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Autore: Nanek    29/05/2015    6 recensioni
Sono più di centocinquant’anni che ha diciannove anni.
Sono più di centocinquant’anni che, guardandosi allo specchio, la sua immagine non cambia.
I capelli biondi, color dell’oro.
Gli occhi azzurri, sfumature di ghiaccio più accentuate con la luce del sole o con la neve, o quando diventa aggressivo; sfumature di blu per le tenebre, per la pioggia, per quei momenti di vuoto e di niente; sfumature di nero sotto gli occhi, sfumature che non se ne andranno mai.
Le labbra violacee, in netto contrasto con la pelle pallida, pelle che non cambia mai, resta sempre così giovane e perfetta, pelle lavata dal sangue di molte sue vittime.
Sono più di centocinquant’anni che evita di sorridere, perché il suo sorriso, gli ricorda l’assassino che è diventato: quel sorriso innocente, quel sorriso da bambino, da ingenuo, è ora il sorriso di chi uccide gli altri per sfamare se stesso.
Nasconde quei canini letali, nasconde la sua vergogna, serrandola tra le labbra.
Genere: Fantasy, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Lune's Love'
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Daylight.

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Before we started, it was over
I feel our bodies getting colder
She gives me, a feeling that I can't find
And it's the road that leads to nowhere
But all I want to do is go there
She's got me, running from the daylight
.
 
 
Sono più di centocinquant’anni che ha diciannove anni.
Sono più di centocinquant’anni che, guardandosi allo specchio, la sua immagine non cambia.
I capelli biondi, color dell’oro.
Gli occhi azzurri, sfumature di ghiaccio più accentuate con la luce del sole o con la neve, o quando diventa aggressivo; sfumature di blu per le tenebre, per la pioggia, per quei momenti di vuoto e di niente; sfumature di nero sotto gli occhi, sfumature che non se ne andranno mai.
Le labbra violacee, in netto contrasto con la pelle pallida, pelle che non cambia mai, resta sempre così giovane e perfetta, pelle lavata dal sangue di molte sue vittime.
Sono più di centocinquant’anni che evita di sorridere, perché il suo sorriso, gli ricorda l’assassino che è diventato: quel sorriso innocente, quel sorriso da bambino, da ingenuo, è ora il sorriso di chi uccide gli altri per sfamare se stesso.
Nasconde quei canini letali, nasconde la sua vergogna, serrandola tra le labbra.
Più di centocinquant’anni fa, Michael ha scelto per lui, salvandolo da morte certa.
Condannandolo, però, ad una vita sporcata di sangue.
L’ha fatto diventare un mostro, l’ha fatto diventare nemico di se stesso.
Non gli dà colpe, ormai, da più di cento anni.
Ha agito da amico, ha agito per il suo bene, ha agito per l’unico amico che aveva: un umano in grado di accettare il suo più grande difetto.
L’ha salvato da morte certa, ha salvato quel ragazzo pur di non perderlo, pur di non frantumare quell’amicizia così preziosa.
Luke, dal suo canto, ha solo dovuto accettare la cosa, passo dopo passo, ricordando che, ormai, al mondo non c’era più nessuno per lui.
Orfano, solo, condannato ad una vita di dispiaceri, prima dell’arrivo di Michael.
Ed, ora, lui è immortale, pallido, assetato di sangue, ma non più solo, non sarà più solo per l’eternità.
La vita del vampiro, forse, non sarebbe stata così male.
Eterna giovinezza.
Capacità sovrannaturali.
Forza.
Velocità.
Solo un unico difetto: per sopravvivere, bisogna uccidere.
Sono centocinquant’anni che lui e Michael non si allontanano da Sydney, la loro unica casa.
Sono centocinquant’anni che vivono così, senza mai essere visti da qualcuno.
 
E, in centocinquant’anni, Luke non aveva mai visto una creatura più bella di lei.
Ricorda benissimo quel giorno, quel pomeriggio autunnale, quella pioggia dispettosa, quell’ombrello blu che si muoveva piano per la via.
Ricorda benissimo la sete, la voglia, ricorda benissimo quel profumo che la pelle di lei emanava.
Ricorda benissimo di essersi avvicinato senza emettere il minimo rumore.
