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Autore: Elpis Aldebaran    05/01/2009    9 recensioni
La storia di uno dei più grandi team che Konoha abbia mai avuto.
Il Fanatico, la Croce Rossina, il Pagliaccio e il Ramen-dipendente.
[Team Yondaime Tribute]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kakashi Hatake, Obito Uchiha, Rin, Yondaime
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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Il Vento. Il suo soffio leggero e violento insieme, ripulisce la terra dalla sporca sabbia [macchiata di sangue].

Minato.

La Terra. Fredda e umida; come una madre col suo bambino, coccola tra le sue sponde il veloce scorrere dell’acqua.

Rin.

L’Acqua. Pura e incontaminata, fresca e scintillante, distrugge il fuoco quando divampa senza controllo.

Obito.

Il Fuoco. Indomabile e orgoglioso, non guarda in faccia i suoi avversari, e le ceneri della sua distruzione si mischiano al vento.

Kakashi.

 

“E il Vuoto? Kakashi sensei, manca il Vuoto!”

 

 

 

“Go Dai”

-I Cinque Grandi-

 

 

 

 

Un Fanatico. Un Pagliaccio. Una Croce Rossina.

Questo è quello che vide Minato Kamikaze quando gli misero davanti quei tre ragazzini.

Lo capiva con una semplice occhiata che erano uno diverso dall’altro. E che loro erano terribilmente diversi da lui.

Era un caldo pomeriggio di luglio, così diceva il calendario. Era appena tornato da una missione impegnativa [seccante]; tornato a casa, affamato e distrutto, non aveva trovato niente da mangiare, nemmeno un misero ramen precotto [molto seccante]; Kushina non lo aveva nemmeno salutato, non degnandolo nemmeno di un sorriso [molto, molto seccante].

Quel pomeriggio di luglio, così diceva il calendario, non aveva proprio niente di buono, e quei tre marmocchi che gli avevano affidato non aiutavano certamente a rallegrare la giornata.

Minato, comunque, era conosciuto per la sua enorme pazienza e gentilezza, e con un sorriso tirato e forzato, decise di conoscere quei tre bambini [gli sembravano scriccioli, quanti anni potevano avere?].

Li incontrò su una collinetta fuori Konoha, dove il vento soffiava leggero, l’erba era sempre verde e gli uccellini cantavano spesso.

Partendo da destra, un ragazzino smilzo e dalla faccia seccata, guardava con ostinazione i fili d’erba, come se tutto quello che lo circondasse non fosse importante; i suoi capelli argentati erano familiari, ma sicuramente il dettaglio che più si evidenziava agli occhi era quella maschera blu che copriva la parte inferiore del volto, rendendo il ragazzino del tutto inespressivo.

È un Hatake, bell’affare. Pensò con un sospiro il futuro Hokage.

Al centro, una graziosa bambina dai capelli chiari gli sorrideva bonaria, forse la più propensa a fare amicizia dei tre. Era molto timida, e come a confermare ciò, si contorceva la manine sottili e delicate, guardandosi furtiva intorno, sbirciando i comportamenti delle persone intorno a lei. Era mingherlina e portava un sacco di cerotti sulle gambe graffiate.

Si allena molto, un punto per la piccina. Fu il pensiero che prese forma nella mente di Minato.

Ultimo a chiudere la riga a sinistra, un bambinetto tutto broncio e niente sorriso. Aveva un’espressione completamente infastidita e guardava in tutte le direzioni possibili, tutte tranne al giovane Hatake. I suoi foltissimi capelli neri e i profondi occhi color pece, non misero alcun dubbio sulla sua identità.

Un Uchiha, ma tutti a me sono capitati?.

A vedere quel gruppo [ricordiamo che sono il Fanatico, il Pagliaccio, la Croce Rossina e, a questo punto, il Ramen-dipendente], Tsunade non ci avrebbe scommesso un solo yen. Ma considerando la fortuna della donna nelle scommesse e nei giochi d’azzardo, quello fu solo un buon presagio.

