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Autore: Ilune Willowleaf    20/02/2005    2 recensioni
un futuro un po' lontano, nella prima metà del XXI° secolo. Chi abita nel tempio sulla collina? Due coppie, e un sacco di ricordi...
Genere: Generale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I RICORDI DEI NONNI

I RICORDI DEI NONNI

 

By Ilune Willowleaf

 

Piccola nota: troverete segnato, a volte, Giulia-chan o G-chan. Non è un plagio, sono sempre io, Ilune Willowleaf. Solo che, all’inizio, scrivevo come Giulia-chan, poi ho cambiato nome (dato che Ilune mi piace di più)

 

Ehi, ehi! Purtroppo, devo puntualizzare che Inuyasha, Kagome, e tutti i loro amici NON SONO MIEI!!! (sigh…) Sono creature della Divina Takahashi, e questa storia è solo il mio modo di immaginare come potrebbe finire la Sua meravigliosa saga.

Amo gli happy and, anche se qui c’è qualche lacrimuccia… fan di Sesshomaru (non so se ci sono, ma se ci fossero…), preparate i fazzoletti… ma non temete, non lo faccio morire ammazzato! Sono troooppo buona, io… (;P) (no, non sono buona, muore lo stesso… ah ah ah!)

Sostenitori della coppia Miroku-Sango, rallegratevi! Fan della coppia Sesshomaru-Rin, preparatevi a sorprendervi! Rrrrulllo di tamburi, squillo di trombe, eeeee…

Beh, state ancora a leggere le mie cavolate introduttive? Ma passate alla storia vera e propria, và!

(Scusate, le lezioni universitarie mi hanno già fatto fondere il cervello… e sono solo all’inizio! Ciriciao by Giulia-chan!)

 

Il tempio Higurashi dominava le case intorno, come aveva sempre fatto da quando era stato costruito, tanti decenni prima. Un uomo in giacca e cravatta saliva i gradini che portavano al tempio, con l’aria di chi rivede posti cari e noti. Per mano, teneva un imbronciato bambino biondo di circa dodici anni, che aveva sulle spalle uno zainetto pieno di giocattoli. L’uomo teneva nell’altra mano una borsa da viaggio, con alcuni vestiti del bambino. Una donna vestita da miko, coi capelli neri sciolti sulle spalle, lo salutò dalla sommità dei gradini, e corse loro incontro per alcuni gradini.

-Sota! Come sono felice di vederti di persona, finalmente!-

-Ciao, Kagome! Hai ragione, è bello rivederti. Come stanno gli altri?-

-Oh, si sta tutti bene. Ci occupiamo del tempio, e dei nipotini. Oh, ma chi è quest’ometto? È davvero il piccolo Alex? Mamma mia, quanto è cresciuto! Quanti anni hai?-

-Ne ho dodici e mezzo. Oh, papà, perché non posso stare con te e la mamma?-

-Perché noi siamo qui a Tokyo per lavoro, Alex, in posti dove tu non puoi venire. E non possiamo certo lasciarti solo in albergo! Dai, ti assicuro che ti divertirai, con zia Kagome, qui al tempio. Ci sono anche i tuoi cugini, avete più o meno la stessa età, e potrete giocare insieme. Inoltre, gli zii conoscono un sacco di storie interessanti!-

-Vedrai che non sarà così terribile, Alex. Vieni a prendere un the, Sota?-

-Con piacere, sorellina. Il the che preparano in America non è degno di tale nome, specie se si è assaggiato il tuo. -

 

Al basso tavolino erano seduti Miroku, Sango, Kagome, e Sota; accanto a lui, suo figlio Alex.

-E Inuyasha? Dov’è? Avevo davvero voglia di salutare anche lui!-

-Arriverà a momenti. È andato a prendere i bambini a scuola; sai, Minari e Hitoshi lavorano fino a tardi, per cui li teniamo noi. Stasera dormiranno qui, quindi Alex non si sentirà solo. -

-Chi è che non si sentirà solo?-

-Ah, bentornato, Inuyasha. Dove sono Kira, Makoto e Sei?-

-A mettersi le pantofole. Guarda chi è venuto! Sota! Come va la vita?-

-Alla grande! Non so se te ne ricordi, ma lui è Alex, mio figlio. -

-Accidenti, quel cosino è diventato così grande?- si sedette, a gambe incrociate, in uno dei posti liberi del tavolo, accanto a Kagome.

Sota guardò Inuyasha. Ora era molto diverso, da quando l’aveva visto per la prima volta. Ancora se ne ricordava: la maschera di carne stava inseguendo sua sorella, per sottrarle i pezzi della sfera, e lui aveva tentato di attraversare il pozzo, per cercare Inuyasha e chiedergli aiuto. Il pozzo non era mai riuscito ad attraversarlo, ma Inuyasha era comparso, come un angelo salvatore, e aveva salvato lui e Kagome. Questo succedeva quasi quarantasei anni prima. Ora aveva di fronte un uomo sulla cinquantina, coi capelli nerissimi e lunghissimi legati in una sommaria coda, in jeans e camicia; gli occhi, un tempo ambrati, erano neri, ma sempre penetranti e acuti. Quarantacinque anni prima, dopo aver trovato tutti i frammenti della sfera, ucciso Naraku e placato l’anima di Kikyo, l’hanyou aveva fatto la sua scelta, seguendo Kagome in un mondo lontano cinque secoli nel tempo. E la stessa scelta l’avevano fatta Miroku e Sango, che ora sedevano attorno al tavolo assieme a lui.

Due bambine e un bambino irruppero correndo nella sala da the, ma si fermarono, sorpresi, nel vedere gli ospiti.

-Kira, Makoto, Sei, vi ricordate dello zio Sota, vero? Vive in America, ma è qui a Tokyo per affari. Ospiteremo suo figlio Alex per un po’. - disse Miroku, mentre Sango e Kagome versavano il the anche per i tre bambini, e disponevano in tavola dei vassoi biscotti.

