero tutti i nomi dei vari luoghi ed oggetti della casa, ma nessuno di essi le rimase in mente, quelle parole avevano tutte un suono così strano per lei. Quando le chiesero se era tutto chiaro era stata quasi tentata di dire che no, non lo era e che in Italia era tutto estremamente più semplice, nomi e tradizioni, ma si bloccò accorgendosi di non avere la più pallida idea di che parole usare per esprimersi. Annuì semplicemente con la  testa.
Le fecero levare il cappotto dicendole che mentre loro si occupavano della cena lei avrebbe potuto sedersi sul divano e fare come fosse a casa sua.
Non fece nulla di tutto ciò, iniziò ad osservarli.
Il padrone di casa era un uomo alto e dai capelli argentati, gli occhi, neri e profondi, l’avevano subito colpita, erano così belli e luminosi che quando li aveva incrociati non era riuscita a comportarsi male con lui. lo stesso valeva per la moglie, la signora Azusa, era bella. La pelle chiara in netto contrasto con i capelli neri, come la notte, e gli occhi di un graziosissimo verde smeraldo. I loro volti sempre sorridenti le aveva ispirato subito una gran simpatia, tanto da farle quasi sperare di rimanere a vivere con loro per sempre.
Tuttavia le esperienza passate, ed erano molte, le avevano insegnato che ogni volta che silenziosamente si affezionava alla sua nuova famiglia questa iniziava senza motivo a trattarla come un animale o una bastia selvaggia.
Quando si riscosse ai suoi pensieri si rese conto di essere rimasta ferma accanto al divano. Non sapeva cosa fare, non si sentiva a suo agio lì, non sapeva come muoversi, non sapeva se poteva fare le stesse cose che faceva all’orfanotrofio.
“Vieni, ti faccio vedere la tua stanza” la voce della donna la distrasse dai suoi pensieri, era arrivata nel momento giusto come se dalla cucina avesse capito che lei non riusciva a fare nulla, che si sentiva troppo in imbarazzo per iniziare ad ambientarsi.
Prese la valigia fra le mani affusolate ed iniziò ad incamminarsi per il lungo corridoio che visto da lì pareva infinito.
Si fermò davanti alla porta ma la aprì solo quando sentì i piccoli e ovattati passi della bambina avvicinarsi frettolosamente.
“Ti piace?” chiese posando a terra la valigia
Si guardò intorno, era spaziosa, più di quella che aveva all’orfanotrofio, forse era addirittura il doppio e il letto, il letto era stupendo, enorme e morbidissimo; lo sapeva perché la prima cosa che aveva fatto era stata proprio toccare il materasso del letto.
Il pavimento era in legno mentre le pareti erano tinte di un rosa pallido. Non le piacque, quello era l’unico colore che odiava, era così femminile , delicato e privo di forza che non riusciva a rispecchiarvisi appieno, lei era l’esatto opposto, lei era il rosso, forte.
“In queste prime settimane, se tu vorrai, arrederemo secondo i tuoi gusti la stanza”
“Non andrò a scuola?” parlò lentamente pensando bene alle parole, non voleva sbagliare
La guardò sorpresa, da quando l’avevano incontrata all’orfanotrofio quella era la prima volta che la sentiva parlare,e la sua voce le piacque molto, era dolce e chiara. Le sorrise poi disse “No, inizierai fra due settimane”
“Come mai?” sembrava curiosa ed Azusa ne era felice, perché così stavano iniziando a parlare, forse sarebbe riuscita a conoscerla almeno un po’.
“Devi innanzitutto ambientarti qui a casa con noi, poi devi anche imparare meglio il giapponese, sei già brava ma faresti lo stesso fatica a seguire gli argomenti, gli insegnanti parlano molto più in fretta di me e mio marito” e fece attenzione a scandire bene ogni singola parola della frase in modo che lei potesse capire.
“Ho capito…”
La conversazione morì, Azusa pensò che quello era stato già un grande passo avanti, non poteva certo aspettarsi che fosse allegra e saltellante come un grillo nel suo primo giorno con degli sconosciuti. Le disse allora a che ora sarebbe stata la cena, e che ci sarebbe stato anche suo figlio, e la lasciò da sola.
La cena fu quanto di più noioso avesse mai vissuto Hikaru, il figlio, Kakashi, era noioso, non parlava e quasi non aveva fatto caso a lei. Si era limitato a dirle con un mezzo sorriso che era lieto di fare la sua conoscenza e che sperava si sarebbe ambientata in fretta.
 Lo sguardo era spento, come se fosse annoiato dalla vita. Pensò che avrebbe fatto meglio a non badare a lui e a trattarlo con indifferenza, cosa avrebbe potuto ottenere da un tipo apatico come lui?
Quella prima sera si limitò ad annuire e a rispondere a monosillabi ad ogni domanda che le porgevano, apprezzò lo sforzo che i due avevano fatto per farla sentire a proprio agio durante quel primo giorno, ma cercò lo stesso di non illudersi, di non pensare a quanto sarebbe stato bello vivere davvero per sempre con persone come loro.
 
 
 
 
 
Angolo autrice <3
 
Ciao a tutti, sono Hika, forse qualcuno già mi conosce per le mia altre due storie su Naruto.
Bene non chiedetemi da dove sia arrivata questa cosa ma è da tipo due anni che è nel cassetto delle idee della mia mente. Qualche settimana fa ho finalmente deciso di aprire quel cassetto e iniziare a lavorarci.
Spero possiate trovarla originale e che possa piacervi, alcuni personaggi morti sono vivi, come ad esempio il padre di Kakashi e la madre, altri invece avranno età diverse da quelle del manga, altri saranno buoni invece che cattivi e viceversa.
Spero di essere riuscita ad incuriosirvi almeno un poco con questo mio prologo.
Non posso dirvi di più, anche perchè se inizio a parlare non mi fermo più e vi rivelo tutti gli spoiler e non credo sia il caso XD
Hikaru è italiana, quindi di conseguenza il villaggio della Roccia è in Italia, mentre la storia ora si svolgerà a Konoha, ovvero in Giappone J
Il banner è stato fatto da me e so che non è propriamente il massimo, ma  non grafico da un po’ siate clementi. Chiedo scusa per gli eventuali errori ho ricontrollato quattro volte, ma il mio computer sta lentamente morendo e quindi potrebbe essermi sfuggito qualcosa perché i tanti funzionano come vogliono.
Fatemi sapere cosa ne pensate, soprattutto dello stile, della narrazione e delle descrizioni, ho davvero bisogno di sapere cosa ne pensate.
Grazie a chi commenterà!
Un bacio
Hika<3
  
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