DISCLAIMER: Harry Potter e tutti i
personaggi della saga sono di proprietà di JK Rowling e di chiunque ne possieda
i diritti. Questa storia non ha alcun fine di lucro, né intende infrangere
alcuna legge su diritti di pubblicazione e copyright. Ares Malfoy,
Glorya Malfoy, Faith Potter e Lexus Havenport invece sono frutto della fantasia
da cui è tratta tutta la saga.
ATTENZIONE: tutti i personaggi
di questa storia sono immaginari e non hanno alcun legame con la realtà.
Qualsiasi nome e riferimento a fatti o persone reali è da ritenersi
ASSOLUTAMENTE casuale.
Da ogni altra
cosa è possibile metterci al sicuro,
ma rispetto
alla morte noi tutti abitiamo una città senza
mura.
Epicuro
Per sentito dire, per lo più
chiacchiere da cunicoli sotterranei, Ares H.D. Malfoy sapeva che tutti i bambini
che nascevano avrebbero dovuto avere una mamma e un
papà.
Sempre per sentito dire, sapeva che
per nascere bisognava avere per forza entrambi, ma che spesso non sempre tutti
crescevano avendo la possibilità di conoscere i propri genitori e che molti dei
piccoli del suo mondo che avevano avuto la fortuna di poter dire di avere un
papà e una mamma finivano per perderli molto
presto.
Perchè Ares sapeva bene che cosa
capitava ai bambini e ai loro genitori fuori dalle mura della sua
casa.
A dire il vero era nato in quel mondo
perciò non aveva mai saputo, prima di allora, che un tempo la gente aveva potuto
camminare per le strade di Londra sotto un cielo che non era stato niente di
meno che un azzurro limpido e iridescente come un lapislazzulo. Non aveva mai
saputo che un tempo le stelle avevano brillato sopra di loro, non aveva mai
nemmeno saputo che un tempo...c'erano stati eroi che si erano battuti e avevano
sconfitto grandi nemici, vinto grandi battaglie.
Non aveva mai conosciuto quel tempo,
non aveva mai visto il sole o le stelle.
E non era mai uscito dalla sua casa,
per respirare l'aria velenosa che col suo lezzo appestava Londra e la Gran
Bretagna come se un titanico incendio anno dopo anno avesse continuato a rodere
quella loro bella terra.
Ma Ares in fondo era un solo
bambino.
Nei suoi nove anni poteva contare
sulle dita della sua piccola mano le volte in cui aveva alzato lo sguardo a un
vero cielo.
Un cielo giallastro, striato di pece
e magia, di lampi che percorrevano la volta celeste a ogni ora del giorno e
della notte.
Lui aveva alzato lo sguardo a
soffitti, a cupi ripari di fortuna...e poi alle immense volte della Londra
Sotterranea, il grande e unico riparo dei pochi sopravvissuti a
Lei.
La Cattiva.
L'aveva sempre chiamata così e
gliel'avevano lasciato fare. Come la regina cattiva delle fiabe, Ares vedeva in
Angelica Riddle la regina cattiva del suo mondo, la strega, il demone, il tarlo
che aveva corroso quella città, che l'aveva isolata dal resto del
pianeta.
L'imperatrice del suo parco giochi
infernale, crudele e spietata, così innominabile che tutti coloro che gli
gravitavano attorno facevano ben attenzione a non pronunciarne il nome di fronte
a lui, chiamandola semplicemente "Tu Sai
Chi".
Ma era lei la Cattiva. Era
Angelica.
Ad Ares non era mai piaciuta. Era
silenziosa, eppure sorrideva sempre. Parlava così poco però...diceva molto,
quelle poche volte che parlava.
Ares odiava sentirla parlare. Odiava
la sua voce.
Era come sentire un serpente
strisciare per terra, vederlo avvolgersi al collo di qualcuno e vederlo
stritolarlo fra le proprie spire.
Si, odiava la voce di
Angelica.
Ma ancora più di lei odiava il fatto
che nessuno aprisse bocca per impedirle di entrare in casa
loro.
Casa...
Lui viveva protetto, ma fuori da
Malfoy Manor? Nelle vie sotterranee?
La zia Faith però gli aveva detto che
Angelica non era la sola cattiva.
La zia gli aveva detto che i cattivi
erano quelli che l'ascoltavano ridere e non avevano paura...cioè, non ne avevano
troppa. Ares sapeva tutti avevano paura di Angelica e sapeva anche lei voleva
che tutti avessero paura.
Quando aveva chiesto alla zia se
anche lei aveva paura di Angelica, Faith era stata in silenzio. A fissare il
vuoto.
- Qualcuno ha mai cercato di
fermarla? C'è mai stato qualcuno che non abbia avuto paura di
lei?-
Ancora
silenzio.
E dal viso ombroso di sua zia Faith,
Ares aveva intuito che si, qualcuno era esistito per guardare in faccia la
Cattiva senza temerla. Qualcuno l'aveva
sfidata.
