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Autore: Ninfea Blu    05/01/2009    18 recensioni
Storia ispirata dalla lettura di un'altra fanfic su Lady Oscar. Qui i nostri eroi vengono presentati in una situazione decisamente inusuale per loro: sono andati ben oltre l'amicizia (e non dico altro...) La situazione mi ha intrigato, ma non so se sono stata all'altezza...
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: OOC, Lemon, What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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E venne la notte

E venne la notte

 

Premessa. Tempo fa, lessi su un altro sito (La rosa di Versailles) un racconto molto interessante, che presentava Oscar e André in una situazione inusuale per loro; diciamo che erano due amici decisamente molto disinvolti. Io ho voluto riprendere quella situazione e svilupparla, approfondirla a modo mio. Una frase in particolare mi ha suggerito questo, e l’ho utilizzata per aprire la mia storia.

Io per prima, penso che i personaggi originali non si comporterebbero mai così, ma questa variazione mi ha affascinato e ho voluto azzardare, tentando di non snaturarli troppo.

Grazie a Erika per i suggerimenti sulla citazione.

 

 

****

 

“Qualcosa era cambiato, ma cosa? Inspiegabilmente le riusciva difficile darsi una risposta. All’improvviso sentì freddo, sentì la mancanza di un abbraccio, eppure non era l’abbraccio di Fersen che avrebbe voluto…”

 

Tratto da “Risvegli. (Qualcosa sta cambiando)”

Autrice: Tiziana

Sito:  www.larosadiversailles.it

 

 

*****

 

La giornata si preannunciava luminosa e soleggiata, non una nuvola sporcava il cielo terso di quella mattina, che li vedeva dirigersi lentamente a cavallo, verso la reggia di Versailles.

Il colonnello Oscar e il suo devoto, fedele attendente, avanzavano pigramente lungo il sentiero, uno dietro all’altra. Nessuno parlava.

Ognuno era perso in un suo pensiero e l’umore di entrambi era decisamente l’opposto di quella giornata.

André cavalcava dietro ad Oscar e intanto osservava la sua figura di spalle, i capelli lunghi, biondi, sparsi sulla schiena, ondeggiavano ad ogni movimento del suo animale.

Pensava alla notte appena trascorsa, a tutte le notti che avevano avuto insieme, al delirio che li aveva presi da molto tempo ormai. Un delirio a cui non avrebbe voluto rinunciare, nonostante il carico di dolore che portava con sé, ma che non poteva più bastargli. Perché non aveva tutto.

Oscar si era concessa a lui con voluttà, senza falsi pudori e moralismi, ma solo nel corpo.

Non si lasciava neppure baciare volentieri, come se con un bacio, avesse potuto concedere la sua anima per intero. Come se con un bacio, potesse tradire il suo amore illusorio per Fersen. Quando André ci provava, lei bruscamente girava la testa dall’altra parte e si sottraeva alla sua bocca che la cercava. Lui aveva sperato che le cose attraverso il tempo potessero cambiare, che lei potesse capire, sentire quanto lui l’amasse.

Ma dopo l’amore, lei pretendeva sempre che lui la lasciasse e tornasse nella sua camera, da solo.

Fin dalle prime volte era stato così. Non aveva mai voluto risvegliarsi con lui accanto.

Così per infinite mattine André si era ritrovato solo, nel suo letto, con una tristezza nel cuore che lo faceva star male, ma che dominava con ostinazione. Il suo amore per lei lo avrebbe spinto a fare qualunque cosa, ad accettare tutto, pur di vederla felice. E a volte, lei sembrava dimenticarsi di tutto tra le sue braccia, per questo André non chiedeva niente di più di quello che aveva.

Era già molto infondo, più di quanto avrebbe potuto sperare.

Era stato difficile all’inizio, ma col tempo aveva fatto di necessità virtù. Camuffava dietro i sorrisi, la sua profonda amarezza e Oscar pareva non accorgersi di nulla. Per lei era un gioco, tra amici, senza disturbare i sentimenti. Se aveva cercato di raggiungere una diversa intimità con lei, aveva dovuto in fretta, frenare ogni suo possibile ardore, di fronte all’atteggiamento di Oscar, che rammentava spesso all’amico di non confondere il sesso con l’amore. Ma non ne poteva più, così non si poteva andare avanti, stava pensando André, mentre la seguiva sulla strada per Versailles.

 

Possibile che tu non ti renda conto del male che mi fai? Perché ti ostini a non vedere l’amore che ho per te?

Non te l’ho dimostrato in tutte le maniere? Non ce la faccio più, Oscar. Non posso continuare a vivere così.

Io ti amo e per amor tuo mi sto consumando lentamente, come una candela e alla fine di me, non sarà rimasto nulla. Speravo che le mie carezze cancellassero Fersen dalla tua mente… a volte mi chiedo se tu pensi a lui mentre fai l’amore con me… perché non riesci ad amarmi? Perché?

