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Autore: Papillon_    30/05/2015    6 recensioni
Un incidente porta via a Blaine la persona con la quale aveva costruito una vita intera; suo marito, un uomo che amava dai tempi del liceo e con cui era pronto a costruire una famiglia. Devastato dal dolore, non permette a se stesso di credere che possa esserci una seconda possibilità per lui - almeno fin quando non conosce Kurt, un giovane uomo con un sorriso semplice e dolce, che sembra capire con uno sguardo ciò di cui Blaine ha veramente bisogno.
Piano piano, Kurt e Blaine cominciano a costruire la loro vita insieme, mescolandosi, imparando ad amare di nuovo, tutto da capo. E dopo del tempo Blaine crede che siano entrambi pronti per il grande passo.
Ma se c'è una cosa che Blaine non sa è che la vita spesso può essere imprevedibile, e dopo un avvenimento alquanto inaspettato si renderà conto che tutto ciò che stava costruendo insieme a Kurt non è così semplice come aveva immaginato.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Terza parte


Se c'era una cosa di cui Blaine era sempre stato assolutamente certo in tutta la sua vita – anche da bambino, e poi dopo, fin quando il suo corpo aveva lasciato spazio a quello di un adulto – è che le persone non tornano in vita. Le persone muoiono, e lasciano un fottuto buco al posto del petto quando se ne vanno, perché dopo quel momento ogni volta che avrai bisogno di loro non ci saranno più, non importa quanto il bisogno sia ardente e reale. Una volta morte, le persone spariscono. Un soffio. Come cenere.

Quando Blaine riaprì gli occhi non riuscì a riconoscere immediatamente il posto in cui era stato portato – riconobbe però il tintinnio di un suono metallico, un leggero fastidio al livello della tenera carne del braccio destro, un forte mal di testa. I muri attorno a lui erano bianchi e spogli, c'erano dei vocii che arrivavano attraverso il muro accanto a lui.

Blaine ora ricordava. Ricordava di aver negato fino all'inverosimile che quello che la dottoressa – Emily, aveva finalmente scoperto il suo nome – gli aveva detto, urlando e gemendo e probabilmente iniziando a piangere a un certo punto – e poi si era accasciato a terra, lasciandosi andare completamente.

Deglutì, un gusto amaro che scendeva lungo la gola, giù fino al suo stomaco lacerato.

Ryan è vivo.

Strinse forte gli occhi e i pugni, ispirando piano. Era in una stanza piccola, probabilmente una di quelle che usavano per i pazienti poco gravi. Avevano intenzione di rimetterlo presto, così avrebbe potuto-

Dio. Non era possibile che quello che Emily gli aveva detto fosse vero. Aveva pianto per settimane per quell'uomo, giorni, ore, mucchietti di secondi mentre si accartocciava sul pavimento e diventava inutile e inutile e inutile. Aveva visto la sua bara scendere e scomparire oltre il terreno, aveva visto le rose posarsi sul legno, le lacrime che le seguivano. Era morto dentro, le sue forze gli erano state risucchiate via e ora come se niente fosse-

Proprio in quel momento, il suono di una porta che si apriva lo distrasse. Fu Emily ad entrare, sorridendogli dolcemente e avvicinandosi a lui.

“Sei svenuto.”

Blaine non rispose.

“E' una diretta conseguenza dello shock, abbiamo agito portandoti qui e facendoti riposare, dandoti una flebo. Dormivi da un paio d'ore, ormai.”

Blaine distolse lo sguardo, Emily staccò la sua flebo applicandogli un cerotto.

“Signor Anderson, non ho davvero la minima idea di come si può sentire lei adesso.”, sussurrò Emily, affondando le dita nella stoffa di quel letto. Dimostrando che oltre che infermiera, era anche una donna. Umana, fragile. “Io non posso dirle cosa fare, ma se c'è una cosa che so per certo è che di seconde opportunità non ne vedo dare molte. Qui le vite ci scivolano via ogni giorno.”

Blaine annuì.

“Ryan...lui è a due stanze da qui, la sta aspettando. Credo che abbiate molto di cui parlare.”

Emily a quel punto si allontanò, ma a metà strada dalla porta, Blaine si sentì in dovere di fargli una domanda.

“Lei cosa farebbe?”, sussurrò Blaine. Si sentiva stanco, piccolo, inerme. Senza protezione.

“Io non credo nei miracoli, signor Anderson.”, borbottò lei semplicemente, ruotando il capo di poco. “Ma quando succedono queste cose, persino le donne di scienza come me devono fermarsi a riflettere.”

Blaine si rese conto che quella non era una risposta, perché le risposte Blaine le doveva trovare dentro il suo cuore, non altrove.

Scese dal letto, come un fantasma senza meta. Le sue dita tremavano forte, come il resto del suo corpo.

Quando uscì dalla porta, non andò a sinistra come gli aveva indicato Emily.

Cercò Kurt.

 

***

 

Non sapeva nemmeno perché avesse sentivo il bisogno di farlo. Forse paura, forse perché non era minimamente pronto – forse perché vedere Ryan con i suoi occhi avrebbe significato ammettere che tutto quello era reale, e che stava succedendo.

Trovò Kurt in casa, rannicchiato sul divano, immerso in un mondo di coperte. Quando Blaine entrò nel loro appartamento Kurt sgusciò fuori da quel nido e si precipitò da lui.

“Blaine, dei-”, imprecò, gettandosi tra le sue braccia. “Mi hai spaventato a morte- a scuola non sapevano niente, solo che eri stato portato via da qualcuno- hai idea di come mi sia sentito? Ti ho- ti ho cercato ovunque, non sapevo più dove sbattere la testa-”

Blaine lo baciò. Senza senso. Posò le labbra sull'angolo della sua bocca, senza nemmeno centrarle nella loro pienezza, e poi ancora, e ancora, e sempre più forte, fino a sentire dolore, e fino a che Kurt gemette di sorpresa e dovette aggrapparsi a lui per non cadere. Blaine lo zittì e mosse le dita sulle sue natiche, stringendo forte e lasciando i segni, con molta probabilità – e Kurt mugolò nella sua bocca e si lasciò trascinare via.

“Blaine-”, soffiò, fiato caldo sulle sue guance. “Dio, Blaine-”

“Facciamo l'amore.”, ringhiò Blaine. Non era una richiesta dolce, non c'era niente di docile in quelle parole, solo ordine e cieco desiderio e Fammi dimenticare tutto – e Kurt rantolò quando una mano di Blaine si insinuò nei suoi pantaloni, scavalcando strati di vestiti e aggrappandosi al suo membro, muovendo le dita con velocità, senza dolcezza. Senza grazia. Puro sesso.

“Blaine-”, ansimò Kurt, gettando la testa all'indietro e trovandosi presto schiacciato contro un tavolo, mentre Blaine lavorava sul suo membro ormai non più morbido. Era tutto così inaspettato, e duro, e netto eppure- eppure sembrava che Blaine lo volesse quasi disperatamente, e Kurt si lasciò toccare, lasciando che suoni soffici abbandonassero la sua gola.

Blaine seppellì la testa nel suo collo e cominciò a leccare e succhiare la sua pelle, strappando suoni indecenti dalle labbra di Kurt. Raggiunse le sue labbra, spingendo la sua lingua all'interno della sua bocca e leccando il suo palato, Kurt che gemeva senza sosta. Blaine prese un pezzetto della sua lingua tra le labbra, succhiandola voracemente, un pugno saldo attorno ai capelli sulla nuca di Kurt.

Lo fece venire. Gli strappò via l'orgasmo, anzi, muovendo la mano su di lui come se l'universo dipendesse da quel gesto, sentendo vita scorrere nelle vene e il cuore pompare sangue – il corpicino di Kurt crollò sul suo, la sua testa poggiata alla spalla di Blaine, le dita conficcate nella sua schiena.

“Toccami.”, ringhiò Blaine, leccando le sue labbra e poi spostandosi per mordicchiargli il lobo. “Fallo forte, forte e veloce, forte e veloce, ne ho così bisogno-”

Kurt non capiva. Non capiva quello strano bisogno di Blaine, quei gesti netti e così appaganti eppure senza amore, e di nuovo non capì, quando Blaine afferrò una sua mano e la portò sul cavallo dei propri pantaloni, cominciando a muoverla e gemendo disperato.

“Toccami.”, chiese di nuovo, cercando le labbra di Kurt e baciandole con foga, senza concentrazione. “Ti prego, ti prego-”

E finalmente, Kurt la vide. Una lacrima che era scesa dagli occhi di Blaine, lì al centro della sua guancia destra, che tradiva tutto quel suo cieco bisogno. Con le forze che gli erano rimaste, Kurt sollevò una mano e la trascinò via, baciando poi quello stesso punto, imponendo a Blaine di fermarsi.

“Blaine.”, soffiò. “Blaine, stai piangendo. Tremi- che cosa c'è?”

Blaine smise di muovere la mano di Kurt sopra il proprio membro, la linea delle sue labbra si arcuò verso il basso. Nuove lacrime caddero dai suoi occhi, e Kurt avvolse il suo volto tra le mani.

“Amore mio-”

“Non chiamarmi così.”

Il cuore di Kurt si sgretolò, quando vide Blaine scoppiare a piangere. Inerme, piccolo, sconfitto, eppure bellissimo, lì tra le sue braccia, al buio di quella notte.

“Blaine, dimmi cosa c'è.”

“Non mi vorrai più.”, Blaine disse tra le lacrime e i singhiozzi, aggrappandosi a lui come se Blaine fosse una stella e Kurt un pezzo di cielo. “E non posso perderti, non posso, non posso, non posso-”

Non poteva.

Kurt iniziò a piangere senza motivo – o forse perché infondo già aveva capito tutto. Improvvisamente si rese conto del perché innamorarsi faceva così paura: perché l'amore poteva anche distruggere, ed era esattamente quello che Blaine gli stava facendo. Lo stava distruggendo.

E improvvisamente il dolore delle canzoni, delle frasi che leggeva di tanto in tanto sui libri – tutto divenne senza senso, ovattato, perché quello che stava provando lui era il dolore vero. Viscerale, eterno. Gli spaccava il cuore.

Strinse Blaine per tutta la notte, lasciando che piangesse tra le sue esili braccia e piangendo con lui a volte, il suo stomaco ancora nudo e sporco del suo stesso seme.

Alle prime ore del mattino, fu Blaine a baciargli piano le labbra, piccolo e sfinito.

“Voglio dirti tutto.”

 

E glielo disse.

Gli disse che Ryan era vivo.

Che per qualche strana ragione, la sera prima non era riuscito a vederlo, ma che si era sentito in dovere di cercare lui.

Kurt si sentiva – era difficile dire come si sentiva. Incredulo, ma non era abbastanza. Spezzato. Dilaniato, ecco, forse quello era meglio. Eppure stringeva Blaine lo stesso, tenendo insieme i suoi pezzi.

Immerse le labbra nei suoi riccioli scuri che attutirono parte dei suoi singhiozzi, e rimasero immobili fino a quando pallidi raggi di sole cominciarono a illuminare di ambra il loro appartamento.

“Voglio che tu lo veda.”, disse a un certo punto Kurt. Blaine lo strinse forte, ancora più forte, come se volesse scomparire nel suo corpo.

“Kurt-”

“Lo devi vedere.”, soffiò Kurt, accarezzandogli i ricci all'indietro, come se fosse un bambino da cullare. “Tutto questo non- non ha senso, eppure sta succedendo e io-”, Kurt deglutì, piano, la sua gola nel movimento si scontrò con la tempia di Blaine. “Sei stato suo. Non posso impedirti di vederlo.”

“Adesso però sono tuo.”, pigolò Blaine. Come una promessa. Kurt non ce la fece a sorridere, o a vedere quelle parole come fonte di speranza, come qualcosa di possibile.

Kurt gli baciò i capelli. “Parlaci. Prova- prova a fare chiarezza. Io...io non so cosa succederà. Ma dopo averci parlato mi troverai qui, okay?”

Blaine ruotò il capo per averlo di fronte, il labbro inferiore che tremava, gli occhi enormi e pieni di lacrime, completamente indifeso nonostante fosse tra le braccia dell'uomo che lo aveva protetto.

“Ti amo.”, sussurrò Blaine. Ed era sbagliato, così sbagliato, eppure scelse di dire quello perché lo voleva, e perché gli sembrava l'unica cosa che andasse bene in quel momento. Kurt si morse forte le labbra per impedire a un singhiozzo di uscire.

“L-lo so.”, ammise, baciandogli la fronte e pressando i loro corpi insieme. “Ti giuro che lo so.”