Il problema era che tutti, nella
Londra sotterranea, non sembravano ad Ares pronti a sfidare Tu Sai Chi
senza tremare. Anche perchè Angelica con lei aveva sempre tante guardie,
tanti Mangiamorte.
Nella città sotterranea i bambini gli
avevano raccontato che Angelica andava sempre in giro accompagnata da una donna
bionda, perfida e cattiva quasi come lei, che sapeva bruciare le persone
soltanto guardandole negli occhi. Era lei che dava fuoco ai Babbani, ai
mezzosangue rimasti.
Ares aveva tremato, sentendo quelle
storie, per abbassare lo sguardo sulle proprie mani
fiammeggianti.
- Zia, Angelica ha un Phyro con sè?
Qualcuno come me?-
Faith ancora una volta era rimasta di
spalle.
Quando lui andava a trovarla la
trovava sempre intenta con la testa fra i libri, gli occhi bluastri coperti da
un velo di rabbia, di odio.
- Si, un tempo aveva tre Phyro con
lei. Erano tutti al suo fianco, ma una morì tanto tempo fa. Quella che sta con
lei adesso si chiama Lilly.-
- E il terzo
Phyro?-
Ares ricordava come zia Faith aveva
alzato il capo, persa in lontane rimembranze, in pallidi e fiochi spettri del
passato.
- Di lui non dobbiamo più
preoccuparci.-
- Perchè
no?-
- Troppe storie stasera. Devi
metterti a letto Ares, domani devi tornare da tua
madre.-
Ares H.D. Malfoy non aveva mai avuto
un papà.
Aveva una mamma, certo ma...non era
mai stata come le mamme di tutti i bambini della Londra
sotterranea.
La sua mamma era diversa da tutte le
altre.
Era come una principessa delle
favole, chiusa in casa loro. Non usciva mai.
Ed era giovane e sempre bella, anche
se aveva l'aria sempre stanca, gli occhi quasi sempre
rossi.
E i suoi occhi, si, erano quelli che
la rendevano diversa, perchè uno era argenteo, come i suoi. Ma l'occhio destro
era dorato, come se fosse stato una piccola pepita. Tutti gli dicevano che era
per quell'occhio dorato che Angelica non l'aveva ancora
uccisa.
Ma Ares sapeva la verità, per quanto
brutta gli fosse sempre sembrata.
La verità era che sua madre era una
Mangiamorte, la verità era che Angelica poteva entrare in casa loro appunto
perchè sua madre glielo permetteva.
La verità era che sua madre non gli
voleva bene.
Non voleva bene a
nessuno.
A sua madre non importava nulla di
nessuno.
Altrimenti non avrebbe vissuto al
buio, sfuggendo alla luce come da una pestilenza.
Tutti evitavano di fare il nome di
Glorya Malfoy, persino sua zia Faith. Ares sapeva che zia Faith odiava sua
madre.
Max e Dreiden, che si occupavano di
lui e della sua istruzione magica quando sua zia e gli altri Anziani della
Londra sotterranea non potevano seguirlo, cambiavano discorso o semplicemente
glissavano.
Per dirla tutta, nessuno più neanche
prendeva in considerazione l'esistenza di Glorya
Malfoy.
Sua madre era
triste.
L'aveva capito tempo addietro, ma era
solo un bambino. Non poteva sapere che non era tristezza quella che attanagliava
Glorya Malfoy per la gola.
Era qualcosa di diverso, qualcosa si
agitava e cresceva ogni qual volta, ogni rara volta, che lei lo guardava in
viso.
Allora quella forza misteriosa la
rendeva angosciante, una figura quasi mostruosa da cui Ares era costretto a
fuggire, nascondendo il proprio bisogno, il desiderio di qualche briciola
d'amore, una carezza, un sorriso.
Ma la sua mamma non sapeva
sorridere.
Non sapeva neanche
piangere.
Forse non voleva più neanche
esistere.
Questo era ciò che Ares credeva, fino
al giorno in cui lui apparve.
Zia Faith gli aveva detto, tanto
tempo prima e con notevole difficoltà, che sua madre non avrebbe mai più
desiderato nessuno accanto.
Che non avrebbe mai più avuto
nessuno.
Fino alla notte in cui Ares si
svegliò, in preda a bizzarri rumori.
Le grida di Londra le conosceva.
Conosceva i crepitii degli incendi, il colore delle fiamme che salivano al
cielo, le folgori che sferzavano l'aria quando Angelica squarciava la coltre di
nebbia tossica per camminare sui resti della città, affiancata da Lilly e dai
suoi Mangiamorte.
Conosceva i rombi e i tuoni delle
magie che cozzavano fra mura, strade, fiumi e case, quando Gabriel Cameron era
in città, pronto a uccidere la sua nemica di
sempre.
Ma i rumori che udì quella notte
provenivano dalla sua stessa casa.
Scese piano le scale di Malfoy Manor,
al buio, ma sapendo bene dove metteva i piedi. Era abituato a vivere con le
tende tirate, muovendosi nell'oscurità come un fantasma, come sua
madre.
