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Autore: Caramell_    25/05/2015    2 recensioni
Derek e Stiles stanno insieme da due anni e poco più – non che Derek stia contando i giorni, per carità – e sono una coppia riconosciuta da nemmeno due mesi – sessantasei giorni, a dirla tutta e ok, sta disperatamente cercando di ignorare questa sua inopportuna precisazione – e Derek non può fare a meno di meravigliarsi ogni giorno di fronte alla semplicità con cui s’è abituato allo loro nuova, improvvisa routine.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Di routine, guance rosse e caffè rovesciati'
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Note: E' una piccola sciocchezza, vecchissima - dovrebbe avere un anno, più o meno - ma solo ieri sera sono riuscita a concluderla davvero e quindi, quindi eccola qua. Spero non sia tanto male.
Buona lettura.






















Tu, mio respiro, mia speranza,
mio amico, mia ricchezza, mio amore.
Rabi’a al-Barsi

 

 

 

~

 

 


Derek e Stiles stanno insieme da due anni e poco più – non che Derek stia contando i giorni, per carità – e sono una coppia riconosciuta da nemmeno due mesi – sessantasei giorni, a dirla tutta e ok, sta disperatamente cercando di ignorare questa sua inopportuna precisazione – e Derek non può fare a meno di meravigliarsi ogni giorno di fronte alla semplicità con cui s’è abituato allo loro nuova, improvvisa routine.
Di solito Stiles gli fa una prima visita la mattina presto, poco prima di correre a scuola, in ritardo come sempre, entra nel loft con la sua voce squillante e ciocche capricciose di capelli sparate in tutte le direzioni possibili, due spalancati occhi assonnati e le guance deliziosamente rosa per la corsa. Gli corre incontro, il peso dei libri a gravargli la schiena, gli si butta addosso e gli circonda il collo con le braccia e in quei momenti Derek si ritrova a benedire la sua stoica resistenza da licantropo, che gli permette d’avere un aspetto quantomeno umano anche alle sette meno un quarto di mattina, e la sua consolidata prontezza nei riflessi, perché in quel modo può abbracciare Stiles con tutto l’ardore che possiede e tenerselo stretto contro il petto e infilargli il viso nell’incavo delicato del collo e sentirlo fino a che non si stacca. Quando si ritrovano faccia a faccia spesso gli dice ch’è uno stupido e un perditempo, perché non c’è proprio bisogno di arrivare fino a lì così presto per un minuscolo, inutile abbraccio, ma Stiles ridacchia e gli schiocca un asciutto bacio sulle labbra e Derek non l’ammetterà mai, nemmeno sotto tortura, ma adora e aspetta quel loro silenzioso incontro mattutino.
Poi Stiles va via e porta con sé mani calde e odore di doccia appena fatta e Derek si versa il suo consueto caffè, discute con Peter su chi debba usare prima il bagno e si chiede, per la milionesima volta, per quale masochistico motivo abbia invitato suo zio a stare da lui e perché lo lasci sempre vincere su ogni cosa, anche su cose insignificanti come può esserlo quella dell’uso del gabinetto.
Alla fine, però, vari tentativi di omicidio a parte, passano insieme un paio di lunghissime e pesanti ore di luce, almeno fino a quando Peter non si stiracchia per bene e decide ch’è ora di liberarlo dalla sua ingombrante, molesta presenza. Derek non gl’ha mai chiesto dove vada ed è profondamente sicuro di non volerlo sapere. Di solito trascorre le ore successive nella pace e nel silenzio più totale e in quei momenti gli sembra di ritornare indietro nel tempo, alla solitudine dei suoi giorni a casa Hale, ai momenti del dolore e del sangue, a tutto ciò che c’era molto prima d’incontrare Scott.
Stiles torna da lui verso le cinque del pomeriggio, i capelli ancora più elettrizzati di prima e gli occhi cerchiati come se non dormisse da giorni. Lancia lo zaino in un angolo e comincia a parlare ancora prima di arrivargli vicino. Derek ringhia un po’ e gli dice d’andarsene e prova di tutto per ignorare quella sua fastidiosa parlantina, ma Stiles fa sfacciatamente finta di non sentirlo e prende a marciare avanti e indietro a passo spedito e parla e parla e parla, della scuola e di Scott e del lacrosse e di quello squilibrato omuncolo del professore di economia, di suo padre e di Danny e di Lydia e forse dovrebbe esserne geloso, almeno un po’, ma tutte quelle parole lo stordiscono e lo ubriacano e Derek s’è riscoperto troppo pigro per sopportare entrambe le cose.
Rimangono insieme fino a sera inoltrata, spesso bevono qualcosa comodamente stravaccati sul divano del loft – l’ultima volta era stata una cioccolata calda perché si, Derek, tutto quel caffè ti farà più acido e costipato di quello che sei – e poi si baciano, si baciano un sacco, si baciano fino a che non gli fanno male le guance e non gli si seccano le labbra e quella è di sicuro la parte della giornata che più preferisce. Stiles s’aggrappa con le mani al suo viso e gli si siede in grembo e Derek gli circonda il corpo con le braccia e se lo stringe addosso più forte che può e gode, quasi con orgoglio, dei gemiti sussurrati che gl’arrivano alle orecchie e di solito – sempre – si ritrova ad annegare nel calore e nella dolcezza assurda che Stiles gl’infonde e a sperare che tutto quello – quell’epifania, quel modo di vedersi e di cercarsi – possa semplicemente durare in eterno.