Per un po’, gli unici a parlare furono gli adulti. I tre bambini scrutavano con curiosità il nuovo arrivato, sorseggiando il the verde e mangiucchiando dei biscotti. Alex assaggiò il the, ma evidentemente era stato abituato all’americana, perché trattenne a stento una smorfia schifata, e si buttò a corpo morto a divorare i biscotti. Parlava abbastanza il giapponese per comprendere quello che suo padre stava dicendo agli altri, ma non conosceva il significato dei nomi dei presenti. Di sicuro, non quello di Inuyasha, o avrebbe fatto un sacco di domande.

Sota aveva portato dall’America un sacco di regalini per i nipoti, ma dopo un’oretta dovette ripartire. -Stasera, Samantha e io abbiamo una cena d’affari; devo ancora passare in albergo a cambiarmi. Grazie per il favore che mi fate, nel tenere Alex. -

-Ma figurati, Sota! Anzi, se non lo avessi portato tu, lo avremmo invitato noi a passare qualche giorno qui. Non sia mai detto che un Higurashi non conosca il tempio di famiglia!-

 

Per cena c’era l’oden, e i tre bambini accolsero con entusiasmo la notizia. Alex, invece, rimase impassibile, e quando Sango gli chiese se per caso gli oden non gli piacevano, lui rispose che non mangiava quasi mai cucina orientale, preferendo gli hamburger.

-Qui al tempio non mangiamo tanto quelle robe occidentali, a parte il gelato e poco altro. Temo ti dovrai adattare. - gli disse, apparecchiando la tavola. Alex restò imbronciato fino all’ora di cena, ma allora dovette riconoscere che i piatti cucinati dalla zia Kagome erano molto più buoni di quelli dei ristoranti giapponesi in cui suo padre lo trascinava ogni tanto. Solo, lui non sapeva maneggiare bene le bacchette, così Kagome tirò fuori le posate occidentali, che usavano raramente, per il nipote mezzo americano. Dopo cena, la prima cosa che Alex chiese, fu dov’era la televisione.

-Mi spiace, Alex, ma ieri, durante un temporale, è caduto un fulmine, e ha rotto tutte e due le televisioni. Sono in riparazione, e prima di dopodomani non ce le riportano. -

-Cosa? Oh, no! Io volevo vedere i Samurai Kombact!-

-E noi cosa dovremmo dire, allora?- esclamò Makoto, stufa delle lamentele di quel cugino che aveva visto solo in fotografia. -Io e Kira ci stiamo perdendo “Love me Knight”, eppure non ne facciamo una tragedia!-

-E se è per questo, anche io avrei voluto vedere Samurai Kombact, eppure non mi lagno!- disse Sei, il più grande dei tre fratelli, che aveva dodici anni e stava colorando un disegno. Raffigurava un grosso cane bianco, e a quella vista, a Inuyasha venne un po’ di nostalgia.

-Bambini, volete sentire una storia?-

-Una storia, nonno?- chiese Kira, che aveva dieci anni, e adorava sentire le storie di nonno Inuyasha e di nonno Miroku.

-Si, una storia. Con grandi combattimenti, scontri mortali, intrighi, maledizioni e youkai crudeli; con una bellissima miko e una ancor più bella ragazza dai grandi poteri, con un grande amore perduto e un altro che nasce. -

-Hai intenzione di raccontar loro quella storia, Inuyasha?-

-Perché no, Miroku? Qualcuno dovrà pur conoscerla, e visto che in nostri figli non la sanno, sarebbe carino che la conoscessero almeno i nostri nipoti. -

-È una buona idea, Inuyasha. - disse Kagome, sedendosi sui tatami accanto a Inuyasha. Sango si sedette tra lei e Miroku. Assieme ai quattro bambini, formavano un circolo.

-Questa storia, bambini, comincia quasi seicento anni fa, in un periodo chiamato Era Sengoku. A quei tempi, gli youkai, gli spettri, erano molto comuni. Alcuni erano piccoli e innocui, altri erano invece crudeli e spietati. C’era un gigantesco youkai cane, che era stato molto temuto dagli umani, finché non si innamorò di una bellissima donna umana, e da lei ebbe un figlio, un hanyou…- Inuyasha aveva cominciato a raccontare la storia; seduto con le gambe incrociate e le mani accostate, come infilate nelle larghe maniche di un kimono.

 

-…così, lo spregevole Naraku, assunte le sembianze di Kikyo e dell’hanyou, li ingannò, facendo credere a ognuno che l’altro lo aveva tradito. La miko sigillò l’hanyou ad un albero sacro, e poi morì, per le ferite infertele da Naraku, con le sembianze dell’hanyou. - Inuyasha, dopo diversi minuti di racconto, si interruppe. Malgrado vedesse il suo amore per Kikyo, ormai, come un amore di gioventù, trascorso, e da guardare solo con la malinconica tristezza delle cose belle passate, ancora gli faceva male pensare come lui e la prima donna che aveva amato erano stati crudelmente ingannati, e spinti ad odiarsi. Vedendo che Inuyasha si impuntava, cominciò a raccontare Kagome.