 

***

 

Blaine a stento riconobbe se stesso quando lanciò un'occhiata allo specchio che c'era nell'ascensore che avrebbe dovuto portarlo al terzo piano dell'ospedale. Non sapeva dove fosse Ryan, ma era certo che l'unica persona che potesse sapere qualcosa fosse Emily, quindi andò in cerca di lei.

La dottoressa gli disse con un sorriso stanco – probabilmente dovuto a tutte le ore di lavoro – che quella notte Ryan aveva deciso di spostarsi nella stanza di un albergo vicino, lasciandogli un foglietto con scritto l'indirizzo per Blaine, in caso fosse venuto a cercarlo. Blaine lo raccolse con mani tremanti e lasciò Emily alle sue visite mattutine.

L'indirizzo portava in un albergo che non doveva avere più che un paio di stelle. Cercò la sua stanza continuando a fare dei respiri profondi, obbligandosi a rimanere vigile e non dare di matto. Si sentiva come in apnea – probabilmente il suo corpo e la sua mente dovevano ancora realizzare quello che a breve sarebbe successo. Esattamente come il suo cuore – Ryan era vivo, vivo, un cuore pulsante. Non più morto, non più terra, o bara, qualcosa di scomparso.

Bussò alla porta di legno scuro con le nocche un paio di volte, dei colpi deboli. Questa si aprì quasi immediatamente dopo, ma non comparve nessuno dietro la soglia, così Blaine si sentì in dovere di spingerla per entrare dentro la stanza. C'era buio – l'unica fonte di luce proveniva dalla finestra che quella stanza aveva, ma era piccola e ricoperta di tende di colore scuro, e fuori il sole era troppo debole ancora per illuminare la stanza a sufficienza.

Ryan era lì, di lato, appena di fianco alla finestra, la sua figura leggermente illuminata ai bordi. Un fantasma, una visione, e Blaine i primi mesi dopo la sua morte lo aveva sognato così tanto che poteva benissimo credere che quello fosse un sogno e non qualcosa di reale.

Era invecchiato un po', ma non in un modo drastico – c'erano dei piccoli segni ai lati della sua bocca e dei suoi occhi, al livello dello guance.

Sei come un fantasma.

Blaine tentò di dire qualcosa, qualsiasi cosa per infrangere il silenzio e cercare di capire cosa fosse quel disastro, ma non riuscì a dire nulla, nulla che fosse abbastanza, nulla che nella sua testa avesse senso. Tutto in quella vita ora era senza senso.

E' come se nemmeno potessi toccarti.

E improvvisamente – tutto quello che aveva provato in quegli anni, il senso di mancanza, di colpa verso se stesso, il vuoto di una perdita che lo aveva lacerato, la rabbia di una promessa non mantenuta- in un attimo ogni cosa sembrava insignificante, e Ryan era lì, davanti a sé, un corpo caldo e reale, e non più un ricordo sbiadito, non più una foto su una tomba fredda.

“Blaine.”, soffiò Ryan, un angolo della bocca che saliva verso l'alto, semplice e netto e bellissimo, e Blaine presto si trovò tra le sue braccia, a piangere come un disperato, le mani che si appoggiavano alle sue spalle senza premere, e – è tutto così sbagliato sbagliato sbagliato, tu non dovresti essere qui e invece sei qui e mi distrugge-

“Va tutto bene Blaine, sono qui adesso.”, sussurrò Ryan vicino al suo orecchio, accarezzandogli la schiena in un modo che non aveva mai usato. C'era incertezza nei suoi gesti ma anche quel desiderio che fa quasi male e Blaine poteva sentirlo – perché Ryan non era mai stato il tipo da coccole, o rassicurazioni, o tenerezza. Ryan se lo voleva rassicurare lo prendeva da parte e ci parlava, e lo baciava con impeto. Blaine percepì i suoi sforzi, e si sentì sporco, così sporco, nonostante sapesse che lui era suo marito e che c'era ancora un vincolo tra di loro e-

Ryan si staccò leggermente e prese il suo volto tra le mani, gli occhi verdi che brillavano di scoperta e vita vita vita, e con un movimento fluido si sporse verso di lui, chiudendo gli occhi. Blaine percepì il suo respiro, il proprio mozzarsi nella gola e il cuore trascinarsi giù alle caviglie, e con due mani ferme lo spinse via.

“N-no, io-”, sussurrò, sconvolto, passandosi una mano tra i capelli. “N-non posso, non-”

“Okay.”, soffiò Ryan di rimando, cercando di avvicinarsi ancora. “E' okay, lo so che è uno shock, Blaine, è solo che- s-sono qui, va bene? Sono reale, non stai sognando, e mi sei- mi sei mancato da morire, da morire-”

“Non ti azzardare.”, disse Blaine in un soffio quasi inudibile. Ryan spalancò gli occhi, visibilmente ferito. “N-non ti azzardare- a mettere il nostro dolore sullo stesso livello.”, sbuffò Blaine, quasi senza fiato. “Ti- ti sono mancato? Ma davvero? Hai idea di come sia stato vivere quasi cinque anni della mia vita con la consapevolezza che tu eri morto, Ryan? Ne hai idea? No, non sai un cazzo di queste cose, non sai niente. Non sai come ci si sente a svegliarsi nel cuore della notte e ricevere una telefonata in cui ti dicono che tuo marito ha avuto un incidente e che non trovano più il corpo. Non- non sai com'è guardarsi allo specchio la mattina, sapendo che dentro sei- sei morto, morto, un cadavere, che non vali niente. Non sai com'è organizzare il funerale della persona che ami, e guardare in faccia i tuoi amici-”

“Blaine-”

“No!”, gridò Blaine. “Cinque anni, Ryan. Cinque fottuti anni, io- io ho dovuto riprendere in mano la polvere di cui ero fatto e rimettermi in piedi senza di te, svegliandomi in un letto vuoto ogni giorno, ogni fottuto giorno- non ero più nessuno, non sapevo nemmeno più che cazzo fosse diventata la mia vita. Cinque anni, hai idea? E poi tu te ne torni indietro come se niente fosse-”

“Blaine, devi ascoltarmi-”

“Dove cazzo sei stato per questi cinque anni?”, urlò Blaine, spingendolo via, lontano, verso la finestra. Ryan aveva il labbro inferiore perennemente schiacciato tra i denti, e tremava visibilmente. Si passò una mano tra i capelli biondi, leggermente più lunghi ai lati, a coprirgli quasi le orecchie.

“Io- va bene che tu sia arrabbiato, lo capisco.”

“Vaffanculo.”, sibilò Blaine, spingendolo di nuovo, e di nuovo ancora. “Devi- devi sparire, mi hai capito, devi- devi sparire-”

Ryan gli bloccò entrambi i polsi questa volta, e Blaine spalancò gli occhi per il leggero dolore, ma doveva aspettarselo da un ragazzo che era stato un militare. Si ritrovò schiacciato contro il petto di Ryan, e poi si mossero, si mossero finchè non caddero sul letto più vicino, e Ryan era davvero tanto vicino al suo viso, ma non lo baciò. Gli sorrise, un sorriso piccolo che andava al di là di tutto, gli accarezzò una guancia.

“Adesso mi ascolti.”, disse fermamente. “Dammi un'ora, e poi deciderai se lasciarmi qui e farmi diventare solo un ricordo, o decidere se ne valgo ancora la pena.”

Blaine deglutì, lacrime bollenti che solcavano le sue guance. Respirò a fondo, e alla fine di tutto annuì.

 

Erano seduti l'uno di fronte all'altro sul letto, Ryan che disegnava cerchi sulle lenzuola sotto di lui, i calzini bianchi bucherellati, mentre quelli di Blaine troppo colorati per appartenere a una persona che ormai andava per i trent'anni. Non lo guardava mai negli occhi. Non che avesse paura, ma perché era troppo, troppo; quegli occhi avevano popolato i suoi sogni troppo a lungo, e ora averli lì era – destabilizzante. Forse di più.

“L'incidente ci fu davvero. Sulle coste a nord-ovest dell'Africa, vicino a un villaggio di tremila anime. Ci furono un sacco di vittime e moltissimi feriti, e i corpi di molti soldati furono dispersi. Io- io non ricordo quasi nulla, pochissimi particolari. Alcune donne di un villaggio a qualche chilometro dall'incidente mi dissero che mi avevano trovato ai piedi del fiume. Rimasi...rimasi nelle loro cure per mesi, lì- dovresti sapere che non hanno medicinali, o per lo meno non abbastanza forti da agire in fretta. Ero molto grave, ma per qualche inspiegabile ragione riuscii a stare sempre meglio. Quando...quando riacquistai completamente conoscenza, mi chiesero chi fossi, e io...io non seppi rispondere.”

Blaine si leccò le labbra, stringendo il proprio petto tra le braccia.

“Avevo...avevo perso la memoria, Blaine. Non ricordavo più chi ero, da dove provenivo. Facevo solo questi incubi terrificanti dell'incidente, e in qualche modo sapevo esprimermi in inglese, ma non era abbastanza per le persone del posto per aiutarmi. Così rimasi nel villaggio. Mi costruii una vita- aiutavo i bambini con le provviste, le donne del villaggio con i malati. Capii che nella mia vita precedente dovevo essere stato qualcuno a cui piaceva aiutare la gente, così iniziai a lavorare per gli ospedali che hanno là. E poi, piano piano...sono tornati dei ricordi. È qualcosa di graduale, ed è difficile da spiegare. Ma improvvisamente ricordavo il mio nome, alcuni dettagli della mia vita precedente, della mia famiglia. E poi di te. Finalmente mi ricordai di te. Dall'incidente erano passati un paio di anni, ormai. Feci tutto il possibile per spostarmi da quel villaggio, cercando il modo di tornare qui. Non fu affatto facile. Trovai delle imbarcazioni clandestine che mi portarono in Europa, lì mi rimisi in sesto, facendomi aiutare da dei vecchi amici. Nell'ultimo anno sono rimasto nei pressi di Parigi, lì hanno università specializzata nella perdita di memoria e nello studio del cervello. Mi aiutarono tantissimo. Non appena sono riuscito a rimettermi in piedi, sono tornato qui.”

C'erano tante, troppe cose che Blaine non capiva. Strinse il lenzuolo sotto di sé.

“Anche qui ce le hanno le università specializzate nella memoria.”, borbottò con rabbia. “I tuoi amici non potevano aiutarti a tornare qui?”

Ryan deglutì. “B-Blaine, io- capisco che per te sia difficile capire, ma ero- ero così spaventato, e destabilizzato, avevo un sacco di vuoti e il pensiero di tornare qui ed essere vulnerabile mi terrorizzava-”

“Certo, perché infatti tu devi essere sempre forte, non devi avere punti deboli.”, ringhiò Blaine. “E un telefono? Un dannato telefono i tuoi amici non te lo potevano prestare?”

“Blaine-”

“Sarei venuto a cercarti!”, gridò finalmente Blaine. “Dio- avrei preso il primo aereo e sarei venuto a Parigi, a Praga, in Russia- in qualsiasi cazzo di posto, non lo capisci? Mi hai- mi hai escluso, hai fatto la cosa peggiore che potessi farmi-”

“Avevo paura.”, mormorò Ryan a quel punto, conficcando i propri occhi in quelli di Blaine. “Avevo paura di tornare.”, disse piano, per far sì che Blaine assimilasse le parole. “Avevo paura che una volta tornato le cose sarebbero state diverse. Che ti avessi già perso. Di averti ferito troppo. Continuavo a ripetermi che tu ora stavi cercando di rimetterti in sesto, costruirti una vita nuova, e io non potevo piombare dal nulla rimettendo tutto in discussione. Forse sono stato egoista, forse no. Non so come si comporta la gente in questi casi, Blaine, visto che comunque non succede tutti i giorni che qualcuno riesca a sopravvivere per miracolo.”

“Hai sbagliato.”, gli disse Blaine in un sussurro. “Hai sbagliato a credere che fossi così debole. Tu- tu hai sempre sbagliato a ritenermi così debole. So essere forte invece, Ryan.”

“Lo so.”, borbottò Ryan, e il suo viso si contrasse in una smorfia di puro dolore. “Ti giuro che lo so- è solo...sai che odio aver paura, e improvvisamente ne avevo tantissima, e non- non me la sono sentito di tornare finchè era di nuovo tutto a posto.”, mormorò. Poi si avvicinò cautamente, raccogliendo le dita di Blaine. “Ma adesso sono a posto, Blaine.”

Blaine cercò i suoi occhi, Ryan alzò una mano per posarla attorno alla sua guancia.

