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Autore: Veni Vidi Jackie    25/05/2015    0 recensioni
Matilde, amica (o qualcosa di più?) da più di un anno di Jack, ha da tempo dimostrato con lui atteggiamenti aggressivi. Quando lei troverà l'amore in Frank, Jack verrà prima relegato in secondo piano e poi abbandonato dalla ragazza. Ormai libero, la fine del "regime tirannico" di Matilde dovrebbe farlo stare meglio, ma la gelosia lo dilanierà e ben presto lo farà arrivare sull'orlo della pazzia.
In questa situazione, saranno personaggi assai strani a farlo tornare su di morale!
Genere: Comico, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le persone che mi stanno accanto continuano a ricordarmi episodi di cui io non ho ricordo: momenti in cui parlo con una persona invisibile o in cui mi rivolgo a Matilde, mentre invece sto parlando da solo. Da una parte non riesco a capire come tutto questo sia possibile e penso che mi stiano prendendo in giro; dall'altra mi rendo conto che me lo dicono sempre più persone, quindi forse c'è un fondo di verità.

Oggi, in ogni caso, non ho motivo di pensare a queste cose: sono a Roma, ad assistere agli Internazionali di tennis. Tutti i migliori tennisti del mondo sono qui e io sono pronto a vederli. E' la quinta volta che assisto agli Internazionali, ma mi emoziono sempre come se fosse la prima. Il mio circolo ha organizzato un pullman: con me ci sono anche Tom e il mio amico Roy. Non appena arriviamo nell'area sportiva ci dirigiamo all'entrata dei giocatori nel Campo Centrale: qui alcune transenne tracciano il percorso dei tennisti verso lo stadio, che inizia nel parcheggio a loro riservato e li conduce nel Centrale.

Sono emozionatissimo: mi tremano le gambe ed ogni due minuti piango di gioia. Attorno a me ci sono decine e decine di persone che sperano di poter vedere passare qualche importante tennista e ricevere un autografo.

- Avvicinati! Avvicinati! - mi dice Roy, spingendomi contro la transenna. - Non ti fare rubare il posto! -

Io mi avvicino e aspetto pazientemente che un giocatore passi.

Ad un certo punto, vedo giungere alcuni uomini dal parcheggio. Sono vestiti di nero e portano gli occhiali da sole: probabilmente accompagnano un personaggio importante. Le persone cominciano a sporgersi sulle transenne, agitando alcune foto e dei fogli per farseli autografare.

- Che succede? Chi arriva? - grida Tom, che saltella per poter scorgere il motivo di tutta quella agitazione. Sia lui che Roy, infatti, sono dietro di me e non riescono a vedere bene ciò che succede. - Non lo so, ma penso che sia qualcuno famoso – rispondo. E in quel momento la vedo: dietro a quelli uomini in nero compare una figura alta e bionda, in completo da tennis. Si abbassa per poter firmare gli autografi. La riconosco subito: Maria Sharapova. L'ho sempre vista alla televisione o nelle foto, adesso la vedo dal vivo. Forse è ancora più bella dalla realtà. Tom e Roy non fanno che spingermi contro la transenna, in modo da ottenere un autografo.

Io mi sporgo così tanto che rischio di cadere dalla parte opposta. Cavolo! Uno di quei uomini in nero mi si è fermato davanti e io non riesco a vedere Maria! Poi si sposta di un poco e la Sharapova arriva: io allungo il mio foglietto, mentre lei lo prende e lo autografa. Il mio cuore sussulta: non ha ancora capito cosa sia successo, probabilmente lo capirà solo tra diversi giorni. Maria, poi, alza lo sguardo su di me e dice a bassa voce:

- Ciao, Jack. Abbi coraggio, sarà dura da adesso in poi -

Io sbianco in volto.

- Eh? - riesco solo a pronunciare. Mi volto verso i miei due amici.