E fu sua madre che vide, di fronte
all'ingresso...la porta spalancata e una sagoma scura che imperversava su di
lei.
L'avrebbe ricordato per tutta la
vita.
I lunghi capelli biondi stretti fra
le mani affusolate di un uomo, un uomo che portava molti anelli d'argento e un
cappuccio sul viso.
La stava baciando...stava baciando
sua madre...
E lei...non si
opponeva.
In seguito, seppe solo di aver
attaccato l'uomo ammantato di nero, di aver avvolto sia lui che sua madre con le
fiamme. Da tempo sapeva che lei non si sarebbe mai fatta del male con le fiamme
di un Phyro, ma con tremendo stupore quel mago spense il suo potere come se
fosse stata la semplice fiamma di un cerino. Il tutto semplicemente usando il
palmo destro della sua mano, mentre l'altra era ancora abbandonata sul fianco di
sua madre, in una presa leggera eppure severa,
possessiva.
- E'
lui?-
Ares ancora tremava, i pugni stretti,
la frustrazione, la paura, la confusione.
Sua madre che lo fissava, senza
scostarsi da quello straniero con la voce più profonda che Ares avesse mai
sentito.
Ora lo vedeva
bene.
Era alto, molto più di sua madre.
Nell'improvvisa coscienza dei suoi miseri nove anni, capì che fisicamente non
sarebbe mai stato in grado di proteggerla, neanche con la magia, perchè
quell'uomo era il doppio di lei, con grandi occhi chiari, forse grigi, forse
azzurri. Era biondo, con una birba ispida che gli percorreva le mascelle e il
mento. Sembrava in viaggio da molto.
A terra c'era una borsa in
pelle.
- Chi è?- sibilò, sentendosi così
piccolo, indifeso e inutile.
- Un Phyro.- rispose la voce dolce di
sua madre, gelida e indifferente - Torna a letto
Ares.-
- Leva le mani di dosso a mia
madre!-
- Ares, ti ho detto di andare a
letto.-
E ai suoi ordini lui non aveva mai
discusso. Le aveva scoccato uno sguardo di rabbia e se n'era andato correndo,
senza riuscire a chiudere occhi, sapendo, dai passi doppi in quella casa, che
quell'uomo era rimasto a Malfoy Manor.
Ma chi era davvero quel tizio? Era un
Phyro, un Phyro potente, ma ciò che gli impedì di dormire non fu tanto la
presenza di un estraneo in casa loro quanto...sua madre. Sua madre che non si
avvicinava mai a nessuno, sua madre che viveva in ombre e silenzi, era stata
tanto vicina a quell'uomo da...
Pensandoci, Ares risentiva le sue
piccole membra infiammarsi.
La sua mamma...la sua mamma con un
uomo.
La sua mamma aveva amato solo suo
padre, ecco perchè viveva infelice. Perchè lui non c'era
più.
Allora chi era quel
Phyro?
E cos'era quella gelosia che gli
attraversava le vene a ondate, quella sensazione di furto, come se quell'uomo
apparso dal nulla avesse ottenuto più di lui...come se quell'uomo con la sua
sola apparizione avesse ottenuto l'intera attenzione di sua madre, mentre Ares,
un bambino, il suo bambino, da lei non aveva mai ottenuto nulla se non
biechi sguardi, occhiate furtive, sfuggenti.
Perchè sua madre amava quello
sconosciuto più di lui?
La mattina dopo, all'alba, li sentì
parlare.
E allora molte e lunghe ore insonni
per il piccolo Ares presero forma. Ottennero
sostanza.
Le tende delle alte finestre fino al
soffitto di Malfoy Manor erano state aperte...una luce giallastra e malata
aleggiava sul mobilio coperto da pesanti lenzuola
bianche.
Il pulviscolo sbuffava nell'aria come
la più antica delle polveri.
E Ares, celato all'angolo dello
scalone, colse i primi brandelli di una conversazione fatta a toni bassi,
fiochi.
Si chiese come quello sconosciuto
avesse convinto sua madre a guardare la luce di un sole nascente, celato da
pesanti strati di veleno, dalla nebbia assassina di
Londra.
Si chiese persino come avesse fatto a
convincerla a parlare...non aveva mai sentito sua madre parlare così a lungo con
la stessa persona.
Erano entrambi poggiati a una
finestra che dava sul giardino. Un giardino inselvatichito, dove edere e
rampicanti affamati avevano alla fine assorbito ogni singola traccia di terreno
fertile, coprendo i fiori e la restante parte della vegetazione. Qua e là
comparivano mezzi busti, statue abbandonate,
decapitate.
Un angelo senza braccia né testa
troneggiava su una fontana svuotata.
Sua madre stava poggiata alla
balaustra della finestra frontalmente, dando la schiena ad
Ares.
Lo sconosciuto invece, al contrario,
poggiava i fianchi e dava la schiena all'esterno.
