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Autore: kiara_star    06/01/2009    9 recensioni
Erano passati tre anni e ancora riusciva a ricordarsi alla perfezione le sue parole, anzi poteva udirle così come le aveva pronunciate, con ogni singola vibrazione della sua voce. Con quel tono amaro a tratti disperato, ma allo stesso tempo pacato, come solo lui sapeva essere.... (una fic ambientata nel futuro di One Piece, o meglio dopo il suo ritrovamento. Naturalmente è una ZoroXSanji ^-*)
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji | Coppie: Sanji/Zoro
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ho pubblicato questa fic prima di Natale, ma siccome non mi soddisfaceva proprio, ho deciso di cancellarla e risistemarla approfittando delle vacanze ^^

E’ una future-fic, (non so neanche se esista questa parola XD ) cioè è ambientata nel futuro di One Piece e naturalmente verterà sulla mia coppia del cuore ^///^  Spero vi piaccia così da poterla continuare.

Questo è il primo cap. Ditemi che ve ne pare ^^

PS. Naturalmente è tutto inventato e non ci sono spoiler tranquilli ^.* (almeno che non abbia anticipato qualche idea di Oda, ma la vedo dura XDDD)

 

 

Il mare del Silenzio

Un leggero vento ed un cielo rossastro, annunciavano l’arrivo imminente della notte, come se il sole fosse stato ucciso ed il suo sangue si fosse riversato nel volta celeste così da sporcarla con quel color scarlatto.

Con un balzo Zoro saltò giù dalla piccola imbarcazione, atterrando sul legno umido del molo.

- Grazie per il passaggio – alzò una mano verso il vecchio sulla barca, che si limitò ad un cenno della testa prima di iniziare a sistemare le cime.

Con una sacca su una spalla e le fedeli katane ad un fianco, il giovane prese a camminare nella speranza di trovare una locanda dove poter riposare un po’. Il viaggio era stato terribile e per poco, quella merda di barca non aveva rischiato di rovesciarsi. Per fortuna il vecchio se l’era cavata egregiamente, ma non così tanto da non far rimpiangere a Zoro di ritornare il prima possibile sulla Prince. Si toccò il piccolo lumacofono che aveva nella tasca ricordandosi le parole di Rufy: “Basta che ci chiami e siamo da te “. Sapeva che era così, ma se l’avesse fatto ora, non avrebbe avuto senso decidere di starsene da solo per un po’, anche se quel po’ durava ormai da qualche mese. Dopo la vittoria su Mihawk aveva creduto di veder realizzato ogni suo sogno, eppure passata l’euforia iniziale, quello che gli era rimasto era un‘altra cicatrice sul petto, che si incrociava con quella vecchia, ed una taglia sulla testa lievitata a dismisura. Il titolo di miglior spadaccino che tanto aveva bramato, sembrava non aver cambiato di una virgola la sua vita, ne era riuscito a farlo sentire realizzato.

Si sistemò il cappuccio della maglia sulla testa in modo da tener fuori da occhi curiosi, i suoi fin troppo riconoscibili capelli verdi. Voleva starsene tranquillo, e preoccuparsi di qualche cacciatore di taglie, o peggio, di qualche insulso agente della marina, non rientrava nei suoi piani. Anche se avere qualche grattacapo, gli avrebbe tenuto occupata per un po’ la testa, che in quei giorni girava più del solito, sempre sullo stesso pensiero.

Tre anni, tre lunghi anni erano passati da allora eppure tutto era ancora nitido nei suoi ricordi.

La spallata di qualcuno lo riportò a terra e subito l’uomo si tolse il cappello scusandosi gentilmente con lui e riprendendo a camminare. Zoro aveva notato che quella era una cittadina molto tranquilla e se qualcuno si interessava a lui, era solo per come era vestito. Tutti quelli che aveva incontrato per strada erano stretti in begli abiti che sembravano appena usciti da una sartoria. Donne, uomini, perfino i bambini erano vestiti di tutto punto. Nulla di ricco o sfarzoso, ma neppure uno come Zoro poteva negare che quella gente aveva un certo gusto nel vestire. Cercò di darsi una pulita per evitare altri sguardi indiscreti e ad occhiata una locanda, entrò senza troppi indugi. Era poco affollata e vista le modeste condizioni, pensò che fosse anche accessibile per le sue ristrette finanze. Arrivato al bancone chiese una stanza e qualcosa da mangiare. Subito una donna di mezza età molto appariscente e con una biondissima cotonatura ai capelli, gli porse la chiave esigendo però un pagamento anticipato. La somma chiesta non era troppo elevata, ma comunque Zoro aveva sperato che fosse molto inferiore.

- Non saremo l’ Elisir, ma dobbiamo campare anche noi – ridacchiò la donna notando il disappunto sul volto del ragazzo.

- Posso stare tranquillo? – mugugnò Zoro senza dar peso alle sue parole mentre le porgeva i soldi. La locandiera li prese dando un occhio alle sue grosse spade ed alzò un sopracciglio.

