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Autore: Final_Sophie_Fantasy    29/05/2015    4 recensioni
Nel viaggio per raggiungere il Creatore, due nemici si ritrovano, legati da ricordi in comune. Ma al più debole, il passato gioca un brutto scherzo...
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Golbez, Kain Highwind
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Kain aprì gli occhi e la Terra degli Eidolon, sempre che fosse lei, accolse i suoi occhi.
Era calata un’oscura penombra, tentativo dei Numi di rendere l’effetto della notte anche nelle profondità lunari, spegnendo il bagliore dei cristalli imprigionati nella roccia scura e aliena. Ma ormai le giornate venivano scandite solo dai loro bisogni, dalle abitudini quotidiane che non avevano abbandonato. La fame, la sete, la stanchezza, il sonno… avanzando passo dopo passo sempre più vicini al centro, cercando tratto dopo tratto un posto dove riposare, dove poter finalmente riporre le armi, senza quelle bestie mostruose a rincorrerli per gli oscuri sotterranei.
Guardò oltre i corpi dei compagni assopiti nel sonno desiderato, fermandosi solo qualche secondo in più su Cecil per assicurarsi che stesse bene. E vide la piccola figura seduta che con le braccia si cingeva le ginocchia unite, sul capo la folta capigliatura biondi chiaro era più mossa e scompigliata del solito. Quando lo vide barcollare sul posto, con un lieve sorriso sulle labbra, si alzò. Il più silenziosamente possibile si portò in un angolo e indossò l’armatura sacra e agli spallacci attaccò il mantello azzurro: gli sarebbe stato utile per coprirsi. Si diresse verso la piccola figura, scavalcando i compagni immersi nelle coperte. Chinatosi per raggiungere la sua altezza, poggiò una mano sulla spalla del ragazzino. Ceodore sobbalzò e alzò lo sguardo, spaventato, mentre le mani scattavano incerte sull’elsa della spada. Gli occhi blu incontrarono quelli rossi di Kain.
Spesso si erano guardati in faccia senza timore, durante i loro viaggi. Ceodore spesso lo faceva per scorgere qualcosa in lui, nella speranza che quel rosso cupo gli svelasse ciò che gli teneva nascosto. Il suo passato non era certo un modello d’esempio, non era cosa che un Principe dovrebbe sapere. Poiché quelli come lui, i maledetti traditori, davanti a un Re, hanno solo la forca come mèta.
Come sempre quando Ceodore era stanco, Kain vide che i grandi occhi da bambino del piccolo Principe prendevano un colore oltremare, profondi tanto da sembrare neri, e quella penombra gli calava in volto. E come sempre, davanti a quello sguardo, non poteva che rinascergli quel senso di protezione per lui.
Ceodore si rilassò e allo stesso tempo eccitò per il suo improvviso arrivo. Balbettò nel tentativo di scusarsi e di mostrarsi lucido:
« Non… non stavo dormendo! Era sveglio! Lo giuro! »
Kain si concesse un secondo sorriso, impercettibile ma sincero:
« Non ti preoccupare. Vai a dormire, ora faccio io. »
Capì subito che Ceodore era distrutto, perché, se fosse stato anche solo un poco più in forze, non si sarebbe alzato e rinunciato al posto di guardia, strofinandosi gli occhi blu assonnati.
Kain aspettò fino a quando non lo vide sparire sotto le coperte tra Cecil e Rosa, crollando nel sonno. Poi si sedette sui muretti di cinta del piazzale, poggiando la schiena su uno dei merli, iniziando il suo turno di guardia.