Ricorda benissimo come il desiderio si fosse placato scorgendo la sua immagine.
La pelle candida del viso, rosata appena solo sulle guance.
I capelli mossi e lunghi, biondi, come a renderla ancora più fragile.
Gli occhi fissi per terra, gli occhi color dell’oceano, gli stessi occhi che si erano rivolti verso la sua direzione, come se lei lo avesse sentito.
Era durato solo un secondo, prima che la ragazza se ne andasse, senza accelerare il passo, senza dare segno di ansia, di paura.
Non l’aveva visto, come lui credeva, non l’aveva sentito arrivare, eppure, lui era certo che quegli occhi l’avessero guardato dentro.
Era tornato da Michael con lo sguardo perso e con un vuoto allo stomaco.
«Sembra che tu abbia visto… un vampiro!» aveva scherzato l’amico dai capelli neri e gli occhi color dello smeraldo, sorridendo: labbra color del sangue che lasciavano spazio ad un sorriso candido, mostruoso, segnato da quei canini fin troppo evidenti.
«Stai bene?» si era preoccupato in seguito, appoggiando un mano sulla spalla di Luke.
«Io… sì, sto bene» aveva balbettato un poco, prima di prendere posto su un ramo, la mano che passava nervosamente sui capelli, mentre un paio di occhi verdi lo scrutavano con fare curioso.
«Ma… è successo qualcosa?»
«Io… stavo cercando…»
«Il pranzo, deduco» una risatina maledetta, non troppo contagiosa, non in quel momento.
«Però… non ce l’ho fatta»
«Sei a pancia vuota, quindi. Dimmi dove trovo la vittima, te la porto qui già morta, se vuoi» occhi azzurri, color del ghiaccio, come se quelle parole avessero appena suscitato una stranissima rabbia.
«Non ci provare» parole taglienti, parole che Michael non si aspettava proprio, mentre lo guardava scendere e correre via, mentre la curiosità si impossessava di lui, costringendolo a seguirlo.
In quella corsa, quel profumo era arrivato anche al naso del vampiro dagli occhi verdi: un profumo delicato, non troppo dolce, quasi impercettibile, ma estremamente invitante.
Un profumo che si faceva sentire sempre più vicino, fino al momento in cui la mano di Luke si era messa davanti al suo corpo, bloccandolo di colpo, cogliendolo alla sprovvista.
Lei era lì, di nuovo.
Lei era lì, ancora con l’ombrello aperto.
Lei era lì, intenta a camminare per la via, con un libro in braccio, mentre si avviava verso una casa bianca dai balconi in legno.
«Beh, è allettante, Luke, ma non credo che riempirebbe il mio stomaco, quindi, tutta tua» una pacca sulla spalla, l’aria un po’ delusa dalla scoperta.
Un sospiro da parte di Luke.
«Perché il desiderio si placa davanti ai suoi occhi?» un sibilo, una confessione inudibile.
Una scrollata di spalle da parte di Michael.
«Forse a colazione ti sei ingozzato troppo, come tuo solito, non preoccuparti, ti tornerà la voglia» ma quella supposizione era più che infondata, perché Luke non uccideva dalla sera precedente.
*
Un anno dopo quell’incontro, lui la spia ancora, senza mai farsi vedere.
Non ha mai scoperto il suo nome, non ha mai osato avvicinarsi più del dovuto, non ne sa molto di lei se non dove si trova casa sua o qual è la finestra della sua stanza.
Non sa niente, se non l’ovvia verità: lei umana, lui un vampiro.
Si limita a fissarla come se fosse la creatura più bella mai vista, si limita a seguirla nei suoi pomeriggi, mentre passeggia da sola o, a volte, accompagnata da qualche amico.
Non riesce a fare nulla, se non guardarla da lontano, con gli occhi quasi tendenti al blu, come se lei fosse in grado di mandarlo in una sorta di sospensione momentanea.
Come se lei lo portasse su una bolla invisibile.
Come se lei fosse l’unica in grado di placare il desiderio di sangue, del suo sangue.
Michael, non perde occasione per deriderlo.
«Sei un allocco»
«Sei pure inquietante, ma più del solito»
«Parlaci, non è mica vietato»
«Magari scopri pure il suo nome»
Già, il suo nome, come se una parte così piccola di lei potesse riempire un po’ della sua anima inquieta.