Ora Ares lo vedeva
bene.
Sembrava giovane come la sua mamma e
i suoi capelli erano più biondi alla luce del
mattino.
Anche i suoi occhi sembravano più
luminosi, meno cupi della notte precedente.
La sua voce però non era meno
intensa. Ares tremò istintivamente, attaccandosi alla parete, quando colse
meglio i brandelli della loro conversazione.
Lo sconosciuto sembrava
arrabbiato.
-...otto anni e ti ritrovo
così...niente luce, niente ossigeno...stai cercando di provare le tue teorie?
Quando impiega un essere umano a morire d'inerzia? Non credi di esserti punita
abbastanza?-
- E tu pensi davvero che io abbia
rimorsi di qualche genere?-
L'uomo sorrise, un sorriso stanco ma
al contempo fastidioso.
Ares notò sua madre stringersi nelle
spalle, mentre il Phyro sorseggiava una bevanda.
Caffè,
dall'odore.
- Perchè una donna dovrebbe chiudersi
in casa in questo modo?-
- Non c'è niente che valga la pena di
vedere, là fuori.-
- Si, ho notato. In otto anni è
cambiato tutto, accidenti. Ma non tu...anche se comunque non sei più quella di
prima. Cosa pensi di risolvere restando asserragliata qui? Angelica ha fatto
uccidere tutti i Veggenti rimasti, non pensi che prima o poi piegherà anche
te?-
L'uomo l'aveva fissata di
striscio.
- O forse l'ha
fatto.-
- Nessuno può piegarmi.- Glorya si
era girata a fissarlo, pesanti segni neri sotto le palpebre inferiori e un fuoco
spento nella voce - Semplicemente ho scelto da che parte
stare.-
- Si, lo vedo.- rispose lui,
additando il mobilio e la polvere ovunque - Bel posto dove crescere un
bambino.-
- Ares non ti deve riguardare
Lex.-
- Non riguarda neanche te, visto come
te ne curi.-
Ares si fece indietro, appena appena,
vedendo il Phyro rizzarsi in piedi e piazzarsi alle spalle di sua
madre.
Avrebbe tanto voluto
strozzarlo.
Come si permetteva di parlarle
così?
- La verità...- la vide chinarsi
all'orecchio di lei, la tazza ancora in mano, l'altra infilata nella tasca dei
pantaloni scuri - La verità è che sei morta insieme a lui. Hai liberato la sua
Scintilla e la tua anima l'ha seguito.-
- Ti ho detto che non ho
rimorsi.-
- Senz'altro, dopo quello che Lucas
ha fatto.-
- Non usare quel tono condiscendente
con me. Non stata io a sparire per otto anni.-
- No, infatti. Ringrazia Angelica.
Quando le ho detto dove poteva ficcarsi i suoi piani su di me, non l'ha presa
bene. La conosci...è così irritabile. Ma devo ammettere che non mi sarei mai
aspettato una tale potenza da una bambina così piccola...e quel bastardo di
Richard s'è ben guardato dall'avvisarmi. Dopo che fui messo in coma, Sadorn le
sistemò la strada, per così dire.-
- Non ti sei perso il senso
dell'umorismo Lex. Come hai fatto a risvegliarti?-
- Gabriel Cameron l'ha tenuta
occupata di recente. Quel demone ha il cervello di un bambino, la pensa ancora
come una compagna di giochi, ma ehi... i gusti sono gusti. Per avere solo undici
anni è molto sveglia.-
- A dire la verità...ci accorgemmo
dei suoi poteri fin da bambina, ma Tom...-
Tacquero improvvisamente e Ares
temette di essersi fatto sentire.
Si sporse ancora un poco, vedendo sua
madre poggiarsi con entrambi i palmi aperti sulla
mensola.
Lui, che aveva capito chiamarsi Lex,
stava di nuovo al suo fianco, di tre quarti.
Era
pensoso.
- Il bambino è un
Phyro.-
- Che
occhio.-
Lex fece una smorfia, guardandola con
un sopracciglio alzato.
- Lucas ha fatto quello che penso
io?-
- Pare di
si.-
- Credevo non lo sapesse che eri
incinta. E' sempre stato un completo imbecille e fra le tante stronzate fatte,
devo ammetterlo, quella di farti incazzare è stata determinante. Dio e io che
pensavo che sarebbe stata Lilly a ucciderci tutti.-
- Chiudi quella
bocca.-
- La verità fa male,
piccola.-
- Falla breve Lex. Non sei venuto qui
dopo otto anni di coma e di tradimento per vedere
me.-
- Non solo per quello,
diciamo.-
- Faith ha parlato
troppo.-
- Non solo lei. Ho pescato quel tuo
vecchio amico nei bassifondi...Steins, esatto? Stava sistemando dei Mangiamorte
in ricognizione e mi ha detto che nessuno si sta occupando dei poteri di tuo
figlio. Max e Dreiden hanno solo sedici anni, Faith poi...- fece un'altra
smorfia - Far da balia a quel mostro l'ha resa cinica. Non me la ricordavo così.