- Allora? Te l'ha fatto? Facci vedere! - mi dicono, prendendomi l'autografo dalle mani. Lo toccano, lo ispezionano, lo controllano: neppure loro riescono a capire che sia davvero successo. Io, però, adesso sono più sconcertato per ciò che Maria mi ha detto. Mi ha chiamato per nome! E a cosa si riferiva? Come può conoscere il mio nome?

- Ragazzi, ditemi che l'avete visto! Maria mi ha parlato! Mi ha chiamato per nome! Lo avete visto, vero? -

Loro scoppiano a ridere, come avevo immaginato. In effetti anche io avrei reagito così, credo. Non ha senso quello che mi ha detto, non è possibile che sia accaduto.

- Jack, va bene che adori la Sharapova, ma ti pare che ora ti parli? Falla finita! - dice Tom, ancora ridendo. Io scuoto la testa e guardo Maria allontanarsi, ripensando a quell'episodio. Almeno Tom l'ha presa col ridere e non mi ha preso per matto...Ce ne andiamo sul Campo Centrale, dove tra poco scenderà in campo Roger Federer. Non penso che la mia giornata possa andare meglio: vedere il mio idolo giocare mi renderà la persona più felice del mondo e mi farà dimenticare tutto lo stress di quei giorni.

Mi siedo in mezzo a Tom e Roy. Siamo nella fila più in alto dello stadio: un forte vento spira tra di noi. E' bellissimo: da qua riusciamo a vedere tutto l'impianto sportivo. Anche la giornata è stupenda: il sole splende sopra le nostre teste, senza essere minacciato da alcuna nuvola. E' la giornata ideale per vedere un po' di tennis.

La voce dello speaker annuncia l'ingresso dei giocatori in campo e io accolgo con una grande ovazione l'entrata di Federer. Oggi nessuno mi può disturbare, oggi sono nel mio regno: il tennis.

Durante una pausa del cambio di campo la telecamera inquadra me e Tom: noi due appaiamo sull'enorme maxi schermo posto sulle tribune e compare la scritta: “Kiss camera”. Oh, no! Non ci posso credere! La “kiss camera” inquadra due persone sedute accanto che si devono baciare, possibile che sia capitata a me che sono accanto a Tom? Che sfortuna! Io mi allontano quanto possibile da lui, presto imitato da Tom. Il pubblico scoppia a ridere: perfetto, ora sono anche lo zimbello di migliaia di persone. Immagino di essere in diretta anche alla televisione...no, non ci posso credere! Perché tutto a me?

- Stai lontano da me! - mi minaccia Tom, sdraiandosi su una ragazza accanto a lui. Poi la ragazza, accorgendosi che Tom ci prende gusto e si accomoda sempre più su di lei, gli dà uno schiaffo e lui ritorna vicino a me, massaggiandosi la guancia dolorante.

- No, tu stai lontano da me! - esclamo, piegandomi su Roy. Le persone continuano a ridere, adesso sono tutto rosso per l'imbarazzo. Migliaia e migliaia di occhi puntati su di noi, senza contare quelli davanti alla televisione che ci guardano. Mi sento andare a fuoco, ho le orecchie in fiamme.

- Sono sicuro che stareste bene insieme! - dice Roy, poi avvicina con forza il mio viso con quello di Tom e ci baciamo. Mai e poi mai mi è capitata una cosa così imbarazzante. Roy piange dalle risate, mentre le persone esultano e gridano più di prima. Il giudice di sedia deve fare molta fatica per riportare il silenzio sullo stadio per riprendere il gioco.

Sputo per terra: voglio assolutamente togliermi quel disgustoso gusto dalla bocca. Tom beve dalla sua bottiglietta d'acqua e poi sputa tutto attorno, provocando la rabbia delle altre persone.

Sto ancora sputando quando sento il cellulare vibrare.

- Sì? Pron...pronto? - chiedo, soffocando un conato di vomito.

- Ciao -

Accidenti! Mi ero dimenticato di chiamare Matilde! Guardo l'orologio: l'una e dieci, è appena uscita da scuola. Mi stavo divertendo così tanto che ho del tutto scordato di chiamarla, sono proprio uno stupido. Non oso immaginare la sua punizione per la mia infrazione.