«Perché non mi dici come si chiama, Michael? Lo so che lo sai» ha provato ad istigarlo una volta, ma l’amico non ha voluto sentire ragioni.
«Lo scopri da solo, chiedendoglielo. Non fare il codardo, sei un vampiro!»
E mille domande si sono create a seguito.
«Com’è il suo nome? È bello? È lungo?»
«Sì, abbastanza»
«Quante lettere?»
«Tante quante troppe cose»
«In che senso?»
«Luke, non ti dirò mai il suo nome»
«Si chiama come qualcosa in particolare? Come una costellazione? Come una metropoli?»
«Tu sei tutto scemo»
E quanti sospiri, quanta rabbia repressa, solo per un nome.
Nome che potrebbe procurarsi con niente, semplicemente entrando dalla finestra di camera sua, semplicemente guardando tra i suoi libri, tra le sue carte.
Ma qualcosa lo blocca, come se quel nome fosse la sua ragione di vita, come se… vivesse solo per scoprirlo senza inganno.
«Sette, Luke. Sette lettere» ha confessato un Michael disperato.
Sette lettere.
Il campo si stringe.
*
Quella sera, però, Luke non si sarebbe mai aspettato di vederla in giro a quell’ora.
Le undici e mezza scoccate.
Le tenebre su tutta Sydney.
Eppure, lei, è ancora fuori, è ancora sola in quelle vie buie, dove solo la luce fioca di qualche lampione lascia distinguere un essere umano da un albero.
Cammina, forse un po’ più nervosamente del solito, Luke riesce quasi a sentire il battito accelerato del cuore di lei.
Ha paura, lei.
Ha paura, non la biasima: non passa nessuno in quelle vie, non c’è nessuno a quell’ora, se non lei e la sua ombra.
Non sa perché si trovi ancora in giro.
Non capisce perché stia tornando a casa da sola, dato che può giurare di averla vista uscire con una ragazza e due ragazzi.
Eppure, è sola.
Sola, senza ombrello, mentre qualche gocciolina d’acqua bagna le guance.
Cammina veloce, sotto lo sguardo vigile di Luke.
La segue a dovuta distanza, sicuro di non essere sentito, sicuro di non essere visto.
Sente un rumore, poi, dietro di loro.
Sente il rumore di una bottiglia frantumata al suolo.
Sente dei passi muoversi sempre più vicini alle loro figure.
Lei non osa voltarsi, intenta solo a camminare più veloce.
Luke, invece, guarda chi si sta avvicinando.
Una figura lontana, una camminata veloce.
Una distrazione per Luke.
Luke che non si accorge di un’altra figura che arriva da davanti alla loro direzione.
Sono due, quindi, sono in due a cercare di bloccarla.
Lei corre, sempre più veloce, non rendendosi conto di quella persona davanti a lei che si è nascosta dietro l’angolo.
«Fermati!» un urlo da parte di Luke.
Un urlo che la fa accelerare di più, la spaventa, causando la reazione sbagliata, tanto che quella figura nascosta ne approfitta per farsi vedere, bloccandola.
Lei sobbalza, spaventata come non mai, scappa da quella presa e cerca di tornare indietro: ma l’altra persona è già troppo vicina, è già a pochi passi da lei.
La prendono per le spalle, mentre lei cerca di liberarsi, urlando, chiedendo aiuto, non rendendosi neanche conto che Luke è già lì, è già alle spalle di colui che la tiene stretta, ha già la bocca sul collo dell’aggressore, il quale, lascia la presa e si lascia andare ad un urlo straziante, mentre cade di peso sulle sue ginocchia, il sangue che esce dal collo, il sangue che ora sporca la bocca di Luke, illuminato appena dalla luce del lampione.
L’altro aggressore estrae una pistola dai pantaloni.
Non esita a sparare contro chi ha appena ucciso il suo complice, lasciando che lei cominci a piangere, portandosi le mani sul viso, urlando e chiedendo pietà.
Lasciando che quell’urlo sia l’ultima cosa udibile, prima dello sparo.
Non ha il coraggio di aprire gli occhi, lei.
Ma Luke è davanti al suo corpo.