-Molti secoli dopo, una ragazza si era avvicinata al pozzo sacro vicino alla sua casa, per cercare il suo gatto, quando un gigantesco youkai-millepiedi comparve dal pozzo, trascinandola giù, giù… in un’altra epoca! Per la precisione, cinquanta anni dopo che l’hanyou era stato sigillato. Con la sua presenza, però, questi si risvegliò dal suo sonno, ma non poteva muoversi, a causa della freccia che ancora lo sigillava. La ragazza fu condotta al vicino villaggio, dove viveva Kaede, l’ormai anziana sorella minore della miko morta cinquanta anni prima. Kaede riconobbe nella ragazza la reincarnazione della sorella maggiore, e ne ebbe la conferma quando il demone millepiedi, ricomparso per attaccare il villaggio, morse la ragazza al fianco, facendo fuoriuscire dal suo corpo la Shikon no Tama, bruciata cinquanta anni prima assieme alle spoglie di Kikyo. Per salvare sé stessa e la gente del villaggio dal demone, la ragazza liberò l’hanyou, che distrusse il demone millepiedi. Avrebbe ucciso tutti, minacciò dopo, se la ragazza non gli avesse consegnato la sfera. Invece della sfera, si trovò al collo un rosario magico, lanciatogli con grande precisione dall’anziana miko; la ragazza, con una parola, poté così imporgli un sigillo. Bastava che lei dicesse “osuwari”, e lui si spiaccicava a terra, inamovibile per un po’ di tempo. -

Alla parola osuwari, Inuyasha, per un vecchio riflesso condizionato, istintivamente portò le mani in avanti, come a cercare di attutire una caduta. Ma non successe nulla. Ovvio, non aveva più il rosario magico, e anche se lo avesse avuto ancora indosso, ora era un umano, e quello faceva effetto solo su spettri e mezzispettri.

-Durante uno scontro successivo, la sfera andò in frantumi, e la ragazza e l’hanyou dovettero mettersi a cercarli tutti, uno per uno. Si scontrarono col fratellastro dell’hanyou, uno youkai di nome Sesshomaru, che aveva scoperto che la tomba del loro comune padre era sigillata in una perla nascosta nell’occhio dell’hanyou. Dalla tomba, la ragazza e l’hanyou riportarono Tessaiga, una spada forgiata con l’artiglio del padre dell’hanyou, capace di battere cento youkai con un colpo. Ma solo che amava gli esseri umani poteva usarla, e infatti la spada respingeva Sesshomaru. In quell’occasione, lo youkai perse il braccio sinistro, e molte volte cercò di procurarsene di provvisori, di tutte le fogge, che gli si attaccavano senza problemi; ma per un po’ di tempo, non si fecero vedere in giro né lui, né il suo servo Jaken, uno youkai-rospo. Alla ragazza e all’hanyou si unì un vecchio servitore del padre dell’hanyou, uno spettro di pulce di nome Myoga, che scappava sempre nelle situazioni di pericolo, e adorava cercare di bere il sangue altrui. Successivamente, ai tre si unì un piccolo kitsune, un demone volpe, che aveva perso entrambi i genitori. Si chiamava Shippo, e cercava i pezzi della Shikon no Tama per diventare forte e vendicarsi di due youkai del fulmine, di nome Hiten e Manten, che gli avevano ucciso il padre. La ragazza e l’hanyou non gli dettero i frammenti, ma sconfissero, in una dura lotta, i due youkai, ottenendo per di più cinque frammenti della sfera. Spesso, la ragazza e l’hanyou litigavano, ma in fondo in fondo, si erano simpatici. -

Così Kagome parlò loro della resurrezione di Kikyo, e dei problemi causati da ciò. Parlò dell’incontro col monaco maledetto col foro del vento, e della bella sterminatrice di demoni caduta in un intrigo crudele, che era stata ferita quasi a morte dal fratellino minore, controllato da Naraku, e aveva visto tutta la sua gente sterminata. Erano giunti all’incontro con il mezzospettro Jinenji quando l’orologio suonò le undici, e i quattro bambini furono mandati a letto, con la promessa che la storia sarebbe continuata l’indomani sera.

Quella notte, Alex dormì, anziché su un letto, in un futon, assieme al cugino Sei, mentre Kira e Makoto dormivano nella stanza accanto. In un’altra stanza, due persone non dormivano ancora.

-Sei sicuro che facciamo bene a raccontar loro della nostra storia, Inuyasha?-

-Certo. Vedrai, che sorpresa, quando scopriranno, alla fine, che l’hanyou ero io, e la ragazza tu. Ma chissà se lo hanno intuito?-

-Non so. Forse Sei, Makoto e Kira. Conoscono il giapponese molto meglio di Alex, e mi domando se non si siano mai soffermati a chiedere perché il loro nonno materno ha un nome così particolare, o perché i nonni paterni parlano meglio il giapponese antico di quello moderno. -

-Sono ancora bambini! Non si saranno accorti di nulla, vedrai. - le disse, carezzandole dolcemente i capelli. A tanti anni di distanza, quel gesto semplice, affettuoso, aveva il potere di riportarli a quando erano ancora un hanyou un po’ rozzo e una ragazzina del ventesimo secolo piombata nell’epoca Sengoku, alla ricerca dei frammenti della Shikon no Tama.

Lei gli sorrise, e per un attimo il volto della ragazzina tornò a brillare in quello della donna.

 

In un’altra stanza, Miroku e Sango dormivano sonni beati. Loro avevano raccontato spesso storie del loro tempo ai nipoti, in particolare Miroku, e sapevano che i bambini non avrebbero sospettato di nulla fino alla fine.

 

Il mattino successivo, un sabato, pioveva, una pioggia monotona e fitta come una cortina d’argento. Senza televisione, non c’era altro da fare, una volta compiuti i riti e sistemato il tempio, che sedersi in veranda, a portata d’orecchio di qualche fedele che fosse venuto, sfidando la pioggia, a raccontare e ascoltare. Nella mattinata, i bambini conobbero degli scontri con i burattini di Naraku, seppero del cambiamento di Sesshomaru, ad inconsapevole opera di Rin; conobbero i tormenti dell’hanyou sulla sua doppia natura, e le sue non facili pene amorose. Gli fu parlato dell’angoscia giornaliera del monaco maledetto, del desiderio di vendetta della sterminatrice, e del sentimento che, piano piano, inconsapevole, stava nascendo tra di loro. Conobbero anche il desiderio della ragazza di restare accanto all’hanyou, la sua gelosia nei confronti di Kikyo, il suo dolore nel vedere come l’hanyou si sentisse diviso tra lei e la defunta miko.