Non posso andare avanti così, alimentando la speranza che un giorno tutto questo possa cambiare, che tu possa amarmi per davvero. Non succederà mai,  è tempo che io mi faccia una ragione di questo.

Devo rinunciare ai sogni che nutro da troppo tempo, mi sto convincendo che non si avvereranno mai.

È anche colpa mia, non avrei dovuto permettere che accadesse quello che è accaduto fra noi.

Avrei dovuto respingerti, invece una sera, mi sono lasciato sedurre dalla tua dolcezza, dalla tua tristezza struggente. Eravamo vulnerabili entrambi, quella sera, per motivi diversi. Abbiamo ceduto al desiderio di avere un attimo di felicità, solo per noi, ma ora siamo infelici come e più di prima. Almeno io mi sento così.

Doveva bastarmi la tua amicizia, ma io ho voluto ben altro, ho voluto credere che il nostro rapporto potesse diventare più profondo, più vero, ma ora devo trovare il coraggio e rinunciare definitivamente a te.

Mentre lo penso, il mio cuore sanguina. Come farò? Come posso riuscire ad allontanarti dalla mia vita?

Eppure devo farlo, anche se mi farò male, perché non posso continuare a vivere in questa menzogna.

 

I pensieri di Oscar se possibile erano ancora più confusi e disordinati.

Pensava con fastidio a tutto quello che l’avrebbe attesa quel giorno a Versailles; l’addestramento delle truppe, le beghe di palazzo, i nobili che esternavano apertamente le loro critiche, al comportamento della regina che da qualche tempo, in seguito alla nascita dell’erede al trono, era andata a vivere al Petit Trianon, isolandosi dal resto della corte. Sua Maestà si dilettava con la musica, la poesia e il teatro e non concedeva più udienze a nessuno, a parte quei pochi privilegiati come la contessa di Polignac. Oscar a volte si sentiva stanca e nauseata da quel mondo, stanca di doversi preoccupare di questioni futili. In quel momento, l’unica cosa che avrebbe voluto era un appiglio cui aggrapparsi, un sostegno.

Non si accorgeva che le sarebbe bastato girarsi e guardare alle sue spalle per averlo.

Pensava al colloquio che aveva avuto il giorno prima con la regina, da donna a donna, anche se lei non si concedeva mai di esserlo fino in fondo. Oscar in realtà, avrebbe voluto parlare alla sovrana delle udienze, ma erano finite a parlare di tutt’altro argomento.

Stavano camminando nel parco, quando Maria Antonietta aveva iniziato a parlare di Fersen.

Erano già passati quattro anni dalla sua partenza per l’America. Di lui non si avevano notizie.

“Sapete Oscar, mi chiedo se Fersen tornerà in Francia… - aveva detto la regina - …dopo tanto tempo, ora riesco a pensare a lui in maniera diversa, grazie ai miei figli…”

Fersen… già.

Poteva anche essere morto.

Stranamente questo pensiero non le procurava più nessuna angoscia. Non che non le dispiacesse.

Anche Oscar pensava a lui in maniera diversa ora, senza quella pena che l’aveva tormentata negli anni scorsi.

Oscar lo ricordava prima della partenza per l’America, rammentava il dolore di quei momenti, quando si era resa conto che si stava innamorando di lui. Fersen aveva preso a invaderle i pensieri facendola stare male, lo immaginava insieme alla regina ed era testimone e complice dei loro segreti.

 

Una sera nella sua stanza, in cui si era sentita triste più di altre volte, era stato facile abbandonarsi alle braccia accoglienti del suo amico di sempre, complice una generosa dose di buon vino.

André non sopportava di vederla star male, aveva cercato di consolarla, si era avvicinato a lei e le aveva posato una mano sulla spalla, accarezzandola. Non c’era stato un secondo fine, era solo un gesto amichevole, poi i loro sguardi si erano incontrati per un lungo istante. Non avrebbe saputo dire, come era successo che si era trovata tra le sue braccia, col viso affondato nella sua camicia.

Aveva iniziato ad accarezzarlo, lui sconcertato, inizialmente, aveva cercato di fermarla.

“No, Oscar… cosa… cosa fai? Cosa vuoi fare?”

“Lo voglio, André. Per questa sera, dimentica che io sia tua amica, fingi che sia un’estranea che hai incontrato per caso…”

E aveva insistito, finché lui non aveva risposto seppure incredulo a quelle carezze.

L’aveva assecondata senza fare altre domande.

Al primo smarrimento era seguita l’euforia, si era lasciata andare senza più preoccuparsi di nulla, e André non sembrava chiedere di meglio. Si erano presi senza quasi parlare, con una sorta di pudore e qualche senso di colpa. Dopo, quando tutto fu finito, Oscar si era preoccupata di rassicurarlo che non cambiava nulla nel loro rapporto, restavano sempre amici.