Non era facile fare gli allenamenti, i primi tempi fu quasi impossibile portarne a termine uno senza che Obito insultasse almeno tre volte Kakashi, e che quest’ultimo lo prendesse in giro sul fatto che ancora non possedeva lo Sharingan, e che Rin cercasse in qualsiasi modo di intavolare una conversazione di senso compiuto con Kakashi.

Un circo, così lo aveva definito Jiraya, una sera che era tornato in città per fare una visita al suo allievo.

- Anche tu eri così, cosa ti credi?-

- Come così? Fra quei due c’è troppa rivalità, non riusciranno mai a fare un serio lavoro di gruppo!-

- E tu cerca di eliminarla.. sei il futuro Hokage, Minato, puoi fare questo ed altro..-

- Secondo lei come dovrei comportarmi, maestro?-

- Hai letto il mio libro.. chiediti cosa avrebbe fatto Naruto.-

- Voi e Kushina vi siete messi d’accordo?-

- Perché?-

- Dite le stesse identiche cose..-

 

Il Vento. Il suo soffio leggero e violento insieme,

ripulisce la terra dalla sporca sabbia [macchiata di sangue].

 

I genitori di Rin erano morti durante la guerra, un’operazione d’assalto ai danni della Pioggia.

Il giorno del funerale, Minato trovò la piccola ragazzina a piangere davanti a due lapidi bianche, candide come la neve. Dei fiori, dei girasoli, stonavano terribilmente con l’atmosfera che aleggiava tra i presenti, ma nessuno ci fece più di tanto caso.

Obito, stretto nel suo abito nero, teneva una mano sulla spalla dell’amica, in silenzio. Non sapeva cosa dirle, ma voleva in qualche modo farle capire che lui c’era, se avesse avuto bisogno.

Kakashi se ne stava in disparte, tendendo lo sguardo vacuo e indifferente su tutte quelle persone che piangevano, non capendo il significato che poteva avere una lacrima; lui non ne aveva mai versate, nemmeno per suo padre.

Minato si avvicinò alla ragazzina, che ancora scossa da pesati singhiozzi, ormai sola, stava in piedi come una statua davanti alle foto dei suoi genitori, chiedendosi il perché di tutto quello.

Lo stesso perché che rivolse al suo maestro, quando si accorse della sua presenza dietro di lei.

- Erano ninja, sapevano cosa facevano. Tutti noi, quando andiamo in missione, corriamo il rischio di non tornare e non ci lamentiamo, perché è la vita che abbiamo scelto, giusta o sbagliata che sia.-

- Mi sembra tutto talmente ingiusto..- singhiozzò la ragazzina, passandosi una mano sopra gli occhi rossi.

- Niente è giusto e niente è sbagliato, Rin. Ma questo, quello che è accaduto ai tuoi genitori, la tua sofferenza, le tue lacrime.. ti possono servire, per andare avanti.-

- Come? Io non ho più nessuno..-

- Tu vuoi bene a Kakashi? A Obito?-

- Sì.. anche a lei sensei..-

- Allora fa in modo di proteggerli, perché loro, noi  non meritiamo queste lacrime..-

Rin aveva guardato per lunghi istanti il suo maestro, non capendo appieno il significato di tali parole; ma il sorriso caldo e sincero che l’uomo le riservò la investì come un venticello estivo, in modo piacevole.

 

La Terra. Fredda e umida; come una madre col suo bambino,

coccola tra le sue sponde il veloce scorrere dell’acqua.

 

Notte.

Una notte scura, fredda e inquietante.

La pioggia stava scrosciando da parecchie ore, rendendo il terreno scivoloso e melmoso.

La piccola Rin aprì lentamente un occhio, ancora assonnato e lo richiuse subito.

