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Autore: Piuma_di_cigno    29/05/2015    0 recensioni
Raf e Sulfus sono tornati per affrontare un secondo anno alla Golden School, ma il sentimento che li unisce è sempre più una sofferenza: ora le lezioni sono volte ad imparare l'arte del combattimento tra Angels e Devils. Difficile per Raf, che deve andare contro tutte le regole, contro la sua natura, per rimanere con Sulfus, e difficile per lui, costretto a trascorrere le giornate nel dubbio che lei non lo ami più.
Sarà proprio l'ormai dolce Say ad aiutare Raf a dimostrare che lo ama ancora, qualunque cosa succeda. Tra le lezioni e gli amici, comincia infatti a delinearsi una situazione terribile, pericolosa, ma che forse ha il potere di risolvere finalmente tutto.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arkhan, Raf, Sai, Sulfus, Un po' di tutti | Coppie: Raf/Sulfus, Sai/Tyco
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2:”Ad ogni pensiero, ad ogni parola.”

Arrivai alla Golden School ormai distrutta. Mi gettai sul letto, esausta per il lungo volo, per quella nuotata e per l'intera notte in bianco. L'unica cosa davvero sicura era che avrei bevuto un caffè a colazione e che, come al solito, non avrei mangiato niente.
Mi diressi a testa bassa verso la mensa, che a quell'ora era praticamente deserta. Meglio, pensai, almeno non avrei rischiato le solite domande di Uriè. Lei capiva sempre quando qualcosa non andava e in poco tempo mi avrebbe fatto dire tutto riguardo a Say … E a Sulfus. Raccontare di Say significava raccontare anche di lui, della persona che amavo.
Presi una tazza di caffè e cercai un posto dove sedermi, quando notai una figura già seduta, vicino alla finestra. Era un sempiterno con il viso sprofondato nel palmo della mano.
Decisi di andare a sedermi due tavoli più in là, in un angolo, ma appena mi incamminai verso il mio posto, il sempiterno si voltò e mi inchiodò con i suoi occhi color topazio.
Sulfus.
Sulfus mi fissava, proprio davanti a me.
La mensa sparì, l'intero universo si eclissò di fronte a lui.
Rimanemmo immobili, a guardarci, occhi negli occhi, come se il tempo non esistesse.
Quando però la mia vista si offuscò a causa delle lacrime, l'incantesimo fu all'improvviso spezzato. Le mie gambe tremarono e le mie mani lasciarono cadere la tazza del caffè con un fragore che mi fece sussultare.
Risvegliatami da quel momento che mi aveva unita a lui senza alcun preavviso, presi un tovagliolo e mi chinai a raccogliere i vetri infranti e a pulire come meglio potevo il pavimento, su cui si era formata una chiazza di caffè.
Evitai lo sguardo di Sulfus, senza dire una parola. Sentivo il viso caldo e sapevo di essere arrossita. E, all'improvviso, una mano si appoggiò sulla mia e mi aiutò. Non incontrai lo stesso il suo sguardo. Avevo paura e non sapevo cosa dirgli. Le parole mi si erano bloccate in gola, i miei pensieri si erano inceppati.
Quando finimmo, Sulfus mi aiutò ad alzarmi e mi fece sedere al tavolo dove era seduto lui fino a un attimo prima e, senza una parola, lo vidi dirigersi di nuovo verso le tazze per il caffè. Notai che la sua colazione era praticamente intatta; anche lui aveva preso il caffè. Probabilmente nemmeno Sulfus era indenne dalle notti insonni.
Quando tornò, si sedette davanti a me e mi porse un'altra tazza di caffè, che io afferrai, grata per quella piccola accortezza.
“Ciao, Raf.”
“Ciao, Sulfus.”
Per un attimo rimanemmo entrambi in silenzio.
“Come … Come stai?”
“Bene. Tu?”
“Bene.”
Era come se a entrambi si fossero bloccate le parole. Ci guardammo soltanto, ma a tutti e due parevano essersi inceppati i pensieri … O forse era colpa di tutti i dubbi che assediavano le nostre menti. Era una buona idea parlare? Cosa dovevamo dire? Cosa dovevamo aspettarci l'uno dall'altra?
Un silenzio imbarazzato cadde tra di noi.
“Sulfus … Io …” non sapevo neanche da che parte iniziare. Dovevo andarmene, quello era un buon punto da cui partire, senza dubbio.
Non potevo rimanere lì con lui, ma le mie gambe erano inchiodate alla sedia e la mia gola serrata. Ero molto stanca e non riuscivo nemmeno a capire cosa volevo fare.
“Raf, io volevo … Volevo …”
Lo interruppi e non capii con quale coraggio.
“Io … Devo chiederti una cosa.”
Lo sguardo di Sulfus si fece sorpreso.
“S-Sulfus … Tu … Io …” perché esitavo? Cosa c'era di difficile? Forse il difficile non era fare la domanda, ma era sopportare l'attesa della risposta.
“Anch'io devo chiederti una cosa.”
Alzai lo sguardo e incontrai i suoi occhi, i suoi magnifici occhi.
“Raf, tu mi ami … Ancora?”
Trattenni il respiro mentre cercavo la risposta dentro di me, ma non ebbi bisogno di cercare a lungo: io lo amavo, certo che lo amavo.
“Sì.” risposi in un soffio e, forse, mi accorsi solo in quel momento di quanto fosse pericoloso dirglielo. Stavamo violando il V.E.T.O., stavamo continuando a farlo giorno dopo giorno, ad ogni pensiero, ad ogni parola.
Sulfus mi prese le mani.
“Anch'io ti amo, Raf.” e, come ad aver letto nei miei pensieri, aggiunse:”Vedrai che troveremo un modo per stare insieme, e allora sarà per sempre.”
I miei occhi si sciolsero in lacrime e, nuovamente incurante delle regole, lasciai che Sulfus mi abbracciasse e mi tenesse stretta a sé, mentre le mie lacrime scendevano implacabili.
“Non aver paura, Raf.”
Ma a me bastava il suo abbraccio per scacciare la paura, perciò sussurrai solo:”Grazie Sulfus.” e lasciai che mi stringesse finché altri studenti arrivarono in mensa e fummo costretti a separarci.
Bevvi la mia tazza di caffè e me ne andai in camera. Se avessi incontrato le mie amiche, sapevo che mi avrebbero letto dentro. Da quel momento, avrei dovuto evitarle. Non avrebbero mai capito.