“Quello che è successo non cambia nulla fra noi; non diamo alla cosa un’eccessiva importanza…”

Alle sue parole, André aveva annuito in silenzio, con rassegnazione e lei non aveva notato la luce negli occhi dell’amico, spegnersi di colpo. Era successo perché entrambi avevano avuto un istante di debolezza, ma non sarebbe più accaduto, così pensava lei.

Invece, era accaduto ancora e continuava ad accadere. Pudore e senso di colpa, erano stati messi da parte, senza tanti preamboli. A volte Oscar quasi lo pretendeva, lo reclamava con lo stesso tono con cui avrebbe impartito un ordine, oppure era solo un gesto, uno sguardo a rivelare il suo desiderio.

“Vieni nella mia stanza, più tardi…”

Lo diceva senza preoccuparsi che altri potessero sentirla e sospettare qualcosa.

In effetti nessuno avrebbe mai sospettato nulla. Ma André capiva, sempre.

Docile, faceva quello che voleva lei e ubbidiva. Perché non riusciva a opporsi ai desideri di lei e allo stesso tempo era frenato nei suoi, perché sentiva che Oscar non era coinvolta quanto lui.

Così era all’inizio.

 

Quante cose erano cambiate da allora, lei era cambiata, forse i suoi stessi sentimenti erano cambiati, perché nel tempo si era accorta che nella sua mente, era rimasto poco spazio per Fersen. Non pensava più a lui come prima, merito anche di André, sicuramente.

All’inizio facendo l’amore con lui, aveva immaginato che al suo posto ci fosse Fersen, ma quella fantasia l’aveva abbandonata molto in fretta, perché non le procurava gioia, ma tormento.

Decisa a tutto pur di dimenticare quell’uomo che non le sarebbe mai appartenuto, aveva cercato di pensare solo al sesso senza troppi coinvolgimenti, arrivando perfino a smorzare gli slanci dell’amico, che in certi momenti, pareva volere qualcosa di più profondo da lei. Non intuiva quanto André fosse coinvolto dalla loro storia e senza volerlo davvero, lo umiliava allontanandolo senza sospettare che per lui non era mai stato solo sesso.

Ma ultimamente Oscar sentiva che le cose stavano cambiando, ancora più radicalmente.

Aveva iniziato a percepire una vaga sensazione di perdita, ma non sapeva dire esattamente da cosa dipendesse. Poi una mattina si era svegliata sola nel suo letto, come accadeva sempre da quando aveva cominciato la sua strana relazione con André, e per la prima volta una strana tristezza l’aveva assalita. Aveva cercato di cacciarla in fretta, come un fastidio solo momentaneo. Ma lo stesso malessere si era ripresentato altre volte e diventava sempre più acuto col passare del tempo. Con la mano accarezzava il lenzuolo vuoto, cercando il calore lasciato dal corpo di André e si sentiva delusa per la sua assenza. E un giorno percepì chiaramente, per la prima volta in assoluto, tutta la solitudine e la tristezza della sua vita, vissuta senza permettere ai suoi veri sentimenti di emergere.

Era una mancanza che le toglieva il fiato e avrebbe voluto colmare subito quel senso di vuoto.

Ma non sapeva esattamente come fare. Ora sulla strada per Versailles, per la prima volta stava valutando la possibilità, che nella sua vita mancasse qualcosa di fondamentale per essere pienamente felice.

 

Ma che mi prende? Non mi ero mai sentita così… infelice. Non riesco a trovare un altro termine che definisca il mio stato d’animo. Sto meglio solo quando sono tra le braccia di André. Annego nella mia estasi, mi lascio travolgere e per un attimo dimentico chi sono, dimentico la mia vita vissuta a metà.

Ma la pace dura poco… perché quando mi sveglio e mi ritrovo sola con i miei pensieri, tutto mi appare sotto una luce squallida che non avevo mai visto prima… ciò mi fa sentire un’infinita tristezza.

A volte mi sono addormentata tra le sue braccia dopo l’amore.

È un sonno senza sogni, placido, senza ossessioni… senza la mia ossessione.

Fersen… eri tu la mia ossessione, il mio sogno proibito, ma di te mi resta una sorta di nebbia, che si dissolve in fretta se André mi scalda con un suo abbraccio. Non ho neppure più timore di non vederti tornare dall’ America.

Forse il mio per te non era amore, dopo tutto.

Durante il giorno se ci sfioriamo, succede per puro caso. Ultimamente il desiderio mi assale nei momenti più impensati, nei giardini di Versailles o mentre passo in rassegna le truppe. Il mio sguardo incontra il suo, acceso in quel momento da un sorriso, osservo la piega della sua bocca… e scopro all’improvviso che vorrei baciarlo. Ma come? Come mi è venuto un simile pensiero? Non ero io che dicevo a lui di non confondere il sesso con l’amore?