“Blaine.”, soffiò Ryan. Solo quello, un soffio, una tacita richiesta. “Io- cristo, lo so che non c'è niente di facile in quello che sta succedendo. So che pensavi fossi morto, e che questo deve essere- deve essere così terrificante per te. Io lo capisco.”, mormorò. “Ma- pensa a quanto ci siamo amati, Blaine. Ed era- era tutto finito, invece ora- ora non lo è più. Può ricominciare. Non subito, e non saremo mai come prima, saremo diversi, ma- è un miracolo questo, Blaine, un autentico miracolo, che ci venga concesso di rivivere il nostro amore, pensaci.”

Blaine stava tremando come una piccola foglia mossa dal vento. Distolse lo sguardo, incapace di sostenere quello di Ryan.

“Ti amo.”, gli disse lui, senza paura. “Sei ciò che mi ha tenuto in vita nei mesi in cui credevo di aver perso tutto, il motivo per cui sono tornato. Ti amo ancora, e- e so che dietro tutti quegli strati di rabbia anche tu senti ancora qualcosa per me. Lo so che è così.”

Blaine strinse forte le palpebre. KurtKurtKurtKurtKurt-

E Blaine- certo che provava ancora qualcosa, e si sentiva così meschino, così sporco e inerme e inutile, perché fino al giorno prima era così innamorato di Kurt che pensava di non avere confini ed era pronto a cominciare la sua vita con lui ma Ryan – lui era il marito di quell'uomo, legato a lui da un vincolo indissolubile, e adesso era vivo, non più un ricordo. Era lì che lo stringeva.

Ryan scostò un ricciolo ribelle dalla sua fronte e si sporse di nuovo – questa volte le loro labbra si sfiorarono appena e Blaine non si mosse, tremò, incapace di fare altro. Poi ricordò di quel mattino, del corpo di Kurt pressato contro il suo, delle sue labbra calde, del suo sorriso che lo aveva salvato, e si tirò indietro.

“Ho conosciuto un'altra persona.”, disse, inspirando bruscamente e passandosi entrambe le mani tra i ricci. Ryan aprì la bocca per dire qualcosa, ma non uscì niente; Blaine vide il suo entusiasmo spegnersi, gli occhi velarsi di puro, immenso dolore. “L-lui- stiamo costruendo una nuova vita. E so che due anni possono sembrarti pochi, Ryan, ma- lui mi ha salvato. E non sto scherzando. Mi ha salvato da me stesso, mi ha fatto amare ancora, mi ha dato tutto quello che pensavo non potesse più essermi dato. Non- non posso lasciarlo. Non so nemmeno come si fa- non riesco a immaginarmi-”, un rantolo, e Ryan si alzò dal letto con un movimento lento. “Non riesco più a immaginarmi senza di lui.”

Ryan camminò avanti e indietro con passi lunghi, i capelli scarmigliati e il corpo longilineo scosso da leggeri tremori.

“Come si chiama?”

“Kurt.”, Blaine respirò. “Si chiama Kurt.”

“Lo ami?”

La domanda arrivò inaspettata, e Blaine guardò Ryan negli occhi senza riuscire a rispondere. Avrebbe voluto strapparsi il cuore in quel momento per far capire a Ryan quanto esattamente fosse incasinato – ma se c'era qualcosa di cui era certo, erano i sentimenti che provava per Kurt.

“Non c'è bisogno che tu dica niente.”, soffiò alla fine Ryan. “Si capisce dai tuoi occhi.”

Blaine distolse lo sguardo, una lacrima calda cadde sulle sue ginocchia.

“Sai, non- non mi aspettavo di tornare qui e gridarti amore eterno. Lo so che in cinque anni le cose cambiano, Blaine, e sapevo che una cosa del genere poteva capitare. E va bene, voglio dire- sono così felice che tu sia andato avanti, lo sono davvero.”

Ryan tornò a sedersi, gli occhi limpidi e pieni di luce, e Blaine seppe che non stava mentendo.

“Però- non credo di essere pronto a rinunciare a te. A noi. E penso che anche tu abbia bisogno di capire cosa vuoi. Per quanto ami quel ragazzo, Blaine, devi- riflettere sul fatto che potrebbe cambiare tutto, perché adesso io sono qui. Sarò sempre qui.”, disse in un sussurro, accarezzando un pezzo di mento di Blaine con le nocche. Il ricciolo chiuse gli occhi – cercò di concentrarsi sul tocco, di farlo suo, di non sentirsi tremendamente in colpa. Si mordicchiò il labbro inferiore e fece un passo indietro, le braccia intrecciate attorno al proprio stomaco.

“Tu sei sempre stato disposto ad aspettarmi, Blaine. Quando- quando facevo il militare, non avevi idea se sarei tornato, eppure rimanevi ad aspettarmi. Lo hai fatto anche quando non ti davo alcuna garanzia. Lo hai fatto anche l'ultima volta, poi, quando non sono più tornato.”

Blaine annuì, quasi senza forze.

“Tocca a me ad aspettarti questa volta.”, soffiò Ryan, un piccolo sorriso che sapeva di promesse. “E lo farò Blaine; lo farò per tutto il tempo di cui hai bisogno.”

Blaine conficcò gli occhi nei suoi. “Potrei non tornare.”

“Ti aspetterei comunque.”, mormorò Ryan. “E andrebbe bene lo stesso. Ne avresti tutto il diritto.”

Blaine aveva bisogno di uscire da quella stanza – c'era troppo buio, troppo silenzio, un silenzio quasi assordante – voleva respirare aria limpida e pulita e non dover pensare a niente. Si limitò a fare ancora qualche passo indietro.

“Blaine.”, lo chiamò Ryan, la voce bassa eppure limpida. “Io- io lo so che- Kurt è davvero importante per te.”

Blaine alzò lo sguardo, prese un respiro profondo. “Come?”

“Perchè so quanto mi amavi.”, disse semplicemente Ryan, sorridendo appena. “E se non mi stai scegliendo, se- se hai bisogno di tempo, vuol dire che lui per te ha fatto veramente tanto. E- p-per quanto ci volessimo bene, per quanto la nostra storia fosse- abbastanza, probabilmente non è quello di cui hai bisogno adesso.”

Blaine si mordicchiò cautamente il labbro inferiore, sperando che quel parziale dolore gli impedisse di ricominciare a piangere. Si voltò dando a Ryan le spalle, pronto per lasciare quella stanza.

“Non sono più il Blaine di cui ti eri innamorato, Ryan.”, sussurrò Blaine, prendendo in mano la maniglia della porta. “In questi quattro anni sono cambiato tanto quanto lo si fa in una vita intera.”

Ryan si morse forte il labbro inferiore. “Forse.”, soffiò. Un sorriso triste invase le sue labbra. “però mi sei- mi sei mancato, Blaine.”

Anche Blaine, in qualche modo, si ritrovò a sorridergli.

“Anche tu.”, disse piano. “Anche tu.”

 

***

 

Quando Blaine tornò al loro appartamento – era ancora loro, dopotutto? Poteva ancora considerare Kurt suo, poteva ancora considerarsi di Kurt? - trovò il salotto illuminato dal sole del primo pomeriggio, vuoto e spoglio e che profumava di caffè. Si passò una mano tra i capelli e andò in camera – sul letto, Kurt era rannicchiato in posizione fetale, le braccia raggruppate davanti a sé, la testa immersa nel cuscino di Blaine.

E Blaine – Blaine si sentì così enormemente colpevole, in quel momento; perché anche se non era colpa di nessuno che Ryan era di nuovo vivo, e anzi era un miracolo, l'ultima cosa che nella vita voleva fare era ferire quella creatura che lo aveva tenuto al sicuro per tutto quel tempo. Il suo cuore si sgretolò in un milione di pezzi – eppure camminò lo stesso, si mise dietro di lui e lo strinse forte, accorgendosi che stava piangendo in silenzio dai piccoli spasmi che il suo corpo aveva. Lasciò che piangesse tra le sue braccia; immerse la testa nel suo collo e inspirò il suo profumo, gli trascinò via i capelli dalla fronte, gli baciò la punta spigolosa della spalla. Kurt a un certo punto si ritrasse, il viso contratto in una smorfia di dolore e le spalle che si muovevano a scatti per i singhiozzi.

“Ci hai-”, iniziò, asciugandosi le lacrime con la punta delle maniche della felpa. “Ci hai fatto l'amore?”, chiese, cercando di respirare per mantenere un minimo di dignità. Blaine spalancò gli occhi.

“Cos- Kurt-”

“Sei stato via tantissimo.”, sussurrò Kurt. E la sua non era un'accusa, solo- una domanda, una sconfitta, una costatazione, un modo per dirgli che era distrutto dentro ma che probabilmente se lo aspettava che qualcosa sarebbe successo. E quello fu ciò che gli fece più male di qualsiasi cosa.

“No.”, soffiò Blaine, diretto e deciso, avvicinandosi al corpo accartocciato di Kurt e prendendogli il viso tra le mani. “Come puoi pensare- no. Kurt, no, mai- non ti farei mai una cosa del genere.”

Kurt tirò su col naso e immerse la testa nelle proprie ginocchia, facendosi ancora più piccolo di quanto non fosse. Blaine strinse dolcemente un pugno attorno ai suoi capelli, disegnò con l'altra mano cerchi distratti sulla sua schiena, come se fosse improvvisamente diventato un pittore e Kurt la sua tela, il dolore tra di loro i colori, i pennelli, tutto ciò che si poteva usare per tracciare sentimenti.

“Abbiamo parlato.”, disse piano Blaine, squarciando il silenzio. “Non sapevo- non sapevo nemmeno cosa dirgli, e poi sono arrabbiato, così arrabbiato-”, rantolò. “E non facevo altro che pensare a te, a quanto mi sentissi un mostro perché non voglio farti questo, non voglio, ti giuro che non voglio, io- io voglio solo che tu rimanga fuori da tutto questo-”

“Non puoi tirarmi fuori da tutto questo, Blaine.”, sussurrò Kurt, alzando appena la testa. “Ti amo. Per quanto cerchi di proteggermi, una cosa del genere riguarda anche me. Riguarda noi- tutto ciò che noi siamo.”

Respirarono a lungo, rimanendo in silenzio. Blaine a un certo punto appoggiò la fronte ai capelli di Kurt, due corpi accartocciati e pressati l'uno contro l'altro.

“Io credo che dobbiamo lasciarci, Blaine.”

Blaine si congelò. “No.”, disse immediatamente, sollevando la testa e incontrando gli occhi umidi di Kurt. “No- ti prego no. Non posso- non posso perdere anche te. Non- non facciamoci questo, va bene? Non lasciarmi. P-per favore Kurt, non lasciarmi, non lasciarmi non lasciarmi non lasciarmi non-”

Fu Blaine a lasciarsi scappare un singhiozzo questa volta, e Kurt si aggrappò così saldamente con le dita al suo maglioncino da farsi venire le nocche bianche. “Io non voglio lasciarti, Blaine.”, sussurrò, un soffio che era quasi inudibile. “Ma cosa- cosa posso fare? Devo- devo lasciarti andare, perché è questo che credo si debba fare in questi casi, no? Non posso tenerti legato a me- hai bisogno di capire delle cose, e non puoi farlo se continuiamo a stare insieme.”

Blaine si aggrappò al suo maglione, al livello del petto. “Non puoi- ti prego Kurt, non puoi-”

“Guardami negli occhi e dimmi che non provi niente per lui, Blaine.”, soffiò Kurt. C'era – tanta di quella serenità su quel volto, serenità e tempesta e buio e paura, e Blaine si sentì gelare il sangue nelle vene perché capì che Kurt lo conosceva in un modo in cui probabilmente non si conosceva nemmeno lui stesso, perché sapeva vedere oltre. Kurt sapeva. E Blaine-

Blaine immerse il volto nella sua spalla, scoppiando a piangere, perché non ci riusciva a dire che non provava niente, e si odiava. Si odiava davvero, profondamente, in un modo in cui non credeva fosse possibile.

“Shhhh.”, mormorò immediatamente Kurt, immergendo la mano tra i suoi ricci e tenendoselo vicino. “Blaine, shhhh, va bene. Va tutto bene, voi- voi siete stati sposati, lo hai amato così tanto, non- non era finita tra di voi. Non è colpa tua.”, gli disse dolcemente, la voce incrinata dal pianto.

“Mi dispiace.”, ansimò Blaine tra i singhiozzi, stringendo Kurt ancora di più. “Mi dispiace mi dispiace mi dispiace-”

Fu una cantilena che durò per un tempo infinito, e Kurt si abituò a quelle parole come ci sia abitua al suono e all'odore della pioggia. Continuò ad accarezzargli i capelli, diventando una roccia quando lui stesso aveva bisogno di aiuto per non sgretolarsi, ma capendo che in fondo il più fragile dei due in quel momento era Blaine: Blaine aveva la vita sconvolta, ora; Blaine aveva ricostruito i propri pezzi per rivederli cadere uno ad uno, insieme a tutti i suoi sforzi.