E, nel primo pomeriggio, conobbero la conclusione. Ritrovati tutti i frammenti, sconfitto Naraku, dato la pace all’anima inquieta e carica di rancore di Kikyo, l’hanyou fece la sua scelta. Divenne completamente umano, seguendo la ragazza amata nel lontano futuro da dove proveniva; e così fecero il monaco, non più maledetto, e la sterminatrice. Il piccolo Shippo rimase nell’epoca Sengoku, perché nel ventesimo secolo non c’erano youkai, e non sarebbe riuscito ad avere una vita facile, e la sterminatrice gli affidò Kirara, perché il piccolo kitsune, rimasto al villaggio che aveva visto iniziare tutta la vicenda con la miko e l’hanyou, non si sentisse troppo solo. Anche il vecchio pulce Myoga era rimasto con la vecchia Kaede e col kitsune, pur essendo molto dispiaciuto nel vedere andare via il “signorino”. L’happy end, con un poco di malinconia, era arrivato, ma non, con esso, la fine della pioggia, che ancora continuava a cadere.

-È stata una storia bellissima, nonna Sango!- esclamò Makoto, che non aveva perso una parola del lungo racconto.

-Si, bella. Dove l’avete letta?- chiese Alex, con l’aria però più annoiata dei cugini, tirando fuori dallo zaino il game boy e constatando che le pile si erano scaricate. Inuyasha si alterò leggermente.

-Non l’abbiamo letta da nessuna parte. Questa è una storia vera!-

-Non è possibile! Non esistono i demoni, sono solo favole!-

Inuyasha si alterò visibilmente. In fondo, anche se ora era un umano, suo padre era stato uno youkai maggiore, e sentirsi dire da un moccioso di dodici anni che suo padre, suo fratello, e tutti quelli contro cui aveva combattuto erano “solo favole” gli stava facendo perdere il suo (poco, per la verità) autocontrollo.

-Prova a chiedere a tuo padre, quando torna, ragazzino, se la maschera di carne era solo una favola, e se l’hanyou che veniva a prelevare la sorella maggiore a casa, in questa stessa casa, per cercare i frammenti della sfera, fosse solo una favola. -

-CHE COSAAA?!?!?! Nonno Inuyasha, stai cercando di dirci che la ragazza era nonna Kagome?- esclamò Sei.

-Esatto. E l’hanyou ero io. Vi siete mai chiesti il significato del mio nome?- disse Inuyasha, molto più soddisfatto del nipote.

-E il monaco maledetto e pervertito è Miroku, che non è più maledetto, ma pervertito lo è rimasto ugualmente. E io ero, da ragazza, la migliore sterminatrice di youkai del villaggio. - disse Sango, a dar manforte all’amico.

-Non ci posso credere!- sbottò Alex. Inuyasha si alzò.

-Kagome, dove sono le chiavi del magazzino piccolo?-

-In camera nostra, nel primo cassetto del cassettone. Le vado a prendere io. Voi, intanto portateli al magazzino, io vi raggiungo. -

-Sentito, bambini? Adesso vedrete, se la storia non è vera!- disse Miroku, alzandosi.

 

Il “magazzino piccolo” era una stanza all’interno della casa, in uno dei corridoi laterali della parte più antica, proprio adiacente al santuario. La porta scorrevole era chiusa da un lucchetto, che Kagome aprì con una chiave appesa ad un portachiavi del tutto anonimo.

-Ecco, adesso vedrete. - disse Inuyasha, tirando giù dallo scaffale superiore di un armadio una grossa scatola. La aprì, ed estrasse qualcosa di rosso, avvolto da un telo di plastica trasparente.

-Il mio kariginu… quanti ricordi… Non so più neanche io quante volte la sua robustezza mi abbia salvato la vita. - disse, svolgendo il pacco, aiutato da Kagome, e stendendolo per terra, sulla plastica che lo aveva avvolto.

-È fatto di pelle di hinezumi, ed è resistentissimo. Inuyasha mi prestò la parte superiore per proteggermi dai mortali capelli di Yura, uno youkai che utilizzava i capelli come arma. Ci aveva sottratto il primo frammento che avevamo, e non fu facile batterla. - disse Kagome, stendendo alcune pieghe dell’abito.

-Oh, ecco la mia tuta da combattimento! - esclamò Sango, aprendo una scatola un po’ più piccola.

-Ti ci vedrei ancora bene, Sango-chan, sai?- disse Miroku, guardando le ancora ottime forme della moglie.

-Baka!- esclamò lei, ma senza appioppargli un ceffone, come avrebbe fatto un tempo. Se non avesse diradato le sue reazioni, il bonzo avrebbe sempre avuto la faccia rossa. Comunque, era intimamente compiaciuta dell’implicito complimento.

-Oh, il tuo Hiraikotsu!- esclamò Miroku, svolgendo dalla carta da pacchi un gigantesco boomerang. I bambini lo guardavano con tanto d’occhi, occhi che strabuzzarono quando videro nonna Sango caricarselo in spalla senza curvarsi di un pelo! A giudicare dalle dimensioni, quell’arma di osso, decorata di cuoio, doveva essere pesantissima!

-Quanti youkai ho fatto secchi, con questo!- sospirò Sango, ricordando ragni e millepiedi giganti, i fantocci di Naraku, spetti di varie forme e dimensioni che il suo boomerang aveva colpito.

-E quante botte in testa ho preso, con questo!- sospirò piano Miroku, come al ricordare i taaanti bernoccoli sulla sua testa da pervertito.