Ora faccio il suo medesimo errore. Però è vero, voglio baciarlo. Voglio sfiorare le sue labbra con le mie e capire cosa si prova. E voglio essere baciata da lui. Ripenso a quando era lui che tentava di baciarmi e io non volevo. Quante volte l’ho respinto. Non lo farei di nuovo. Perché non volevo? Avevo paura, forse?

Paura che potesse distruggere il mio amore ideale per Fersen? Adesso che cos’ho tra le mani?

Davvero posso avere soltanto questo, una relazione leggera che mi appaga solo in parte, quando vorrei tanto sapere cosa vuol dire amare e sentirsi amata? Voglio davvero solo questo? Non mi basta più, lo sento.

E so anche che quello che cerco, non lo troverei mai tra le braccia di Fersen, anche se a volte ho sognato potesse essere così.

Lo potrei trovare tra le tue braccia, André?

A volte ho l’impressione che tu voglia dirmi altro, ma poi qualcosa ti frena.

Forse è la mia freddezza a frenarti, perché non voglio scoprire cosa nascondi nel cuore. Non ho mai voluto scoprirlo e a volte, mi pare di intuire qualcosa, dietro la maschera del mio amico giocoso, focoso e impaziente.

Allora divento glaciale.

È meglio di no, pensavo, evitiamo complicazioni sentimentali. Non illudiamoci che il nostro sia amore, André.

È lussuria, gioia dei sensi e non altro.

Siamo buoni amici… amici un po’ speciali… amici… lo siamo ancora? Davvero?

Oh, io non lo so più!

Non so più cosa siamo André… cosa saremo domani?

Adesso capisco cos’è l’angoscia che a volte mi assale, quando sento che te ne vai dal mio letto; è la paura che il nostro essere amanti, possa un giorno dividerci per davvero, rovinare la nostra amicizia.

Potrebbe succedere che un giorno tu mi dica, che non vuoi continuare questo strano gioco tra noi?

Perché io non so se saprei rinunciarci…

 

Con questi pensieri rivolti all’amico che cavalcava al suo fianco, Oscar varcò i cancelli della reggia.

Quel giorno si riprometteva che avrebbe parlato alla regina delle udienze; era necessario riprenderle, magari non con la stessa frequenza, era l’unico modo per riavvicinare i nobili alla regina. Quasi non ebbero il tempo di scendere da cavallo, che Oscar fu avvicinata da un messo reale. La regina richiedeva con urgenza la sua presenza al Petit Trianon.

Rimontarono a cavallo e si diressero verso l’area del parco dove sorgeva il piccolo palazzo.

Oscar si chiese preoccupata cosa potesse essere accaduto.

Si fece annunciare e Maria Antonietta la ricevette con gli occhi bagnati di lacrime.

Per un attimo ebbe paura; erano giunte forse notizie dall’America?

“Maestà posso sapere cosa è accaduto? Perché siete così sconvolta?”

La regina piangeva tenendo una lettera tra le mani, Oscar notò che recava il sigillo dell’Austria.

“Mi sono giunte cattive notizie da Vienna. Mio fratello mi scrive per annunciarmi la morte di mia madre, l’imperatrice Maria Teresa d’Austria. Mi sento malissimo Oscar… siete l’unica che possa darmi un po’ di conforto… oh, madamigella… avevo ancora bisogno di lei, dei suoi consigli. È terribile perdere una persona cara al nostro cuore… cosa farò adesso? Ho paura…”

La regina era disperata e aveva cercato rifugio tra le braccia dell’amica, che per quanto poteva, cercava di consolarla.

Oscar provava una gran pena ora per la regina, per quel dolore che veniva a incrinare il periodo più bello e felice che avesse mai provato, da quando aveva avuto la gioia di diventare madre. Certamente ora non le avrebbe più parlato delle udienze, meglio attendere un altro momento. Cercò le parole più adatte in quella dolorosa circostanza.

“Vi porgo le mie condoglianze Maestà, comprendo il vostro dolore, ma ora dovete cercare di essere forte. Forse dovreste scrivere a vostro fratello, il nuovo imperatore d’Austria.”

“Ho già provato diverse volte, ma non riesco a smettere di piangere… sapeste Oscar come si sta male! Perdere chi amiamo è davvero una pena terribile! Siete fortunata Oscar a non averlo mai provato…”

 

Erano state quelle ultime parole della regina a farla riflettere, a darle da pensare maggiormente.

Vi aveva pensato tutto il giorno, in modo ossessivo. Si sentiva inquieta, col cuore in tumulto e non vedeva l’ora di tornare a casa.