- Ti avevo detto di chiamarmi, non l'hai fatto – continua. Il suo tono è duro, assomiglia a quello di un professore quando sgrida l'alunno.

- Hai ragione, scusami. Comunque sono qui a Roma, mi diverto un mucchio. Prima ho visto...-

- Fa nulla, non ti preoccupare – mi interrompe. Cosa? “Non ti preoccupare”? Che sta accadendo? Perché non si arrabbia?

- Non posso obbligarti – continua. No, no. La cosa si fa seria. Perché improvvisamente si pente di questo? Non è nel suo stile, c'è qualcosa che non torna. Faccio finta di nulla e continuo a parlare.

- Dunque...come va? Come stai? -

- Oh, va alla grande! Oggi esco con Frank! -

Un colpo mi giunge violento al cuore. Mi porto istintivamente la mano sul petto. E' finita davvero. Matilde, non mi abbandonare. Ti prego, sto male senza di te.

“Siamo al capolinea, Jack” dice la mia voce interiore. Stai zitta! Non è vero, non è per nulla vero! Chiudete tutti il becco! Mi sembra di sentire qualcuno dentro di me che ride della mia sfortuna. “Fine della corsa, Jack”.

- Zitta! Resta zitta! Non ti voglio sentire! - esclamo, facendo girare verso di me Tom e Roy.

- Eh? Cosa ho fatto? - mi chiede Matilde.

- Mi dovete lasciare stare! Io ci riuscirò! Non succederà, non succederà! Tutto si sistemerà, tutto andrà bene! - grido.

Respiro sempre più velocemente e mi sembra di perdere l'equilibrio. Faccio fatica a mantenermi in piedi. Intanto continuo a urlare e gridare, interrompendo il gioco sul Centrale e facendo girare di nuovo tutti verso di me. In questo momento, però, non penso a loro. Penso solo a rispondere a quelle falsità che qualcuno dentro di me mi sta rivolgendo. Perderò Matilde? Mai! Non potrà mai accadere.

Tre uomini mi scortano fuori dallo stadio: è la seconda volta in una settimana che vengo espulso. Non so cosa mi stia succedendo, ho la testa in totale confusione. Non sono più padrone delle mie azioni.

- Jack, cos'hai? Sono giorni che sei strano! - mi chiede Tom, facendomi sedere su una panchina. Roy si siede accanto a me. Li guardo in faccia: i miei amici sembrano sinceramente preoccupati per me. Anche io so di non stare molto bene, ma non credo che la cosa sia molto grave.

- Ragazzi, mi dovete credere! Sono solo un po' stanco in questi giorni, tra poco ho la maturità e mi sento...- mi blocco: è passata davanti a me una signora con un bassotto al guinzaglio.

Il cane mi è venuto ad annusare i pantaloni e poi mi guarda, sbavando da tutte le parti. Il fatto strano, però, è che il cane apre la bocca ed inizia a parlarmi.

- Hey, Jack! Per caso ti piacciono gli ABBA? - mi chiede. Io guardo il bassotto con aria terrorizzata: sogno o son desto? Santo Cielo, quel cane mi sta parlando! Lo indico freneticamente ai miei due amici.

- Il cane! Il cane! Lo vedete? Il cane mi sta parlando! Guardatelo! - gli dico. Non voglio assolutamente passare per pazzo: voglio che vedano ciò che vedo io. E in questo momento io vedo un cane che parla. Tom e Roy, però, osservano il bassotto e non sembrano per nulla sorpresi.

- Jack, ma che stai dicendo? Il cane ti ha solo fatto la pipì sui piedi. -

Grandioso! Neppure me ne ero accorto. Ma che importa? Io sto vedendo un cane che mi parla, non mi interessa se mi ha appena bagnato i pantaloni. Continuo ad indicarglielo, mentre loro si guardano confusi. Ormai è chiaro: tutti mi ritengono matto.