-Ed ecco il rosario magico. Io non me lo potevo sfilare, nemmeno quando ero un essere umano, durante il novilunio. Me lo ha sfilato Kagome quando ho deciso di usare la Shikon no Tama per diventare un essere umano. - disse Inuyasha, sollevando il vecchio rosario di sfere scure e ciondoli chiari da una scatoletta.

-Oh, guardate cosa ho trovato!- esclamò Kagome, tirando fuori quello che sembrava un grosso libro. -L’album di foto che abbiamo fatto nell’era Sengoku! Venite, bambini, vi faccio vedere come eravamo tanti anni fa!-

-Oh, nonno Inuyasha, davvero questo eri tu? Ma avevi i capelli bianchi!- esclamò Kira.

-Non bianchi, Kira, ma d’argento. E dei bellissimi occhi d’ambra. - la corresse Kagome -Oltre a un paio di orecchie trooopo kawaii!- mostrandole una foto che la ritraeva, ridente, a giocherellare con le orecchie di un imbronciato Inuyasha.

-In questa ci sono anche Shippo e Kirara. Chissà come sono cresciuti…- sospirò Sango, indicando una foto col piccolo kitsune in braccio a Kagome in divisa scolastica, e Kirara in grembo a una ben più giovane Sango.

-Oh, come eri bella, nonna! E questo chi è? Il nonno Miroku?- esclamò Sei.

-Si, ero io, assieme al mio amico procione. Sapeva trasformarsi in un sacco di cose. Chissà se è ancora vivo. -

-Nonno Inuyasha, perché non ci sono foto di Sesshomaru?- chiese Makoto.

Al nome del fratellastro, Inuyasha fece una smorfia.

-Sesshomaru non è mai stato molto… amichevole, nei nostri confronti, e Inuyasha avrebbe preferito dimenticare di avere un fratello. - disse imbarazzata Kagome. Neanche lei aveva mai trovato troppo simpatico il fratellastro dell’hanyou (e ce credo! La prima volta che ci si sono scontrati, lui ha tentato di ammazzarla con l’acido dei suoi artigli… NdG-chan).

-Ma dove sarà…- Inuyasha si era alzato, e stava cercando qualcosa in fondo all’armadio in cui erano custoditi l’hiraikotsu e i vestiti. -Ah, eccola! La Tessaiga, la spada fatta con un artiglio di mio padre. - estrasse la katana, scrupolosamente avvolta in un panno, e la sguainò, facendo riflettere la luce della lampada sulla lama.

-È solo una vecchia katana arrugginita!- esclamò Alex.

-Eppure ti assicuro, bambino, che quella spada, in mano all’hanyou Inuyasha, ne ha sterminati, di demoni!- esclamò una voce alla porta. Tutti si voltarono, e videro… i bambini non riuscivano a credere ai loro occhi, non avevano mai visto niente del genere… un kitsune adulto! Al posto dei piedi aveva delle zampe di volpe, e una lunga coda bruno-rossiccia, dello stesso colore del codino di capelli, gli spuntava dal kimono.

-Shippo!- esclamò dopo qualche istante Kagome, correndo ad abbracciarlo. -Shippo-chan! Da quanto tempo!-

-Kagome-chan!- il kitsune la abbracciò.

-Feh, guarda come è cresciuto, il moccioso!-

-Non sei cambiato per nulla, di carattere, Inuyasha! Ma ora, non mi puoi più appendere per la coda!- esclamò Shippo. Dietro di lui, fece capolino una testa color crema.

-Kirara!- esclamò Sango. Kirara, riconosciuta dall’odore e dalla voce la sua antica padrona, le saltò tra le braccia, con le due code che scodinzolavano per la felicità. Stavolta, Alex non poté che credere alla lunga e strana storia che gli avevano raccontato! Davanti a lui c’erano due youkai…

-Ahio! Ma cos… Vecchio Myoga! Ma allora sei ancora vivo!- esclamò Inuyasha, sentendosi pungere sulla guancia e colpendo il piccolo youkai con una manata.

-Oh, signor Inuyasha, sono felice che si ricordi ancora di me!- disse Myoga, riprendendosi dopo essere stato appiattito dal colpo di Inuyasha.

-Ecco, questo è il vecchio servitore di mio padre, che scappava sempre quando eravamo in pericolo, e si faceva puntualmente vivo, all’ora dei pasti, nel pelo o sulla pelle di qualcuno!- disse Inuyasha, mostrando ai nipoti, sul palmo della mano, il vecchio youkai.

-Oh, nonno, è davvero minuscolo!- esclamò Kira.

-Nonno? Oh, signor Inuyasha, sono i suoi nipotini? Certo che è passato davvero tanto tempo! Sono sicuro che suo padre sarebbe stato davvero felice, di vedere che avete dei così bei nipotini…-

-Evita di cercare di lisciarmi il pelo, vecchio. Come hai fatto a non farti ammazzare, in tutti questi anni?-

-Sono rimasto con Kirara e Shippo… anche se il loro sangue non era minimante buono come il vostro, signor Inuyasha…-

-Feh! Ma sentitelo!- lo schiacciò col pollice, lasciandolo poi scivolare a terra.

-Il magazzino non è il posto più adatto per ricevere ospiti. Torniamo in sala. - disse Kagome, alzandosi e prendendo sottobraccio il suo “piccolo Shippo-chan”.

 

Era l’ora del the, che Kagome e Sango prepararono per tutti. Come era bello, pensò Kagome, tutto il vecchio gruppo al completo! Ma erano passati gli anni: lei era una donna adulta, con una figlia già grande e dei nipotini; anche i suoi amici erano diventati adulti, e il piccolo Shippo era diventato un kitsune adulto e indipendente, forse già anche lui con tanti bei cuccioli. Solo per Kirara il tempo pareva essersi fermato, ed era ancora come un piccolo, delizioso cucciolo, che giocava ora con i bambini.