Quel giorno le sembrava tutto più difficile e il tempo trascorreva lento e snervante.

Poche parole scambiate con André, non l’avevano fatta sentire meglio; le aveva risposto per monosillabi, e per quanto lei avesse tentato di coinvolgerlo, lui era apparso taciturno per gran parte della giornata.

L’atteggiamento insolito di André, contribuì a innervosirla oltre misura. Alla minima contrarietà si irritava, durante l’addestramento riprese severamente alcuni soldati che non marciavano correttamente, tanto che perfino Girodelle se ne sorprese. Solo Andrè non ne fu sorpreso, si aspettava quella reazione di lei, dopo aver saputo del colloquio avuto con la regina.

Credeva anche di comprenderne la ragione.

Fersen, come sempre. Ma non sospettava quanto si sbagliava.

Perché non era Fersen, che adesso lei cercava con lo sguardo, non era lo sguardo di Fersen che la sfuggiva inspiegabilmente, senza una ragione apparente che ora la preoccupava. André era strano. Sembrava che fosse altrove con la mente. Qualcosa lo preoccupava, era teso e non era una cosa che gli accadeva spesso.

Ma Oscar giudicava ancor più strano che non dicesse nulla a lei. 

 

André… cosa c’è? Dove sei adesso?

 

Non avrebbe retto ancora per molto. Decise repentinamente, che non voleva restare oltre in quello stato di tensione. Lasciò le ultime incombenze a Girodelle, poi chiamò André per andarsene.

Voleva tornare a casa in fretta e se possibile, ancora più in fretta, voleva buttarsi tra le braccia del suo attendente senza aspettare le ore notturne. Quel distacco che percepiva… e la strana paura che quel legame con André fosse sul punto di spezzarsi… doveva cercare di rinsaldarlo in fretta.

Se possibile, doveva avvincerlo a sé in maniera tale, che non potesse più liberarsi.

Egoisticamente, credeva di averne il diritto. Perché era un amico speciale… molto speciale, che le dava ciò di cui lei aveva bisogno, le faceva dimenticare la sua solitudine.

Per questo… no… non lo avrebbe mai lasciato andare.

Percorsero la strada piuttosto velocemente.

André riusciva a percepire lo strano malessere di Oscar, quell’ansia che lei tentava di placare, senza successo.

Capiva che era preoccupata per qualcosa, aveva intuito che l’udienza con la regina l’aveva fortemente turbata.

Gli era sembrata strana per tutta la giornata.

Quando arrivarono alle scuderie di palazzo Jarjayes, Oscar gli lasciò le redini del suo cavallo, ma prima di rientrare velocemente in casa, si rivolse a lui tentando di mantenere il solito tono, ma rivelando una malcelata ansia.

“Sbrigati e quando avrai finito qui, vieni subito da me…” non aveva atteso risposta e se n’era andata.

 

Se non fosse subito andata via, avrebbe notato forse, lo sguardo esterrefatto di André, misto alla delusione.

Proseguì il suo lavoro lentamente, senza fretta, quasi rallentando i gesti. Gli veniva da piangere e sarebbero state lacrime di rabbia, se le avesse lasciate uscire. Le ricacciò in fondo insieme all’amarezza, dando un calcio a un secchio lì vicino. Non si era mai sentito così usato.

Era solo questo per lei? Uno sfogo, un modo per dimenticare Fersen? Perché doveva svilire così il loro rapporto, la loro amicizia… perché ingannarsi se non era più solo quella ormai? Almeno per lui?

Davvero tutto quello che era successo tra loro, non contava nulla per lei?

Le carezze, la passione che li travolgeva sempre, non avevano aperto nessuna breccia nell’animo di Oscar?

Così decise… e per la prima volta dopo tanto tempo, l’avrebbe lasciata ad aspettare, da sola nel suo letto, tutta la notte… perché non sarebbe più andato da lei.

Non voleva più essere usato, non voleva più soffrire, nella speranza di avere ciò che non poteva: il suo cuore, il suo amore.

 

Vuoi amicizia e non altro? Che amicizia sia, Oscar…

 

C’era quasi gioia nella sua decisione, non rivalsa… no… non era quello. Era la gioia dell’affrancamento da una sorta di schiavitù.

Oscar avrebbe chiesto spiegazioni, lo sapeva. Gliele avrebbe date, le avrebbe detto tutto, finalmente le avrebbe detto che l’amava, avrebbe osato quello che non si era mai esposto a fare, neppure nelle loro notti più travolgenti, quando lei si arrendeva totalmente al suo desiderio e lui a volte, aveva addirittura la sensazione di sentirsi amato. E forse scoprire la verità per lei sarebbe stato un dolore.

Ma non poteva evitarlo, non più.

