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Autore: zorrorosso    01/06/2015    0 recensioni
Ritornando dalla Louisiana, Elwood crede di essersi perso, per poi invece arrivare ad un'altra lenta conclusione: qualcuno lo sta cercando.
***Specifica contenuti forti: linguaggio.
Genere: Commedia, Fantasy, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Parte 7

 

Pinguina

 

Nel salire la scala che portava all’ufficio della direttrice dell’orfanotrofio di St.Lucille, Lea Standford, Elwood notò subito qualche cosa di strano.

La Pinguina, in questo universo, non si chiamava Mary e soprattutto non era una suora.

Era una donna piuttosto bassa ed originale, più simile a Liza Minnelli, portava la giacca di un frack nero ed un papillon che fermava il colletto inamidato, memorie di un tempo in cui, ancora giovane, usava suonare e ballare in calze a rete, dentro qualche club notturno.

Il suo ufficio era tappezzato di ritagli di giornale che la ritraevano in compagnia di stars sconosciute, immagini di jazzisti di successo, alcuni bluesman, ma decisamente meno di quelli che aveva notato in chiesa.

Ira entrò per prima e la donna le fece subito cenno di sedersi in uno degli sgabelli di fronte alla scrivania, ma non sembrava troppo lieta di vederla, mentre parlava animatamente al telefono con una personalità che sicuramente conosceva molto bene.

Gli altri tre la seguirono, ma Kals ed Edou, non conoscendo l'ambiente, rimasero più scostati verso la porta.

La donna alzò lo sguardo stranita verso Elwood, fece una smorfia con la bocca e salutò la persona dall’altra parte della cornetta calorosamente.

“Ira! A cosa devo questa visita?”- continuò successivamente, con un tono affatto rallegrato.

“Mh!”- mugugnò lei con un tono infantile, presentando Elwood alla donna. Non era certo una figura che incuteva terrore e notando che non usava tenere righelli sulla scrivania, probabilmente non era neppure troppo abituata ad usarli.

L’uomo sorrise e si avvicinò verso di lei per presentarsi, ma lei non fece lo stesso: si buttò sulla sedia dell’ufficio e la fece girare a destra e a sinistra con un profondo sospiro, appoggiando i gomiti sui braccioli ed incrociando le dita delle mani.

“Oh... Ira... Cara... Ancora con questa storia dei genitori biologici?”- chiese ritornando con lo sguardo su di lei.

“Non sono io...”- ribatté lei tra i denti, ma fu interrotta.

“Le informazioni sui nostri allievi sono informazioni del tutto segrete, non possiamo divulgarle a chiunque...”- spiegò la Pinguina lentamente.

“Signora Standford, non sono io. Ho smesso di cercare i miei genitori. Mi ha avvicinato lui, era lui che conosceva l’orfanotrofio di St.Lucille e sapeva l’origine del mio nome...”- spiegò finalmente Ira rivolgendosi verso Elwood.

“Ah!”- rispose lei con lo sguardo attento e la bocca leggermente aperta. Con un balzo veloce si alzò in piedi e si avvicinò ad un archivio, cominciò subito a scartabellare dietro alcuni diari e volumi.

“Sempre in forma ...ma’am...”- sospirò Elwood, spaesato da quella vista strana per i suoi occhi.

Lea aveva mantenuto parte della sua gioventù, scattante, egocentrica e dal passato brillante. Diametralmente l’opposto della Pinguina che lo aveva cresciuto.

“Se le cose stanno così, Ira, devo chiederti di prendere i tuoi due amici ed allontanarti: quello che dirò a questo signore, potrebbe non essere ciò che vorresti sentire, mia cara...”- continuò lei facendole cenno di andarsene.

Ira sbuffò irritata. Non voleva essere lì in primo luogo ed era stata appena cacciata un’ennesima volta dall’ufficio della Pinguina per non aver fatto nulla.

“Su, su”- disse lei con lo stesso tono che avrebbe potuto usare con un gatto randagio.

I tre uscirono dalla porta, senza allontanarsi.