 

La mattina in cui succede quello che succede comincia esattamente come tutte le altre. L’unica differenza è che, quando Stiles gli schiocca il solito bacio rumoroso sulla bocca, Peter è sorprendentemente lì e li fissa con gli occhi fuori dalle orbite. Non che a Derek importi qualcosa, certo, ma è profondamente sbagliato vedere suo zio in piedi già a quell’ora del mattino, seduto s’una sedia della cucina, la tazza fumante in mano, mentre li guarda come se stessero mettendo in atto un piano per il prossimo attentato al papa.
Beh, non che si faccia scrupoli dopotutto, ché Stiles è tra le sue braccia e lo sfiora e lo bacia e, davvero, ha le labbra più morbide e dolci di questo mondo e Derek se lo tira più vicino e lo bacia tre volte più del solito e ad ogni pausa sussurra stupido e idiota e lo lascia andare solo quando lo vede andare letteralmente a fuoco per l’imbarazzo e il piacere. L’osserva gonfiare le guance e lasciare il loft col cuore a mille, borbottando frasi sulla sua povera virtù violata e sul suo barbaro modo di svegliarlo la mattina, poi si volta verso suo zio e lo vede sollevare un sopracciglio e storcere la bocca in quella che dovrebbe essere un espressione di disgusto, ma che pare più un sorriso storto coperto di ragnatele.
- Siete così innamorati che mi viene da vomitare – sussurra ed è strano come quell’inutile affermazione lo colpisca più di quanto dovrebbe, perché ok, lui e Stiles si baciano – tanto – e fanno sesso – parecchio – e, a conti fatti, stanno insieme e sono una coppia e si, si presume debbano essere innamorati o, almeno, attaccati l’uno all’altro, ma dal presumere allo sbatterglielo in faccia così dal nulla come se niente fosse, c’è una bella differenza.
Non che sia proprio una bugia, comunque, ma Stiles non ha detto niente e lui stesso ha provato a non pensarci troppo, ché Derek è un lupo mannaro e Stiles solo un umano e la loro situazione è già complicata così com’è, grazie tante e, in momenti di pericolo o di pace precaria, c’è poco spazio per pensare ai sentimenti e alle loro etichette.
Comunque, il punto è che, quando Stiles torna da lui, il pomeriggio, ci sta ancora pensando e crede di avere ormai il cervello completamente bruciato, a furia di ripersi sempre la stessa cosa. Lo vede oltrepassare la porta del loft più veloce della luce, lanciare lo zaino da qualche parte sul pavimento e crollare sul divano con un rumoroso sospiro stanco. Derek a quel punto si dimentica di qualsiasi cosa non sia Stiles, solleva un sopracciglio e prende a guardarlo in quel modo fisso che tanto lo mette in imbarazzo. L’osserva grattarsi la nuca e segue la linea delle sue braccia, gli ripercorre il collo con lo sguardo e si sofferma sulle sue guance rosse e qualche brivido gli scivola addosso e dentro, quando si sofferma su mani affusolate e pezzi di pelle ancora coperta. Sente il proprio cuore accelerare un po’ e il suo respiro farsi più pesante, ma si concentra sulla tazza bollente che ha tra le mani e prova a calmarsi e a riprendersi.
Stiles è ancora lì, spaparanzato sul suo divano, una mano abbandonata sullo stomaco, le gambe divaricate e probabilmente Derek avrebbe bisogno d’uno psicologo o d’uno specialista, perché pensa, contro ogni logica, che quel corpo, quella presenza così fragile, quell’ammasso di carne e respiri e debolezze umane, siano la parte mancate del lungo percorso d’una vita e la scoperta di un qualcosa che nemmeno sapeva di desiderare e sono pensieri stupidi e melensi e davvero troppo dolci per uno come lui e, se solo Peter lo venisse a sapere, è sicuro gli riderebbe in faccia a vita, ma non crede di volerli ignorare, non in quel momento, quando tutto quello che sente è il respiro di Stiles e il suo cuore che batte.
Derek lo vede spostarsi  e accoccolarsi meglio tra i cuscini e sbuffare, sbuffare ancora, a ripetizione e alza gli occhi al cielo e continua a sorseggiare cioccolata – troppo zucchero, troppo zucchero davvero, ci vorrebbe del caffè – e l’osserva gonfiare il viso e storcere le labbra.