 

***

 

Oscar era andata nella sua stanza, si era tolta velocemente l’uniforme, come se sentisse soffocarsi. Si era stesa sul letto ad aspettare che André la raggiungesse, ma poi in fretta il sonno l’aveva vinta. Dopo un’ora circa si era ridestata, aspettandosi di trovare André al suo fianco, ma lui non c’era. Pensò che forse trovandola addormentata, fosse andato via. Cercò le tracce del suo passaggio, ma non trovò nulla.

Attese ferma sul letto ancora per qualche minuto, poi si alzò per guardare fuori dalla finestra. Il cielo volgeva all’imbrunire e decisamente l’ora di cena era passata da un pezzo.

E poi non aveva appetito.

Il tempo passava e lei diventava sempre più inquieta, perché André non arrivava.

Ma dov’era finito?

Se lo stava chiedendo con ansia e non sapeva trovare una risposta, al dubbio che le attanagliava la mente.

 

Perché non viene da me? Ma che combina?

 

Aspettò ancora a lungo, lasciò passare un’ ora buona prima di aprire la porta e precipitarsi fuori per cercarlo.

Si accorse che in casa non c’era, non era neppure nella sua stanza.

Chiese alla governante se avesse visto il nipote e l’anziana donna le rispose che l’aveva cercato anche lei per affidargli un lavoro, ma André si era dileguato diventando introvabile.

Qualcuno l’aveva visto uscire a cavallo.

Oscar era sempre più perplessa e non si spiegava cosa ci fosse dietro il comportamento strano di lui. Possibile che non avesse capito?

Non aveva mai dovuto dire due volte le cose ad André.

Ma c’era dell’altro lo sentiva, lo temeva. Tornò nella sua stanza mentre il dubbio le mangiava il cuore. E quel tarlo che adesso la rodeva non l’avrebbe fatta dormire per tutta la notte. Avrebbe pensato a lui senza trovare requie.

 

Ma che ti succede? Cosa ti passa per la mente? Se è un colpo di testa te lo posso anche perdonare, ma dovrai spiegarmi ed essere convincente. Cosa c’è, non mi vuoi più? Ti sei stancato di me? Se torno indietro alla nostra ultima notte, non mi pare che fosse così. Hai un'altra per caso? Spero tanto di sbagliarmi, perché io non voglio dividerti con nessuna.

Se scoprirò che è così ti renderò la vita un inferno, te lo giuro. Ma che stò dicendo? Che diritti ho io su di te?

Solo quelli che io mi sono presa. Sono davvero un egoista, ti reclamo come se tu fossi una cosa mia e forse è questa l’impressione che ti dò. Non sarà un obbligo per te? Prendi i miei slanci come ordini?

Mi sembra di parlare come una donna gelosa. Vorrei che tu fossi qui… perché mi manchi André.

Mi manchi sempre di più, ogni volta che ti allontani. Oggi eri strano, come assente. A cosa pensavi?

A cosa pensi mentre facciamo l’amore?

Come vorrei vederti entrare da quella porta… no… qualcosa mi dice che non lo farai, questa notte.

Improvvisamente avverto il terrore che potrebbero essere così, tutte le mie notti future, passate ad aspettare invano che tu venga da me. Uguali a questa notte dolorosa, pesante e vuota… riempita solo dal desiderio di piangere.

No Andrè… ti prego, no… non lasciarmi sola….

Non lasciarmi più sola…

 

 

Quella sera André era andato a Parigi ad affogare il suo dolore, in qualche bicchiere di vino, ma non volle ubriacarsi. Doveva restate lucido e pensare a cosa avrebbe fatto l’indomani. Pensava a tutto quello che le avrebbe detto, alle domande che lei gli avrebbe fatto, alle risposte che lui avrebbe dato.

Come avrebbe reagito lei?

Sarebbe stata cinica, magari? Se la immaginava la sua possibile risposta – è un po’ tardi per farsi degli scrupoli morali, non ti sembra? –  Solo due parole avrebbe voluto dirle in realtà… ti amo.

Non c’era davvero nessun’ altra spiegazione possibile. Quando più tardi uscì dal locale per tornare a casa, sapeva con assoluta certezza, che tra poche ore la sua vita sarebbe cambiata per sempre.

 

 

****

 

 

La mattina seguente Oscar si era alzata prima del consueto. Non aveva chiuso occhio. Non le era mai capitato di restare sveglia a pensare all’uomo che amava… non le era mai successo per Fersen.

Perché così stavano le cose, c’era voluta una notte insonne, divorata dal dubbio e dalla paura di perderlo per capirlo. Doveva parlargli, spiegare e tentare di capire cosa provava lui, se poteva trovare per lei un po’ d’amore nel suo cuore generoso, che non le aveva mai negato niente, fino alla sera prima. Era stata lei a negarsi, a negare i suoi sentimenti, usandolo per placare la sua anima tormentata da un altro volto effimero e lontano.