-Sai, Inuyasha, non per evocare spiacevoli ricordi, che Sesshomaru non si è più fatto vivo, da poco tempo dopo che la sfera fu completata? Sparito. -

-Sarà morto, chi lo sa. Sinceramente, non che me ne importi molto, del mio fratellastro maggiore…- disse, addentando un biscotto.

-Neanche a me importava tanto di te, fratello, ma ora devo chiederti un favore. - disse una voce familiare, alle loro spalle, aprendo la porta scorrevole della veranda. Inuyasha, Shippo, Sango, Kagome e Miroku si alzarono di scatto, nel vedere chi aveva parlato, disponendosi in semicerchio, come a scudo dei bambini, dietro di loro. Dinnanzi a loro, c’era una vecchia conoscenza. C’era Sesshomaru. La mano di Inuyasha corse, per un vecchio istinto, alla Tessaiga, che aveva riportato con sé dal magazzino. Non si sarebbe trasformata in zanna, ma la sua barriera sarebbe stata sufficiente a far parecchio male al fratellastro.

-Metti via la Tessaiga, Inuyasha. Non sono qui per combattere. - disse lo youkai, stancamente. Di colpo, Inuyasha si accorse di quanto il fratello fosse cambiato. Non cambiamenti evidenti, al primo sguardo, ma in lui c’era qualcosa di… di senile.

-Perché mi guardi così, fratello? Forse non hai mai visto un vecchio inu-youkai?- gli chiese, sedendosi sui tatami. Assieme a lui c’era un ragazzo, di forse sedici anni, che pareva umano, tranne per i capelli, lunghi fino alle spalle e argentati, e le pupille degli occhi, color ambra.

-Sei… sei invecchiato!-

-Cosa, pretendi, in cinquecento e cinquanta anni? Ne ho più di seicento, ormai, e anche se non sembra, sento la fine avvicinarsi. Ti prego, credi alle mie parole. Non sono qui per combattere, né io, né lui. - indicò il ragazzo, che si era seduto rispettosamente un poco indietro all’anziano youkai. Il ragazzo emanava un’aura di youkai, ma Kagome non percepì in lui cattiveria. Le ricordava un po’ il piccolo Shippo, la prima volta che lo avevano incontrato. Non era uno youkai, comunque, e nemmeno un hanyou; ma in lui c’era qualcosa di Sesshomaru, almeno nell’aspetto fisico. Fece un cenno ad Inuyasha e agli altri, che si risedettero. Inuyasha, però, non tolse la mano dall’impugnatura di Tessaiga.

-Le tue visite non sono mai state di cortesia, Sesshomaru. - disse secco Inuyasha.

-Lo so. Anche se mi mangerei volentieri la lingua prima di dirti questo, mi devo abbassare a chiedertelo…- prese un respiro. Gli occhi d’ambra, un tempo crudeli e freddi, apparivano ora cerchiati e stanchi -Io sto per morire. Mi restano poche ore di vita, un paio di giorni a dire tanto. Ma non voglio lasciare mio nipote Arashi solo al mondo…-

-NIPOTEEE?!?!- esclamarono all’unisono Inuyasha e Kagome, mentre Sango, Miroku e Shippo lo guardavano sorpresi. Un pensiero corse, simultaneo, nelle loro teste: Rin e Sesshomaru…?

-Si, è il figlio di mio figlio. Lui… è morto, undici anni fa. Era un hanyou. - sorrise, un mezzo sorriso che gli spuntò pensando a come un tempo avesse disprezzato il fratello per la sua natura ibrida e, ironia della sorte, anche suo figlio era stato un hanyou! Lui era vissuto più a lungo, perché era uno youkai di sangue puro, era sopravvissuto alla sua cara Rin, a suo figlio e alla donna, umana, che suo figlio aveva amato. Ma non sarebbe sopravissuto al nipote, che di anni ne aveva solo sedici.

-Ma si può sapere dove siete stati, tutto questo tempo?- chiese Kagome, rosa dalla curiosità.

-Il Giappone è grande, ma il mondo lo è ancora di più. Abbiamo assai beneficiato, negli ultimi secoli, di tutti i nuovi mezzi di trasporto. Ma non è di questo che sono venuto a parlare…- una fitta al petto lo interruppe, facendolo accasciare su sé stesso.

-Nonno!- esclamò Arashi, alzandosi e precipitandosi a sorreggerlo. Quando il vecchio youkai fu di nuovo in grado di parlare, chiese, con un filo di voce, a Inuyasha -Vi prego, prendetevi cura di lui. Non voglio che resti solo… - tossì ancora, coprendosi la bocca con l’unica mano che aveva. Poi, di colpo, smise. In pochi istanti, il corpo si asciugò, si rinsecchì, si polverizzò. Del grande, temuto, orgoglioso, potente e ormai vecchio Sesshomaru, non rimaneva che un mucchietto di polvere. Il ragazzo, impietrito, non riuscì a fare altro che guardare il mucchietto di polvere che, fino a poco prima, era l’unico parente che gli rimaneva al mondo.

-Ma cosa… che gli è successo?- esclamò Miroku. I bambini, che avevano assistito alla scena ammutoliti dalla sorpresa e dallo spavento dato dal trovarsi di fronte ad uno youkai descrittogli dai nonni come uno dei più forti e pericolosi, si allungarono dall’altra parte del tavolo, per guardare meglio cos’era accaduto, negli spazi lasciati dalle schiene dei nonni e del kitsune.