***

Quando una sensazione lo turbò, aprì gli occhi. Tese le orecchie. Un passo.
Qualcosa gli premeva addosso, dentro, nell’animo, nella coscienza. Sembrava che due mani gli stessero schiacciando le tempie.
Una mano, fredda come il ferro, gli si posava sul volto…
Inspirò a fondo appena il ricordo sfiorò la mente e rabbrividì quando gli parve di risentire quella sensazione. Da lì, la consapevolezza di chi stava giungendo alle sue spalle. Proprio come un tempo, gli compariva dietro, dall’ombra.
… lo spingeva indietro, a poggiare la schiena sull’armatura nera.
Non voleva definirla paura quello che provava, solo turbamento, si chiedeva cosa volesse ancora da lui.
La ribellione, un vano tentativo di fronte al suo potere.
Forse non riusciva a dormire come molti altri in quel periodo ( non che lui lo avesse mai visto sdraiarsi per prendere sonno). E di notte spariva in un angolo nascosto, buio, come se ancora cercasse le Tenebre da cui nascondersi ad occhi indiscreti. E se qualcosa andava storto, un mostro li attaccava, qualcuno di feriva o rallentava il passo, lui arrivava in aiuto.
Quanto era cambiato dal passato?
« I tuoi pensieri sono tanto intensi che potrebbero prendere una forma fisica, se li lasciassi sopraffarti. »
Labbra si avvicinavano al suo orecchio…
La sua voce… la conosceva bene.
… pronte a iniettargli il veleno.
Era sempre la stessa, la stessa che anni prima gli aveva corrotto l’animo con frasi traditrici, quelle parole che lo avevano avviluppato e trascinato nel buio… nel dolore… nel peccato.
Il suo respiro calmo, sussurri di serpente…
Gli rispose con mala voglia:
« I miei pensieri non ti riguardano più. »
« Non ho mai voluto farli miei. » Gli rispose lo Stregone, duro nel tono.
Le ferite dell’animo sono più dolorose di quelle del corpo…
Kain voltò lo sguardo.
Lo sentiva vicino. Troppo. Quella sensazione aumentava, il cuore batteva forte, la paura che lui non voleva ammettere si toglieva la maschera… come un tempo.
Sofferenza… mentre la mano premeva sul suo volto, sulla fronte contratta e sudata dallo sforzo… gemiti contenuti… il corpo in convulsioni per staccarsi dal nero metallo.
Dopo quei pochi secondi di silenzio, volle cambiare discorso, non voleva parare su quell’argomento. Aveva già i ricordi a saziarlo.
« Ceodore è a dormire. Ho sostituito il posto. » Disse.
« Lo so. » Rispose freddo l’altro.
“ Hai paura di me, Kain?”
“ No!!”
Kain strinse i denti e chiese:
« Cosa vuoi? »
Non rispose.
“ Sento il tuo cuore. Tu vuoi me, tu cerchi l’oscurità.”
“ No, bugiardo!”
Non capiva il perché di quella visita. Meno lo vedeva e meglio era.
Il Dragone s’alzò dal suo posto e si voltò per fronteggiarlo.
Ma non appena incontrò gli iridi viola raggelò.
Un urlo… il suo. Il dolore a diffondersi in lui come una malattia. Dolci parole velenifere come conforto…
Tutta la fatica che aveva fatto per contenere i ricordi venne fatta vana da quel colore, da quel volto duro come la roccia.
“ Non mentirmi, Kain. Non ti conviene. Io so che vuoi qualcosa. Io posso dartelo. Vieni con me.”
“Mai… MAI!!”
Una sensazione gli percorse le membra, un calore che divenne ustionante.
Il suo urlo di dolore…
La sua determinazione e freddezza che aveva assunto si frantumò. Un’espressione di paura si dipinse sul suo volto mentre sentiva la sua armatura azzurra perdere la luce della sacralità e macchiarsi di peccato.
“Ma prima io voglio te. Voglio la tua mente. Voglio la tua anima. Concedimi la tua esistenza ed io ricambierò. Ogni tuo desiderio lo farò mio e lo esaudirò.”
“Tu non puoi…”
“Io posso tutto, Kain, tutto.”
Nelle orecchie sentiva orribili parole. Le stesse che gli avevano accarezzato la pelle anni prima. Le stesse che avevano corrotto la sua mente.
“Lasciami!”
“Tu sei mio Kain! Io ora ho il controllo su di te!”
Lo guardava e non poteva fare a meno di tremare. Il cuore s’appesantiva e sembrava non poter reggere quel battito tanto veloce.
E Golbez lo guardava, impassibile, calmo, come tempo prima…
“Non mi controllerai mai! Io non voglio…”
“Io sono ciò che desideri. Sai che io posso aiutarti. Posso mettere in pace la tua anima, posso darti l’amore che tanto chiedi e di cui senti la mancanza, posso esaudire le tue vendette. Con me, avrai quanto vuoi. La tua vita sarà come tu desideri. Vuoi continuare a soffrire per i tuoi rimorsi?”
“No…”
Kain rabbrividiva mentre ascoltava le ombre del passato oscurarlo, mentre le Tenebre gli sporcavano l’animo, mentre l’armatura diventava buia. Mentre lui stesso perdeva la Luce.
“Vieni. Kain… vieni.”
Freddo... Freddo… dalla mano sul volto, nel corpo, nella mente.
Provò di nuovo quella sensazione di sottomissione. Col groppo alla gola, con il terrore di quella consapevolezza, sentiva la sua mente di nuovo attratta dallo Stregone.
“Sono qui… per te…”
Le gambe si piegavano. Il ginocchio cadeva a toccare terra.
Guardava gli occhi viola lentamente capire il suo, inconsapevole, gesto.
Kain tremava.
Mancava solo un unico gesto per completare ciò che la sua coscienza non capiva di star facendo.
Golbez si avvicinò di un passo:
« Kain… »
“Kain…”
Il suo nome… sulle sue labbra.
«… non lo fare. »
Ma lui non voleva fermarsi. Doveva farlo. Apparteneva a lui. Lui era colui a cui la sua fedeltà doveva andare. Non sapeva perché. Erano ordini. Non si trasgredisce agli ordini, altrimenti, si soffre.
Golbez ora era preoccupato, glielo leggeva nel volto:
« Kain non lo fare. Non devi più. Fermati. »
Ma lui scosse, impercettibilmente, il capo.
Golbez si odiò per quello che stava per dirgli, ma lo fece per il suo bene:
« Kain, ti ordino di fermarti! »
Il Dragone stava abbassando la testa.
Golbez gli fu addosso all’istante. Lo afferrò per il collo dell’armatura. Lo sbatté contro il muro di cinta.
« Ritorna in te! »
Kain lo fissò con gli occhi sbarrati. Lo sguardo di chi si è appena svegliato da un incubo.
Golbez era serio, arrabbiato nel volto, gli occhi viola inchiodati ai suoi con furore.
Il Dragone sobbalzò quando lo Stregone gli rivolse parola:
« Non inchinarti mai più davanti a me. »
Rimasero a guardarsi ancora per interminabili minuti.
Poi Golbez lo lasciò libero, si voltò, il suo mantello nero a compiere un ampio, tetro, arioso movimento. S’incamminò, sparendo di nuovo nell’ombra.

“Obbedisci, Kain. Servimi.”
Kain, dal basso, ebbe timore a guardarlo. Per questo rimase col capo chino, inchinato come era obbligato ad essere davanti al suo cospetto, davanti al trono nero.
“Sì, mio Signore…”

   
 
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