Mi ha quasi staccato la testa quando mi ha visto.-
- Se pensi di trovare accoglienza
migliore qui ti sbagli.-
Lui
rise.
Aguzzando le orecchie Ares masticò
uno sbuffo fra i denti.
Porca miseria, avevano abbassato la
voce? O avevano smesso di parlare?
- Guarda che lo so che sei lì
dietro.-
Sobbalzò, tremando di
spavento.
Sentì lo sconosciuto ridere, sua
madre invece gli scoccò uno sguardo gelido.
- Ti ho detto mille volte che non ti
voglio attorno quando entra gente in casa.- sibilò, mentre Ares chinava il capo
mortificato - Quando ti dico qualcosa pretendo che tu lo faccia, ne va della tua
stessa vita. Ormai dovresti saperlo bene.-
- Fortuna che non sono venuto qui a
caccia allora.-
Ares vide il Phyro posare la tazza e
affiancare sua madre. Lei glielo presentò come Lexus Ashlocke, ma il biondo
s'irritò.
- Lexus Saxton va meglio? O
preferisci il cognome di quel mezzosangue del tuo patrigno?- lo rimbeccò Glory e
ignorandone i borbottii proseguì verso il figlio - E' un vecchio...amico.
Diciamo che prima combatteva con gli amici senza speranza di tua zia. Anzi, a
dirla tutta forse per essere chiari bisognerebbe aprire una ricerca alla
Biblioteca Magica per capire esattamente da che parte stavi, stai e starai, dico
bene Lex?-
- Io almeno non mi sono venduto
l'anima.- rispose il biondo, lasciando Ares totalmente affascinato per come
gestiva sua madre, come se lei non fosse per nulla disgustata dalla sua
presenza, come se quel Phyro fosse diverso da tutte le altre persone del
mondo.
La domanda gli sorse
spontanea.
Ares aprì bocca prima di vedere
un'ombra di morte e oblio passare sul viso di sua
madre.
- E conoscevi il mio
papà?-
Ci fu un istante di silenzio, tale da
far comprendere al piccolo l'entità della sua
domanda.
L'angoscia era così forte che non
osava sollevare il viso verso Glory e non fu necessario
d'altronde.
Lex, dopo averlo guardato a lungo, si
girò verso la strega.
- Lo porto a fare un giro. Ti
spiace?-
- Intendi fuori?- Ares allargò la
bocca - Fuori ci ammazzano, ma da dove arrivi?-
- Se volete proprio intossicarvi.- lo
sbalordì sua madre - Non preoccuparti Ares, con Lex non hai nulla da temere.
Almeno non a quest'ora.-
- Già, Gabriel Cameron mi starà dando
tempo di organizzarmi.- Lex sogghignò, abbassando nuovamente lo sguardo su Ares
- Avanti, a forza di stare chiuso qui dentro sembri avere sei anni, non
ott.-
- Ne ho nove!- sbottò il piccolo,
furente.
- Come ti
pare.-
Il coraggio è
resistenza alla paura e dominio della paura,
ma non assenza
di paura.
Mark
Twain
Uscire.
Ad Ares era parsa un'idea idiota, per
non dire suicida.
Dopo che tutti gli avevano sempre
ripetuto di non uscire mai da solo, anzi...non pensare nemmeno di mettere il
naso fuori dalla porta di casa, ora quello...quello squinternato voleva
portarlo a fare due passi?
Alla paura, subito dopo che sua madre
svanì, emerse una leggera curiosità.
Quel Phyro, quel Lex, voleva davvero
portarlo all'aperto?
- Non hai paura dei Mangiamorte?- gli
chiese, mentre si infilava una cuffia abbastanza grossa da nascondergli il
volto.
Lex rise, spalancando la porta
dell'ingresso.
Una luce giallastra li colpì in
pieno, mentre lui sghignazzava più forte.
- Non scherzare. Sono i Mangiamorte
che devono avere paura di noi.-
- Dei Phyro intendi? Non sai di
Lilly?-
- Ah, lasciala perdere quella. E'
solo arrabbiata.-
Quello parlava come se non avesse
nulla da perdere. Oppure davvero non aveva paura di niente e nessuno là fuori.
Lo capì meglio quando gli chiese da dove arrivasse e perchè fosse venuto proprio
a casa loro.
- Una semplice fermata. Hai le
orecchie lunghe, sei uno spione.-
Ares arrossì, guardandosi attorno
circospetto mentre uscivano dagli impervi cancelli di metallo e dalle spesse
mura del Manor.
- Non volevo
origliare.-
- E racconti pure le
balle.-
- Senti chi parla di balle!-
s'impennò il bambino, seguendolo diligentemente nonostante per la nebbia non si
vedesse a un passo dal naso - Come se fossi davvero un amico della
mamma.-
- Diciamo che ero un amico di tuo
padre allora. Adesso mi credi?-
Non gli dette tempo di fare altre
domande che si ritrovò afferrato e risucchiato. Ares odiava Smaterializzarsi,
preferiva usare i camini e la Polvere Volante, ma dubitava che ovunque quello
l'avesse portato ci fossero dei camini. Quando riaprì gli occhi, colpito da un
leggero senso di nausea, si ritrovò in un posto
strano.
