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Autore: vegeta4e    25/05/2015    2 recensioni
Haytham e Connor sono alla ricerca di B. Church, colpevole di aver tradito l'Ordine Templare e di aver sottratto a Washington i rifornimenti destinati all'Esercito Continentale. Il birrificio di New York è palesemente abbandonato e questo piccolo dettaglio obbligherà padre e figlio a collaborare, costringendo il Gran Maestro a lavorare separatamente sia con Charles sia con il figlio. Successivamente Haytham li convincerà a cooperare, tentando di metter da parte l'odio tra Assassini e Templari per raggiungere uno scopo più grande, desiderato da entrambe le fazioni: vincere la guerra contro gli Inglesi.
Ma non sarà questo l'unico intoppo. Torneranno vecchie conoscenze, vecchi problemi che H. Kenway credeva di essersi lasciato alle spalle. A cosa dare la precedenza? Ad una richiesta d'aiuto o a Washington che, battaglia dopo battaglia, sta perdendo sempre più terreno?
Questi eventi coinvolgeranno anche Connor e Charles Lee, nel bene e nel male.
Dal testo:
Charles e Connor entrarono nella sala, notandomi assente e pensieroso.
«Signore? Che succede?» Sospirai nuovamente, premendomi due dita alla base del naso.
«Temo di dovervi lasciare soli nelle prossime missioni. Devo tornare in Europa» annunciai tornando in posizione eretta per darmi un contegno.
Genere: Avventura, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charles Lee, Connor Kenway, Haytham Kenway, Jenny Kenway
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Capitolo 38

Quando rientrammo a Fort George ringraziai di avere ancora una notevole resistenza fisica, anche se nonostante ciò avevo perso sensibilità alla spalla sinistra, che aveva retto il peso di Charles per tutto il tragitto. Trasportarlo fino al nostro covo e dargli la mia camicia non era servito a diminuire i sensi di colpa. Sentirlo respirare a fatica e vederlo sporco e infreddolito non mi faceva sentire in diritto neanche di guardarlo in faccia. Per non parlare dell'odore dolciastro che stavo inalando da almeno mezz'ora, tutto quel sangue ormai incrostato alla stoffa aveva iniziato a darmi il voltastomaco.

Abbassai lo sguardo sulla mano sinistra di Charles, stretta alla sua stessa carne all'altezza dello stomaco e il gorgoglio che sentimmo poco dopo mi fece intuire che soffrisse per i crampi dovuti alla fame. Istintivamente accelerai il passo, sperando che riuscisse a starmi dietro. «Ce la fai?» Col braccio sinistro gli diedi una spinta da sotto l'ascella, tirandolo su e alleggerendo di poco il peso. «Coraggio, mancano pochi metri.» Annuì in silenzio, la testa china e gli occhi tenuti aperti a fatica.

Sussultai quando la porta che collegava il piazzale e l'interno del forte si aprì sola, lasciandomi interdetto e con la mano a mezz'aria.

«Charles!» Jenny comparve nel mio campo visivo, attaccandosi con uno slancio al collo di Lee. Lo vidi sorridere appena mentre mia sorella singhiozzava sulla sua spalla. «Amore mio, cosa ti è successo?» Charles non rispose, limitandosi a guardarla con aria stanca mentre lei gli teneva entrambe le mani sul viso.

«Deve mangiare e riposare, ti spiegherò tutto più tardi» intervenni. Mi lanciò un'occhiata preoccupata, asciugandosi una lacrima con una mano.

«Sto bene.» Guardai il mio pupillo e deglutii nonostante avessi la lingua secca come un pezzo di legno. «Finché respiro non c'è bisogno di piangere.» Per riflesso gli strinsi di poco il polso destro, il suo braccio ancora intorno al mio collo.

«Smettila, non sai quanto mi hai fatta preoccupare» e ignorando la mia presenza, Jenny gli schioccò un bacio sulla bocca, mentre Charles gemeva per il brusco contatto con il labbro spaccato. Nonostante questo sembrò apprezzare, riservandole uno sguardo innamorato.