La pallottola in mano, un ghigno divertito al vedere la paura negli occhi di quell’essere umano.
Essere umano che trema, adesso, trema perché non è più così forte come credeva.
A Luke basta solo un verso e un passo avanti per spaventarlo.
Spaventarlo e farlo correre via, a gambe levate, vedendolo inciampare sui suoi stessi passi, perché troppo preso a guardarsi indietro, a guardare quel mostro che è riuscito ad uccidere con un morso letale.
Lei, invece, è ancora rannicchiata a terra, in preda dai singhiozzi e dalle lacrime che non vogliono lasciare la sua pelle.
Luke la guarda, senza sapere che fare, senza riuscire ad emettere un solo suono: è spaventata, spaventata da morire, spaventata da quei due e da lui, lui che ha appena ucciso una persona, lui che, forse, appare più mostruoso che mai.
Si gratta la testa, incerto sul da farsi.
Prova a chinarsi verso di lei, come per dirle qualcosa, come per aiutarla ad alzarsi.
Ma ritrae subito la mano, notando che è ancora un po’ sporca di sangue.
Sospira, notando che lei non vuole alzare lo sguardo nella sua direzione, sospira e decide di prendere il cadavere che giace poco lontano da loro due: lasciarlo lì significherebbe dare il via alla caccia al mostro.
Si incammina piano, lontano da lei, voltandosi solo un secondo per guardarla un’ultima volta: ma lei ne ha approfittato per correre via.
Lui l’ha salvata, eppure, ai suoi occhi resterà sempre un mostro.
*
Da quell’episodio sono passati diversi mesi.
Nessuna denuncia, però, da parte di lei.
Nessuna indagine, nessuna ricerca, lei non ha aperto bocca su quell’episodio, lei ha saputo tenere la bocca chiusa.
Luke la ringrazia in silenzio, guardandola ancora più distante di prima, ancora più tristemente di prima.
Non dimenticherà mai quell’ultima immagine di lei, quella notte.
Lei che scappa, lei che teme il suo viso, lei che non lo immagina come suo salvatore, ma come mostro.
Come se questo fatto lo avesse… distrutto.
Come se guardarsi allo specchio fosse più doloroso, adesso.
Michael, per la prima volta in centocinquant’anni, non ha parole per consolarlo, non ha rimedio contro quella delusione, non ha nulla per sollevargli il morale.
Luke tace, cade in un silenzio straziante.
Un silenzio che, però, finalmente si rompe.
Perché a distanza di mesi, lei, è di nuovo in quella via, in quella strada, nel bel mezzo della notte.
Luke lo sa, Luke è lì vicino a lei, non la perde mai di vista, non vuole che le succeda niente di brutto.
Eppure, lei è di nuovo in quella via maledetta.
Sospira Luke, quasi incredulo, mentre la osserva da lontano: si è bloccata nel punto esatto dell’aggressione, si guarda intorno, come spaesata, gioca con i piedi mentre guarda in giro, come se stesse cercando qualcosa.
Come se stesse cercando proprio lui.
«Non puoi comparire e basta?» la sente dire.
La osserva ancora più attentamente: è sicuro che non ha cellulari o auricolari, sta proprio parlando da sola.
«Lo so che sei qui. Nascondino non è il tuo forte» dice ancora, appoggiandosi al lampione.
«Puoi farti vedere? Magari al più presto?» Luke è incredulo.
«Mi fa paura stare qui… per favore, vieni fuori»
Ancora silenzio.
«Lo so che mi senti. Io sento te, giusto per dirtelo»
Luke deglutisce a fatica.
«Pioveva, quando ti ho visto la prima volta. Eri ad un passo da me, hai gli occhi chiari»
Il fiato sospeso.
«Ho sempre temuto fossi uno stalker o un assassino, sappilo. Ma… non ti facevi avanti, quindi, ho accantonato le mie idee sbagliate. Ho pensato, quindi, che… forse sei… timido» e quelle parole, però, lo fanno un po’ alterare, tanto che esce dal suo nascondiglio e le si avvicina con passo lento.