Non sarebbe andata a Versailles quel giorno, non ne aveva voglia, c’erano altre priorità che le sembravano più importanti. Voleva avere tutto il tempo che le serviva per risolvere la questione con André.

Scese nel salone per cercarlo, andò nelle cucine, André non c’era. Una lieve ansia le agitava il petto.

Le dissero che si era diretto alle scuderie per preparare i cavalli, come ogni mattina.

Certo, pensava che sarebbero andati a Versailles, come sempre. Le stesse cose tutti i giorni, da anni.

Mentre raggiungeva le scuderie si accorse del lieve accelerare del suo cuore.

Si affacciò sulla porta e lo vide mentre sellava il suo cavallo. Fece qualche passo verso di lui.

“André, non è necessario che selli il cavallo, non andrò a Versailles quest’oggi.”

Lui si girò e solo allora vide che non indossava l’uniforme, ma notò anche altro, gli occhi stanchi cerchiati di sonno. Capì che non aveva dormito quella notte. Come lui del resto.

Le rispose in tono neutro.

“Come vuoi, Oscar.”

Lei non accennò a volersene andare. Rimase immobile a guardarlo in silenzio.

André stava togliendo la sella dalla schiena dell’animale, sentiva che erano alla resa dei conti.

Era arrivato il momento della verità.

“André…”

“ Sì?”

“Cosa… cosa è successo ieri? Perché non sei venuto, come ti avevo chiesto? Io ti aspettavo…”

La voce di lei era un tantino incrinata e lui se ne sorprese. Se l’era aspettata quella domanda e aveva valutato tutte le possibili risposte da darle, che ora gli sembravano tutte inadatte, senza senso. Era assolutamente calmo, fermo nella sua decisione. Restò in silenzio a guardarla per un po’. Poi un pensiero si fece strada nella sua mente.

Un desiderio nascosto nel cuore da troppo tempo.

Quando lei parlò nuovamente si sentì quasi provocato.

“Ti ho fatto una domanda. Sei pregato di rispondere…”

Oscar lo incalzò con un tono lievemente irritato che in realtà non avrebbe voluto usare.

Appariva stranamente ansiosa e André lo notò, ma non si scompose minimamente.

Un gesto. Una cosa che avrebbe voluto fare da tempo.

L’ultima cosa che si sarebbe concesso di lei, prima di negarsi tutto, prima che lei non gli concedesse più nulla.

Lasciò quello che stava facendo e avanzò verso di lei con fermezza.

Oscar vide i suoi movimenti sicuri e non comprese, finché le sue braccia non la circondarono, non seppe opporsi quando sentì le labbra di lui sulle proprie, schiuderle e avvolgerle.

André la stava baciando, con tutta la sua passione di amante avvilito e frustrato, con una sensualità sempre più profonda. Oscar, solo un istante aveva pensato di respingerlo, ma si sentì incapace di resistere al desiderio di rispondere a quel bacio nello stesso modo, perché sentiva che era quello che voleva, voleva sentire il suo sapore, lo sognava da tanto. E rispose.

Rispose con lo stesso ardore che lui le dimostrava e non avrebbe più voluto staccarsi, tanto il fuoco si era acceso in lei. Un bacio da togliere il fiato, per quanto era intenso e che avrebbe chiesto di più.

André la sentiva aggrapparsi a lui, come un naufrago si sarebbe aggrappato al legno che lo sostiene.

Ed era sorpreso perché era una lotta diversa che si sarebbe aspettato. Per un attimo, volle quasi credere che le cose potessero essere differenti da ciò che lui credeva, ma era stanco di illudersi.

La lasciò staccandosi quasi a forza. Il respiro di entrambi era affannato come dopo una corsa.

Lei avvertì la stessa sensazione penosa che aveva provato già altre volte, quando lui la lasciava sola dopo l’amore.

“Questa… è la mia risposta, Oscar…” lo disse con dolore infinito.

“Cosa… cosa vuol dire? Non capisco…”

“Io ti amo, Oscar. Da sempre. Da prima di tutto, prima di noi, prima che il sesso ci dividesse. Io speravo potesse unirci di più. Per me non è mai stato solo sesso, ma tu non te ne sei mai accorta…”

Oscar dopo quel – ti amo – non aveva quasi più sentito altro. Il suo cervello si era bloccato a quelle uniche parole. Le uniche che avrebbe voluto sentire, le uniche che desiderava da tempo e di cui avesse bisogno.

E lo capì nell’attimo preciso in cui le aveva udite pronunciate dalla voce di André.

Ma c’era un dolore malcelato in quelle parole, c’era dell’altro, qualcosa che poteva sconvolgerla e cancellare la gioia improvvisa di quel momento.