Quando finalmente si fu calmato, Kurt gli lasciò un bacio piccolo tra i capelli, poi sulla tempia, lì dove poteva sentire il sangue scorrere veloce.

“Non ce la faccio senza di te.”

“Sì che ce la fai.”, disse semplicemente Kurt. Non cercò i suoi occhi, tenne solo una mano all'altezza del suo cuore. “Io- prenditi tutto il tempo che vuoi, va bene? Io sono forte, Blaine, ce la faccio. Voglio solo che tu capisca quello che stai cercando. E se-”, un respiro profondo, e Blaine si staccò da lui per poterlo guardare, “E se dovessi scegliere lui, io- io ti capirei. Ti capirei, Blaine.”

Blaine sollevò le mani, immerse le dita tra i suoi capelli, avvolgendogli le guance con dolcezza.

“Tu mi hai salvato la vita.”, gli disse, immergendosi nei suoi occhi d'oceano. “Mi hai ridato il respiro.”

Kurt tentò di sorridere. “L-lo so.”, disse di rimando, e lo sapeva davvero. Ma non era abbastanza. “Però lui- lui ti ha avuto in modo che- io non ti ho avuto così Blaine. Non ho avuto di te ciò che ha avuto lui.”

Blaine gli accarezzò le labbra sottili con la punta del pollice. “Non sei mai stato la sostituzione di nessuno.”, gli ripeté forse per la millesima volta, ma voleva che Kurt lo sapesse. Che quelle parole gli si imprimessero sulla pelle con la forza di un inchiostro indelebile. “Ti ho amato perché sei tu. Ti amo perché sei tu. E non- non so se riesco a smettere.”

Kurt sbattè le palpebre una singola volta, una calda lacrima cadde e scivolò sulla sua guancia. “Non smettere allora. Così almeno io non sembrerò- non sembrerò stupido perché non riesco a smettere di amarti.”

“Dio, non sei stupido. Non lo sei.”, sussurrò Blaine, prima di appoggiare la fronte alla sua e chiudendo gli occhi. Voleva baciarlo- non sapeva perché con Kurt quello fosse più semplice, non sapeva perché con lui non si sentiva in colpa, o almeno non così tanto come succedeva con Ryan. Si sentiva a casa dal momento in cui aveva varcato quella soglia – e voleva solo stringere Kurt, tenere al sicuro Kurt, dargli ogni cosa che poteva dargli.

“N-non baciarmi.”, soffiò Kurt. Sembrava davvero poco convinto del suo ordine, con le guance rosse e le labbra semi-aperte, piene e vogliose di essere riempite. “Se lo fai- non credo che saremo in grado di fermarci, e non voglio- non voglio che succeda nulla. Non finchè tu non avrai deciso.”

Blaine annuì estremamente piano. “Va bene.”, acconsentì. E come non avrebbe baciato Kurt, promise a sé stesso che finchè non avesse preso una decisione non avrebbe baciato nemmeno Ryan, per rispetto nei confronti di entrambi.

Blaine strinse le dita attorno alle ciocche dei capelli di Kurt e si sollevò per lasciargli un bacio sulla fronte; fu lungo, atteso e destabilizzante, come se Blaine lo stesse adorando.

Poi si staccarono – e Blaine rimase rannicchiato nel letto, mentre osservava Kurt raccogliere le sue cose e andare via.

 

***

 

“Dove andrai?”

Le dita di Kurt tremavano attorno alla maniglia dell'enorme trolley, i suoi occhi erano ancora umidi di pianto e la punta del suo naso era arrossata.

Era mozzafiato – e Blaine avrebbe tenuto il ricordo di quella sua fragilità per sempre, perché a volte amare Kurt era bello quando lui era forte, ma altre volte diventava ancora più bello, quando doveva essere Blaine quello forte tra i due.

“A Lima, credo.”, disse Kurt. “Da mio padre, uhm- la mia stanza è sempre là ad aspettarmi.”

Blaine respirò a fondo.

“Posso chiamarti ogni tanto?”

Kurt cercò i suoi occhi per una frazione di secondo. “Sì.”, sussurrò. “Sì, sarebbe meraviglioso sentirti.”

Blaine lo vide incamminarsi verso il corridoio che portava alla cucina. Sentiva di non avere più forze in corpo.

“Kurt?”

“Sì?”

Kurt non si voltò, così Blaine parlò alla sua schiena. “Non avrei mai voluto questo per te.”

 

***

 

Kurt fece come aveva detto a Blaine, tornò a casa da suo padre. La consapevolezza di ciò che era successo lo colpì come un fulmine solo dopo, mentre stava compiendo il viaggio.

Aveva perso Blaine.

Lui non aveva ancora scelto, ma Kurt era praticamente certo che con il tempo Blaine si sarebbe reso conto che quello che lui e Ryan avevano riavuto consisteva in un autentico miracolo, e che non era qualcosa che poteva farsi scivolare via dalle dita. Blaine aveva amato Ryan, Kurt lo sapeva, lo aveva visto e compreso, e non poteva competere con un amore così grande. Blaine aveva dei doveri essendo sposato e Kurt - lui era solo un ragazzo perdutamente innamorato che adesso stava perdendo tutto, persino sé stesso.

Non disse nulla a Burt. Si presentò a casa, gli occhi velati di lacrime e il corpo stanco e sconfitto - per qualche ragione suo padre sembrò aver capito tutto e lo prese tra le braccia, lasciando che si sfogasse. Quando Kurt non ebbe più lacrime da versare cercò gli occhi di Burt e si morse il labbro, il cuore che era polvere.

"L'ho perso, papà.", disse in un soffio strozzato. "L'ho perso per sempre."

 

***

 

Burt osservava Kurt da lontano - e gli sembrava di vivere con un fantasma.

Suo figlio era lì, certo che era lì, vivo e presente, eppure aveva la stessa consistenza di un'entità senza corpo. Mangiava a malapena, si sforzava di parlare di tanto in tanto, ma era come se si lasciasse scorrere la vita lontano dalla sua pelle. Come se tutto gli stesse scivolando addosso.

Un giorno lo vide rannicchiato sul divano, la coperta addosso così grande fino a farlo scomparire, lasciando che diventasse un piccolo puntino in quel groviglio di stoffe. Guardava fuori dalla finestra con occhi distanti e persi, il blu al loro interno che aveva lasciato spazio a un colore più freddo, come il ghiaccio con le crepe.

Era devastato.

“Kurt-”

“Non dire niente.”, soffiò Kurt. “Non c'è niente che tu possa dire per farmi stare meglio.”

Burt decise di appoggiarsi al bracciolo del divano. Rimase in silenzio come suo figlio gli aveva suggerito, perché sapeva che tra di loro doveva andare così: a volte le parole non servivano a niente, e Kurt aveva solo bisogno di sentirlo vicino, per avere l'impressione che andasse tutto bene. Che fosse tutto a posto.

“Cosa dovrei fare?”, soffiò a un certo punto. Sembrava senza forze.

“Lo hai lasciato andare.”, rispose automaticamente Burt. “E' stata la cosa giusta da fare, anche se era la più difficile.”

“Davvero credi che sia giusto?”, chiese in un sussurro Kurt, cercando i suoi occhi. “Perchè io continuo a pensarci e- sinceramente non so se ho fatto la cosa giusta. Perchè le persone che si amano dovrebbero stare insieme, no? E invece io ora non sto insieme a lui, l'ho lasciato andare, e mi sembra di avere un buco al posto del cuore-”

“Figliolo.”, lo fermò Burt, allungando una mano per artigliare una sua spalla. Kurt si morse forte il labbro inferiore e alzò una mano a sua volta per aggrapparsi a quella di suo padre come se ne dipendesse. Chiuse gli occhi.

“Tu che avresti fatto?”

“Come?”

“Che avresti fatto.”, soffiò Kurt. “Se fosse tornata la mamma.”

Burt lasciò andare il fiato a quel punto – non credeva che suo figlio potesse fare lui una domanda del genere. Il suo cuore si strinse in una morsa che gli impedì di respirare. Aveva amato Elizabeth come si ama una sola persona nella vita; in quel modo pieno e senza riserve e totalizzante che gli aveva permesso di essere l'uomo che era nato per essere. Ma l'aveva amata in passato, e ora aveva Carole, una nuova vita, una nuova quotidianità, dei nuovi sogni.

“Sono quei tipi di domande che non hanno una risposta, Kurt.”

“No. Tutte le domande hanno risposta. Hai solo paura di dirmelo, perché non vuoi che soffra.”

Burt sospirò, stringendo la presa sulla spalla di Kurt. “Non credo sia una questione di scelta, figliolo.”, ammise, pensando alle proprie parole con cautela. “Amavo tua madre e la amo ancora oggi, ma non amo lei più di quanto ami Carole. Sono due amori diversi, ma questo non vuol dire che sia pronto a rinunciare a uno dei due.”

“Quindi Blaine cosa dovrebbe fare?”, chiese Kurt in un sussurro strozzato. “Amarci entrambi?”

“Io credo che sia quello che stia facendo, Kurt. Per quanto destabilizzante, è quello che succederebbe anche a me, se la mamma tornasse.”, confessò Burt. “Francamente, non so se riuscirei a scegliere, Kurt. Sono quelle cose che non dovrebbero succedere nella vita, okay? Ma...”, a quel punto Burt prese un bel respiro. “Mi sembra che tu stia dando per scontato che Blaine ti lascerà.”

Kurt immerse la testa nelle ginocchia. “Non...non credo mi ami quanto ha amato lui.”

“Io credo che ti sbagli.”, disse semplicemente Burt. “E lo dimostra il fatto che ti ha chiesto del tempo, e non ti ha abbandonato. Forse sottovaluti quello che hai fatto per lui, figliolo.”

Kurt tentò di prendere un bel respiro, stringendo forte le braccia attorno alle proprie ginocchia.

“Il pensiero che tua madre possa tornare è così bello che mi toglie il respiro, Kurt.”, spiegò Burt a quel punto. “Ma non per questo credo che sarei pronto a rinunciare a quello che Carole ha portato nella mia vita. Lei mi ha salvato, so che tu lo sai.”

“Stai cercando di dirmi che sceglieresti lei e non la mamma?”, gli chiese Kurt. Non era un'accusa, era solo pura e semplice curiosità.

“Sto dicendo che ora come ora sono completamente diverso dall'uomo che ha sposato tua madre.”, disse semplicemente Burt. “E l'ho amata, certo che l'ho amata, e l'amerò sempre. Ma Carole è il mio presente adesso, e ha riempito dei vuoti che non credevo potessero essere più colmati.”

Kurt smise di fare domande, semplicemente perché ne aveva così tante nella testa che non aveva il tempo e lo spazio per porle tutte. Tenne la mano di suo padre stretta tra le sue e appoggiò la tempia alla sua gamba, chiudendo gli occhi e lasciando che qualche lacrima bollente scivolasse sulle sue guance.

 

***

 

Blaine e Ryan cominciarono a vedere uno psicologo e una terapista di coppia, sotto consiglio della dottoressa Emily. La loro nuova vita consisteva nel vedersi almeno un'ora al giorno circondati da medici e da strizzacervelli che facevano loro un milione di domande.

C'era anche il tempo ritagliato per stare soli, e quello era il momento della giornata che Blaine aspettava con più ansia e che temeva. Perché stare con Ryan era – un sogno, era ancora un sogno, e Blaine aveva il terrore di potersi svegliare e non ritrovarlo più. Passeggiavano per il parco, ascoltavano musica, parlavano di qualsiasi cosa ricordassero o venisse loro in mente. Una volta provarono a dipingere, e Blaine insistè perché Ryan tenesse quel disegno.

Ryan aveva provato a baciarlo, anche più di una volta. Ryan era sempre attento e premuroso con lui, avvolgeva le sue guance con dolcezza e gli diceva Mi manchi da morire, e Blaine lo sapeva, e sentiva quella mancanza di rimando, ma era qualcosa di sporco e sbagliato, e non riusciva a lasciarsi andare.

Con il passare delle settimane gli strati di rabbia cominciarono a svanire e Blaine lo sentì, forte e puro, il sentimento che una volta aveva provato per lui. Lo amava. Lo accettò prima con lacrime e urla nel cuore della notte, poi cominciò a convivere con il pensiero, ne parlò con i dottori, lo disse a Ryan.

Si chiese per la prima volta in tutta la sua vita se si potesse essere innamorati di due persone contemporaneamente. Si chiese se, soprattutto, se il suo corpo avrebbe potuto sopportarlo. Era come se in qualche modo si stesse ribellando: visto che Blaine era così piccolo e provava due sentimenti così grandi, spesso si ritrovava privo di forte sul letto, sfinito dal pianto.