«Bugiarda» dice tagliente, vedendola mettersi in piedi, staccandosi dal palo della luce «Tu lo credi ancora, o non saresti scappata, quella notte» una confessione che gli libera il petto, una confessione che la lascia ammutolita, mentre la figura di lui le si avvicina sempre di più, facendole balzare il cuore in gola.
«Piuttosto, perché sei ancora qui? Non ti è bastata l’aggressione dell’altra volta?» e gli occhi di lei lo stanno fissando quasi con meraviglia.
Lui è… un ragazzo.
Fisicamente, è un ragazzo.
È alto.
È biondo.
Ha gli occhi un po’ in ombra a causa delle tenebre.
Ma è umano.
«Beh, non rispondi?»
«Cercavo un modo per farti uscire allo scoperto»
Una confessione più che inaspettata.
Luke fa un passo indietro.
Lei ne fa uno in avanti «Non andare via» sussurra flebile, allungando la mano nella sua direzione.
Luke è senza parole.
«Volevo solo… ringraziarti, per quello che hai fatto per me»
«Non serve che mi ringrazi, ho ucciso una persona, non c’è motivo di dire “grazie”»
«Io… tu… tu mi hai salvato la vita. Io… volevo scusarmi, per essere scappata. Io… avevo paura»
«Fai bene ad avere paura di me» e quelle parole le fanno inarcare il sopracciglio.
Si avvicina ancora a lui, nel tentativo di guardarlo in faccia, ma Luke si sposta di nuovo, sta volta, allontanandosi di più, ad una velocità sovraumana.
«Perché sembra che, adesso, sia tu ad avere paura di me?» ma a quella domanda Luke non risponde.
«Va a casa. Non è proprio il momento più adatto a camminare per le vie» le ordina, facendola sbuffare, facendola davvero camminare verso la via principale.
Lei, in quel tragitto, non smette mai di voltarsi a guardarlo, seppur a metri di distanza.
Una volta entrata in camera, apre la finestra, quasi sicura di trovarselo lì, su quell’albero.
Ma Luke non c’è.
Luke è sparito di nuovo.
Lasciandole un sorriso spezzato.
*
La sera dopo, lei apre di nuovo la finestra.
Aspetta, Luke.
Luke non sa se quello che sta per fare sia la cosa giusta.
Però… è la curiosità a farlo agire.
È… una malsana voglia di raggiungerla, dato che la sera precedente ha avuto quel poco di coraggio a scappare via, di nuovo.
«Lo so che ci sei» la sente dire, abbozzando un sorriso quasi compiaciuto.
Ed è un attimo a salire su quella finestra, facendola sussultare un po’ dallo spavento, perché deve ammettere che non si aspettava un arrivo così improvviso.
La guarda, Luke, nel tentativo di entrare senza fare troppo rumore.
Ha i capelli raccolti in una treccia, una maglia grigia e i jeans ancora addosso.
«Pensavo ci impiegassi di più, mi stavo mettendo il pigiama» ammette lei, rossa in viso «Beh, accomodati, dove vuoi, insomma» lo invita imbarazzata, mentre Luke prende posto sul suo letto, togliendosi le scarpe e stravaccandosi letteralmente, come se fosse a casa sua.
«Non ho mai avuto un letto così comodo, io dormo in un’amaca» spiega, abbassando subito il tono della sua voce, sospettoso che qualcun altro possa sentirlo.
«Credevo avessi capito che sono a casa da sola, o ieri sera non sarei potuta uscire di nuovo a quell’ora senza un accompagnatore»
«Eppure mesi fa lo hai fatto»
«I miei amici non erano nelle condizioni di portarmi a casa» una spiegazione breve, una spiegazione non approfondita, come se quell’episodio fosse da dimenticare.
«Beh, sei praticamente sdraiato sul mio letto, posso… sapere come ti chiami?» una domanda più che logica.
«Luke Robert Hemmings» risponde semplicemente, rendendosi conto che, però, quel momento l’ha aspettato da mesi: scoprire finalmente il suo nome.
«Beh, io sono…»
«Non dirmelo» si solleva di scatto, appoggiando le spalle alla testa del letto «Io… voglio indovinarlo: so solo che sono sette lettere, vero?»
E lei ha il viso smarrito, gli occhi blu puntati sui suoi, un po’ di timore in corpo, un po’ di preoccupazione per se stessa, dato che questo tipo le mette sempre più ansia.