Lo riaprì una seconda volta, questa volta di scatto, come se qualcuno l’avesse chiamata. Si alzò frastornata dal caldo giaciglio del sacco a pelo, portandosi una mano dietro i capelli corti, arruffandoli ben bene. I suoi occhi, che cercavano di abituarsi al buio di quella piccola capanna, vagavano per tutta la stanzetta, passando in rassegna i tre sacco a peli di fianco al suo.

Due pieni e uno vuoto.

Qualcosa non tornava.

Si sporse verso destra, notando il viso di Kakashi profondamente addormentato con ancora la maschera  tirata fino al naso e il maestro, che con la bocca spalancata emetteva un leggero russare.

Obito mancava all’appello.

Molto lentamente la ragazzina uscì dal sacco a pelo, indossando i sandali e prendendo l’impermeabile di un assurdo giallo limone, mettendoselo con precisione; uscì dalla capanna sbadigliando, sotto la pioggia che non accennava a diminuire, l’alba ancora lontana.

Obito si stava allenando sotto le fronde di un grande albero, mezzo bagnato e le mani ricoperte di graffi.

- Che stai facendo, Obito-kun?- domandò Rin avvicinandosi al bambino che solo in quel momento si voltò verso di lei.

- Mi alleno.-

- Ma piove, Obito-kun!-

Obito sembrò non sentire l’ultima frase e continuò ancora ad allenarsi contro l’albero.

Rin gli si avvicinò e aspettò che il ragazzino cadesse a terra sfinito prima di parlargli di nuovo.

- Perché fai tutto questo? Ti farà male!-

- Devo essere più forte!-

- Ma tu sei già molto forte! Ti ho visto combattere, Obito, e sei un ninja molto valido..-

- Ma non ho lo Sharingan.. undici anni e ancora quel maledetto occhio non si è sviluppato.-

Ah.

Rin si morse il labbro, si mise in ginocchioni accanto al bambino che era sdraiato sul suolo fangoso. Delle lacrime gli uscivano prepotenti dagli occhi, ma lui cercò in tutti i modi di bloccarle.

- Io.. non so perché.. mio padre, dice che non sono un vero Uchiha..- lo disse con voce spezzata.

- Oooh.. Obito, io non..-

- E sai una cosa Rin? Non è bello tutti i giorni sentirsi dire di essere una nullità. Ma io ci provo, giuro che ci provo davvero a sviluppare lo Sharingan, e sebbene mi alleni più degli altri.. le cose non cambiano..-

Obito scoppiò a piangere, cercando di nascondere il viso tra le mani, tirando su col naso.

Rin allora gli prese la testa con delicatezza quasi materna e la poggiò sulle sua ginocchia bianche, accarezzandogli i capelli scuri e umidi.

Le sue carezze erano delicate, Obito non aveva mai sentito niente di più piacevole.

- Un ninja non si misura da quello che ha, ma da quello che fa. Guarda il maestro, non ha abilità innate, ma è molto forte. Tu sei forte, Obito, e oltre a essere un valido ninja sei anche un buon amico e un ragazzo gentile. Un po’ confusionario..- disse Rin mostrando uno dei suoi sorrisi più belli -.. ma estremamente gentile.-

Obito la guardò rapito, mentre l’acqua della pioggia continuava a cadergli sul viso.

 

 

L’Acqua. Pura e incontaminata, fresca e scintillante,

distrugge il fuoco quando divampa senza controllo.

 

Obito passeggiava saltellando per le vie di Konoha, mentre con allegria leccava un cono gelato al cioccolato.

Accanto a lui, la piccola Rin teneva in mano una coppettina alla menta e si guardava intorno sorridente.

Kakashi, pochi passi dietro di loro, li seguiva in silenzio; nessun cono e nessuno coppettina era tenuta nella sua mano, seguiva in suoi compagni passivamente, non facendo quasi notare la sua presenza.

Il gruppetto superò dei bambini un po’ più piccoli di loro che giocavano chiassosi per la strada, quando uno di questi si fermò improvvisamente, guardando storto Kakashi.

