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Autore: Pamaras    31/05/2015    8 recensioni
Anche se ci si sforza, a volte, le cose possono far male più di quanto si voglia ammettere e allora bisogna solo trovare il coraggio di ricominciare.
Spin Off di Vaiolo di Drago [ambientazione dopo Hogwarts]
Personaggi: Ian/Theodore/Nate
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Theodore Nott
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nuova generazione
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La storia partecipa al contest: Contest Satura Ianx di Ladyriddle


Note per Lady: come ben saprai Ian è uno dei miei personaggi preferiti ed è uno di quelli che sento più vicino, il suo rapporto con Theo l'abbiamo delineato in ogni minimo dettaglio, rendendolo confusionario, conflittuale e molto molto doloroso. Mi son permessa di portare l'immaginazione a qualcosa che avverrà tra un paio di anni rispetto al punto dove Vaiolo di Drago si trova adesso, ma credo tuttavia che sia una cosa credibile. La difficoltà ammetto, non è stata scriverla, perché come ben sai, due ore dopo la decisione di iscrivermi al contest era già scritta, quanto piuttosto postarla e assicurarsi che la storia sia capibile anche per chi non segue la long. In ogni caso... mi sono diverita e questo è l'importante.

 

Capitolo unico.

 

 

Una vita di rimpianti. Uno dopo l’altro, uno dietro l’altro

 

Ma chiunque abbia avuto un dolore così grande da piangerci fino a non avere più lacrime, sa bene che ad un certo punto si arriva ad una specie di tranquilla malinconia, una sorta di calma, quasi la certezza che non succederà più nulla.

C.S.Lewis

 

 

Theodore guardava la pergamena, lo sguardo così fisso che Nate pensò non la vedesse davvero, ma che stesse solo pensando intensamente.

Fuori, la luna piena faceva da padrona e, se non ci fosse stata almeno la sua luce ad entrare dall'ampia finestra che si affacciava sul giardino, Nate era sicuro, che suo padre sarebbe stato al buio.

E non se ne sarebbe accorto.

Attese, scandagliando con curiosità il profilo teso dell'uomo, i gomiti poggiati sulla scrivania in legno e la piuma che leggermente tremava tra le sue dita. La candela spenta vicina al suo gomito.

Chissà da quanto tempo era lì.

Non sapeva per certo cosa lo avesse reso così, distante e malinconico. Ma Nate, se c'era una cosa che aveva capito l'anno precedente, era che suo padre viveva di rimpianti e che assumeva quella posizione solo quando tentava di scrivere a lui.

In realtà Theodore era un uomo allegro, nel passare degli anni Nate, aveva creato un profondo rapporto col padre, aveva giocato con lui, volato, riso, tanto. Solo che quando arrivava la sera, da un po', c'era qualcosa che lo portava a stare così.

Perso.

Suo padre si perdeva da qualche parte con il calare della notte e allora andava a nascondersi nel suo studio e il sorriso che aveva sul viso mentre giocavano insieme, spariva; e la risata allegra che quasi riecheggiava ancora per il giardino da quel pomeriggio quando avevano volato insieme, si spegneva; ed era sicuro, dall'alto dei suoi otto anni che, non l'avrebbe rivista fino a quando il sole non avrebbe preso il posto della luna e neppure una luna così bella lo avrebbe scosso da quel torpore.
Avrebbe voluto poter fare qualsiasi cosa per tirarlo su, prendersi cura di lui così come gli aveva chiesto di fare Ian, ma lui non era Ian e Ian non era lì.

Non ci sarebbe tornato più, probabilmente.
 

Ricordava bene quella sera, la sera in cui Theodore si era perso con lo sguardo durante la notte, con una pergamena tra le mani e il dolore negli occhi, il dolore di chi ormai ha perso tutto. E da quella volta, quando calava la notte, il viso di suo padre invecchiava e il suo cuore forse batteva un po' più lento di come avrebbe dovuto fare, fino quasi fermarsi.

Nate era piccolo, aveva solo sei anni e non sapeva ancora cosa fossero i rimpianti, ma aveva sentito spesso quella parola uscire dalla bocca di suo padre mentre guardava il fratello -fratellastro, come continuava a correggerlo lo stesso ragazzo – con gli occhi colmi di lacrime e risentimento.

Suo padre glielo aveva gridato in faccia, con dolore: “Pensi che non abbia rimpianti?” aveva chiesto e le mani erano andate verso il cielo e poi erano scese sbattendo sui fianchi per la frustrazione.

“Tu? Rimpianti? Ma per favore!” aveva ribattuto Ian togliendosi la sciarpa color melanzana dal collo. L'aveva lanciata sul divano con un gesto stizzito ed era spiccata sul bianco della pelle pregiata per giorni interi, perché nessuno aveva avuto il coraggio di spostarla da lì.