Un posto pallido, dove nulla aveva
contorni netti.
C'era un leggero sciabordio di onde
ed...era in alto.
Si trovava sulle spalle di
Lex.
Non era mai stato preso in spalla da
nessuno. Oh, tempo prima, quand'era stato abbastanza piccolo e leggero, era
stato in braccio a sua zia, anche a Max e Dreiden, ma non era mai stato preso in
spalla in quel modo. Aveva visto altri bambini coi loro papà
ma...
- Dove siamo?- chiese, afferrando
istintivamente i capelli biondi di Lex, tentando di non fargli
male.
- Non si vede niente, ma che
meraviglia.-
Lex a sua volta si guardava attorno,
con aria completamente disgustata.
- Io vorrei sapere che hanno tutti in
testa. Permettere a quella bambina di usare Londra come il suo parco giochi
personale. Dovevano ammazzare Richard e Sadorn in questi anni...o magari
prima.-
- La zia mi ha detto che i miei nonni
ci hanno provato.-
- Già, mi ricordo.- sussurrò il
biondo, rimettendosi a camminare per una strada di cemento larga e lunga, di cui
non vedevano la fine - Non è servito a molto di fronte agli occhioni di
Angelica. Quella è il demonio.-
- Hai paura di lei? Cosa ti ha
fatto?-
- Era piccolissima il giorno in cui
mi chiese di unirmi a lei. Cioè, fu Richard a ordinarmelo, per conto dei
Mangiamorte.-
- E tu hai detto
no.-
- Non mi piace prendere
ordini.-
Ares corrucciò la fronte, guardandolo
dall'alto.
- E com'è che
sei...sparito?-
- Non sono sparito. Mi hanno
addormentato. Angelica voleva uccidermi e Richard mi ha messo a nanna, per
salvarmi, diceva.- una risata amara salì da Lex, facendo capire ad Ares che le
cose erano molto più complicate di quello che avesse mai pensato - Ma a te non
hanno raccontato proprio niente, vero?-
- La zia Faith e gli altri mi
raccontano le storie...-
- Favole. In fondo sei ancora un
lattante.-
- Ho nove anni,
accidenti!-
- Io non capisco niente ancora
oggi.-
- Tu hai l'aria di sapere un sacco di
cose invece.-
Lex si fermò all'improvviso,
girandosi alla loro sinistra.
Ecco dov'erano. Ares aveva visto quel
posto in una foto, in alcune riviste conservate da sua
zia.
Era un ponte, un grande ponte sul
Tamigi, in mezzo a Londra, completamente avvolto nel gas acido che imperversava
sulla capitale.
Mentre Lex si avvicinava a una
balaustra, Ares lo strinse istintivamente più forte, stringendogli le gambe
sulle spalle.
-
Paura?-
- No.- sbuffò rabbioso, mentendo
spudoratamente - Perchè sei venuto qui?-
- Pensavo di dare un'occhiata, capire
l'entità dei danni. Ma è chiaro che non vedrò mai nulla da nessuna postazione. I
grattacieli sono ancora in piedi senza i Babbani?-
- E io che ne
so?-
Già, cosa chiedeva a fare se tanto
quel bambino viveva sotto una campana di vetro?
La balaustra era rovinata, notò Lex
dove segni di artigli e magie erano rimasti a ledere il
metallo.
- Puoi non sporgerti
magari?-
- Paura di guardare di sotto? Vuoi
che ti metta giù?-
La prospettiva di scendere, a
sorpresa, non gli andava per nulla.
Ares borbottò qualcosa di negativo e
fissò l'attenzione su una vecchia targa
arrugginita.
- Cosa pensi di fare ora che sei
tornato?-
- Io e tua madre abbiamo un lavoro da
finire.-
- E sarebbe? Vuoi dire che starai in
casa nostra?-
- Accidenti quanto chiacchieri.- Lex
fece un mezzo giro, sentendo un frastuono in lontananza. Era stata una folgore a
ciel sereno. Il disco pallido del sole si vedeva oltre le nubi
spesse.
- No, non starò da voi.
Tranquillo.-
Meglio, pensò Ares.
Non che non gli piacesse l'idea che
qualcuno potesse raccontargli di suo padre, ma averlo per casa...vicino alla
mamma...
Gironzolarono per il ponte, stando a
testa bassa per non inalare le esalazioni più pericolose che stavano a quota più
elevata ma il piccolo non lo perdeva mai di vista.
Tante domande, tanti
quesiti.
Cosa lo aveva legato ai Mangiamorte,
perchè non aveva seguito Angelica...cosa sapeva di
Lilly...
Camminare accanto a Lex
all'improvviso lo fece sentire...grande.
