Fu tutto chiaro quel giorno, durante quel pranzo. Nulla mi avrebbe potuto rendere più felice: tu, seduta sul mio grembo, che con grazia schiocchi il tuo affettuoso bacio sulla mia guancia. La calda pressione delle tue labbra piccine, che null'altro che bene avevano professato nella loro breve vita, mi frastornò, confuse. Ma soprattutto mi illuminò. Capii che dovevi essere mia, a qualsiasi costo. Giorni, notte intere ho passato immaginando, fremendo, eccitandomi al solo pensiero del tuo sapore. Ed ora tu sei, addormentata ed indifesa, pronta ad essere la mia preda. Non aver timore, non esisterebbe mai infamia più blasfema che intaccare la tua purezza. Non voglio fare null'altro che gustarti, farti a pezzi, sbranarti. Sei piccola, nuda, indifesa. Nulla di più buono e bello allo stesso tempo ed é mio, solo mio. Ti strangolerò fino a che non un soffio d'aria rimarrà nei tuoi polmoni o finché il tuo piccolo collo delicato si spezzi spargendo scarlatti rivoli di sangue dalla bocca. Ti farò a pezzi e ti userò per fare il più buono degli stufati. Sarà delicato, morbido e gustoso con le patate a fare di contorno. L'attesa mi logora, ma é essa stessa parte di questo lussurioso piacere. Il tuo morbido, caldo, succulento culetto sarà il momento mio più alto, il climax di questa vita così arida di piaceri che Dio ci concede. Dio stesso mi é compagno e testimone: fosse contrario, manderebbe la mano di un angelo a fermarmi. Buon appetito, mia dolce Grace.