“Sei stato ingiusto con me Ian! Sempre!” d'improvviso suo padre era crollato sulle ginocchia e lui stava per entrare nel salone per abbracciarlo, commuovendosi nel vederlo per terra, distrutto, il volto nascosto tra le mani; ma sua madre, che assisteva alla scena in silenzio, con una mano premuta sulla bocca e gli occhi lucidi, lo aveva visto intento ad origliare e allora aveva fatto un passo indietro.


Ian aveva riso e Nate si era accorto che non era una risata vera, una di quelle dove ridono tutti, ma era amara e aveva il sapore della tristezza, eppure quando aveva alzato gli occhi verso di lui, nel momento stesso in cui sua madre lo prendeva per un braccio invitandolo a tornare a dormire, si era accorto che il suo viso non tradiva alcuna emozione e allora Nate si era sentito meglio nel sapere che almeno lui non stesse piangendo.

Perché non lo aveva mai visto piangere, mai.

 

“Pensi che io non ti voglia vedere felice?” aveva sentito la voce di suo padre roca, rotta poi da un singhiozzo. “Se me l'avessi detto prima io-” inspirò e il suono risultò stridulo quasi non ci passasse per la gola, “-io, avrei fatto qualcosa! Ci stavamo provando ad andare d'accordo, pensavo che le cose stessero andando meglio” aveva sussurrato l'uomo, ma Nate non aveva ben capito di cosa stesse parlando, allora aveva provato a chiedere alla sua mamma ma lei si era limitata a scostargli i capelli dal viso sorridendogli dolcemente e invitandolo a dormire.

“Non andava poi così bene” aveva detto Ian amaramente. “Come pensi che mi senta ogni volta che vengo qua, tutti i mercoledì come tu hai deciso? Per provarci!” aveva scimmiottato facendogli il verso e il bambino aveva immaginato il suo volto contorcersi in una smorfia comica, “vederti giocare con lui e-” poi si era bloccato e Nate ricordava un suono doloroso rompere il silenzio, “tu per me non sei così, non puoi esistere così. Non sei stato un padre per me. Non c'è niente che mi fa più male del rivederti e riconoscerti come un estraneo” aveva detto, un sussurro, ma in quel momento Caroline, credendolo addormentato aveva aperto la porta per uscire e la voce era entrata fluida.
 

“Sei il mio più grande rimpianto Ian” aveva allora risposto Theodore dopo un po' di silenzio e di nuovo la sua voce era entrata solo perché un'altra persona aveva varcato la porta della stanza.

Nate aveva aperto un solo occhio e aveva visto le scarpe scure del fratellastro avvicinarsi scricchiolando appena.

Ian si era poi accovacciato vicino al letto con estrema lentezza e Nate ricordava come le sue mani fossero fredde quando gli aveva toccato il viso in una carezza.

“Addio Nathan” aveva detto regalandogli un sorriso che però il bambino non aveva visto, “mi mancherai, ma non ce la faccio” aveva aggiunto chinandosi nel dargli un bacio lieve sulla fronte e in quel momento una goccia fresca aveva colpito la pelle accaldata del bambino, e Nate non aveva mai visto piangere Ian, fino a quel momento.

“Mi fa male. Lo capisci?” aveva chiesto e allora lui aveva aperto gli occhi scontrandosi con quelli del fratello bagnati di dolore e anche se in realtà non aveva capito, gli aveva annuito, serio e un po' preoccupato.

“Fai il bravo con il tuo papà, abbi cura di lui” gli aveva detto mentre lasciava scivolare via un'altra lacrima e poi si era alzato uscendo dalla stanza in silenzio e tutto ciò che aveva sentito Nate erano le preghiere di suo padre e la porta sbattuta con forza.

 

Alcuni addii non sono per sempre.

Non sono la fine.

Semplicemente significano:

"Mi mancherai finché non ci incontreremo di nuovo"

 

Nate non aveva capito bene bene cosa realmente fosse accaduto, ma di una cosa era diventato certo con il passare dei giorni: se aveva fatto male al fratello, quella cosa, aveva fatto male anche a suo padre, perché era rimasto forse per giorni, fisso, seduto, vicino a quella sciarpa di quel colore così brutto che Nate aveva arricciato il naso la prima volta che l'aveva vista e Ian giocando, aveva cercato di mettergliela al collo.

Ma quella sciarpa era restata lì anche quando il padre si era finalmente alzato tornando in un certo senso ad essere presente, ed era stata lì finché Nate l'aveva presa con sé, riponendola con cura in un cassetto della sua stanza, tirandola fuori di tanto in tanto solo per poterla guardare, chiedendosi se mai Ian sarebbe tornato a prenderla.
 

“Papà” lo chiamò, la voce piccola che arrivò probabilmente lontana all'orecchio dell'uomo, ci mise un po' ad ottenere la sua attenzione, il suo sorriso smorto e l'invito silenzioso a raggiungerlo.