Importante.
Era come se stargli vicino, fianco a
fianco, fosse stato solo l'inizio di qualcosa.
Come se stessero andando davvero da
qualche parte.
Si sentiva...al
sicuro.
- Così conoscevi
papà.-
Ancora quella domanda e di nuovo vide
Lex sbattere leggermente le palpebre, chiuderle e riaprirle, come per mettere a
fuoco qualcosa.
- Si, conoscevo Lucas.- mormorò a
bassa voce, senza perdere il passo.
Ares si morse il
labbro.
Maledizione, doveva
supplicarlo?
- Eravate
amici?-
Stavolta Lex
rise.
Si massaggiò la mascella ispida di
barba, sembrando un ragazzino.
-
Allora?-
- Non
proprio.-
- Perchè no? Siete
Phyro.-
- A me non piace
nessuno.-
- Questo si
vede.-
Lex rise più forte, cacciandosi le
mani in tasca - Ci conoscevamo bene, ma non andavamo
d'accordo.-
- Come
mai?-
- La gente a volte odia qualcun altro
per partito preso, te l'hanno mai detto?-
- Tipo i Mangiamorte coi
Babbani?-
- Qualcosa di simile,
si.-
Ares a quel punto si fermò,
scrutandolo coi grandi occhi argentei.
- Avete litigato per la
mamma?-
Lex levò un sopracciglio, stirando un
sorriso strano - E questa da dove esce? Sei troppo piccolo per queste
cose.-
- La mamma ha scelto papà e avete
litigato? E' così?-
- Io ero in coma ancora prima che
capitasse questo casino e nascessi tu.-
Gli aveva dato del "casino"?
Indignato, Ares trotterellò fino a
raggiungerlo e ad affiancarlo di nuovo, sempre col nasino puntato verso
l'alto.
- Allora perchè avete litigato tu e
papà?-
- Dio, uccidimi
adesso.-
- Se non è per la mamma,
allora...-
- Semplice nano.- il Phyro perse la
pazienza, sospirando sonoramente - Tuo padre aveva la fissa per la guerra, basta
vedere come ti chiami. Io invece ho la fissa per farmi i fatti miei. Non mi
avresti neanche conosciuto se Richard non mi avesse cacciato nelle grane il
giorno in cui mi ha praticamente rapito e segregato in casa sua, mentre questa
battaglia fra folli imperversava.-
- Tu perciò pensi che combattere i
Mangiamorte non serve a niente?- allibì Ares, guardandolo ora con
freddezza.
Fermandosi, Lex fece allora una cosa
strana.
Si inginocchiò e gli accarezzò i
capelli, sopra la cuffia pesante.
- Penso che ormai sia uno spreco
gettare via tante vite. In troppi sono morti per...errori che noi tempo fa
avremmo potuto riparare. Perciò sono venuto da tua
madre.-
- Cosa potreste mai
fare?-
- Lei nulla, Angelica capirebbe che
sta progettando qualcosa. E poi ha te, non può perdere anche te. Farò tutto io.
Mi ci vorranno ancora molti anni, ma forse potrò cambiare le
cose.-
- Come?-
Cambiare.
Modificare
tutto...
Impedire la
guerra.
Il cuore del bambino, quel giorno,
batté forte come non mai.
Stava per
sapere...
Stava per succedere qualcosa.
Niente sarebbe mai stato più come
prima.
- Che cosa vuoi
fare?-
- Cambiare le cose.- sussurrò Lex,
duro come il marmo eppure con un calore inaspettato - Tornare dove tutto è
iniziato.-
- Si
ma...-
- A suo
tempo.-
- Posso
aiutarti?-
Gli occhi chiari del maggiore si
accesero di divertimento.
- Tuo padre avrebbe potuto. Lui
avrebbe fatto la differenza se...-
- Se
cosa?-
La risposta ancora una volta non
venne.
Lex distolse lo sguardo, scosse il
capo.
- Ares sei
piccolo.-
- Crescerò.- sbottò forte,
afferrandolo per la cintura e strattonando - Diventerò grande e potrò dare una
mano! Come papà! Ma qualcuno mi deve insegnare e non ci sono più
Phyro.-
- Tua madre che cosa
dice?-
- La mamma non dice
niente.-
- Appunto, non ho ancora voglia di
morire in modo lento e doloroso.-
- Allora non
dirglielo.-
- Piccolo intrigante, ho di meglio da
fare che farti da balia.-
- Ah si? E che avresti da fare, a
parte il tuo pericoloso piano, eh?-
Stava tirando la corda, Ares lo
sapeva.
Aveva capito subito che con quel
tizio non c'era da scherzare, ma non riusciva a togliersi dalla testa e dal
petto quella sensazione di calma che aveva provato quando era stato in spalla a
Lexus.
Era un Phyro in
fondo.
Forse era così che tutti i Phyro si
sentivano con un padre come loro.
- Per
favore.-
Lex fece una smorfia alla sua
supplica.