- Se paghi e non ammazzi i clienti, nessuno ti darà rogne figliolo – sospirò. Zoro fece un mezzo sorriso e presa la chiave, si diresse verso le scale.

- Ehi aspetta ragazzo, non volevi mangiare? – chiese la donna. Senza voltarsi lo spadaccino scosse la testa dicendole che non aveva più fame.

 

Si gettò sul letto potendo finalmente abbassare il cappuccio, e lasciò le spade poggiate contro la testata della branda. Era stanco e sporco, ma per quanto l’idea di un bel bagno caldo lo allettasse, la stanchezza ed il bisogno di dormire ebbero la meglio. Chiuse gli occhi per qualche ora quando fu costretto a svegliarsi.

Il mio posto non è più qui “ ... aprì le palpebre sospirando.

Erano passati tre anni e ancora riusciva a ricordarsi alla perfezione le sue parole, anzi poteva udirle così come le aveva pronunciate, con ogni singola vibrazione della sua voce. Con quel tono amaro a tratti disperato, ma allo stesso tempo pacato, come solo lui sapeva essere. In ogni situazione sapeva sfoggiare una tranquillità e una non curanza che più di una volta gli aveva invidiato. Se n’era andato così, senza aggiungere altro se non quel “Mi spiace, dovete trovarvi un altro cuoco” che lo riportò come un flashback alla battaglia contro Kuma, a Thriller Back. Allora era riuscito a fermarlo, ma quella volta non aveva fatto, né detto nulla per trattenerlo. Non era il suo compito,  e se Rufy aveva accettato la sua decisione, lui non poteva fare altro che rispettare gli ordini del suo capitano guardando quella testa bionda che si allontanava con una piccola sacca sulla spalla.

Eppure non era passato un singolo giorno da allora, in cui Zoro non si era chiesto che sarebbe successo se avesse provato a fermarlo. Per come era fatto Sanji, di certo gli avrebbe tirato un calcio intimandogli “gentilmente” di farsi gli affari propri. Sorrise a quel pensiero, come quando ci si ricorda di un vecchio gioco da bambini, che per quanto stupido e ripetitivo, non smettevi di giocarci.

E così da quel giorno, per tre lunghi anni, nessuno aveva più pronunciato il suo nome, e tutte le volte che Chopper o Usopp avevano provato ad aprire il discorso, si erano sempre scontrati con sguardi di richiamo o, nel peggiore dei casi, con dei muri di silenzio e di cinica indifferenza, per lo più forzata. Non che nessuno della ciurma non ci pensasse.

Quando avevano trovato il One Piece, e Rufy aveva pianto e urlato un singhiozzato “Grazie a tutti amici” nessuno di loro ebbe il minimo dubbio che in quel amici non ci fosse anche lui e che quelle lacrime del capitano, non fossero miste di gioia e di rimpianto per non aver potuto condividere la sua vittoria anche con lui. E che dire di quando dopo la battaglia, alla fine vinta, contro i pirati di Jack Forceville, la Sunny era andata distrutta e Franky aveva costruito una nuova imbarcazione, se possibile ancora più bella della Sunny stessa e Rufy aveva deciso di chiamarla Lovely Prince. Non servirono domande per spiegare quella scelta. Era un po’ come riaverlo a bordo ed illudersi di essere di nuovo uniti. La Prince... una nave davvero stupenda.

Si rigirò nel letto guardando verso la finestra. Il chiarore del cielo, lasciava intendere che stava per albeggiare. Ecco un'altra notte insonne che andava ad aggiungersi alla lunga lista di notti in bianco che lo spadaccino stava collezionando da un po’ di tempo.

Si passò nervosamente la mano sul viso e si alzò avvicinandosi alla finestra. L’aprì e sentì l’aria umida posarsi sul suo viso stanco, come una gelida carezza. Si poggiò con i gomiti sul davanzale lasciando che lo sguardo si perdesse in quelle acque blu, che da un po’ non sentiva più come casa propria e che non riuscivano a dargli più alcuno stimolo, alcuna ragione per continuare a salparle, né da solo, né con la sua ciurma.

Quella sensazione di vuoto lo accompagnava in ogni suo respiro, in ogni suo passo, come la sua stessa ombra. Ma quando la luce si spegneva e nell’oscurità la sua ombra svaniva, quella sensazione restava e anzi si ampliava, avvolgendolo in un soffocato abbraccio dal quale non riusciva mai a sottrarsi.

 

 

 

To Be Continued...

 

 

Questo è un capitolo per lo più introduttivo, già dal prossimo la storia si movimenterà, anche se resterà quella vena di tristezza o per meglio dire di malinconia, che ho deciso spontaneamente di dare a tutta la storia ^-^

Sperando in un riscontro positivo da parte vostra vi do appuntamento alla prossima

Kiss kiss  Chiara

 

  
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