Io grugnii. «Avvisatemi quando la smettete di copulare, voi due. Potreste avere almeno la decenza di farlo dentro.» Avanzai trascinando Lee oltre la soglia, lasciando che si appoggiasse al muro e approfittandone per riposare i muscoli. Lo guardai con la coda dell'occhio mentre mi massaggiavo la spalla con una mano. Era pallido e a stento stava in piedi. La camicia era completamente imbrattata di sangue, assumendo sfumature più sbiadite lì dove le ferite erano meno profonde.

«Ti faccio preparare qualcosa di caldo» ed eccola lì, Jennifer Scott, a crogiolarsi nel ruolo della mogliettina premurosa e amorevole che ha sempre tutto sotto controllo. «Io ti preparo l'acqua per il bagno» Charles distese le labbra in un sorriso tirato, annuendo e prendendosi l'ennesima carezza, osservando poi Jenny incamminarsi su per la rampa di scale.

«Riesci a salire?» Domandai riavvicinandomi. «O magari vuoi una moina anche da parte mia?» Sogghignai in risposta all'occhiataccia di Lee, che non reagì nemmeno quando gli pizzicai una guancia con il pollice e l'indice.

«Ce la faccio» si staccò dal muro con un colpo di reni e seguì Jennifer, salendo su per la rampa di scale senza mai togliere la mano dalla parete.

Entrati nello stanzino da bagno notai immediatamente la tinozza di legno piena d'acqua. Era grande abbastanza da contenere una persona al suo interno, ma Charles non era in condizioni di scavalcare ed immergersi. Puntò la punta del piede destro contro il tallone sinistro, sfilando uno stivale e lasciandolo al centro della stanza; stessa sorte toccò all'altro.

Jenny lo aiutò a togliersi la camicia, che finì appallottolata in un angolo della stanza. La guardai un po' dispiaciuto: mi sarebbe toccato buttarla, viste le condizioni in cui verteva. Ma il peggio doveva ancora arrivare.

«Santo cielo» non riuscì a trattenersi davanti al grumo di sangue che Lee aveva sul pettorale sinistro, lì dove mancava il capezzolo. «Ma che ti hanno fatto?» Chiese con un misto di ribrezzo e paura, ma Charles non rispose, abbassando gli occhi sulla cintura e aprendosi i calzoni, anch'essi sporchi, facendoli scivolare fino alle caviglie.

Non avrebbe parlato se non avessi iniziato io il discorso, lo conoscevo bene. E cosa avrebbe dovuto dire, poi? Che era stata colpa mia? Che l'avevano portato via con l'inganno per fargli ammettere l'omicidio di Washington? No, non l'avrebbe mai fatto. Aveva difeso il mio onore davanti alla morte, Jenny non poteva di certo competere con un paio di pinze o una frusta.

«Ha salvato me» farfugliai. Glielo dovevo, dopotutto. Se avesse dato aria alla bocca dopo il primo pugno avrebbe salvato il capezzolo e qualche litro di sangue, invece aveva preferito tacere. Tacere per me, per l'Ordine, era il minimo che potessi fare.

Jenny si voltò nella mia direzione, mentre Charles si sfilava definitivamente i pantaloni, restando in mutande. «Come sarebbe?» Gli lanciai un'occhiata piena di gratitudine, prontamente ricambiata da un sorriso di circostanza che interpretai come un semplicistico "ho fatto solo il mio dovere, Signor Kenway", e la cosa non mi piacque. Non mi piacque affatto. Non volevo che mi difendesse perché ero un suo superiore, perché era un suo dovere. Mi piaceva pensare che lo facesse per affetto. Per motivi più intimi e personali.

Mentre prendevo coraggio per parlare, Lee si appoggiò al recipiente con le mani, piegandosi leggermente in avanti in attesa di Jenny, che intanto stava riempiendo d'acqua un secchio più piccolo. Glielo rovesciò piano sulla testa, bagnandogli i capelli, il collo e le spalle, iniziando poi a strofinare le pelle sporca di sangue con un panno insaponato. E se Jennifer era più che disposta a fare del bene, sul viso di Charles c'era solo tanta umiliazione. L'amore che Jenny metteva nel pulirgli le macchie incrostate non era sufficiente a farlo sentire meglio, al contrario lo convinceva del fatto di essere un debole, qualcuno di cui occuparsi, per cui stare in pena.