 

“Come ha detto di chiamarsi?”- chiese la Pinguina ad Elwood, una volta rimasti soli, con un tono affascinante, sbattendo le lunghe ciglia e mostrandogli una spalla con fare sinuoso, seppure coperta dalla giacca. Sarebbe potuta essere tra i quindici e i trent’anni più vecchia di lui, che cosa mai le avrebbe potuto fare?

“Elwood... Elwood J. Blues”- rispose lui con un certo incondizionato timore.

“Mh... Mi ricorda qualcuno di familiare, ma non riesco a... Mh...”- disse la Pinguina, portando l’attenzione sui volumi che aveva appena tirato fuori dall’archivio.

“E’ sicuro di essere un parente di Ira? Sa, non ci sono notizie molto chiare sulla sua nascita e sua madre risulta defunta...”- continuò senza farlo rispondere, sfogliando velocemente gli incartamenti che aveva sotto gli occhi.

Ricordare qualche cosa di più di Irene forse sarebbe stato utile, ma nulla di più di un lontano rimpianto riaffiorò alla sua mente. Le informazioni che aveva di lei erano inutili per il catalogo che la Pinguina stava sfogliando. Era passato troppo tempo.

“Quale ragione la porta a credere che sia davvero sua figlia?”- chiese sfilando un paio di occhiali tondi dal naso ed appoggiandoli lentamente sul tavolo, guardandolo attentamente.

Elwood alzò le spalle, sopraffatto da quella domanda. Probabilmente si aspettava che la Pinguina si ricordasse di lui come aveva fatto Louisa, non quelle strane speculazioni su una famiglia perduta che lei ed il gruppo di ragazzi stavano facendo.

In effetti Ira assomigliava molto anche a Camille: poteva essere sua figlia? Un altro pensiero oscurò il suo umore da poco rallegrato, ma cercò di cacciarlo via.

“Sua madre. Ci sapeva fare con le armi da fuoco... Lanciafiamme, bazooka, armi nuove, ma anche roba da collezione, Seconda Guerra Mondiale, non certo cose che si trovano tutti i giorni da un rivenditore qualunque! Un tipo molto... Determinato. Non sarei suo padre, ma suo zio”- spiegò lui con delle pause molto lunghe.

La Pinguina annuì con riluttanza. Era un peccato che la donna non l’avesse riconosciuto. Realizzò lentamente che neanche lei lo stava cercando e non c’era modo di sapere come tornare veramente a casa partendo da quell’orfanotrofio.

 

“Mi dispiace signore, non risulta segnato da nessuna parte. Informazioni più dettagliate? Date di nascita o di morte?”- continuò lei chiudendo il volume dell’archivio. Elwood scosse la testa. Quelli erano sempre stati affari che Jake aveva tenuto per se.

“Allora?”- chiesero Kals ed Edou contemporaneamente a Elwood, non appena richiuse la porta dell’ufficio dietro di se.

“Per la Pinguina non ci sono prove valide...”- disse lui, dispiaciuto.

Per quanto fingesse che la cosa le fosse del tutto indifferente, se non addirittura disturbata dal pensiero che loro due potessero essere parenti, Ira guardò Elwood con lo stesso dispiacere e tirò un lungo sospiro.

“E... Potrebbe ricordarmi chi dovrebbe essere Ira per lei, signore?”- chiese Edou.

“Mia nipote. Sono suo zio...”- mentì lui, continuando ad esserepiù convinto dalle teorie di Louisa che di quelle dei ragazzi.

“Beh adesso si spiegano molte cose!”- disse Edou in direzione di Ira, raggiungendo la macchina.

“Vedi, è come ti dicevo, tutti in famiglia hanno uno zio strano... Proprio tutti!”- confermò Kals alzando le spalle e facendo lo stesso.

Elwood si soffermò sull’immagine dei tre amici risalire lentamente in auto, ritornando con l’attenzione sul ragazzo più alto. Eppure il biglietto parlava chiaro Beware the Motorhead e Kals era tutt’altro che un motorhead. Secondo le teorie di Louisa, sarebbe dovuto succedere qualche cosa all’incontro con il suo doppelganger e secondo l’ipotesi che stava lentamente prendendo piede nella sua mente, ora anche Camille era venuta a mancare. Piuttosto che credere defunta un’altra persona che aveva fatto parte della sua vita, scelse la soluzione più assurda: doveva essere per forza in un universo parallelo.

