Capitolo 20
Pausa di riflessione
Quel giorno pioveva ad Haven
City. Gocce di pioggia scendevano e colpivano la polvere, gli abitanti, le
abitazioni, i veicoli, fitta, regolare, come una doccia di sollievo dopo lunghi
giorni.
Ad Haven City non spuntava quasi
mai il sole, come non pioveva quasi mai, la città era sempre perennemente
immersa nelle nubi, tanto che alcune persone non si ricordavano neppure come
fossero i raggi della loro stella. Questo ovviamente era dovuto alle fabbriche,
alle ciminiere, ai gas di scarico... al menefreghismo del barone che unica cosa
che gli interessava, ormai, era distruggere i suoi nemici e trovare l’erede di
Mar.
Kayla aveva chiesto una licenza,
l’aveva ottenuta, e si era messa a camminare in borghese per le strade della
città, evitando accuratamente la sua zona di nascita perché con la pioggia
sapeva fin troppo bene che le strade si
sarebbero ricoperte di fango e sarebbe stato impossibile camminarci a piedi.
La sua mente però era fissa verso
l’ordine datogli da Samos e Torn. Quel maledetto compito che non sapeva se
sarebbe mai riuscita a compiere. Le si rivoltava lo stomaco a pensarci, faceva
tre giravolte e poi si attorcigliava in un nodo talmente stretto che la
soffocava.
Erano già tre giorni che non
consumava nulla se non acqua, e passava il tempo solo a camminare per le
strade, e così fece fino a quando la pioggia non divenne davvero
insopportabile. Allora, giusto per non prendersi un raffreddore, anche se ormai
non le interessava stare bene o male, si riparò sotto un portico, apprezzando
la frescura dell’acqua sulla pelle chiara.
Cos’aveva sbagliato nella vita
per essere costretta ad eseguire un così brutale gesto nei confronti dell’uomo
che amava e che aveva sempre amato sin dal momento in cui era entrata in quella
maledetta città? Si passò le mani tra i capelli castani, passando poi le dita
sulle linee del tatuaggio che aveva in viso.
Doveva prendere una decisone,
tendere una trappola al capitano delle guardie Krimzi, e poi, massacrarlo senza
pietà. In questo modo le guardie sarebbero rimaste senza un capo, giusto in
tempo per il mondo sotterraneo di attaccare con tutte le forse a loro
disposizione il palazzo del Barone, e finalmente porre una fine alla sua
tirannia, proprio da quegli abitanti che lui riteneva formiche utili solo a
farsi schiacciare.
Questo era il piano di Samos e
Torn, semplice e complesso allo stesso tempo, perché avevano puntato tutto su
di lei, sul fatto che lei fosse una macchina a sangue freddo, sul fatto che
sembrava che lei non avesse sentimenti. Il suo distaccamento dalle persone dovuto
alla necessità di essere “tranquilla” per il bene della sua famiglia, le si era
ritorto contro. Ora tutti credevano che non lei si potesse innamorare, non
potesse provare dolore, non potesse avere pietà o tenerezza nei confronti di un
altro essere umano.
D’altronde, come poteva dar loro
torto, dal loro punto di vista era rimasta impassibile davanti a terribili
esperimenti nei confronti di innocenti, era rimasta impassibile di fronte alla
sofferenza di un ragazzino lontano da casa e dalla sua famiglia, doveva essere
per forza un mostro come... un mostro come il Barone. Delle lacrime scesero
dagli occhi della donna, rendendosi conto di quello che era, quello che aveva
fatto. Non era diversa da colui che aveva odiato per tutta la vita, Praxis.
Si asciugò le lacrime, stringendo
il pugno. Ora aveva capito. Avrebbe dimostrato a Torn e a Samos che avevano
ragione, che lei altro non era che un mostro freddo e senza cuore, incapace di
amare. Glielo avrebbe dimostrato, si sarebbe strappata il cuore dal petto e
avrebbe massacrato Erol, perché quello era il suo compito. Si stava preparando
a tornare sotto la pioggia, che udì una voce familiare, ma che non udiva da
tanto tempo che le parevano secoli.
≪Ma... Kayla... sei tu?≫. La donna Krimzi si voltò, e fece
il sorriso più grande che avesse mai potuto fare. Era Sophie! Era la sua
carissima Sophie, la sua amica, la sua collega...