Ogni giorno prendeva in mano il telefono e digitava il numero di Kurt – ogni giorno non trovava il coraggio di premere il pulsante verde e ascoltare la sua voce, lasciarsi andare, distruggersi – Mi manchi mi manchi mi manchi, più di quanto riesco a dirti, più di quanto credi.

Ryan era vicino, una continua tentazione, un corpo caldo e consistente che poteva tenerlo in pezzi se lo voleva. Eppure Blaine non lo voleva, era quello il problema. Guardava le sue labbra e si rendeva conto che sì, le voleva baciare, e si sarebbe lasciato baciare, se Ryan si fosse spinto oltre – ma non le agognava, no. Sarebbe stato solo un mezzo per colmare i vuoti.

Intanto, il telefono era quasi sempre spento tra le sue dita – e quelle stesse dita tremavano senza interruzioni.

“Puoi chiamarlo, se vuoi.”, una sera gli disse Ryan, di ritorno da una passeggiata. Stavano per salutarsi per la notte, e praticamente non avevano mai parlato quella sera, si erano limitati a camminare fianco a fianco, ascoltare i rumori della città e la confusione dei loro pensieri.

“Ryan-”

“Ascolta, Blaine.”, soffiò lui. “Rivoglio la nostra vita. Più di quanto riesca a dirti- ma questo non sei tu, non sei tu, e per la prima volta da quando sono tornato mi sto rendendo conto di quanto davvero tu sia diverso. Non posso aspettarmi che quello che c'è tra di noi sia uguale a quello che c'era un tempo. Non sei quel ragazzino che ho conquistato al liceo – sei questo uomo, adesso, pieno di sogni e di ambizioni, e io mi sto comportando con te come se fossimo ancora dei diciassettenni.”

“Cosa c'entra Kurt con tutto questo?”

Ryan sorrise appena. “C'entra che lui fa parte di questa tua vita più di quanto faccia io. Se non lo stai chiamando per non ferire me, beh- smettila, Blaine. Mi ferisci di più se fai così, se fingi che non ti manchi. Quando so che ti manca.”

Blaine si morse il labbro inferiore, si passò una mano tra i ricci. “Io-”, rantolò, non sapendo cosa dire. “Tempo fa non avrei mai guardato altri uomini, per me c'eri solo tu. È solo che- tu te n'eri andato Ryan, te n'eri andato, e io non credevo di potermi innamorare di nuovo. E ci ho provato, non è che non ci ho provato, ma in ogni uomo vedevo te ed era inutile, e poi-”

Ryan sorrise appena, comprensivo. “Poi è arrivato Kurt.”

Blaine sentì il proprio stomaco contorcersi. “S-sì.”, soffiò, e gli venne da sorridere, e si sentì un idiota ma dio, anche solo pensare a Kurt lo faceva sorridere. “Sì, è arrivato lui.”

Ryan annuì, forte. “Va bene.”, mormorò. “Davvero Blaine, va bene.”

Dai suoi occhi, Blaine capì che non andava bene per niente. Si lasciò baciare sulla guancia, e poi vide quell'uomo sparire nella notte, prima di correre su al suo appartamento. Non appena si chiuse la porta alle spalle, afferrò il cellulare dalla tasca, i polmoni che improvvisamente sembravano più liberi.

 

Kurt rispose al telefono senza guardare chi fosse a cercarlo, gli occhi che pizzicavano e la pelle intorpidita dalla stanchezza.

“Pronto?”

Dall’altra parte un semplice soffio sfocato, un sussurro all’anima di pura e naturale gioia. “Kurt.”

Kurt si bloccò di colpo, il cellulare che quasi gli cadeva dalle dita che avevano iniziato a tremare. “B-Blaine?”

“Sono io.”, rispose semplicemente Blaine, quasi senza fiato. Si lasciò cadere lungo la parete del muro dietro di lui, le labbra che tremavano. “Sono qui.”

Kurt si morse il labbro inferiore per impedire a un piccolo singhiozzo di fuoriuscire. Abbassò la testa, coprendo i propri occhi con una mano e cercando di regolarizzare il respiro. “N-non credevo, non…non mi aspettavo più che mi chiamassi.”

“Mi dispiace.”, soffiò Blaine sulla cornetta. “Mi dispiace da morire, io- credevo di riuscire a mantenere le distanze e mi ero promesso di non cercarti più perché magari sarebbe stato tutto più difficile.”

Kurt capì. Senza nemmeno il bisogno di vedere gli occhi di Blaine – capì. Capì perché non lo aveva più cercato, perché per lui in quelle settimane era completamente sparito – non poteva andarsene ma comunque tenere un piede nella sua parte.

“Ma mi manchi.”

Kurt chiuse gli occhi di scatto, accartocciandosi sul divano dietro di lui, raccogliendo una coperta con la mano libera e avvolgendosela intorno, quasi scomparendo.

“Anche…”, Kurt dovette prendere un bel respiro, perché gli sembrava improvvisamente che tutto il fiato che aveva in corpo fosse svanito. “Anche tu mi manchi.”

Blaine poteva vederlo piangere, anche se a conti fatti non lo vedeva. Non davanti i suoi occhi almeno, ma Kurt era bloccato nella sua mente, costantemente tatuato sulle sue retine.

“Va…va tutto bene?”, chiese Kurt a un certo punto. “Stai bene?”

“Non lo so.”, ammise piano Blaine. Non aveva tempo per le bugie. “Io e Ryan stiamo…stiamo cercando di capire delle cose. Vediamo tanti medici, cerchiamo di parlare tanto, sai- di noi, del passato.”

Kurt annuì, anche se nessuno poteva vederlo.

“E’ che non mi sembra di vivere la mia vita, Kurt.”, ammise piano Blaine, passandosi una mano tra i ricci. “Voglio dire- mi sembra di essere bloccato in una dimensione fantasma, e di non poterne più uscire.”

Kurt avvolse il proprio petto con le braccia, come per proteggersi. “Andrà…andrà tutto bene, Blaine. In qualche modo si sistemerà tutto.”

“E tu?”

“Io cosa?”

“Tu…tu ti sistemerai?”

Kurt inspirò, forte. “Io-“, rantolò, cercando le parole giuste. “Te l’ho detto Blaine, io sono forte.”

“Certo che lo sei.”, confermò Blaine, la voce densa di miele. “Ma a volte le persone più forti sono quelle che soffrono di più. E che infondo, in un punto che non mostrano a nessuno, sono le più vulnerabili.”

Kurt deglutì. “Siamo fragili, Blaine.”, sospirò. “Tutti lo siamo, alcuni più di altri. E io…io sto solo cercando di tenere uniti i pezzi.”

“Voglio solo che tu sappia che-“, Blaine si bloccò, accarezzandosi piano le labbra con la punta del pollice. “Che puoi mostrarmi la tua vulnerabilità. Non succederebbe niente.”

No, non succederebbe niente, ma non sei qui, non sei qui, dove io ho bisogno di te, sei lontano, sono vuoto, così vuoto-

Kurt non avrebbe voluto che Blaine sentisse il suo singhiozzo, e nemmeno che lo ascoltasse piangere, ma fu quello che effettivamente accadde.

“Kurt-“

“E’ che n-non ero pronto a perderti, Blaine.”, soffiò Kurt, cercando di prendere un bel respiro per calmarsi. “Non ero- non credo lo sarò mai. E forse non sto lottando abbastanza, eppure tutto di me mi grida che è stata la cosa giusta lasciarti scegliere, ma se alla fine ti perdessi io-“ ormai Kurt era senza inibizioni, e non aveva nulla da perdere. “Io credo che ne morirei.”

Anche Blaine pianse – piangere era il modo di parlare di dolore senza bisogno di parole.

“Dio, Kurt, tu- tu non hai idea di quanto io mi odi.”, disse semplicemente Blaine. E lo intendeva davvero, non fingeva, non voleva farsi compatire. “E passo i minuti a pensare a te e a sentirmi in colpa nei confronti di Ryan; e quando penso che dovrei scegliere lui perché comunque siamo sposati e io ho fatto una promessa mi sento morire perché ci sei tu, e sono- sono egoista, Kurt, così egoista, perché tu dovresti essere libero e felice e innocente e io te la sto rubando tutta, l’innocenza.”

Kurt ruotò le dita in mezzo ai propri capelli, sforzandoli e probabilmente spezzando qualche ciocca.

Blaine.”, soffiò Kurt, solo quello. “Blaine Blaine Blaine Blaine.”

“Non so cosa devo fare.”

Kurt chiuse gli occhi. “Hai…hai ancora tempo, Blaine.”, ammise piano. “Io sono qui- ti ho aspettato per ventitré anni. Posso aspettare qualche mese ancora.”

Blaine si mise una mano sul cuore, ascoltando il battito frenetico di quell’organo che pompava sangue. “Sei vita, Kurt Hummel.”, sussurrò. “E io non ti merito.”

“Lascia decidere a me cosa merito.”, disse immediatamente Kurt. Blaine trovò la forza di sorridere.

“Qualunque cosa accada-“, soffiò, cercando di non piangere, “Quello che abbiamo avuto, Kurt; l’amore che abbiamo provato, quello non si cancella, non se ne andrà mai via. Sarà sempre una delle cose più autentiche e pure che la vita mi ha regalato.”

“Te lo giuro, Blaine.”, sussurrò lui. “Niente lo cancellerà.”

Si presero dei secondi per metabolizzare, ascoltando i respiri dell’altro.

“Posso chiamarti ogni tanto?”, chiese Blaine a un certo punto. “Solo…solo per sentire la tua voce.”

“Ogni volta che vuoi.”, disse di rimando Kurt, sorridendo appena. “Ti amo, Blaine Anderson.”

Kurt sentì chiaramente il sospiro di Blaine. “Kurt-“

“Non dire niente.”, mormorò Kurt. “Non c’è bisogno che tu dica niente, non adesso.”, continuò. E poi mise giù il telefono, senza sapere che Blaine dall’altra parte si era fatto piccolo piccolo contro il muro della sua cucina, il buio che lo invadeva.

Anche io ti amo, anche io ti amo, sempre, sempre, non smetto, non riesco a smettere-

 

***

 

Kurt scarabocchiava un foglio bianco con una matita – fiori e farfalle e nuvole e croci e cuori spezzati e occhi senza luce.

“Era venuto a chiedermi il permesso di sposarti.”

Kurt alzò lo sguardo, sembrando un bambino appena venuto al mondo, da proteggere e nutrire.

“Non so se questo cambi qualcosa.”, borbottò Burt. “Ma volevo dirtelo, perché lui non lo farà, non vuole ferirti ancora di più. Ma io non credo che sia qualcosa che può ferirti.”

Kurt tornò a osservare il foglio sotto le sue mani – tracciò con la punta del pollice le linee di contorno dei suoi disegni. Accartocciò le dita, distruggendo il foglio e tutte le speranze che conteneva – strappando strappando strappando, riducendo a brandelli.

“Infatti, non mi ferisce.”, soffiò appena. “Mi distrugge.”

 

***

 

Blaine guardava la TV, i capelli sparsi sul cuscino del divano e un bicchiere di latte svuotato a metà sul tavolino vicino a lui. Ryan comparve sulla soglia, i piedi nudi che sembravano fatti di conchiglia in confronto al legno scuro del pavimento.

In mano aveva una foto.

“Capisco perché lo ami.”, disse semplicemente, ruotando la foto per farla vedere a Blaine. L’avevano scattata al parco qualche giorno dopo essersi trasferiti lì a New York – seduti su una panchina, Blaine cingeva i fianchi di Kurt che rideva senza alcuna preoccupazione, le guance rosse per aver appena conquistato un pezzo di futuro, gli occhi rivolti verso quelli di Blaine, devoti, persi ed innamorati.

Blaine non ebbe il coraggio di rispondere, perché qualsiasi cosa avrebbe detto avrebbe finito per ferire Ryan. E in cuor suo sapeva che il suo sorriso e quello di Kurt, in quella foto, lo ferivano abbastanza.

 

***

 

Kurt non aveva idea che certi tipi di ferite potessero strapparti via il respiro, o la carne, lacerandola come denti che mordono.

Se ne rese conto solo dopo.

Quel pomeriggio Carole non era in casa, e Kurt era rannicchiato nel suo letto al piano di sotto, un singolo auricolare nelle orecchie mentre cercava di finire il modello che intendeva spedire a Isabelle entro quella settimana. Improvvisamente dal piano di sopra udì un tonfo; lasciò scivolare l'auricolare e andò su con calma, avvolgendosi attorno alle spalle l'enorme felpa che stava indossando.