“Vuole tornare con noi?”- chiese Kals dal finestrino dell’auto. Elwood li raggiunse per fare ritorno verso l’appartamento dei tre con la stessa estenuante lentezza dell’andata.

“Se lei crede di essere mio zio... Che fine hanno fatto i miei genitori allora? Chi erano?”- chiese Ira senza pensare, rompendo il pesante silenzio.

Elwood sospirò.

“Ti sarebbero piaciuti...”- disse con riluttanza.

I quattro si azzittirono di nuovo, Ira strinse le labbra arrivando alla conclusione che, se sia lui che la Pinguina continuavano ad evitare di parlare dei suoi genitori senza fornire nessuna informazione nuova, voleva dire quasi sicuramente una cosa soltanto.

“Non mi interessa. Mi hanno abbandonata, di conseguenza non mi volevano!”- Ira prese una pausa, per cercare di mantenere il controllo - “E cos’ha lei per giustificarsi?”- chiese ancora.

“Nessuno me ne ha mai parlato. Camille era... Eh...”- Elwood emise un altro lungo sospiro. Dopo la rivolta in carcere, lui era stato messo in isolamento per un po’ ed aveva perso i contatti con Jake: non sapeva se o quando quella donna lo era andato a trovare, non sapeva cosa le aveva scritto.

La ragazza emise un rumore nasale, probabilmente cercando di trattenere una lacrima di dolore. Scese dalla macchina prima di tutti e corse via all’appartamento senza salutare.

Kals studiò un lentissimo parcheggio parallelo, tecnicamente perfetto e patetico allo stesso tempo, poi si soffermò a guardare Elwood affatto indifferente alle sue manovre troppo lente ed il comportamento della ragazza.

“Probabilmente non è una notizia difficile da digerire, signor Blues...”- commentò Kals, schioccando la lingua in un suono arido.

“Non è mia nipote, è Irene!”- sbottò lui di rimando -”Che aspetti? Vuoi rimanere da solo per il resto della vita? Ti piace fare il benzinaio per le ex-modelle? Vai immediatamente da lei!”- disse scaraventandolo dall’auto con una spinta.

Edou spinse istintivamente le ginocchia sul sedile, nel tentativo di vendicarsi per l’amico, facendolo sbalzare in avanti, ma Elwood non protestò, anzi, lo guardò con soddisfazione sfregandosi le mani ed annuì orgoglioso dicendo:

“Jake avrebbe fatto lo stesso!”.

Edou lo salutò malamente e lo lasciò andare verso la sua Ford.

Difficile decidere quale fosse l’auto più butta delle due.

 

Kals bussò alla porta della sua camera da letto chiusa, ma Ira non aprì.

“È la mia camera da letto... Ci sono delle cose...”- disse giustificandosi, leggermente pensieroso.

“Non mi interessa, le lascio stare le tue... Urr”- rispose lei dall’altra parte, con un tono di voce più calmo.

“Non badare a quel tizio. Dobbiamo cominciare le prove...”- continuò lui di nuovo, cercando di essere convincente.

Dall’altra parte non arrivò nessuna risposta. Solo lenta, dolorosa e grave, risuonò la sua armonica.

 

Oltrepassando Kals ed i suoi modi premurosi, Edou sfondò la porta con un calcio poco dopo e le offrì di bere direttamente da una bottiglia di burbon.

 

***

 

Sabato non arrivò facilmente per Ira.

Provare con Louisa non era una cosa facile, non che non fosse stata all’altezza, ma il suo umore era già pessimo senza l’aiuto dell’amante gelosa di Edou a darle una mano e creare contunui battibecchi. Bones aveva introdotto un buon musicista alle tastiere, un suo collega della radio, di cui non ricordava affatto il nome. Tom l’aveva invitata ad almeno cinque appuntamenti in quattro giorni, dopo le prove, e lei aveva accettato con indifferenza.