-Lui… lui, novanta anni fa… aveva fatto su di sé un incantesimo… ha barattato metà della vita che ancora gli rimaneva, per parte della forza e dell’aspetto che aveva in gioventù… ma non credevo che sarebbe morto… così…- era sconvolto. Tutti lo erano. In particolare Inuyasha. Certo, tra lui e il fratellastro non era mai corso buon sangue, e spesso Sesshomaru aveva cercato di ucciderlo, ma quando lui ne aveva avuto la possibilità, quando aveva appreso il vero potere di Tessaiga, non era riuscito ad ucciderlo senza pietà… e ora, gli dispiaceva non aver potuto parlare un poco di più col fratellastro, che pareva così cambiato, dall’epoca della loro giovinezza!

-Non… perché non ha provato a usare la Tenseiga su di sé?- chiese Inuyasha.

-Non la si può usare su di sé, e io non sono in grado di usarla così. Al massimo, posso guarire le ferite e le malattie, ma lui… non so più le volte che ci ho provato, ma è stato tutto inutile…- rispose Arashi, tra le lacrime.

Intanto, Kagome si era alzata, ed era andata in un magazzino del tempio. Ne tornò poco dopo con una grande urna cineraria, vuota, e, con delicatezza, raccolse le ceneri di quello che era stato un loro nemico, e che era tornato completamente cambiato, riponendole nel vaso.

-Dove vuoi che venga seppellito?- chiese poi, semplicemente, ad Arashi.

-Qui. Quando Rin è morta, mi disse, la seppellì in questa zona, su una grande collina, alle radici di un Goshinboku. Ha detto che avrebbe voluto essere seppellito lì. -

-Alle radici del Goshinboku!- esclamò stupita Sango. Sicuramente, Sesshomaru si era riferito all’albero sacro che cresceva al Tempio Higurashi, lo stesso al quale Inuyasha era stato inchiodato dalla freccia di Kikyo per cinquanta anni.

-È sempre bene esaudire le ultime volontà dei defunti. Domani celebreremo il funerale. - disse Miroku.

-E, naturalmente, puoi restare qui. - disse Kagome -Vero, Inuyasha?- chiese, guardandolo di sbieco.

-Beh, come ha detto il bonzo, bisogna esaudire gli ultimi desideri dei defunti. Suppongo tu non sappia dove andare, vero? Altrimenti, dubito che Sesshomaru si sarebbe abbassato a chiedere questo favore al suo “caro fratellino” Inuyasha. -

-Mio nonno mi ha parlato molto di voi… e mi diceva che gli dispiaceva essersi comportato così, da giovane. Ha usato tanto la Tenseiga, da che io mi ricordo, e diceva che lo faceva per tentare di espiare le morti che aveva causato da giovane, prima di conoscere Rin…-

Inuyasha era sorpreso, davvero davvero sorpreso. Dunque, suo fratello era cambiato così tanto, in quei secoli che lui aveva saltato grazie al pozzo mangia-ossa?

 

Fuori, il pomeriggio calava, e si stava facendo ormai sera. Shippo salutò tutti, poi tornò nel suo tempo, attraverso il pozzo mangia-ossa, perché, anche se viveva in un villaggio di umani, aveva una famiglia di kitsune a cui badare, con una moglie e tre figli, ed era ora che tornasse.

Arashi, invece, restò al tempio Higurashi, anche se la maggior parte della sua (scarsa) roba l’aveva lasciata in una camera d’albergo. Con sé aveva solo i suoi abiti e la Tenseiga, che in quei cinque secoli era arrugginita un po’, ma aveva ancora il suo grande potere risanatore. Inuyasha non riusciva ancora a fidarsi del tutto, ma Kagome gli assicurò che non sentiva nulla di malvagio provenire da Arashi, per cui dovette mettere da parte i suoi timori, e accettare la strana e quantomai conturbante idea che suo fratellastro era morto, dopo una lunga vita in cui aveva imparato ad amare e difendere gli esseri umani. Scosse la testa, movendo i lunghissimi capelli neri, a scacciare quei pensieri che, non sapeva perché, gli davano uno strano senso di tristezza, stupore e malinconia.

 

Il giorno dopo era domenica, ma ad Alex pareva impossibile che fossero passate meno di quarantotto ore da quando suo padre Sota lo aveva lasciato da zia Kagome. In quelle ore, aveva ascoltato una storia incredibile, che si era rivelata vera, aveva scoperto che tre degli abitanti del tempio venivano da un’epoca distante cinquecento anni, aveva conosciuto un kitsune, uno youkai pulce e un cucciolo di non aveva capito bene cosa, che diventava enorme. Aveva assistito alla morte di un antico e potente youkai, e ora aveva appena dormito nella stessa stanza con suo cugino di secondo grado Sei e un ragazzo di sedici anni che era per un quarto inu-youkai, e che aveva una spada che, secondo la storia, poteva anche resuscitare un quasi-morto, e salvare la vita di cento persone con un solo colpo! Temeva di svegliarsi, e scoprire che era stato tutto uno strano, incredibilmente realistico sogno…

 

Il funerale fu celebrato sotto un cielo plumbeo e nuvoloso, ma non piovoso. L’urna fu deposta tra le radici del Goshinboku, e coperta di terra. Sopra, vi fu posta una lapide di legno, non c’era stato il tempo di farla di pietra, ma l’avrebbero presto sostituita con una a regola d’arte. Sopra c’erano scritti due nomi: Rin, e Sesshomaru.

Accesero l’incenso, e deposero i fiori; poi, mentre alcuni goccioloni già scendevano, tornarono in casa, nel tempio. Arashi entrò per ultimo, guardando per un attimo alle radici dell’albero sacro. -Almeno, lui ha una tomba. - disse piano.

-Perché, Arashi, cosa è successo ai tuoi genitori?- gli chiese Kira, che lo aveva sentito.