“Papà?”, chiamò a quel punto, una volta salito al piano di sopra. Non vedeva nessuno, la casa era vuota; c'era un profumo di cannella e spezie che Kurt aveva imparato ad associare dall'arrivo di Carole. “Papà?”, ripetè più piano, in qualche modo cominciando ad essere preoccupato. Suo padre doveva essere lì, di solito guardava qualche partita alla TV, si concedeva una birra sul divano.

Quando Kurt arrivò in cucina il suo cuore smise di battere – e capì che per quanto pensiamo di aver paura, c'è sempre un modo di averne di più.

“Papà!”, gridò, quando vide Burt disteso per terra, privo di sensi; vicino alla sua mano sinistra c'era un bicchiere di acqua rovesciato rotto in diversi pezzi che formavano un tappeto intorno alle sue dita. Gli raccolse la testa con le mani. “Papà- ti prego svegliati.”, quasi urlò, scrollandolo leggermente. Burt non accennava a svegliarsi, e improvvisamente Kurt fu preso dal panico di non essere arrivato in tempo, di averlo perso – dio no non posso perdere anche te non posso non posso-

Fece il poco che la paura gli concesse di fare. Raccolse il cellulare dalla tasca dei jeans e chiamò un'ambulanza, singhiozzando sbraitando e sputando ordini, accarezzando lievemente la testa calva di suo padre, il cuore che batteva all'impazzata.

Se c'era qualcosa che Kurt Hummel aveva imparato era che la vita non era giusta – arrivava e prendeva tutto ciò che avevi senza chiedere il permesso, e a te rimaneva solo la polvere, il buio, il vuoto.

 

***

 

Ryan stava smangiucchiando i bordi della sua pizza, un leggero sorriso che gli invadeva il volto. “Era da una vita che non mangiavamo una pizza insieme.”

Blaine annuì, abbozzando un sorriso. Dopo diversa insistenza da parte dei medici, Blaine si era convinto ad andare nell'appartamento di Ryan per una cena. Non era la prima volta che si trovavano da soli in un luogo così intimo, ma era in assoluto la prima volta che lo facevano per una cena. Sapeva che Ryan non lo avrebbe costretto a fare niente – Blaine per primo non riusciva nemmeno a pensare a quella parte della loro vita, ormai – ma era sera, la notte era alle porte, e la pizza era sempre stato un po' il loro cibo, e si erano messi a parlare dei loro appuntamenti, di quello che provavano. Non che Blaine avesse bisogno di ricordare. Tutto ciò che aveva vissuto con Ryan era reale e sotto la pelle, non poteva sradicarlo, eppure-

Ogni volta che Ryan cercava la sua mano, Blaine sentiva il proprio corpo irrigidirsi. Non era una sensazione sgradevole – aveva bramato la pelle di Ryan, un tempo, e ne riconosceva il tocco, ma in qualche modo era qualcosa di diverso. Non sbagliato. Forse solo non completo come un tempo. Francamente Blaine non capiva, e la maggior parte delle volte, vista l'esitazione di Blaine, Ryan ritraeva la mano.

Ci furono sorrisi, palpebre che sbattevano veloci. Blaine pensò tutto il tempo a cosa stesse facendo Kurt mentre lui era lì, a cercare di costruire la sua vecchia vita. Ryan lasciò cadere i piatti sul lavandino, raccolse il volto di Blaine con le mani.

“E' importante che stiamo facendo questo.”, gli disse semplicemente. “Che siamo qui, stasera. Che ci stiamo provando.”

Blaine annuì appena, tentando l'abbozzo di un sorriso. Ryan si morse le labbra, sbattè piano gli occhi un paio di volte, e Blaine lo aveva amato abbastanza da sapere che si comportava così i momenti prima di baciarlo.

Blaine ci provò a sentire qualcosa – ci provò davvero, con tutto il cuore, ma l'unica cosa su cui riusciva a concentrarsi era il senso di colpa, i palmi delle mani che sudavano, il cuore che batteva nelle tempie, e poi-

Il suo telefono cominciò a suonare. Costantemente, una melodia che li distrasse entrambi e fece spostare bruscamente Blaine, che prese il suo telefono tra le dita e accettò la chiamata senza preoccuparsi di chi fosse.

“Pronto?”

“Blaine?”, un rantolo disperato, e poi qualche singhiozzo. Il cuore di Blaine gli precipitò nello stomaco.

“K-Kurt?”, soffiò Blaine, la voce intrisa di preoccupazione. “Kurt, cosa-”

“M-mi dispiace Blaine, ti giuro che mi dispiace, so che non dovrei chiamarti per questo e che tu stai- stiamo cercando di- è solo che non sapevo cosa fare-”

“Shhhh.”, soffiò Blaine. E improvvisamente Ryan non esisteva più. C'era solo Kurt, Kurt, solo Kurt che tremava, Kurt che piangeva, dall'altra della cornetta. “Shhh, respira, cerca di dirmi cosa c'è.”

“M-mio padre.”, sospirò appena Kurt a quel punto. “Ha avuto una ricaduta- n-non sanno se ce la farà.”

Blaine si passò una mano tra i capelli, lasciandola immersa tra i ricci, a tirarli talmente forte che temeva di strapparli.

“Blaine io-”, Kurt non era disperato. Era al di là del pianto. “N-non so cosa devo fare- mi sento così perso ed inutile, Blaine-”

Blaine non ebbe bisogno di ascoltare altro. Si voltò dalla parte di Ryan, il telefono ancora a mezz'aria, gli occhi spalancati.

“Devo andare.”, disse semplicemente, specchiandosi negli occhi di Ryan. Lui aggrottò la fronte – tentò di avvicinarsi e allungare una mano.

“Ma Blaine-”, mormorò, sembrando confuso e devastato e sconfitto. “Avevi detto- questa cena era importante-”

“Non posso.”, disse Blaine, la voce decisa e ferma. “Devo andare da lui, Ryan.”

Blaine si chiuse la porta alle spalle a quel punto, cominciando a correre giù per le scale. Attaccò il telefono all'orecchio, le lacrime che spingevano per uscire. “Splendore, ci sei? Sono qui. Promettimi che cercherai di essere forte. Io sto arrivando.”

 

***

 

Le dita di Kurt tremavano ancora attorno al cellulare, gli occhi che ormai avevano versato così tante lacrime da essere chiusi senza sforzo. Temeva di aver capito male. Non poteva essere che Blaine stesse venendo da lui, non adesso, non ora che stava cercando di ricostruire la sua vita insieme a Ryan-

Sentì dei passi alla fine del corridoio, alzò lo sguardo. Blaine era proprio lì, vestito semplicemente e i capelli bagnati di ciò che probabilmente era pioggia, occhi spalancati di chi ha tentato di dormire ma non ci è riuscito.

Kurt credeva di non avere più lacrime da versare, ma quando vide Blaine dovette ricredersi. Le lasciò scorrere, e lasciò che le sue gambe si muovessero per portarlo da lui – e Blaine corse, corse corse e corse ancora, finchè non aprì leggermente le braccia e ci accolse dentro Kurt, immergendo una mano tra i suoi capelli, e inglobandolo nonostante Kurt fosse più alto di lui.

“Shhh, va bene, va tutto bene.”, gli promise Blaine, disegnando ampi cerchi sulla sua schiena con la punta delle dita. “Ci sono io adesso.”, sussurrò piano, lì tra i suoi capelli. Kurt singhiozzava con le mani accartocciate attorno alla sua maglietta, il viso incastrato all'incavo della sua spalla.

Ripeteva il suo nome. Non faceva altro, solo quello, quel BlaineBlaineBlaineBlaine che sembrava un'antica melodia imparata a memoria, un ringraziamento fragile e speciale. Blaine lo portò dove c'erano le sedie in corridoio, e gli permise di rannicchiarsi vicino al suo corpo, tenendo il suo corpo saldamente, come se ne fosse diventando il collante.

Tremò quando si rese conto di come il suo corpo reagisse dopo essere tornato da Kurt. La realizzazione di essergli vicino e di poterlo proteggere fu così forte da destabilizzarlo; si sentiva stranamente a casa, senza paure, senza rimpianti, l'eco della colpa di aver lasciato Ryan che finalmente sbiadiva, perché in quel momento era lì il posto in cui doveva essere, nel presente, con Kurt, a custodire il suo corpo in pezzi e promettergli di rimetterlo a posto. Kurt aveva bisogno di lui. E meravigliosamente, senza fragilità, anche Blaine aveva bisogno di Kurt.

Gli baciò la fronte, i capelli, una tempia. Vide gli sforzi di Kurt di calmarsi tra le sue braccia e lui non gli fece alcuna pressione, semplicemente lo tenne stretto, lo tenne in vita. Gli pulì gli occhi e il naso con la punta della manica del maglioncino – Kurt odiava sentirsi sporco, e Blaine lo sapeva. Il castano accennò un piccolo sorriso per quello. Cercò i suoi occhi, si morse il labbro inferiore.

“Sei qui.”

“Certo che sono qui.”, mormorò Blaine. “Non potevo lasciarti per nulla al mondo.”

Kurt tirò su con il naso. “Mi sei mancato da morire, lo sai?”

Blaine gli accarezzò le guance con calma. Voleva baciarlo, baciarlo senza senso finchè entrambi non avrebbero chiesto basta, ma si limitò ad appoggiare le labbra alla sua fronte. Come per proteggerlo. “Mi sei mancato anche tu. Ogni minuto di ogni giorno.”

Blaine lo abbracciò stretto, appoggiando il mento alla sua testa e respirando piano, cullandolo e basta. Probabilmente passarono minuti, forse ore, e Kurt finalmente smise di piangere, finchè un'infermiera uscì e disse loro che Burt aveva avuto il principio di un infarto, e che per ora potevano solo sperare che si svegliasse al più presto. Kurt praticamente cadde nelle braccia di Blaine, smettendo di provare ad essere forte. Era stanco di essere forte, così stanco, voleva essere debole, voleva spezzarsi, voleva che tutto lo abbandonasse.

“Non posso perdere anche lui, Blaine.”, soffiò Kurt, abbracciandolo di nuovo. “Non posso perdere anche lui.”

Blaine non potè fare a meno di sentirsi lì, presente in una delle tante cose che aveva perso Kurt – e per la prima volta in ventisette anni di vita, trovò semplice odiarsi.

 

Nonostante Kurt avesse insistito per rimanere in ospedale, Blaine riuscì a convincerlo e riportarlo a casa, dove avrebbe potuto riposare. Era così diverso dal ragazzo spensierato che aveva conosciuto due anni prima – c'era tutta quella vita nel Kurt Hummel di due anni prima. Eppure, Blaine vedeva quella parte vulnerabile e non riusciva a stargli lontano, anzi – gli veniva voglia di asciugare le sue lacrime, accarezzare la sua pelle, tenerlo fra le braccia.

Gli preparò qualcosa di veloce con quello che trovò in frigo, standogli vicino e accarezzandogli i capelli. Kurt protestò per buona parte della cena, lamentandosi di non avere fame, ma Blaine non aveva alcuna intenzione di cedere.

Lasciò che poi andasse a farsi una doccia, e duranti quei minuti si premurò di sistemare la cucina, spazzando via i pezzi di vetro che erano rimasti sparsi dal bicchiere di latte che era caduto, cancellando ogni macchia. Voleva che Kurt non ci pensasse. Voleva tenerlo al sicuro da tutto quel dolore.

Quando Kurt ebbe finito di lavarsi uscì dal bagno con un'enorme felpa addosso che gli arrivava a metà coscia, grigia con le scritte verdi, probabilmente del suo liceo o del suo college. A Blaine venne da sorridere, lì sulle scale che portavano giù in camera sua. Scese a piccoli passi, rimase di fronte a Kurt, che cautamente raccolse una delle sue mani.

“Puoi dormire con me?”, chiese in un sussurro, gli occhi rossi di pianto. “Non voglio che succeda nulla, è solo-”

“Shhh. È tutto okay.”, disse semplicemente Blaine, stringendogli le dita più forte.

“Non voglio stare solo.”

“Non sei solo.”, mormorò Blaine, trascinandolo verso il letto. Trascinò via le coperte e permise a Kurt di rannicchiarsi contro di lui – improvvisamente i ricordi delle loro serate insieme vennero alla luce uno ad uno, prepotentemente, facendoli rabbrividire.

“So che ho sbagliato a chiamarti.”, disse Kurt a un certo punto. Le loro gambe si intrecciarono in un groviglio, Blaine pressò le proprie mani sulla sua schiena. “E' che non facevo altro che pensare- non avevo nessun altro, e-”

“Kurt.”, Blaine sussurrò il suo nome sulla pelle della sua fronte. “Io voglio esserci per te.”