Il ragazzino, sentendosi osservato, voltò la testa verso il bambino e per un momento i suoi occhi avevano espresso curiosità.

- Tu.. tu sei Hatake..- disse il bambino, senza alcuna nota interrogativa, quella era un’affermazione.

- Sono io.-

- Tuo padre si è suicidato.-

- ... -

- Perché aveva fatto morire in missione il mio.-

I volti di Rin e Obito si voltarono all’unisono, preoccupati e scioccati dalle parole del bambinetto. Kakashi rimase impassibile, cercando di tenere a freno la rabbia.

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Doveva stare calmo, era un bambino piccolo, certe cose non poteva capirle..

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- Tuo padre ha ucciso il mio..-

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- Tuo padre è un assassino.-

Rin urlò facendo cascare a terra la sua coppetta di gelato.

Kakashi teneva per il bavero il bambino che si dimenava furioso, i suoi occhi sputavano fiamme. Portò quasi automaticamente il braccio indietro, pronto a colpire quel poveretto che aveva deciso di provocare la persona sbagliata, ma una mano più veloce fermò il pugno di Kakashi, bloccandolo in tempo.

- Sei per caso impazzito, pezzo di idiota?!-

- Lasciami fare, non sono affari che ti riguardano, Uchiha!-

- Kakashi, per carità, è un bambino! Mollalo! Lascialo, Kakashi, adesso!

Il giovane Hatake rimase colpito dal tono severo del compagno e lentamente rimise in terra il bambino che spaventato corse via piangendo.

- Cosa credevi di fare?- gli urlò contro Obito fuori di sé.

- Lui.. mio padre.. era uno sciocco. Si è suicidato per..-

- Lo so come è morto, grazie tante!-

Kakashi adesso guardava Obito con rabbia. Non aveva alcun diritto di rivolgersi a lui in quel modo.

- Ed è ora che affronti la cosa, gran uomo di ferro! Tuo padre si è suicidato per un motivo che forse reputi stupido o forse che non comprendi nemmeno e sicuramente non se n’è andato come un grande ninja. Ci saranno sempre persone che sparleranno di lui, che ti insulteranno, che ti ricorderanno di chi sei figlio! Ma tu, ricordalo, sei Kakashi, non Sakumo Hatake!-

Rin osservò i due compagni. Obito era l’unico a calmare Kakashi, nonostante fossero tutti e due delle teste calde.

 

 

Il Fuoco. Indomabile e orgoglioso, non guarda in faccia i suoi avversari,

 e le ceneri della sua distruzione si mischiano al vento.

 

Kakashi cascò a peso morto sul terreno arido, alzando un sacco di polvere intorno a sé.

I cadaveri dei suoi nemici giacevano sparsi per la radura, tutti coperti di sangue e polvere. Uno spettacolo raccapricciante.

Arricciò il naso, infastidito da quel tanfo di morte che gli dava il volta stomaco, un odore nuovo per lui e che lo avrebbe accompagnato da quel momento in poi per tutta la vita.

Era la sua prima missione da chunin e poteva dire di averla portata a termine senza intoppi.

Una figura alta e familiare si avvicinò a lui, sedendogli stancamente a terra con un tondo accanto.

Kakashi guardò il suo maestro accigliato, notando l’espressione grave che aveva in volto. Sembrava che avesse visto un fantasma.

- Minato sensei, tutto bene?-

L’uomo si voltò lento verso l’allievo, che se ne stava tutto felice [per quanto si poteva capire con la maschera a metà volto] ad asciugarsi la fronte.

- Non essere felice per ciò che hai fatto.-

- Perché non dovrei?-

- Non è bello uccidere.-

- Ma erano nemici.-

- Sono comunque esseri viventi.-

- Se io non ammazzo loro, loro ammazzano me.-

Il sensei sospirò, portandosi le braccia dietro la testa e sdraiandosi a terra, lo guardo perso verso le nuvole del cielo.

- Hanno, abbiamo, ucciso una giovane donna. Con il suo bambino.-

Kakashi osservava il maestro, adesso spaesato.