Per quanto risultasse misterioso ed attraente da sconosciuto, una volta realizzato che più della metà delle sue giornate costituivano in lunghissimi monologhi da solo di fronte ad un microfono, interrompendosi solo ogni tanto per mantenere un po’ d’orecchio musicale, abbassò di molto il suo interesse.

Kals ed Edou avevano insieme delle voci ottime ed avevano dimostrato molto più entusiasmo di quanto avessero mai menzionato davanti al bancone del bar. Per qualche strana ragione le ricordarono i vecchi tempi nella Band di Andrew, quando sia lei che Jeanette arrangiavano insieme il coro.

Insieme provarono alcuni pezzi, gli ottoni erano notevoli, le voci ottime. Il tipo alle tastiere vestiva un po’ strano, ma chi era lei per giudicare? Stanca delle lunghe ore passate a provare e riprovare gli stessi pezzi, guardò i membri della Banda prepararsi un’ultima volta e tirò fuori la sua misteriosa tromba decorata, con l’intenzione di provarla per la prima volta quella sera.

 

Un batterista fisso della Clarion avrebbe battuto il tempo per entrambe le bande.

La banda rivale ed il batterista si presentarono sul palco.

Ira non poteva credere ai suoi occhi; ogniuno dei loro membri aveva un rivale corrispondente: Lynn contro Louisa, lei e Bones contro James e Sam, gli ottoni che avevano lavorato diversi anni con lei, Kals contro Jeanette ed Edou contro Andrew. Il suo presunto parente suonava la batteria.

Kals ed Edou presero l’iniziativa cercando di convincerlo a battere i tempi dei pezzi a loro più familiari, ma all’uomo vestito di nero era vietato di parlare con le Bands.

La gara in questione era piuttosto semplice: ogni strumento doveva sopraffare l’altro, nel suo pezzo, in una serie di rounds. Se il round era troppo debole da una delle due parti, i tempi sfasati, lo strumento perdeva campo, lasciando spazio al suo corrispettivo per l’avversario. Era una vera e propria guerra, con singoli attacchi e lavoro di gruppo, cosa di cui la loro Band mancava, ma con il tempo anche quella di Andrew stava perdendo. Anche se Ira e Bones non erano all’altezza di James e Sam, Edou aveva molte speranze sull’irascibilità di Andrew.

Per quanto Kals potesse essere bravo, Jeanette cantava da più di un decennio, quasi tutte le sere. Le speranze di vincere contro una Band che ricordava suonare da sempre erano poche, in più la band aveva già ricevuto un contratto dalla Clarion.

Il direttore guardò le due bande soddisfatto e si rivolse sicuro verso Andrew:

“Bene, ragazzi, vi siete guadagnati il vostro primo contratto regolarmente, vediamo se riuscirete a guadagnarvi il secondo!”- disse Mike, mentre puntò l’attenzione su Elwood, alla batteria.

“Il signor Blues mi ha vivamente raccomandato voi come nuova banda. Ha detto che vi chiamate... Iree Irene? Jeboulowbless? Blues...Qualcosa?”- alle parole dell’uomo con gli occhiali a goccia e la giacca tartan, il gruppo si guardò. In tutto quel tempo passato a provare la musica per la serata non avevano ancora scelto un nome.

“Los Chicos del Barrio!”- gioì il tastierista anonimo, senza essere stato interpellato da nessuno. Kals ed Edou si guardarono e alzarono le spalle: per quella sera un nome valeva un’altro, anche se quello era veramente orrendo e inappropriato per una band che suonava principalmente soul e rhythm and blues.

 

La serata stava ormai per volgere al termine.

Ira aveva dato il meglio di se, la tromba misteriosa che stava suonando era magicamente perfetta. Così perfetta che Sam le lasciò la parte con addio ed un saluto militare, di tutto rispetto. Tuttavia contro le sue previsioni, nessuno vinse quella battaglia: Andrew era riuscito a prevalere su Edou, lei aveva sovrapposto il suo round su Sam, tutto qui.