Kurt si fece ancora più piccolo contro il suo corpo. Sapeva che Blaine stava rinunciando a dei momenti preziosi con Ryan per stare con lui, ma senza suo padre francamente non sapeva cosa fare. Gli sembrava di non riuscire nemmeno più a immagazzinare ossigeno.

“Riposa, adesso.”, sussurrò appena Blaine, accarezzandogli i capelli. “Ti sveglio io se ci sono novità.”

Kurt chiuse gli occhi, e nel giro di qualche minuto si addormentò tra le braccia di Blaine.

 

Alle prima luci dell'alba il telefono accanto al comodino iniziò a suonare, e Kurt sussultò tra le braccia di Blaine, mettendosi a sedere e non trovando la forza di muoversi. Blaine si sedette insieme a lui, cingendogli la vita e sperando di infonderli un po' di forza.

“Non-”, rantolò Kurt. “Non ci riesco, non-”

“Rispondo io.”, disse a quel punto Blaine, allungando una mano verso il telefono. Rispose con un tono deciso, Kurt che tremava tra le sue braccia, cercando di capire ogni piccolo movimento del suo volto.

Gettò il telefono in un punto lontano quando la telefonata terminò.

“B-Blaine?”

“Era l'ospedale.”, soffiò appena Blaine. Le sue mani si infransero contro le guance di Kurt, delicate, quasi impercettibili. “Tuo padre è sveglio.”

 

Blaine non lasciò solo Kurt comunque, dopo.

Lo accompagnò all'ospedale e si assicurò che mangiasse qualcosa, parlò con le infermiere e fece le domande che Kurt aveva paura di fare. Lo tenne stretto ancora un po', prima che fosse dato loro il permesso di entrare.

E anche allora, Kurt allungò la mano verso di lui e gli chiese di non lasciarlo solo.

Quando Burt li vide entrare insieme pensò che quello fosse una medicina molto più adatta ed efficace di quelle che stavano cercando di fargli prendere da quella mattina.

 

***

 

Quando Blaine riportò Kurt a casa lasciò che si sedette al tavolo della cucina con un lungo bicchiere di latte caldo tra le mani, gli occhi rossi e le labbra piegate in un sorriso che sapeva di battaglie vinte. Blaine andò a prendere una coperta, gliela avvolse attorno alle spalle. Kurt gli sorrise, grato, stringendo appena più forte le dita al bicchiere. Pensava che Blaine andasse in salotto, o che gli dicesse che a breve sarebbe tornato a New York – ma non fece nulla di tutto questo.

Si piegò in avanti, e mentre ancora Kurt era seduto pressò un bacio sulle sue labbra.

Fu – inaspettato, quello di certo. Kurt spalancò gli occhi ma poi li chiuse di scatto, muovendo le labbra contro quelle di Blaine e aprendole pianissimo per accogliere la sua lingua morbida e calda, assaporandolo, rendendo proprio ciò che aveva perso. Kurt alzò una mano sulla sua guancia per trascinarlo più vicino, la schiena che inevitabilmente si spingeva in avanti per avere più contatto, più tutto. Poi Blaine si staccò, gli occhi semi-chiusi e il fiato corto.

“Avevamo detto che-”, soffiò Kurt, “Non ci saremmo dovuti baciare finchè tu-”

“Ho bisogno di te.”, disse Blaine, e sembrava una supplica, qualcosa di intimo eppure troppo grande. “Non capisci quanto bisogno ho di te-”

In qualche modo, Kurt si ritrovò a trascinare Blaine sul suo grembo, in modo che entrambi fossero seduti sulla sedia. Le mani vagavano sotto i maglioncini e l'ingombrante coperta che Blaine aveva poggiato sulle spalle di Kurt, ma Blaine riuscì comunque a scoprirgli l'inguine e insinuare una mano tra le varie stoffe dei suoi vestiti, toccando la sua lunghezza.

“Blaine-”, ansimò Kurt, spingendo il bacino in avanti, nel suo pugno, “Dio, anch'io ho bisogno di te- non ne hai idea-”

Blaine lo interruppe con un bacio sporco, erotico; tutto lingue e denti e spietatezza, eppure era attento, così attento a far sentire Kurt amato e sicuro e protetto, accarezzandogli la pelle là dove arrivava, e bramando le sue labbra. Gli avvolse le guance con entrambe le mani, ruotò il bacino in avanti pigramente, piagnucolando nella sua bocca.

“Lascia che ti ami.”, soffiò Blaine a quel punto. Kurt produsse un suono che era a metà tra un piagnucolio e un rantolo di piacere. “Dimentichiamo il mondo per un attimo. Vivimi. Voglio che esistiamo solo noi.”

E c'era tanta di quella vita negli occhi di Blaine – tanta di quella sincerità, c'era tutto; Blaine era lì per lui, solo per lui, era tornato per colmare i vuoti, c'erano solo loro in quel momento, Ryan non esisteva più, il passato non esisteva più, l'episodio di suo padre era svanito.

“Noi.”, soffiò per un motivo imprecisato, eppure si impresse lì, sul cuore di Blaine. “Solo noi.”

 

Blaine pensava di potere annegare dentro Kurt – perdersi nel suo corpo, sentendosi completamente avvolto da lui, come se ogni loro piccola particella si stesse riunendo insieme, pelle contro pelle. Kurt ansimava e gli stringeva i capelli la pelle le spalle i bicipiti – chiamando il suo nome, solo quello, spingendo i talloni nel fondo della sua schiena e sentendolo dentro, pieno, solo lui, solo loro. Tutto era Blaine – Blaine era tutto, e Kurt si limitava a chiudere gli occhi e lasciarsi trascinare via perché non aveva scelta.

Blaine si muoveva tra le sue cosce accarezzandogli il collo con la punta della lingua, sussurrando parole che nemmeno sapeva di conoscere, melodie che perdevano significato tra i gemiti, e Kurt esponeva tutta la lunghezza della gola e si lasciava venerare, inarcando la schiena rischiando di spezzarsi, immergendo le mani nei suoi riccioli e di tanto in tanto cedendo e piangendo piano, sempre silenziosamente, perché l'amore si fa quando non si può più contenere tra due corpi e si ha bisogno di unirsi; ma Kurt non credeva di poterlo fare, non più.

A volte si cercavano con gli occhi – Blaine metteva la sua mano sopra il cuore di Kurt, il punto in cui batteva quell'organo, e si muoveva, si muoveva, si muoveva senza senso, e Kurt non credeva di poter dare tutto quello a una persona. Non credeva di poter dare tutta quella parte di sé stesso a Blaine – senza Blaine non gli sembrava di esistere. E probabilmente era così.

“Mi dispiace.”, soffiò Blaine a un certo punto, inglobando con la lingua un pezzetto del suo lobo. “Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace-”

E Kurt chiuse gli occhi, perché sapeva che c'era un intero mondo dietro quei Mi dispiace – Voglio dirti ti amo ma non posso, vorrei lasciare Ryan ed essere qui con te ma non posso perché ho fatto una promessa, vorrei sconfiggere ogni briciola di fragilità e darti la forza necessaria per arrivare a domani, e il giorno dopo, e quello dopo ancora; vorrei colmare i vuoti per il resto della mia vita.

Persero la condizione del tempo e dello spazio, e Kurt si sentiva così di Blaine che a un certo punto non riusciva più a capire dove finisse il proprio corpo e dove cominciasse il suo – la sua pelle sapeva di Blaine, le sue labbra avevano il sapore di Blaine, gli occhi avevano il miele impressi nella retina.

Kurt si addormentò respirando la sua pelle, le dita che vagavano sulla sua schiena nuda, perdendosi in percorsi lunghissimi e senza fine. Blaine gli baciò le labbra, le palpebre chiuse, ogni centimetro del suo viso, realizzando con un piccolo sorriso che dopo quello che sembrava troppo tempo, si sentiva a casa.

 

***

 

Quando Kurt il mattino dopo si svegliò - la pelle che sapeva ancora dell'odore di quella notte e le coperte intrecciate alle gambe - non trovò nessuno nel letto con lui.

Forse doveva aspettarselo. Doveva aspettarsi che dopo aver fatto l'amore, dopo aver ceduto, Blaine sarebbe scappato via. Non avrebbero dovuto farlo – Kurt non avrebbe dovuto lasciare che accadesse, visto che si erano fatti una promessa.

I suoi occhi si riempirono di lacrime. Indossò la stessa felpa del giorno prima, quella lunga, quella che a Blaine piaceva tanto. Corse su per le scale, il cuore che batteva frenetico nel suo petto.

Si passò una mano tra i capelli mentre raggiungeva la cucina, i singhiozzi che uscivano già incontrollati sconquassandogli il petto-

E poi lo vide, lì nascosto in un angolino del salotto, mentre aiutava Carole a spostare una poltrona.

“Blaine-”

“Ehy, splendore.”, sussurrò appena Blaine, sorridendogli ampiamente. “Scusa se sono andato via, Carole aveva bisogno di una mano con la poltrona preferita di tuo padre-”

Kurt non lo lasciò finire. Si gettò tra le braccia, immergendo la testa nell'incavo del suo collo e scoppiando a piangere – superato il momento di stupore iniziale, Blaine lo avvolse a sua volta con delicatezza, quasi come se si potesse spezzare.

“Kurt, ehy-”

“Mi hai spaventato a morte.”, ansimò Kurt, intrecciando le dita ai suoi ricci. “Pensavo- pensavo mi avessi lasciato qui, capisci? Non c'eri più- e credevo ti fossi pentito-”

Blaine superò la felpa con le dita, perché aveva bisogno di sentire la pelle bollente di Kurt, la sua consistenza, come per sentirlo vivo. “Mai.”, disse semplicemente. “Non potrei mai pentirmi di noi.”

Kurt si staccò appena, senza trovare il coraggio di guardare i suoi occhi. “Resti?”

“Resto.”, gli disse Blaine. Kurt sapeva che non era un per sempre, non un qualcosa di definitivo, ma era qualcosa di piccolo, qualcosa di loro.

E Kurt se lo fece bastare.

 

***

 

Kurt rimase stupito soprattutto per quello che successe dopo – i momenti che non era riuscito a immaginare quando aveva visto Blaine in ospedale solo per lui, per esempio. Non era riuscito a figurarsi Blaine che sarebbe rimasto, per esempio; Blaine che lo stringeva nei pomeriggi bui, o che lo accompagnava da suo padre e rimaneva a parlarci insieme, lì con le spalle appoggiate alla porta e il sorriso enorme da cui era impossibile distogliere lo sguardo. Burt era comprensivo e non faceva domande – osservava il sorriso piccolo di suo figlio e le sue dita intrecciate a quelle forti di Blaine, e dentro di sé aveva già capito, non aveva bisogno di spiegazioni.

Cercarono di rimanere lontani – lontani quanto i loro corpi potessero loro concedere. Non volevano cedere ancora, perchè entrambi sapevano che non era giusto per nessuno – eppure nelle notti buie, quelle in cui Blaine partiva con l'idea di dormire sul divano, alla fine sgattaiolava sempre nella sua stanza al piano di sotto e lo stringeva forte da dietro, immergendo la testa nelle linee della sua schiena, lì dove c'era l'angolo delle scapole e si udiva il lieve battito del suo cuore, e a volte Kurt piangeva, piangeva, piangeva piano e Blaine sussurrava “Resisti” o “Sei forte” e “Sono qui, proprio qui, dove il tuo cuore batte.”

Un mattino Blaine rimase fuori dalla stanza d'ospedale di Burt per prendere dei caffè per lui e Kurt – e quando tornò indietro percorrendo il corridoio sentì appena la voce di Kurt che parlava con suo padre e decise di rimanere fuori, immobile, le spalle attaccate alla porta, il respiro calmo. Gli sembrava di sbirciare qualcosa di segreto da dietro l'armadio, ma non poteva fare a meno di rimanere lì.

“...E' come se mi stessi sgretolando.

“Devi dirglielo, Kurt.”, diceva Burt. “Solo così capirà.”

“Ma ho paura.”, sussurrò Kurt. “Ho paura che se gli dico che non ce la faccio più lui se ne andrà, mi lascerà qui. Sceglierà Ryan e io- io non voglio scoprire che persona sono senza di lui.”

Blaine chiuse gli occhi, sentendo la pelle del viso bruciare.

“Kurt, io non credo che si tratti di scegliere.”, disse chiaramente Burt a quel punto. “Non si è mai trattato di una scelta. Si tratta di Blaine, di cosa ha bisogno in questo momento, di come è cambiato. Si tratta di vedere dentro di sé e capire a cosa siamo disposti a rinunciare e a cosa no. E poi, ragazzo mio-”, mormorò Burt. “Blaine è qui adesso. Potrebbe essere dovunque, ma è qui. E questa io credo che sia già una scelta.”

