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Autore: Mikiri_Tohoshima    31/05/2015    0 recensioni
La Rivolta delle Formiche è una storia su Jak II, Renegade. La protagonista, Kayla, è una guardia krimzi che vivrà sulla sua pelle la guerra contro le teste di metallo e gli esperimenti all'Eco Oscuro ordinati dal Barone Praxis. Amica di Erol e di Torn, cercherà di combattere contro la politica corotta della sua città, anche se lei e tutti i suoi seguaci per ora non sono altro che formiche, rispetto alla grandezza del Barone.
Genere: Generale, Dark, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo 20

Capitolo 20

Pausa di riflessione

 

Quel giorno pioveva ad Haven City. Gocce di pioggia scendevano e colpivano la polvere, gli abitanti, le abitazioni, i veicoli, fitta, regolare, come una doccia di sollievo dopo lunghi giorni.

Ad Haven City non spuntava quasi mai il sole, come non pioveva quasi mai, la città era sempre perennemente immersa nelle nubi, tanto che alcune persone non si ricordavano neppure come fossero i raggi della loro stella. Questo ovviamente era dovuto alle fabbriche, alle ciminiere, ai gas di scarico... al menefreghismo del barone che unica cosa che gli interessava, ormai, era distruggere i suoi nemici e trovare l’erede di Mar.

Kayla aveva chiesto una licenza, l’aveva ottenuta, e si era messa a camminare in borghese per le strade della città, evitando accuratamente la sua zona di nascita perché con la pioggia sapeva fin troppo bene  che le strade si sarebbero ricoperte di fango e sarebbe stato impossibile camminarci a piedi.

La sua mente però era fissa verso l’ordine datogli da Samos e Torn. Quel maledetto compito che non sapeva se sarebbe mai riuscita a compiere. Le si rivoltava lo stomaco a pensarci, faceva tre giravolte e poi si attorcigliava in un nodo talmente stretto che la soffocava.

Erano già tre giorni che non consumava nulla se non acqua, e passava il tempo solo a camminare per le strade, e così fece fino a quando la pioggia non divenne davvero insopportabile. Allora, giusto per non prendersi un raffreddore, anche se ormai non le interessava stare bene o male, si riparò sotto un portico, apprezzando la frescura dell’acqua sulla pelle chiara.

Cos’aveva sbagliato nella vita per essere costretta ad eseguire un così brutale gesto nei confronti dell’uomo che amava e che aveva sempre amato sin dal momento in cui era entrata in quella maledetta città? Si passò le mani tra i capelli castani, passando poi le dita sulle linee del tatuaggio che aveva in viso.

Doveva prendere una decisone, tendere una trappola al capitano delle guardie Krimzi, e poi, massacrarlo senza pietà. In questo modo le guardie sarebbero rimaste senza un capo, giusto in tempo per il mondo sotterraneo di attaccare con tutte le forse a loro disposizione il palazzo del Barone, e finalmente porre una fine alla sua tirannia, proprio da quegli abitanti che lui riteneva formiche utili solo a farsi schiacciare.

Questo era il piano di Samos e Torn, semplice e complesso allo stesso tempo, perché avevano puntato tutto su di lei, sul fatto che lei fosse una macchina a sangue freddo, sul fatto che sembrava che lei non avesse sentimenti. Il suo distaccamento dalle persone dovuto alla necessità di essere “tranquilla” per il bene della sua famiglia, le si era ritorto contro. Ora tutti credevano che non lei si potesse innamorare, non potesse provare dolore, non potesse avere pietà o tenerezza nei confronti di un altro essere umano.

D’altronde, come poteva dar loro torto, dal loro punto di vista era rimasta impassibile davanti a terribili esperimenti nei confronti di innocenti, era rimasta impassibile di fronte alla sofferenza di un ragazzino lontano da casa e dalla sua famiglia, doveva essere per forza un mostro come... un mostro come il Barone. Delle lacrime scesero dagli occhi della donna, rendendosi conto di quello che era, quello che aveva fatto. Non era diversa da colui che aveva odiato per tutta la vita, Praxis.

Si asciugò le lacrime, stringendo il pugno. Ora aveva capito. Avrebbe dimostrato a Torn e a Samos che avevano ragione, che lei altro non era che un mostro freddo e senza cuore, incapace di amare. Glielo avrebbe dimostrato, si sarebbe strappata il cuore dal petto e avrebbe massacrato Erol, perché quello era il suo compito. Si stava preparando a tornare sotto la pioggia, che udì una voce familiare, ma che non udiva da tanto tempo che le parevano secoli.