-Sono stati uccisi da uno youkai marino, undici anni fa. Stavamo navigando vicino al Triangolo delle Bermuda. Ci salvammo solo io e mio nonno, e da quel giorno lui si prese cura di me. Avevo solo cinque anni. -

-Oh… scusa, non avrei dovuto chiederti una cosa così personale… mi dispiace. -

-Non fa niente. -

-Comunque, ora, se resti con noi, avrai di nuovo una famiglia, no?- gli disse, sorridendo, afferrandolo per una manica.

-Si. - anche Arashi sorrise. Un sorriso tirato, ma pur sempre un sorriso. All’inizio, aveva protestato, quando Sesshomaru aveva espresso il desiderio di lasciarlo con quelle persone, malgrado lui fosse già abbondantemente autosufficiente, ma adesso lo ringraziava. Non lo fissavano con curiosità per i suoi capelli, né gli davano del pazzo se si lasciava sfuggire che era youkai per un quarto. Ed erano gentili.

Il mattino dopo, Sota venne a prendere Alex, dopo che Kira, Makoto e Sei furono andati a scuola, e Kagome ne approfittò per raccontargli gli strani e imprevedibili sviluppi del week-end. Dopodiché, lei e Sango raccomandarono al bambino di non dire mai a nessuno di quanto aveva visto e ascoltato al Tempio Higurashi, neanche alla mamma.

-Anzi, specialmente alla mamma. - aggiunse Sota -Lei non crede alle nostre leggende. -

-Adesso cominci a pentirti di aver sposato una straniera, eh, fratellino?-

-Qualche volta, Kagome-chan, qualche volta. -

 

Aereo di linea della Japan Air Line, diretto da Tokyo a New York. Una donna americana, bionda, con un elegante completo, alzò lo sguardo dalla rivista patinata che stava sfogliando. Alla sua sinistra, nel posto centrale, c’era un uomo giapponese, in giacca e cravatta, e nel posto vicino al finestrino c’era un bambino biondo, ma con gli occhi neri e a mandorla.

-Allora, Sota, cosa hai fatto, nel week-end, a casa della zia?-

-Oh, mamma, sapessi! Siccome le televisioni erano rotte, zia Kagome, zio Inuyasha, Miroku e Sango ci hanno raccontato, a me e ai cugini, una storia bellissima! Era così lunga, che ci sono voluti due giorni per raccontarla tutta! Parlava di combattimenti, e di amore, e di intrighi, maledizioni, e demoni, e…-

-Sota, non dovresti permettere a tua sorella e a suo marito di imbottire la testa di Alex di storie assurde, non fanno bene ad un bambino della sua età!-

-Perché, Samantha? Io ci sono cresciuto, con quelle “storie assurde” raccontate da mio nonno e da Miroku, quando è venuto al Tempio Higurashi. -

-Non è questo il punto! Non bisogna far credere ai bambini che esistano cose come i mostri e i demoni: dopo, la notte, fanno gli incubi! E dopo, è fatica convincerli che non esistono!- esclamò la donna, prima di tornare alla sua rivista patinata.

Sota e Alex si scambiarono uno sguardo di intesa. Gli youkai non esistevano, eh? Beh, loro non erano certo di quel parere!

Alex dette uno sguardo a Tokyo, sotto di lui. Uno sguardo di arrivederci: non vedeva l’ora di tornare al Tempio Higurashi! In fondo, anche lui era un Higurashi…

 

Su una collina che dominava le case intorno, accanto al tempio di famiglia, un ragazzino di dodici anni, due bambine undici e dieci anni, e un ragazzo di sedici anni dai capelli d’argento, guardavano il cielo, lindo e pulito dopo le piogge dei giorni precedenti. Un aereo passava, diretto ad oriente, lasciando dietro di sé una candida scia.

-Ciaoo!!! Ciaoo, Alex!!! Ciaoo, zio Sota!!! Tornate presto!!!- gridò Makoto, agitando una mano rivolta verso l’aereo che, rapidamente, sorvolò la città e sparì dalla visuale. Kira non salutò l’aereo ormai lontano, ma sperava che Alex tornasse a far loro visita. In fondo, se il cugino mezzo americano non fosse venuto a trovarli, i nonni non avrebbero mai raccontato loro quella bellissima storia vera; e forse, non avrebbero mai nemmeno conosciuto Arashi. Le piaceva un sacco, quel lontano cugino dall’aria un po’ triste e dagli occhi così belli!

 

Erano passati quasi sette anni da quando Sesshomaru aveva fatto la sua ultima visita, lasciando Arashi al tempio Higurashi. I bambini e il ragazzo erano cresciuti, e tra Arashi e Kira era nato qualcosa di speciale. Dalla finestra, Inuyasha guardava la nipote e il nipote del fratellastro nel giardino, che studiavano, vicini, mano sulla mano. Un pensiero balenò nella sua mente, vedendo la sua Tessaiga appesa al muro assieme alla Tenseiga che era stata di Sesshomaru, e che ora era del ragazzo.

Lui ha sangue youkai, e si vede che ama gli esseri umani… per lo meno, un’ umana in particolare… sorrise, notando lo sguardo che i due ragazzi, di tanto in tanto si scambiavano, alzando gli occhi dai libri. Sa usare la Tenseiga… chissà se…

-Ehi, Kagome! Cosa ne pensi, se insegnassi ad Arashi ad usare la Tessaiga?-

-Penso che tuo padre sarebbe orgoglioso di te, dall’altro mondo. - le rispose lei, circondandogli le spalle con le braccia. -I poteri della Tessaiga e della Tenseiga, le sue eredità ai figli, riunite nuovamente in un’unica stirpe. - sorrise anche lei, vedendo i due ragazzi. -Un ragazzo dai capelli d’argento, e una ragazza con grandi poteri spirituali da sviluppare. Ti ricorda nulla?- gli chiese.

-Si. Prevedo tempi duri, per gli ormai rari youkai malvagi che ancora infestano questa epoca… -

 

I RICORDI DEI NONNI - THE END

  
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