Il suo aspetto, poi, non le mette troppa calma: ha occhiaie accentuate, la pelle bianchissima, quelle labbra fin troppo violacee.
Ma quegli occhi, quel blu che, può giurarlo, non lo credeva così scuro, può giurare che, quella notte, i suoi occhi erano azzurri, color del ghiaccio.
«Ti chiami… come una costellazione?» domanda che le fa inarcare il sopracciglio, mentre prende posto ai piedi del letto, incrociando le gambe.
«Ehm, no, non credo»
«Come una città
Scuote la testa.
«Come un fiore
«Che ne dici se… ti faccio anche io qualche domanda, Luke?» un sorriso da parte di lui.
«So già quello che vuoi sapere»
«Tu dici?»
«Cosa sono, da dove vengo, perché i miei occhi cambiano colore, perché uccido le persone, solite domande che gli umani si pongono quando pensano a noi» lei non osa più guardarlo in faccia.
«Mi chiamo come… una farfalla» risponde flebile, come in attesa di una prima confessione da parte di lui.
«I miei occhi sono azzurri con il sole, con la neve, quando mi arrabbio. Diventano blu con la pioggia, o quando sto… bene, insomma, credo»
Lei annuisce, lui trova il coraggio di avvicinarsi un poco, con cautela, come se temesse di nuovo di vederla scappare.
«Il mio nome inizia con la “V”, è stato creato da uno scrittore» e i loro occhi si scontrano di nuovo.
«Sono di Sydney, ci vivo da centocinquant’anni, io ho bisogno delle persone per vivere»
«Io mi chiamo…»
«Vanessa» un sospiro da parte di lui «Io sono…»
«Un vampiro» un sospiro da parte di lei.
«Non voglio farti del male» e c’è tensione nell’aria, c’è paura, ma anche voglia di fidarsi di quel ragazzo che le ha salvato la vita.
«Perché mi proteggi?» i loro visi così vicini.
«Da quando ti ho vista, sei l’unica persona in grado di bloccare la mia sete di sangue. Non voglio farti del male. Io… volevo solo…» e lei deglutisce a fatica, spostando un po’ il viso, dandogli le spalle.
Luke sospira, un po’ rassegnato, riconoscendo l’inutilità delle sue parole.
Viene catturato da un segno nero che marchia la pelle di lei, esattamente dietro il collo.
La sua mano, gelida al contatto con la pelle di lei, va a spostare la lunga treccia bionda: sulla pelle di lei c’è un piccolissimo tatuaggio raffigurante un gatto, un gatto che lo fa sorridere appena, mentre con la punta dell’indice ne traccia il contorno, mentre lei si sente mancare il fiato.
Divertito dall’effetto che ha su di lei, passa verso il lato del collo, sentendola rabbrividire al suo tocco, sentendo come il cuore cominci a pulsarle sempre più forte.
Si blocca, poi, su un punto ben preciso.
«Se avessi voluto il tuo sangue, ti avrei già morso, esattamente qui» indice e medio vanno a segnare i punti esatti dove i suoi canini si affondano nelle pelli delle sue vittime.
Vanessa freme, sentendo il respiro di lui farsi più vicino.
«Non provi desiderio, adesso?» e la risposta, lei, non la vuole sapere per davvero.
«No…» sospira lui, appoggiando appena la punta dei suoi denti su quella pelle candida, sentendola irrigidirsi ancora di più, mentre lui si lascia scivolare un sorriso prima di serrare le labbra e lasciarle un casto bacio.
Un bacio che non si aspettava.
Un bacio che la riempie di brividi.
«Non ho sete del tuo sangue. Io… provo desiderio per te» una confessione che la lascia senza fiato, che le fa comparire uno strano rossore in tutto il viso, mentre trova il coraggio di girarsi verso di lui.
I suoi occhi sono color della notte.
Le sue labbra socchiuse lasciano intravedere solo una piccola parte dei suoi canini.
La mano di Luke è sulla sua coscia, immobile, come se temesse toccarla.
Si guardano per pochi ma interminabili secondi, prima di rompere quella poca distanza tra di loro, prima di lasciare che le loro labbra si sfiorino piano, incerte, come se ci fosse una strana paura ad impadronirsi di entrambi.