≪Ma... Kayla... sei tu?≫. La donna Krimzi si voltò, e fece il sorriso più grande che avesse mai potuto fare. Era Sophie! Era la sua carissima Sophie, la sua amica, la sua collega...

≪Sophie! Cosa... che ci fai qui?≫. La giovane donna, non era cambiata di una virgola in tutti quegli anni, si passò una mano fra i capelli, sorridendole. ≪Io ci vivo qui, proprio qui davanti... entra, ti prego, asciugati! Ti verrà un terribile raffreddore se resti bagnata in quel modo... ≫. E la invitò ad entrare, la spinse nel suo bagno e la costrinse a farsi una doccia calda.

Una volta pulita e riscaldata, Kayla si mise i vestiti che le aveva prestato la sua amica, per poi andare in salotto asciugandosi i capelli con un asciugamano.

≪Grazie.... credo che mi ci volesse proprio...≫. Ma quando rialzò lo sguardo, vide una bandiera con un simbolo che conosceva bene. Il simbolo del mondo sotterraneo. Posò lo sguardo su Sophie, che stava entrando nella stanza con un vassoio con una tazza fumante, e quando la ragazza si rese conto cosa la guardia Krimzi avesse visto, si affrettò ad appoggiare il vassoio su un tavolino, agitata.

≪Io... io posso spiegare, davvero! Non...≫. Kayla le sorrise. ≪Non hai nulla di cui preoccuparti. Anche io faccio parte del Mondo sotterraneo.≫.

Sophie fece un visibilissimo sospiro di sollievo, accasciandosi sul divano come se quella rivelazione le avesse tolto ogni forza. I suoi occhi andarono sull’amica, e le sorrise. ≪Alla fine hai trovato un modo per andare contro il Barone e non far del male alla tua famiglia... Torn avrebbe dovuto dirmelo, accidenti!≫. Kayla si sedette accanto a lei, alzando appena le spalle, dopo essersi presa una delle tazze sul vassoio.

≪Penso che sia un modo per proteggerci l’un l’altro, non puoi dire chi fa parte del movimento, se non lo sai, giusto? Piuttosto... cosa fai adesso? Da quando non sei più nelle guardie...≫.

Sophie si prese una tazza pure lei, facendo uno sbuffetto, e iniziando a sorseggiare il liquido bollente. ≪Ma nulla di che, semplicemente trasporto eco o soldi, dato che con il mio lavoro posso permettermi di viaggiare in zoomer ovunque, solo una volta ho partecipato alla liberazione degli schiavi Lurker, e non è andata troppo male... tu invece? Porti informazioni? Sei una spia?≫.

Kayla strinse le labbra, a quella domanda, e si appoggiò la tazza alla coscia, e decise di dirle le cose come stavano.

≪All’inizio si, Sophie, all’inizio si, dovevo... dovevo solo riportare informazioni, anche se a loro non bastavano mai... ma adesso... mi hanno imposto una cosa che non so se riuscirò a fare... lo so che devo, lo so che è... il mio compito perché io sono l’unica che possa farlo ma... non voglio. Mi hanno detto che devo uccidere una persona...≫.

Sophie fissava il tavolino senza vederlo, mordendosi un labbro pensierosa. ≪Sei una guardia Krimzi... sei abituata ad uccidere... no? Non devi mica uccidere i tuoi genitori, vero?≫. Kayla scosse la testa, tamburellando le dita sul manico della tazza, il liquido all’interno di essa ormai freddo... e alla fine si decise.

≪Devo uccidere Erol. Sono l’unica che può farlo perché sono l’unica vicino a lui, e una volta morto lui... potrete insorgere. ≫. A Sophie tremavano le mani, dal momento che Kayla le aveva rivelato il nome. Ma scosse un poco la testa, guardandola seria.

≪Stai attenta, Kayla. Sicuro che tu lo sai meglio di me, ma lui non è più il nostro coraggioso capitano. Ho sentito storie... una peggio dell’altra. Quindi, ti prego.. fai attenzione.≫.

Una volta la pioggia finita, si salutarono con un abbraccio. E Kayla tornò a camminare per le strade di Haven, con nel cuore l’avvertimento della sua cara amica. Però, adesso sapeva in che direzione doveva muoversi. E si sentiva più leggera.

 

Fine capitolo.

  
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