- D’accordo – sospira – Stiles – lo chiama e alza un po’ la voce e s’avvicina alle sue gambe, gli dà un colpetto sul ginocchio e s’accomoda vicino a lui e Stiles gl’allunga quelle gambe chilometriche sulle cosce e aspira forte e – Io Scott lo detesto – comincia e ah, Derek non può fare a meno di paragonarlo ad un bambino, un bambino un po’ troppo cresciuto, ma pur sempre un moccioso terribilmente alto e pallido – Da quando s’è messo con Kira non fa che dimenticarsi di me, mi molla nei posti più impensabili e agli orari più improponibili e questa cosa, questa cosa mi manda in bestia perché ecco, oggi, per esempio, oggi avremmo dovuto incontrarci davanti al cancello dello scuola, perché lo facciamo ogni mattina, io vengo da te e poi ecco poi vado a scuola e c’incontriamo lì ma oggi non s’è presentato e a mensa m’ha mollato così, senza un messaggio, senza un niente di niente e io sono tipo andato nel panico e l’ho tartassato di messaggi e di chiamate e quando poi m’ha risposto aveva il fiatone e dio, di certo non ho voluto sapere cosa diavolo stesse facendo ma sotto ho sentito la voce di Kira e quella sua risata infantile e beh – e Derek lo vede arrossire un po’, colorarsi di rosso sul naso – comunque sta di fatto che m’ha ignorato tutto il giorno e non è la prima volta, non lo è per niente e io, io lo capisco, davvero perché anch’io se fossi al suo posto – e qui si blocca un momento e Derek si volta a guardarlo in faccia, le sopracciglia aggrottate – però – si riprende subito – però non ci si comporta così, non con il tuo migliore amico – e per l’indignazione solleva le gambe di scatto – Derek riesce a salvare la cioccolata per un mezzo miracolo – e prende a gesticolare, si porta le mani al viso e si morde le labbra e il collo gli si riempie di rossicce macchioline invitanti e Derek, Derek semplicemente lo guarda snocciolare insulti davvero poco credibili contro Scott, contro Kira e quello stupido imbecille rintronato di Harris che, come al solito, non fa che tormentarlo in ogni momento della giornata e si sente felice, leggero, un po’ più a casa ed è incredibile – fino a poco tempo fa sembrava addirittura impossibile.
- E io davvero non lo capisco – continua Stiles, i piedi incollati al pavimento e le ginocchia piegate – giuro che non lo capisco perché stiamo insieme da anni come amici sempre come amici e siamo mezzi fratelli e tu, andiamo, non puoi mollare tuo fratello per una ragazza, non si fa, non è accettabile e Lydia, Lydia fa la stessa cosa, sorride al primo venuto e mi lascia lì, in mezzo al corridoio come uno scemo e sono felice per lei, davvero, ma potrebbe prendermi in considerazione, almeno a scuola – lancia un’occhiata furtiva a Derek e si stropiccia un occhio, forse a disagio – io, io mi vedo sfilare davanti tutte quelle coppiette e non lo so penso, penso che tu non ci sei e che vorrei che fossi lì e mi salutassi vicino agli armadietti e ok so che non è possibile perché beh noi siamo, non siamo come loro però, però ecco volte vorrei solo poterti avere lì, con me e poterti baciare davanti a tutti e magari farmi invidiare perché dio io sono il ragazzo di Derek Hale e probabilmente in molti ucciderebbero per essere al mio pos-
- Mio dio quanto ti amo – e davvero, non ha idea di dove gli sia uscita una cosa del genere – merda, non può averlo detto, non a voce alta, ma dalla faccia allucinata che ha Stiles a quanto pare l’ha fatto. Non l’ha per niente programmato, non c’ha neanche pensato, sa solo che un secondo prima stava osservando Stiles dimenarsi sul suo divano di pelle e il secondo dopo quelle parole gl’hanno aperto la bocca e si sono precipitate fuori. È solo che Stiles gl’era parso solo bello, così infervorato e aveva detto delle cose assurde e sconclusionate e scollegate tra di loro e Derek aveva sentito di nuovo quella sensazione, quel calore assurdo che corrode le viscere e non c’aveva potuto fare niente e l’aveva detto.
Rettifica - merda.
Vede Stiles allungarsi su di lui e bruciare fino alla punta dei capelli e poi, poi sorridere, sorridere d’un sorriso più accecante del sole e – ti amo anch’io – gli dice – cazzo, ti amo anch’io – e poi semplicemente l’assale e gli si fionda addosso. Derek perde l’equilibrio e molla la tazza che si frantuma in mille pezzi.
Un enorme macchia si forma sul bracciolo del divano e cola sul pavimento, eppure non gliene importa un accidente, non mentre Stiles lo bacia come se da un momento all’altro potesse scomparire e Derek gli morde le guance e gli succhia la pelle morbida sotto il collo e lo sente gemergli nelle orecchie e sospirargli in bocca e come ci si sente bene, cavolo – perché lo ama, lo ama tanto che non è quantificabile – e si sente bene come mai prima.

 





 

 

  
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