Si baciano, poi, impazienti, lasciando che le loro lingue si sfiorino per la prima volta, mentre le mani accarezzano le loro pelli con attenzione, come se temessero di non ricordare quel momento.
I loro corpi si uniscono per la prima volta, i loro corpi che trovano quell’intimità perfetta, quell’equilibrio che solitamente si trova dopo tanto tempo.
Eppure, avviene tutto così naturale, come se si conoscessero da sempre, come se Luke in centocinquant’anni stesse solo aspettando lei e nessun’altra, lei, l’unica in grado di placare la sua sete, lei, l’unica essere mortale in grado di tirare fuori quel che resta del suo lato umano, quasi azzerando il mostro che è diventato.
 
Quando la luna piena è alta nel cielo e Vanessa dorme al suo fianco, Luke non sa davvero cosa dirsi, dentro di sé.
La guarda dormire, accarezzandole il viso, spostandole i capelli dagli occhi, per poi scendere sulla sua schiena nuda, rendendosi conto che il suo tocco la fa rabbrividire.
Le lascia un altro bacio all’altezza del collo, mentre la porta più vicina a lui, per sentire il suo respiro, per ricordare quanto è bello ascoltarlo in quella quiete.
Ma Luke ha la pelle fredda, Luke becca punti che disturbano il sonno leggero di chi non riesce a cadere in sonni troppo profondi, quella notte.
Vanessa apre gli occhi, accolta da uno «Scusa» bisbigliato appena da lui che va a mordersi il labbro.
«Non andare via» lo stringe un po’ di più.
«Non me ne stavo andando» la rassicura.
«Perché non dormi?» e lui un po’ ride a quella domanda.
«Non dormo da centocinquant’anni» sta volta è lei a mordersi il labbro.
«Non andare via, neanche domani» ripete, mentre lui accenna un sorriso.
«Non vado via, te lo prometto»
«Eppure, perché sento che c'è qualcosa di incerto nelle tue parole?»
«Perché non posso assicurarti che non ci saranno problemi, dopo sta notte» e lui deglutisce, mentre Vanessa prende il suo volto freddo tra le mani, avvicinandosi piano, lasciando un bacio rumoroso che interrompe quel silenzio.
«Non importa, Luke»
«Tu non sai che dici»
«Preferivi continuare a guardarmi a metri di distanza?»
«Io non voglio che ti succeda qualcosa»
«Io non voglio che tu sparisca» un altro bacio a bloccare Luke, a bloccare le sue parole piene di timori, di ansia, di angoscia, perché dopo questa notte le loro vite cambieranno radicalmente.
Lui un vampiro.
Lei un'umana.
Non sarà facile, per loro due.
Non ci sarà sempre il cielo sereno su loro due.
Pericoli, nemici, scontri, ostacoli, una lista infinita di problemi che dovranno affrontare con forza e con sicurezza.
Eppure, in quei baci, il giorno dopo sembra ancora lontano, sembra un problema da affiancare, sembra così distante da loro due che Luke riesce a trovare un po' di pace tra le braccia di lei, tra le sue carezze, tra i suoi baci sulla sua pelle bianca.
Lei è l'unica persona in grado di placare il mostro che è diventato.
Lei è l'unica in grado di non fargli pensare al futuro che li aspetta.
Loro due sono l'unica preoccupazione.
Loro due sono l'unica cosa che importa veramente.
Per sta notte.
Per l'eternità.

 




Note di Nanek
Sarò estremamente breve: Luke è la mia rovina, pure da vampiro.
Un mega grazie va a marmelade, ma non solo per il MAGNIFICO BANNER (perché è davvero meraviglioso) ma anche perché è colpa sua se ho scritto sta cosa, dato che mi ha inviato una foto di Luke con i canini da vampiro.
Al solo pensiero di lui vampiro mi pare l’ormone, bang!
E… boh, insomma. Questa os è eterna ahah
Coraggiosa chi è arrivata fino alla fine!
Spero che vi piaccia, e… beh, spero di trovare qualche parolina =)
Grazie di cuore anche solo per aver letto <3
Scappo via veloce come un vampiro ahahah
A presto <3
Nanek
 
 
 
  
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