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Autore: FrecciaJones    27/05/2015    1 recensioni
Questo primo capitolo vi piace? No? Vi siete annoiati o al contrario siete fatti prendere dalla storia?
In ogni caso, Ditemi la vostra! Lasciatemi un commento ... qualsiasi! e buona lettura
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono convinta ci sia un filo di coerenza tra la pioggia e i pensieri delle persone. Quando scende giù dal cielo bagna le strade come se il suo compito fosse quello di ripulire le cose, lavare via il vecchio per permettere di riscrivere qualcosa di nuovo. Pioveva la sera che ho conosciuto Nicki, un ragazzone alto e magro, con le spalle larghe e gli occhi scuri che mi avrebbe raccontato la vita con occhi diversi, insegnandomi a distinguere l’amore incondizionato da tutti i casini del mondo. Io ero solo una stupida matricola che andava alle feste e si entusiasmava facendo shopping nel week end. Credevo che l’amore fosse quella sensazione strana che ti prende allo stomaco quando conosci qualcuno che ti piace e ti far venir voglia di dire o fare cose stupide, questo credevo che fosse. Ma poi ho capito che l’amore è solo un’irrazionale consapevolezza, tu non sai perché,  non puoi spiegarlo ma sei consapevole che saresti disposto a difenderlo contro tutto e contro tutti quel sentimento che spesso ti sembra di confondere con la felicità.  Saggia non lo sono mai stata. Innamorata? Nemmeno. Eppure, posso affermare con sicurezza di aver amato e di essere stata ricambiata, e questo l’ho capito anche grazie a lui. 

La prima volta che lo incontrai a Milano si festeggiava il Carnevale Ambrosiano. Una festa che sicuramente avrà delle origini molto nobili ma che, in realtà, per noi ragazze dell’appartamento 4b di Viale Barbera, rappresentava solo un pretesto come un altro per far festa. Avremmo così riutilizzato i costumi di Halloween, comprato bottiglie di alcool per combattere il freddo e assunto comportamenti discutibili di cui poi ci saremmo pentite una vota passata la sbornia. 

Non nevicava da due settimane ma quella sera faceva più freddo del solito. Una volta entrate in discoteca le ragazze con cui ero arrivata si lanciarono subito in pista, evidentemente l’alcool era già entrato loro in circolo. Io, invece, avevo la sensazione di avere dei ghiaccioli al posto delle mani, e così, per combattere il freddo, mi diressi verso la toilette del locale con la speranza di riuscire a riscaldarmi usufruendo dell’aria calda dell’asciugamani elettrico. La luce del neon sbatteva contro il mio viso dandomi l’aspetto di una tossica, ed io ero ancora troppo sobria per potermi specchiare liberamente senza ferire la mia autostima, decisi allora di concentrami su altro. Una ragazza accanto a me, usando lo specchietto che le reggeva l’amica, stava truccando maldestramente il suo occhio sinistro usando una matita nera troppo spessa, forse voleva sembrare volutamente un panda.  La guardai meglio e mi resi conto che si trattava solo di un’adolescente, probabilmente aveva mentito ai suoi genitori quella sera dicendo di essere a casa dell’amica a studiare, dalla stessa amica che si trovava con lei in quel momento e che adesso stava togliendo il reggiseno sotto la camicia per valorizzare meglio il suo decolté (credo che fosse vestita da segretaria sexy) . Le stavo fissando con aria critica senza rendermene conto e, quando loro lo capirono, io mi girai di scatto come se avessi qualcosa da nascondere e uscii immediatamente  dal bagno per recarmi dalle mie amiche. Ma Il locale era pieno ormai e mi resi conto che a quel punto trovarle non sarebbe stato più facile. Presi il telefono per chiamarle, ma dentro non c’era linea così, proprio quando la mia temperatura corporea si era finalmente stabilizzata, mi toccò riabbottonare il cappotto e tornare fuori al freddo sperando di rintracciarle. 

“ Sono  di fronte al guardaroba, vicino all’entrata principale. Raggiungetemi, vi aspetto qui!” scrissi prima di imbattermi in Nicki.
Era visibilmente ubriaco quando mi urtò la spalla facendomi cadere dalle mani il telefono.

                ‹‹ Piano idiota! ›› Urlai.

                ‹‹ Non mi sento bene ››  disse invece lui  accasciandosi su se stesso. E non feci in tempo ad allontanarmi che Nicki vomitò lì, a pochi metri dalle mie scarpe nuove. 

