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Autore: Rynarf    31/05/2015    0 recensioni
Un uomo si risveglia da un apparente coma, ritrovandosi nella propria città completamente deserta.
Egli comincia a perlustrare il luogo, ignorando ciò che sarebbe avvenuto di lì a poco ...
Genere: Malinconico, Suspence, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È consigliabile accompagnare la lettura di questo brano con la suddetta traccia (La Dispute - Yann Tiersen): https://www.youtube.com/watch?v=_8aSC0VS3Ws


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Si desta dal suo sonno morto, durato chissà quanto tempo. Infiniti anni passati nel nulla, almeno così pareva.
Ecco. Osserva l’ambiente circostante, lo scruta a fatica. I fievoli e freddi raggi solari trafiggono la cornea oculare, rendendolo privo della propria vista per atroci attimi.
Realizza che, magari, era meglio non poter vedere.
Egli si ritrova in una città abbandonata, la sua città. Un tempo brulicante di gente e di caos; attualmente vuota.
Soffi fantasma spostano carte e piccoli detriti, trapassandogli sottilmente l’animo, adesso raggelato.
Non appare vecchia di secoli, anzi. Ha quasi come l’impressione che, pochi attimi prima del suo risveglio, ogni essere vivente abbia ripudiato quel luogo. Percepisce sussurri inesistenti, spifferi tra i palazzi.
Si alza sulle proprie gambe. Basito e statico, esamina nuovamente il nulla plastico nel quale è rinchiuso.
Cammina lungo un viale che pare privo di fine, spostando il capo da destra a sinistra. Mantiene uno sguardo vuoto, non osservando il paesaggio grigio e solo. Le braccia sono lasciate cadere lungo il corpo, caratterizzate da un’impercettibile rigidità.
Ha malinconia dell’essere. Questa vera solitudine lo avvolge in una morsa di ghiaccio, la quale rende impossibile ogni tipo di sentimento, reazione.
C’è. Non c’è.

Un sesto senso, lo porta a guardare indietro. A girare il corpo verso il lato opposto ove si stava dirigendo. Studia l’orizzonte con un velo dubbioso tinto in volto. Ode qualcosa- o niente?
Resta fermo in attesa di un evento; coglie che vi sarà un alcunché.
Una goccia grigia di acqua s’infrange in muto sul cemento.
I suoi occhi risultan colmi di emozioni vuote. Adesso tutto è privo di suoni.

Dalla curvatura della strada, fa capolino un’onda anomala;  ella sovrasta ogni costruzione, rendendole parte di sé.
Esso respira di nuovo, adesso. Ma tutto è lento.
Dà le spalle all’acqua, ancora lontana, e corre. Scappa per la vita.
In volto vi è tinta una sfumatura marcata di terrore.
Non sa quando terminerà quella strada, intanto la percorre avidamente, maciullando l’asfalto a grandi falcate- nonostante le percepisse come piccoli passi.
Un rallenty involontario, indotto da qualcuno, o qualcosa.
                                                                      
I palazzi cominciano a franare, a disciogliersi, divenendo acqua ed unendosi al mare straniero che stava prendendo piede con rapida lentezza.
Le finestre s’infrangono; ogni minuscolo pezzo di vetro, si frantuma sotto la pressione di quel fiume, prendendo il volo ed, in fine, tramutandosi in schizzi altrettanto taglienti.
I raggi di sole sono definitivamente svaniti, osservano la scena dal retro delle nuvole grigie.
I’invadente torrente, rivendica la sua proprietà! Procedendo burberamente, quasi a formare una parente obliqua composta interamente da acqua cinerea.
Egli non guarda indietro.
Il suo sguardo è puntato sul nulla, con espressione sgranata. Affanna pesantemente, ma tutto tacce.
La disperazione s’impossessa del suo essere, ripudiando la malinconia oramai assai distante.
Inciampa in detriti, ma continua. Continua.
E’ consapevole del fatto che non riuscirà a vincere, ma non vuole esserlo. Non desidera quella coscienza.

Gocce sincere e fievoli, prendono a raggiungere il suo corpo.
Percepisce l’umidità alle sue spalle. I respiri divengono man mano sempre più tremuli.
La liquidità raggiunge i suoi estremi arti inferiori.
Abbassa lo sguardo; fissa l’asfalto che s’imbratta di scuro e bagnato. Qualche secondo fermato.
E venne inghiottito dall’oceano.
Il suo corpo fluttua pesantemente, scostato con fare brusco da un estremo all’altro dell’ambiente riempito da apparente vuoto.
Emerge per pochi secondi, in seguito è sovrastato nuovamente.
Respiri smorzati e l’impossibilità di tutto, in quel niente.
Gli occhi sempre spalancati e confusi da scene a spezzoni!
Tenta in tutti i modi di restare in superficie, senza alcun successo.
La volontà e l’impossibilità.
Uno strazio che era obbligato a subire, sperando che il tutto fosse passato nello stesso ed identico modo in cui era cominciato.
Il nulla presente si fa spazio tra quel poco che restava in lui.
Non può niente.
Illude se stesso in una vaga speranza dell’adattarsi all’ambiente circostante. Intanto, però, il tutto si spegne.
Le acque si placano.
Le sue membra carezzano la superficie benevola. Le palpebre socchiuse. Un’espressione spenta.  La sua massa fredda.

Non vi era più alcuna città.
  
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