“Hai fatto un incubo?” gli chiese il padre, ignorando il fatto che Nate lo osservasse da un po' ma che solo quel giorno avesse trovato il coraggio di interrompere i suoi pensieri, sotto la maglia la protezione di un indumento color melanzana.

Il bambino si ritrovò ad annuire in una piccola bugia bianca, si sedette sulle sue ginocchia, godendosi le braccia del padre che subito andarono a stringerlo facendolo sentire protetto.

“Cosa fai?” domandò, scoprendo come quella pergamena fosse vuota, sorprendendosi nel constatare che probabilmente nemmeno una parola era stata scritta in tutto quel tempo.

“Niente tesoro” espirò l'uomo scostando la carta poco più in la e poggiando la piuma che teneva tra le mani.

Nate allora sorrise incerto, nascondendo il viso tra il collo e la spalla dell'uomo in un attimo d'imbarazzo, strinse tra le mani quella sciarpa che aveva nascosto sotto la maglia del pigiama, l'aveva sempre custodita con gelosia e l'avrebbe ridata a Ian non appena fosse tornato a giocare con lui, ma ora sapeva che serviva al padre per fargli trovare quel coraggio che forse era scappato via. Così gliela spinse tra le tra le mani e sentì il sussulto dell'uomo quando capì cos'era passando le dita sulla stoffa morbida senza tuttavia abbassare lo sguardo, un respiro lasciò la sua gola e il cuore nel petto dell'uomo finalmente batté più forte.

“Grazie” gli disse il padre dopo un attimo di incertezza, un sussurro con un sorriso nuovo a riempirgli il viso e d'improvviso i suoi occhi erano tornati alla realtà e non c'era più solo la luna piena ad illuminarli, ma anche il fuoco tiepido di quella candela rimasta spenta fin troppo a lungo e il rumore della piuma che finalmente graffiava la carta.

 

Poi tutto torna come prima. Ma non è più la stessa cosa.

A. Baricco


 

Note:

Eccomi qua, al mio primo contest, iscritta e scritta di getto.

Curiosavo tra i contest quando becco questo di Lady e inizio a leggere... scorgo tutti i titoli ed ecco l'idea... e niente, alla fine son contenta.

Mi sono divertita a scriverla, soprattutto perché ho scritto di uno dei miei personaggi preferiti di Vaiolo di Drago e, spero però, che la fic si capisca anche per chi non conosce la long.

Avrei voluto tanto farla leggere a Lady per avere un suo parere, comunque, spero che questa decisione di far rompere definitivamente i rapporti a padre e figlio sia condivisa anche dalla mia socia ^^

All'inizio l'idea era farli essere ancora più grandi, in realtà poi Nate ha voluto avere solo otto anni (anche se lui già si sente grande!) e i toni dei suoi pensieri sono volutamente un po' da adulto e un po' da bambino, come se certe cose le avesse capite solo intimamente. D'altronde poi, Nate sarà un bambino sveglio e furbo.

Il pezzo vuole andarsi a collocare dopo lo “Speciale Natale 2 di 2”, speciale spoiler: “L'essenziale è invisibile agli occhi", dove Ian spiega agli amici che ha fatto tardi per passare il pomeriggio con Nate, ho immaginato che sia stato “costretto” in un certo senso, per una serie di eventi, a cercare di appianare le divergenze e che quindi accetti di passare del tempo con Theodore e il fratellastro, ma che questo non lo faccia sentire meglio, anzi.

In quanto, per chi non lo sapesse, Ian ha un rapporto conflittuale con il padre. È stato, in un certo senso, abbandonato a casa del nonno paterno, Lord Nott, dal quale poi è stato cresciuto secondo le regole dei Purosangue e quindi Ian sente di essere stato privato non solo dell'allegria dell'infanzia ma anche di quel rapporto importante padre e figlio che invece vede instaurato con il fratellastro. (dal quale cerca di rimanere distaccato ma a cui invece vuole molto bene). Ho supposto che questo lo faccia stare male e siccome, per chi conosce il pg, sa che non è uno che affronta i problemi quanto piuttosto uno che scappa, preferisce dirgli addio.

Fino a quel momento, ci tengo a precisare, Ian non ha avuto vita facile.


Il contest prevedeva la scelta di un elemento qualsiasi per iscriversi.
Per quanto mi riguarda la sciarpa, la piuma , la luna piena e il fuoco sono stati invece i prompt della storia, anche se il titolo è stato l'inizio di tutto. e tutte le frasi presenti nel testo, che potevano essere messe senza alcun obbligo, tranne questa:

*Non c'è niente che mi fa più male del rivederti e riconoscerti come un estraneo [C.Zadro] Obbligo: Dev'essere detto da un padre a un figlio o viceversa in un discorso diretto.

E questo è tutto. ^^
Un bacione, Pam.

 
 
 
 
  
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