≪Sophie! Cosa... che ci fai qui?≫. La giovane donna, non era
cambiata di una virgola in tutti quegli anni, si passò una mano fra i capelli,
sorridendole. ≪Io
ci vivo qui, proprio qui davanti... entra, ti prego, asciugati! Ti verrà un
terribile raffreddore se resti bagnata in quel modo... ≫. E la invitò ad entrare, la
spinse nel suo bagno e la costrinse a farsi una doccia calda.
Una volta pulita e riscaldata,
Kayla si mise i vestiti che le aveva prestato la sua amica, per poi andare in
salotto asciugandosi i capelli con un asciugamano.
≪Grazie.... credo che mi ci
volesse proprio...≫.
Ma quando rialzò lo sguardo, vide una bandiera con un simbolo che conosceva
bene. Il simbolo del mondo sotterraneo. Posò lo sguardo su Sophie, che stava
entrando nella stanza con un vassoio con una tazza fumante, e quando la ragazza
si rese conto cosa la guardia Krimzi avesse visto, si affrettò ad appoggiare il
vassoio su un tavolino, agitata.
≪Io... io posso spiegare, davvero!
Non...≫.
Kayla le sorrise. ≪Non
hai nulla di cui preoccuparti. Anche io faccio parte del Mondo sotterraneo.≫.
Sophie fece un visibilissimo
sospiro di sollievo, accasciandosi sul divano come se quella rivelazione le
avesse tolto ogni forza. I suoi occhi andarono sull’amica, e le sorrise. ≪Alla fine hai trovato un modo per
andare contro il Barone e non far del male alla tua famiglia... Torn avrebbe
dovuto dirmelo, accidenti!≫.
Kayla si sedette accanto a lei, alzando appena le spalle, dopo essersi presa
una delle tazze sul vassoio.
≪Penso che sia un modo per
proteggerci l’un l’altro, non puoi dire chi fa parte del movimento, se non lo
sai, giusto? Piuttosto... cosa fai adesso? Da quando non sei più nelle
guardie...≫.
Sophie si prese una tazza pure
lei, facendo uno sbuffetto, e iniziando a sorseggiare il liquido bollente. ≪Ma nulla di che, semplicemente
trasporto eco o soldi, dato che con il mio lavoro posso permettermi di
viaggiare in zoomer ovunque, solo una volta ho partecipato alla liberazione
degli schiavi Lurker, e non è andata troppo male... tu invece? Porti
informazioni? Sei una spia?≫.
Kayla strinse le labbra, a quella
domanda, e si appoggiò la tazza alla coscia, e decise di dirle le cose come
stavano.
≪All’inizio si, Sophie, all’inizio
si, dovevo... dovevo solo riportare informazioni, anche se a loro non bastavano
mai... ma adesso... mi hanno imposto una cosa che non so se riuscirò a fare...
lo so che devo, lo so che è... il mio compito perché io sono l’unica che possa
farlo ma... non voglio. Mi hanno detto che devo uccidere una persona...≫.
Sophie fissava il tavolino senza
vederlo, mordendosi un labbro pensierosa. ≪Sei una guardia Krimzi... sei
abituata ad uccidere... no? Non devi mica uccidere i tuoi genitori, vero?≫. Kayla scosse la testa,
tamburellando le dita sul manico della tazza, il liquido all’interno di essa
ormai freddo... e alla fine si decise.
≪Devo uccidere Erol. Sono l’unica
che può farlo perché sono l’unica vicino a lui, e una volta morto lui...
potrete insorgere. ≫.
A Sophie tremavano le mani, dal momento che Kayla le aveva rivelato il nome. Ma
scosse un poco la testa, guardandola seria.
≪Stai attenta, Kayla. Sicuro che
tu lo sai meglio di me, ma lui non è più il nostro coraggioso capitano. Ho
sentito storie... una peggio dell’altra. Quindi, ti prego.. fai attenzione.≫.
Una volta la pioggia finita, si
salutarono con un abbraccio. E Kayla tornò a camminare per le strade di Haven,
con nel cuore l’avvertimento della sua cara amica. Però, adesso sapeva in che
direzione doveva muoversi. E si sentiva più leggera.
Fine capitolo.