Blaine si lasciò scivolare lungo la parete della porta di legno sottile, sentendo i piccoli e strascicati singhiozzi di Kurt, i suoi respiri spezzati. Si martoriò delicatamente il labbro inferiore con i denti, avvolgendosi il corpo con le braccia.

Adesso sapeva cosa fare.

Non poteva più ferire Kurt così, né Ryan, né se stesso.

 

 

***

 

Kurt era fragile e stanco e l'ombra di sé stesso quando tornò a casa. Blaine era sul divano, la coperta che pigra si era intrecciata alle sue gambe. Senza dire nulla, Kurt si distese davanti a lui; Blaine lo strinse da dietro, poggiando il mento alla sua spalla e baciandogli una tempia, disegnando piccoli cerchi con le dita sul suo stomaco.

Restarono così a lungo, poi Blaine immerse il naso tra i suoi capelli di seta – Kurt sapeva di fresco, menta e maschio; e lì, sotto la pelle e l'anima, anche un po' di lui.

“Ho sentito oggi, quando parlavi con tuo padre.”

Kurt si irrigidì tra le sue braccia.

“Ti sto sgretolando con le mie stesse mani, Kurt.”, soffiò piano Blaine. “Non posso più. Mi odierai; finirai per odiarmi, più di quanto io non faccia già con me stesso.”

Kurt sospirò. “Non potrei mai odiarti.”

Blaine gli baciò il centro del collo. “Lo farai. Ma te lo impedirò, Kurt- io- lasciami ancora un po' di tempo, va bene? Ci sono delle cose che devo sistemare. Poi sarà tutto finito. Te lo prometto.”

Kurt si accartocciò sul suo stesso corpo e Blaine lo seguì, tenendolo stretto, non lasciandolo mai andare.

“Ti prego non-”, rantolò Kurt. “”Non andartene Blaine, sento che non ce la faccio questa volta-”

“Dammi ancora un po'. Ti prometto che sarà tutto finito.”, Blaine gli passo una mano tra i capelli, gli bacio una tempia, come se fosse un bambino da cullare. “Fidati di me.”

Kurt strinse forte gli occhi, sperando che il mondo potesse scomparire. Io di te mi fido. Non so se mi fido di me, però-

 

***

 

Blaine se ne andò quella stessa notte, e prima di scomparire lasciò che le sue labbra indugiassero sulla fronte di Kurt – che a sua volta si aggrappò ai suoi ricci, sussurrando implorazioni, parole senza senso, il suo nome a ripetizione.

Tempo. Era quella la chiave – Kurt gli avrebbe lasciato del tempo.

Se avesse potuto gli avrebbe dato molto più del tempo – sarebbe andato oltre, dandogli la vita.

 

***

 

Ryan, quando Blaine tornò, non fece domande. Non pretese nulla, gli regalò un enorme sorriso, e lo portò al parco a passeggiare, gli chiese come stava il papà di Kurt.

Si sedettero su una panchina, i corpi vicini per il freddo più che per bisogno, gli occhi che scivolavano ovunque tranne che sul viso dell'altro.

“Blaine, lo sai che così non può funzionare.”

Blaine abbassò il capo, immergendo gli occhi sulle sue gambe.

“Voglio dire- lo sai che ti amo, quanto ti ho amato. E sono disposto a farlo ancora. Credo che sarei disposto a farlo per tutta la mia vita, ma tu- sei solo vento, Blaine. Non sei qui con me, anche quando effettivamente il tuo corpo c'è.”

Blaine chiuse gli occhi, poi.

“Scivoli via.”

“Lo so.”, non riuscì a trovare altro da dire. Poi prese un bel respiro, stringendo forte le braccia attorno al proprio petto. “Io ci ho provato, Ryan.”

“Non so se tu ci abbia provato abbastanza.”

“Ci ho provato davvero.”, sussurrò Blaine. “Ma forse è quello l'errore, non doveva essere una prova, avrebbe dovuto funzionare e basta. Perché era così tra di noi una volta, funzionava e basta.”, disse Blaine, respirando piano. “Io credo che l'errore più grande sia stato pensare che poteva tornare tutto come prima, Ryan. Siamo cambiati- siamo così diversi da quei due ragazzini del liceo che avevano deciso di sposarsi. Siamo adulti adesso, abbiamo una vita piena di dolore alle spalle. Cose del genere ti segnano.”

Ryan annuì, a quel punto.

“Pensavo davvero di poter ricostruire il passato, Ryan.”, soffiò Blaine. “Ma non puoi ricostruire qualcosa che hai perso. Ti fai solo del male, e rischi di perdere di vista ciò per cui ha lottato così tanto: il presente.”

C'era un vento freddo quel mattino, che scompigliava i capelli. Il parco in cui erano era praticamente vuoto; c'erano solo le loro voci a riempire il silenzio.

“Kurt è il mio presente, Ryan.”, sussurrò Blaine. “E non si tratta di scelte, non si tratta di capire chi amo di più. Si tratta di guardarmi dentro, e di capire di chi ho bisogno davvero. C'è una lista di motivi praticamente infinita che potrei elencarti, ma ancora non riuscirei a farti capire perché Kurt riesca a farmi sentire nel modo in cui mi fa sentire, o come sento che sia giusto stare insieme a lui. Questo non cancella quello che ho vissuto con te. E forse è questo ciò che mi spaventava di più: rinunciare a quello che tu sei stato per me. Ma non devo rinunciarci, tu sarai sempre lì. Ma...non è il tuo corpo che cerco la notte, Ryan, o il tuo nome che pronuncio sulle labbra, quando ho bisogno di qualcuno. Kurt mi ha insegnato ad amare di nuovo, anche se credevo non ci fosse più nulla da insegnarmi sull'amore.”

Ryan lo aveva osservato per tutto il tempo – sorrideva semplicemente, un angolo della bocca alzato.

“Quando sei andato da lui, dopo la telefonata – io avevo già capito quale sarebbe stata la tua decisione. Avevo solo paura di dirlo ad alta voce, così ho aspettato. Ma si vedeva dai tuoi occhi. Kurt riesce a darti qualcosa che io non comprendo nemmeno.”

“Ryan-”

“No, ma va bene così.”, Ryan sembrava sereno, mentre diceva quelle cose. “Ho sbagliato, abbiamo sbagliato entrambi. Ho sottovalutato quello che questo ragazzo ha fatto per te, ma penso che alla fine, sai- gli sono molto grato. Ti ha salvato la vita. C'è stato quando io invece avevo troppa paura per combattere per te. E tu- tu meriti qualcuno così al tuo fianco.”

Blaine voleva dirgli che Kurt era troppo per qualsiasi universo – ma si trattenne.

Ryan sembrava aver capito tutto. Scacciò con un pollice una lacrima che era scesa, poi prese Blaine tra le braccia per un po', sperando che quel tocco rimanesse suo per sempre. Blaine sapeva che non l'avrebbe mai dimenticato.

“Blaine?”

“Mmmh?”

“Esaudiresti un mio piccolo desiderio, prima di andartene?”

Blaine gli sorrise appena. Non c'era malizia negli occhi di Ryan, solo puro e semplice amore, devozione, rispetto per l'uomo che aveva sposato e ammirato per tutti quegli anni.

“Mi daresti un ultimo bacio?”

Blaine alzò un angolino della bocca. Ryan era – e sarebbe sempre stato – il ragazzo incontrato per caso in una cittadina sperduta nel nulla, che lo aveva trovato in mezzo a mille altri e lo aveva amato con cura, trascinandolo via dalle ingiustizie. Quello che gli aveva chiesto di sposarlo spudoratamente, e lo aveva reso felice con gesti semplici e quotidiani.

Ma era Passato. E Blaine lo avrebbe lasciato andare.

Proprio per quello posò le labbra sulle sue un'ultima volta. Di nuovo, non c'era niente di languido in quel gesto – una tacita promessa sigillata con le labbra, un addio che sapeva di promesse mantenute, e il desiderio che entrambi potessero finalmente essere felici, senza il bisogno dell'altro.

Quando si staccarono avevano entrambi gli occhi lucidi, un mondo intero alle loro spalle.

Blaine era pronto a cercare Kurt.

Ma Blaine non poteva sapere che Kurt aveva visto tutto.

 

***

 

Kurt spazzò via l'ennesima lacrima con la punta della felpa che aveva addosso, controllando dallo specchietto retrovisore che non ci fosse nessuno. Aveva bisogno di un posto isolato, un posto lontano da tutto e da tutti, perché voleva stare da solo con i suoi pensieri.

Poco dopo aver sentito la porta chiudersi, Kurt aveva seguito Blaine con il primo autobus che era partito dalla sua via. Non aveva fatto in tempo a prendere il suo stesso volo, così aveva aspettato il treno successivo. Una volta che era arrivato a New York non aveva avuto la più pallida idea di dove cercarlo – era andato nel suo appartamento ma non c'era nessuno, ed era stato in quel momento che aveva capito che poteva essere da Ryan. Era passato davanti a un parco che entrambi conoscevano, e lì li aveva visti, seduti vicini e con le guance rosse, e poi, innocente ma deciso, il loro bacio.

Credeva che un cuore rotto non potesse sgretolarsi ancora di più, ma si era sbagliato. Non era riuscito a vedere oltre, era semplicemente scappato a chiamare un taxi, ordinando poi al conducente che lo portasse dove voleva andare.

Era una distesa in cui andava spesso quando voleva disegnare, con un ponte che nasceva sopra un fiume ghiacciato. C'era neve dappertutto, sopra una distesa di piccole crepe e foglie secche.

Kurt salì piano sul parapetto, proprio come faceva sempre quando doveva disegnare. Sorrise leggermente, lacrime bollenti che scendevano dai suoi occhi – allargò le braccia, pensando che sarebbe stato facile volare. Come era stato facile innamorarsi di Blaine.

E proprio come a un uccellino a cui vengono strappate le ali, Kurt non sarebbe riuscito a volare mai più.

L'aria gelida gli sferzava la pelle, gli scompigliava i capelli. Almeno ci aveva provato. Aveva amato qualcuno con tutto il suo cuore, gli aveva dato ogni goccia del sangue che scorreva nelle sue vene, ogni battito, tutto tutto tutto. E gli avrebbe dato di più.

Sollevò un piede, chiuse gli occhi. Forse volare non sarebbe stato così difficile.

Improvvisamente, due braccia calde lo avvolsero da dietro, trascinandolo giù dal cornicione, stringendolo forte.

“Non ti azzardare-”, diceva forte una voce, spazzandogli via i capelli dalla fronte. “Non ti azzardare a pensare che non vale la pena combattere, Kurt. Che diamine stavi facendo, eh? Vuoi farmi spaventare a morte-”

“Blaine.”, soffiò Kurt, finalmente mettendo a fuoco quell'uomo. Immerse una mano tra i suoi ricci. “Sei tu.”

Blaine sbuffò una risata. “Sono io, sono io, sono qui.”, sussurrò lui. “Mi sono spaventato a morte- che cosa stavi facendo?”

“Volevo vedere se potevo volare.”, soffiò Kurt. “Era una bella sensazione.”

“E' tutto finito, amore mio.”, disse Blaine a quel punto, baciandogli la fronte, come se non avesse bisogno di altre parole per capire tutto. “E' finita, sei con me adesso.”

“Ma hai scelto lui.”, sussurrò Kurt. “Ho visto che baciavi lui-”

“Era un addio.”, disse semplicemente Blaine, accarezzandogli una guancia. “E mi dispiace di averti fatto questo, ma- ho intenzione di darti ogni piccola cosa ora, Kurt. Prima di tutto, il mio cuore.”

Lo baciò sulla guancia.

“La mia vita.”

Poi sulla punta del naso.

“La mia anima.”

Il labbro superiore.

“Il mio corpo.”

Poi lo baciò completamente, lì in mezzo al ghiaccio e alla neve, due corpi rannicchiati e tremanti.

“Perchè io?”, chiese Kurt a quel punto, piangendo senza sosta. Blaine sorrise.

“Certe cose non hanno un inizio e una fine, succedono e basta.”, spiegò Blaine. “Tu sei il mio presente, Kurt Hummel, e più di ogni altra cosa voglio che diventi il mio futuro.”, sospirò vicino alle sue labbra. “Voglio quella fragile, piccola cosa che chiamiamo noi. Per sempre.”

Kurt alzò un braccio, percorse con le dita il profilo delle sue sopracciglia. “Noi.”, soffiò. “Per sempre.”

.





 

.





 

.

Visto che valeva la pena fidarsi di me? *la guardano tutti malissimo*
Un grazie grande quanto tutto il mondo a chi mi ha seguito. Fatemi sapere cosa ne pensate, okay? Io aspetto <3
Un enorme bacio,
Je <3
   
 
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