- Perché lo avete fatto? Non era un ninja!-

- Faceva parte del paese della Roccia..-

- Ma non era un ninja!-

- Poteva essere una spia..-

- Lei sa  che non è così, Minato-sensei!-

L’uomo sorrise, rimettendosi a sedere e guardando il giovane Hatake negli occhi.

- Ora che hai detto questo, dimmi la differenza tra i ninja che hai ucciso e quella donna.-

Kakashi non seppe che rispondere, anzi, non capì proprio la domanda del maestro.

- Senza il coprifronte, senza le armi, quegli uomini sono semplici umani, come me e te. Perché loro possono essere uccisi e la donna no?-

- E’ diverso..-

- Credimi, niente è diverso quando si decide di fare il ninja, niente è diverso quando si toglie la vita ad altre persone.-

Kakashi rimase leggermente spiazzato e si guardò intorno, osservando quei corpi morti che giacevano sporchi e martoriati sul terreno. Nessuno probabilmente sarebbe arrivato a prenderli, quella radura era difficile da trovare.

- Devi farti medicare, Kakashi. Andiamo, Rin ci sta aspettando.-

Minato si alzò e il ragazzino lo imitò, seguendo il maestro con aria pensierosa. E mentre lo seguiva, i volti di quei cadaveri gli invadevano la mente.

- Lei si ricorda di chi ha ucciso?-

- Ogni giorno della mia vita.-

Kakashi non disse più niente, perché sapeva che quei volti lo avrebbero accompagnato fino alla morte.

 

 

°°°°°

 

 

- Alla fine è stato un bel gruppo..- Tsunade si scolò tutto d’un fiato un bicchierino di sakè, mentre le guance le s’imporporavano di rosso.

- Il migliore, peccato poi per come è finita..- disse Jiraya, guardando attentamente il prezioso tris d’assi che teneva in mano.

- Erano tutti diversi, caratteri completamente opposti. Ma c’era qualcosa che li rendeva speciali, una specie di forza..-

- A me ricordavano tanto gli elementi della natura..-

- Ma quelli sono cinque, Jiraya: il Vento, la Terra, l’Acqua, il Fuoco e il Vuoto.-

- Sei preparata sull’argomento..- disse Jiraya, puntando i suoi soldi al centro del tavolo.

- Ti vedo..- rispose Tsunade invitando il compagno a mostrare le  sue carte.

- Comunque i cinque elementi sono perfetti per identificarli. Ecco qua, tris..-

- E il Vuoto? Manca il Vuoto, quello non c’è… accidenti, brutto porcello, mi hai battuto!- disse Tsunade mostrando la sua misera coppia di Re. Jiraya sorrise, spostando lo sguardo dal suo tavolo all’esterno del locale, notando proprio in quel momento un uomo che leggeva un suo famoso libro passeggiare in solitudine.

- Ti sbagli, Tsunade. Il Vuoto c’è.. ed è anche visibile..-

 

 

“E il Vuoto? Kakashi sensei, manca il Vuoto!”

“Il Vuoto c’è..”

“E dov’è?”

“Per tua fortuna, non puoi vederlo..”

“Perchè? Lei lo vede?”

“Ogni giorno della mia vita..”

“…”

“.. senza loro.”

 

 

 

 

The End

 

 

 

 

 

*La storia dei cinque elementi (Vento, Fuoco, Terra, Vuoto e Acqua) fanno parte della filosofia giapponese. Alcune informazioni sono state prese da Wikipedia.it.

 

 

 

 

Note autrice:

Questa fic ha partecipato al contest sui team “Team Yondaime” dove poi i giudici sono scomparsi. È dall’aprile 2008 che aspetto i risultati. Mi sono rotta e quindi pubblico. Finalmente.

Grazie e arrivederci.

 

 

Lee

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Naruto © Masashi Kishimoto

Go Dai – I cinque grandi © Coco Lee

 

   
 
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