A quel punto arrivò il buttafuori, un armadio fatto a persona che, prendendolo prepotentemente da un braccio, lo trascinò fuori senza farlo più entrare. 
Rimasi lì per un po’ con la speranza che una delle ragazze ritrovasse il senno della ragione e si accorgesse della mia assenza. Dalla vetrata principale riuscivo a vedere Nicki che, da quando era stato sbattuto fuori, non si era mosso un centimetro dal marciapiede in cui si era seduto. Aveva lo sguardo perso nel vuoto e un’aria triste, la temperatura era scesa sotto lo zero e lui indossava solo una camicia a quadri sopra una canotta bianca di cotone. Non lo conoscevo ancora, ma avevo come la sensazione che in quel momento avrebbe preferito morire di freddo piuttosto che alzarsi e reagire. Decisi allora di raggiungerlo. 

                ‹‹ Tutto bene? ››

                ‹‹ Ci conosciamo? ›› domandò lui diffidente come se avesse rimosso completamente quello che era successo pochi minuti prima. Aveva gli occhi ludici e ancora lo sguardo di chi è perso dentro pensieri molto più grandi di lui.
               
                 ‹‹ No … hai ragione ›› risposi io accovacciandomi sulle gambe ‹‹ non ci conosciamo. Io mi chiamo Emma, piacere ›› .
               
                 ‹‹ Nicki ›› .
               
                 ‹‹ Nicki non senti freddo? ››
               
                 ‹‹ Un po’ … ››

                ‹‹ Hai lasciato la giacca dentro? Vuoi che vada a prendertela? ››

                ‹‹ No! ›› rispose lui quasi impaurito prima di ritornare a fissare il vuoto. Ma aveva iniziato a piovigginare e a quel punto togliersi dalla strada e cercare un riparo era diventata una necessità più che una scelta.

                ‹‹ Nicki dobbiamo toglierci da qui … sta piovendo ›› dissi io sottolineando l’ovvio.

Lui non mi rispose, guardò il cielo e, dopo pochi secondi, prese la mia mano e si tirò su. Ci spostammo sotto la pensilina della fermata dell’autobus più vicina.
                ‹‹ Credo che tu sia sotto choc, forse per colpa dell’alcool o del trauma appena subito, le tue pupille non mi convincono e colorito e temperatura della pelle mi preoccupano, l’ideale sarebbe farti visitare … ››

                ‹‹ Cosa sei un dottore? ›› mi interruppe lui sorridendo malinconicamente.

                ‹‹ Non ancora ›› risposi io ‹‹ sono solo al primo anno di medicina, spero di diventarlo un giorno ›› .

                ‹‹ Sembri proprio una brava ragazza, dovresti stare alla larga da me, non sono un tipo raccomandabile io ›› .

                ‹‹ Mi piacciono i cattivi ragazzi ›› dissi io per stemperare un po’ la situazione. Non mi ero accorta che stava piangendo.

                ‹‹ Stasera ho fatto la mia prima marchetta ad un tizio nel bagno degli uomini ›› pronunciò lui tormentato, quasi come se fosse disgustato dalle sue stesse parole ‹‹ mi ha dato cinquanta euro e poi è tornato dalla sua ragazza. Vivo in una pensione squallida vicino la stazione e, nonostante ciò, sono indietro di un mese con i pagamenti. Ultimamente, quando andavo a lavorare, uscivo dalla finestra per non farmi beccare dalla proprietaria. Al call center dove lavoravo cinquanta euro non me li davano nemmeno dopo una giornata intera di lavoro. Ho passato più di dodici settimane a sopportare gente che mi sputava contro insulti di ogni genere per soli cinquecento euro al mese e hanno pure avuto la faccia tosta di licenziarmi in tronco per non aver raggiunto gli obiettivi della settimana! E’ stato così facile là dentro con quel tizio procurarmi denaro che ho pensato che dovevo farmelo piacere per forza, così, ho speso metà di dei cinquanta euro in tequila liscia, poi, quando l’alcool aveva anestetizzato ogni emozione, ho fatto un giro e ho trovato altri due tizi disposti a pagare per un mio lavoretto. Voglio dire, se mantengo questo ritmo, con un paio di serate nei week end riesco a pagarmi l’affitto e a fare pure la spesa. Magari lascio pure quel posto di merda dove sto adesso ›› un sorriso isterico riempiva il suo viso.  ‹‹ Mi abituerò a questa sensazione di sporco addosso ›› aggiunse tornando serio ‹‹ proprio come mi sono abituato allo squittio dei topi nella mia camera … si insomma, passerò qualche notte insonne, ma alla fine, come coi topi, la stanchezza avrà la meglio ›› . 

Quelle parole mi avevano come lacerato dentro. Erano crude, amare e terribilmente vere. Non riuscii a dire niente ma rimasi lì accanto a lui in silenzio per ore tenendogli la mano. Non avevamo idea di dove i nostri destini ci avrebbero portati, ma fu chiaro ad entrambi che, da quel giorno,si sarebbero incrociati e accompagnati per sempre. E fu così, le nostre strade non si divisero più ed io lasciai la mia bolla di sapone per fare i conti con il mondo reale, quello di cui nessuno mai ti parla quando sei bambina.

 
  
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