A lezione il professor Arkan spiegò quello che già sapevo: quell'anno avremmo sempre fatto lezione con i Devils e avremmo imparato a combattere. Non ci sarebbero più state semplici sfide, ma combattimenti veri e propri.
Fino a gennaio si sarebbe trattato solo di esercitazioni e solo dopo ci sarebbero stati assegnati dei Terreni. Non prestai molta attenzione a quello che disse il professore a causa dell'immensa stanchezza. Mi sedetti negli ultimi posti e arrivai in ritardo per evitare Uriè e le altre.
Appena la campanella suonò, schizzai in piedi come se avessi avuto una molla sulla sedia e me ne andai di corsa, prima che qualcuno che conoscevo potesse raggiungermi e fare domande. Mi chiusi in camera.
Erano i primi giorni e non avevamo compiti. In ogni caso, non avrei mai trovato le forze per farli.
Mi gettai sul letto, con lo sguardo di Sulfus che assediava la mia mente. Tutto era diventato un tormento. La mia vita era diventata felice ed infelice allo stesso tempo … Non potevo stare con lui, ma quelle rare volte in cui ci riuscivo tutto diventava più bello e il cielo si schiariva.
Mi raggomitolai su me stessa e chiusi gli occhi.
A cosa si pensava per non tormentarsi su questioni simili? Cani, gatti, libri … Non ne avevo la più pallida idea.
Forse dovevo proprio comprarmi un gatto. Un bel micetto nero che mi tenesse compagnia … Nero. Certo. Proprio l'ideale per dimenticarmi di Sulfus, pensai ironicamente.
Mi rigirai nel letto. Avevo passato l'estate in agonia e ora avevo un disperato bisogno di pace.
La finestra era aperta e l'aria entrava dolcemente nella stanza. Tutte le vacanze. Tutte le vacanze a pensare a lui, senza riserve. Avevo cercato di ignorarlo, di dimenticarlo, di convincermi che non lo amavo più, ma niente aveva funzionato. Niente funzionava.
Non potevo parlarne con nessuno. Nessuno poteva aiutarmi. Nessuno, maledizione!
Mi misi a sedere di scatto, colta all'improvviso da quella rabbia cieca che mi assillava continuamente quando ci pensavo. Essere sola mi esasperava e mi rendeva nervosa. Mi faceva venire voglia di piangere.
Ma io ero stufa di piangere! Volevo fare qualcos'altro oltre a piangere, volevo trovare una soluzione!
E in quel momento capii, o meglio, ricordai. Non ero sola. C'era una persona che sapeva quello che stavo passando.
Prima di finire di formulare il pensiero, mi ero già gettata nel vuoto.
Say.
   
 
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