Giunsi le mani dietro la schiena e sospirai, appoggiandomi alla parete. «Artemas ha rapito Charles, poi l'ha torturato per fargli ammettere di aver ucciso George Washington» con la seconda secchiata d'acqua la pelle di Lee iniziò ad assumere un colorito normale, lavando via gran parte del sangue secco ed evidenziando il contrasto con le ferite.

Jenny rallentò in prossimità di un taglio sulla scapola, facendo scivolare l'altra mano fino alla nuca di Charles, tra i capelli, in quello che interpretai come un gesto d'affetto. «E tu non hai detto nulla, vero?» Lo sapeva. Lo sapeva anche lei, da lui non ci si poteva aspettare altro.

«Ho giurato» torse il collo di lato, esasperato per la posizione scomoda e la carne martoriata. «Quando sono entrato nell'Ordine ho giurato di difenderne i principi ad ogni costo, anche con la vita, se necessario.» Ed io, in quanto Gran Maestro, avrei dovuto salvaguardare la vita dei miei uomini. Era uno dei miei compiti principali, ed ero stato a tanto così dal perdere il mio ultimo fratello, nonché successore. «Non avevo scelta.» Non meritavo tanta fedeltà, e riceverla incondizionatamente non aiutava a gettarmi alle spalle le mie mancanze come Templare.

«Deve pagarla.» Alzai gli occhi da terra e guardai mia sorella. «Deve pagarla cara, Haytham. Non puoi lasciar correre» no, non posso, ma che faccio?, lo ammazzo e rischio la forca per aver ucciso un generale dell'esercito continentale?... Oh, beh, ho già sulla coscienza l'ex comandante in capo, per un banale sottoposto non dovrebbe accadermi nulla. Come no. «Poteva ucciderlo, per la miseria. Devi fare qualcosa.» Devi. Devi, Haytham Kenway, non hai una coscienza se non brami vendetta neanche per Charles.

E fu lui a rispondere al posto mio. «No, non dovete fare niente.»

«Non essere sciocco!» Strillò smettendo di sfregargli il braccio e voltandosi verso di me. «Che fine ha fatto la giustizia, eh? Quell'uomo ha torturato Charles senza prove, ha lasciato l'esercito senza un comandante» anche io, «dovranno punirlo in qualche modo!» Quindi puniranno anche me? E che ne sarà dell'Ordine? «Se non ci pensa il Consiglio lo farai tu!»

«Smettetela.» Guardai ancora Charles, le mani appoggiate al bordo di legno, l'acqua che gli gocciolava dai capelli. «Sono solo discorsi campati in aria, non potete fargli nulla. Né a Ward né a Philip e Israel.»

Jenny sbatté con frustrazione il panno insaponato contro la tinozza cui era appoggiato Lee. «E perché?, per la loro carica militare? E la tua non vale niente?»

«Se li fate arrestare non avrò più qualcuno che guidi le truppe, il che significherebbe perdere la guerra. È questo ciò che vuoi? Vuoi essere uccisa dalle giubbe rosse? Io no!»

Venni scosso da un paio di brividi e improvvisamente sentii freddo. Il discorso di Charles era così razionale da sembrare falso, quasi come se Artemas gli avesse imposto di dissuaderci dai nostri propositi di vendetta.

«Ma ti stai ascoltando?» Guardai ancora Jenny, paonazza di rabbia. «Hai intenzione di lasciar correre solo perché altrimenti non vinceresti la guerra?»

«Non si tratta di vincere o perdere, ma di vivere o morire» rispose acidamente, come se per noialtri fosse un concetto troppo complicato da afferrare. «E poi non avrebbe senso. Lasciate perdere, per favore» sussurrò passandosi una mano sugli occhi. «Lasciate perdere.»

«Non capisco» Jenny diede voce ai miei pensieri, esternando tutto lo stupore di cui era capace.