- Per favore.- ridisse Ares, serrando
forte i denti e le piccole mani alla sua cinta - Se ci fosse stato qua il mio
papà...-
- Si, ma non c'è.- sussurrò Lex con
un lamento gutturale - Non c'è più nessuno.-
Era
vero.
Erano soli. Loro due su un ponte
pieno di nebbia.
Mollò la presa da lui e guardò basso,
il cemento e la punta delle sue scarpe.
Suo padre l'avrebbe
fatto, continuava a
dirsi.
Avrebbe anche salvato la sua
mamma.
Forse anche Lex avrebbe potuto farlo
a sua volta...o almeno aiutarlo per cambiare tutto
quanto.
- Torniamo a casa tua.- lo sentì
dire.
Annuì e si ritrovò sollevato sopra le
spalle di Lex, ancora una volta le braccia attorno a
lui.
Camminava piano, senza dondolare,
dandogli una forte sensazione di stabilità.
La nebbia, per una volta, non
sembrava così minacciosa.
- Vuoi che ti porti a vedere delle
vere stelle stasera?-
Ares mugugnò, tentando di non fargli
sentire l'eccitazione che lo percorreva.
- Non temere il muso come le bambine,
ti prego.-
- Non sono una
bambina!-
- Sarà meglio. Non insegno alle
lagne.-
Gli strinse forte i capelli,
accostandosi alla sua tempia - Ma allora...-
- Vacci piano, prima ne parlo con
Glorya. Poi ci penserò su meglio.-
- Odio quando la gente fa
così.-
- E io odio essermi svegliato da due
giorni e avere ancora l'emicrania e una voglia matta di patatine fritte. Se ne
vedi in giro fai un fischio.-
- Patatine fritte? Non credo ne
facciano più. Saranno anni che non se ne trovano neanche nel
sottosuolo.-
- Che orrore di
mondo.-
- Senti
Lex...-
- Si?-
- Abbiamo un patto
allora?-
- Sono cresciutello per fare patti,
lasciami perdere.- borbottò il biondo con stizza.
Ares ignorò la sua freddezza - Quando
sarò grande ti aiuterò, nel frattempo tu aiuti me,
giusto?-
- In poche parole devo salvarti la
vita fino a che non verrà il momento giusto? Dovevo restarmene dov'ero,
cazzo.-
- La zia dice che non si dicono
parolacce.-
- Tua zia è un pochino troppo nervosa
per i miei gusti. Comunque è così. Terrò in vita il tuo sangue di Potter fino al
momento in cui non scoccherà l'ora per Angelica e tutti i Mangiamorte di questo
maledetto posto.-
- E io quando sarò grande ti darò una
mano col tuo piano. Ma voglio la parte difficile.-
- La parte difficile tocca a me,
anche se dubito con questo mal di testa di riuscire a combinare qualcosa con lo
schema algomagico.-
- Il
cosa?-
- Lascia
perdere.-
Siamo nati una
sola volta,
e non potremo
essere nati una seconda volta;
dovremo non
essere più per l'eternità.
Ma tu, benché
non abbia padronanza del domani,
stai rinviando
la tua felicità.
La vita si
perde nei rinvii,
ed ognuno di
noi muore senza aver goduto una sola giornata.
Epicuro
Tornavano verso Malfoy
Manor.
E Ares continuava a sentire quello
strano calore nel petto, sormontato da onde di indicibile
gioia.
Qualcosa che da tempo non
provava.
Era l'idea che qualcosa in futuro
sarebbe potuto cambiare.
Era come una piccola lucina nel
buio.
Una speranza, l'avrebbe chiamata sua
zia Faith.
Tutti, di quei tempi, dicevano che la
speranza era morte, che se n'era andata con un bambino morto alcuni anni
prima.
Ma Ares, sulle spalle di Lex, ora
sapeva che non era vero.
Qualunque fosse stato il piano di
Lex, avrebbe aspettato, avrebbe atteso paziente. E poi l'avrebbe
aiutato.
Poi avrebbe
lottato.
Come suo padre avrebbe fatto, ne era
certo.
Aveva un patto con
Lex.
Una promessa per una piccola
lucina.
Non era molto...ma era più di quanto
in quella città qualcuno avesse mai osato sperare.
Doveva solo aspettare di crescere.
Desiderò che il tempo passasse in fretta.
Ed era deciso a dare tutto, tutto
quanto, per la sua mamma, per zia Faith, per la Londra
sotterranea.
Qualcuno gli aveva appena dato una
possibilità di salvezza...e chi era mai lui per
sottrarsi?
«...Then I remember the pledge you made to me
I know
you're always there
To hear my
every prayer inside
I'm
clinging to the promise of a lifetime
I hear the
words you say
To never
walk away from me and leave behind
The promise of a lifetime
Will you
help me fall apart
Pick me up,
take me in your arms
Find my way
back from the storm
And you
show me how to grow
Through the change
I still
remember the pledge you made to me...»
Kutless | Promise of a Lifetime
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