“Oscar, io ti amo così tanto, che ho finito per annullare me stesso. Non posso andare avanti così, non ho più la forza per sopportarlo. Tu non mi amerai mai come ti amo io. L’ho sperato per un certo periodo, ho creduto che potesse succedere… ma guardiamoci in faccia: io non riesco più a fingere, mentre tu stai con me, pensando a Fersen. Ma credimi se ti dico che lui non saprebbe amarti come ti amo io… non potrebbe farlo mai…“

“Fersen? No André, non è come pensi… io sono cambiata…”

Si era aggrappata alle sue braccia come per trattenerlo.

“Anch’io sono cambiato Oscar, non ho più illusioni. Non sai quanto mi costa aver preso questa decisione, posso dirti che ho fatto violenza a me stesso. Quello che ho non mi basta più Oscar, se non posso avere il tuo amore è meglio smettere con questa follia. Ti prego cerca di capirmi… e lasciami andare… smettiamo di farci del male…”

Oscar aveva ascoltato tutto, senza riuscire ad opporre alcun’argomentazione. Andare? Dove?

Voleva davvero lasciarla? Fu un attimo e realizzò che André non le lasciava speranza, non avrebbe fatto marcia indietro. Era diventata pallida improvvisamente, André ebbe paura potesse svenire. Vide i suoi occhi diventare paurosamente lucidi. Non svenne, ma crollò semplicemente a terra, travolta da dolore e rimorso, senza riuscire a frenare il pianto che la straziava. Non era preparato ad una simile reazione.

Si era aspettato di tutto, indifferenza, anche rabbia magari, ma non quello.

Per André era più penoso di quanto avesse creduto, non sopportava di essere lui la causa di quella sofferenza. Sembrava addirittura eccessiva se per lei davvero, non era mai stato amore.

Si inginocchiò davanti a lei posandole una mano sulla spalla.

“Ti prego, non fare così. Perdonami Oscar, ti prego, io non avrei voluto darti un dolore. Io sarò sempre tuo amico e ti sarò sempre accanto, anche se in modo diverso… perché nonostante tutto, continuerò ad amarti… anche così…”

Solo allora lei alzò il suo sguardo celeste e gli si gettò tra le braccia nuovamente.

“No André, ti prego no… sei tu che devi perdonarmi! Ti prego amore…”

Lo baciò lei sta volta, tra i singhiozzi e le lacrime, mentre lui incredulo, la sentiva tenera e fremente cercare la sua bocca. E quando parlò nuovamente André fu certo che quella fosse la verità.

“Ti amo anch’io e non sai quanto. Mi sono sentita così sola, ti volevo con me, ma avevo paura. Non avevo capito niente di te, di noi. Ti prego André, devi credermi se ti dico che Fersen non occupa più i miei pensieri da tanto tempo ormai. Sei solo tu André. Solo tu riempi i miei giorni e le mie notti. Se mi allontani da te adesso, io potrei morirne…”

“Oh Oscar, io non vorrei mai doverlo fare, ma…  allora… è vero?” un fremito nella sua voce.

“Ti amo André e se me lo permetterai, te lo dimostrerò…”

La prese tra le braccia per baciarla ancora e asciugare le sue lacrime, perché non ci sarebbe più stato dolore, ne per lei, ne per lui. La paglia accolse i loro corpi, ma non fecero l’amore in quel momento, perché quella mattina doveva risarcirli di tutte quelle passate lontani uno dall’altra, di tutti gli sguardi mancati, di tutti i baci non dati e sognati. Tra una cavalcata e un duello, tra baci rubati e carezze furtive che non avevano mai assaporato, attesero con spasimo e desiderio che venisse il momento.

E venne la notte.

La loro prima, vera, autentica notte d’amore.

Fu la più bella di cui ebbero memoria. Fu la più felice.

E quando venne il mattino, il sole li trovò ancora insieme. E non furono mai più soli.

 

 

Fine

 

 

Note: non so se questa è la forma corretta per citare un autore, comunque un ringraziamento particolare va a Tiziana, l’autrice del racconto originario, “Risvegli. (Qualcosa sta cambiando.)” che mi ha ispirato questa storia. Senza quello, io non l’avrei mai scritta.

Se ti capitasse di leggere; io ho tentato varie volte di mettermi in contatto con te per avere un tuo parere, e per chiederti semmai di poter usare la tua frase, ma non sono mai riuscita a farlo. Mi sono permessa ugualmente di usare quella frase del tuo racconto per aprire il mio, perché quella in particolare mi ha suggerito l’idea di base, ma se la cosa non ti facesse piacere, fammelo sapere che provvederò a toglierla.

 

Grazie sempre a tutti coloro che avranno letto e apprezzato il mio racconto e un grazie particolare a certe fedelissime che mi seguono sempre, spero di non deludervi con questa storia un po’ fuori dagli schemi.

Auguri e buon anno a tutti.

 

   
 
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