Effettivamente era strano. Charles non era così, non lo era mai stato. Lui era vendicativo e impulsivo, una testa calda che spesso ero stato costretto a sedare. L'unica spiegazione che davo a quell'atteggiamento così remissivo e controllato era la paura. Era ancora sconvolto per ciò che gli era successo, e temeva che tirare la corda con Artemas gli avrebbe causato altri guai.

«Non c'è niente da capire!» Sbottò. «Io non sono come lui, e non ho intenzione di abbassarmi a questi livelli. Senza contare che se puniste Ward dovrebbero subire lo stesso trattamento anche Philip e Putnam.» Quindi la pensava veramente così? Ripagare un uomo con la stessa moneta equivaleva ad abbassarsi al livello di un omicida? Perché Charles sarebbe morto se non l'avessi trovato in tempo, i fatti stavano così.

No, non ero d'accordo. Pretendere giustizia non mi conferiva nessun potere decisionale sulla vita altrui, non avrebbe dovuto elevarmi a essere superiore conferendomi l'onore di decidere chi poteva vivere e chi doveva morire, semplicemente doveva ristabilire un equilibrio compromesso, nulla di più.

Siamo uomini, no? Noi non perdoniamo, siamo esseri imperfetti, e come tali sbagliamo. Ma c'è chi può porre rimedio, ci sono le leggi e le norme morali appositamente per chi non sa vivere secondo le basilari regole di convivenza del contratto sociale. E sarebbero dovute valere anche per me. Ero un assassino, un omicida senza scrupoli, ma ero scaltro. Scaltro e fortunato, talvolta, ma nel caso avessero trovato le prove sarei finito sulla forca. Per Charles era diverso. Era innocente, Dio, non avrebbero potuto torcere un capello a me, figuriamoci a lui.

«E qual è il problema?» Intervenni. Aveva ragione Jenny, c'era poco da fare. Non mi importava chi fosse coinvolto, poteva esserci di mezzo Gesù Cristo in persona, non avrei cambiato idea. Nessuno poteva credere di fare i suoi porci comodi con uno dei miei uomini e sperare di farla franca. «Nominerai altri tre generali.»

«Il problema è che vanificherei gli sforzi fatti finora solo per la vendetta!» Sbatté un palmo contro il legno, il bicipite in tensione e pronto a scattare in un altro attacco d'ira.

«Stai mettendo da parte l'onore per la tua carriera, santo Dio, Charles!» Parlò ancora Jenny, che con stizza gettò a terra la pezza bagnata. «Dovresti rivedere le tue priorità!» Gli urlò contro.

«Vincere questa fottutissima guerra mi darà onore! Quei tre figli di puttana mi aiuteranno a cacciare gli Inglesi dalle colonie, e finché ci sarà anche solo una giubba rossa su queste terre non vi permetterò di alzare un dito su di loro!» Ci guardò entrambi, un dito accusatorio puntato contro Jenny. «Non ve lo posso permettere!»

«Quei tre ti hanno quasi ammazzato» dissi ancora. Avanzai di qualche passo, Charles mi guardava in silenzio. «Ti hanno lasciato in uno scantinato legato a una sedia, senza cibo e acqua per tre giorni. Ti hanno ferito e picchiato, credi davvero che uscito di qui ti accoglieranno a braccia aperte una volta tornato al comando?»

Deglutì a vuoto, serrando i denti e il pugno sinistro. «Faranno ciò che gli ordinerò. Sono il comandante, devono farlo!»

«Sai bene anche tu che non lo faranno. Nelle migliori delle ipotesi tenteranno di sabotare i tuoi piani, esattamente come hai fatto tu con Washington, o potrebbero ucciderti nel sonno, mal che vada. Non aspettarti nulla di buono da Ward, e neanche da Putnam! È un codardo opportunista!»

«Non permetterò che un intoppo del genere rovini tutto. Questa è la mia occasione, non posso sprecarla!»

 

 

Ebbene sì, lol, dopo tre settimane ricompaio dal nulla. È tutta colpa della sessione estiva, lo giuro, mi sta prosciugando l’anima.

Vaaaa beh, grazie come sempre a chi lascia un parere e a chi legge soltanto, a presto –si spera, lol-.

   
 
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