- Allora, ti piacciono o no? Gli ABBA! - continua il bassotto.

- Sì...credo...- rispondo insicuro. Non oso immaginare cosa stiano pensando Tom e Roy. Il cane scodinzola felice e continua a sbavare a terra: sembra contentissimo.

- Bene! Allora ti canto una loro canzone che rispecchia perfettamente il tuo stato d'animo, che ne dici? -

Guardo i miei amici: mi osservano come se fossi un alieno. Non ha importanza: non ho più nulla da perdere. Ormai sono in ballo, devo continuare a ballare.

- D'accordo – rispondo. Il cane si mette seduto, si schiarisce la gola e comincia a cantare:

- Where are those happy days, they seem so hard to find? -

“Dove sono quei giorni felici, che sembrano così lontani da trovare?” traduco mentalmente. Il tono con cui canta è triste e nostalgico, proprio come sto in questi giorni.

- I try to reach for you but you have closed your mind. What ever happened to our love? I wish I understood. It used to be so nice, it used to be so good”.

“Provo a raggiungerti ma tu hai chiuso la tua mente. Cosa è successo al nostro amore? Vorrei capirlo. Ero così bello, era così buono”. Adesso è troppo: il riferimento a Matilde è esplicito!

- Tu non hai il diritto di dire queste cose! Tu non sai nulla! - esplodo, prendendo il bassotto per il collare. Poi lo faccio roteare in aria e lascio la presa all'improvviso, facendolo volare via. La padrona urla per il terrore e poi scappa a riprenderlo, mentre io rido. Così impara ad avere un cane impiccione! Mi giro verso Tom e Roy: sono a bocca aperta, increduli.

- Lo so, lo so. Ho un futuro nel tiro del giavellotto, ma è uno sport che proprio non... –

- Ora basta, Jack! - mi interrompe all'improvviso Roy. - Tu stai male! Fatti vedere da qualcuno! Non ho più intenzione di passare del tempo con te a meno che tu non ti faccia vedere da qualcuno molto bravo! -

Guardo Tom, che annuisce. Adesso anche i miei amici mi abbandonano? In cosa sto sbagliando in questi mesi? Cosa non funziona? Ha a che fare con un bassotto parlante?

Dovrò fare a meno di loro, quindi. So già di non riuscirci: i miei amici sono la mia forza, così come Matilde è il mio motore. Non ho bisogno di uno psicoterapeuta: io sto benissimo. E' tutta stanchezza, è tutto stress.

Me ne ritorno sul pullman, per me la giornata finisce qui. Mi sdraio occupando tre posti ed inizio a sognare: non so dove mi trovo, sento solo una canzone in sottofondo. Tutto intorno a me è indistinto: mi sembra di essere all'interno di una casa ma è come vedere da un vetro appannato. C' è una strana nebbiolina che mi impedisce di vedere in modo chiaro. Non distinguo i particolari. La canzoncina sta ancora andando avanti: you seem so far away though you are standing near...oh, no. Oh, no! E' con terrore che capisco che è la stessa canzone che cantava il bassotto! Poi la casa si fa del tutto nitida: è quella di Matilde. Mi guardo attorno...ci sono pure io! Sono forse morto? Sto rivivendo un momento passato? Non lo so. Vedo me stesso seduto al tavolo della cucina mentre guardo Matilde che usa il telefono, dal lato opposto del tavolo.

Mi avvicino a lei, mentre il mio “alter ego” se ne resta seduto: Matilde sta mandando dei messaggi a Frank.

Frank, come sempre, Frank.

E' solo adesso che mi rendo conto che è proprio la mia copia... o sosia... o qualunque cosa sia che, seduta al tavolo con un' espressione triste in volto, sta cantando quella canzone.

- So when you're near me, darling, can't you hear me? S.O.S.! The love you gave me, nothing else can save me. S.O.S.! When you're gone, how can I even try to go on? When you're gone, though I try, how can I carry on?...-

  
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