Sfogliò l’ultima pagina del suo spartito, aveva annotato con cura tutti gli arrangiamenti, e quello era il suo ultimo pezzo prima di chiudere definitivamente la battaglia. Sul retro bianco della copertina, qualcuno le aveva lasciato un messaggio.

 

Scusa.

Mi sembro un idiota.

Dare retta a quel tipo...

Ma ora che ho cominciato a scrivere, ora che stai già leggendo, devo andare avanti.

Dal primo momento che ti ho visto ho capito che eri una ragazza carina, che eri scaltra e ci sapevi fare in molte cose: ho sempre invidiato la tua intelligenza, la tua bravura. Dal primo momento che ti ho visto ho capito che ti avrei voluto bene, che eri una persona indimenticabile. Sapevi vedere il meglio di me e di Edou, per quello ci hai tenuto al Bar, per quello ti piaceva scherzare con noi. Perdonami se ti ho trattato male, perdonami se ho detto cose che ti hanno offeso in passato, non volevo, piuttosto avrei voluto dirti il contario, ma non sapevo come esprimermi, non trovavo le parole.

Non mi sono mai avvicinato, non te l’ho mai detto perché... Non lo so nemmeno io perché, forse non ero ancora pronto. Ma ho imparato a capire che i miei sentimenti per te erano sinceri, e lo sono ancora, anche se non sono mai riuscito ad esprimerli, anche se erano così confusi.

Lo so, non so neppure io quello di cui sto scrivendo e perché... Forse solo perché una volta sei riuscita a farmi sorridere, o perché hai sempre detto di essere mia amica, forse perché anche tu bevi troppo caffè o perché questa sera hai deciso di suonare la tua tromba speciale e di aprire lo spartito, perché non credi che si possa improvvisare.

Ti scrivo per chiederti se ti va di uscire con me una sera, se vuoi parlare di qualche cosa, se non vuoi parlare di niente, magari proprio questa sera, più tardi.

Avrei tante cose da dirti.

Non so se sei tu quel qualcuno particolare o se lo strano tizio ha letto davvero nel passato o nel futuro, ma se c’era un minimo di verità nelle sue parole, non voglio ritrovarmi per sempre da solo, non voglio ritrovarmi fare il benzinaio per le ex-modelle.

 

Dopo una breve pausa sotto il palco, Elwood chiese a Mike il permesso di parlare. Lui annuì soddisfatto. Così, lasciato di nuovo Buster tra il pubblico, Elwood si diresse verso Kals ed Edou ed il resto della banda, nel tentativo di congratularsi per il loro successo, ma mentre risaliva la scaletta del palco, una ragazza affascinante, molto simile ad una giovanissima Aretha Franklin, scese con grazia la stessa scaletta.

Proprio mentre i loro corpi si incrociarono sul percorso, lei perse l’equilibrio dai suoi tacchi altissimi, ritrovandolo subito dopo. D’istinto Elwood la prese per mano nel cercare di aiutarla, lei lo ringraziò e sorrise senza presentarsi.

 

In quel momento, realizzò come Louisa aveva sempre avuto ragione: sarebbe dovuto succedere qualche cosa non appena avrebbe incontrato il suo corrispettivo di quell’universo.

 

E in quel momento accadde qualche cosa.


Epilogo

 

“Nooooo” Jake, we don’t use Valvoline!”


Queen Musette schioccò le dita una sola volta e tutto si fermò, illuminato da quella luce bianca che aveva visto in precedenza.

“Bene. Il tuo desiderio è stato esaudito”- disse fissandolo intensamente.

“Eh?!”- chiese lui con un balzo all’indietro.

“Hai chiesto di rivedere Jake”- disse lei abbassando gli occhi per un attimo e ritornando su di lui con uno sguardo ipnotico.

Elwood si ripiegò in avanti, tra il sospetto e lo stupore.

“BoohDoooh...”- sussurrò Queen Mousette passandogli una mano davanti agli occhi che si potevano intravedere fissarla attentamente attraverso gli occhiali scuri.

“...Universi Paralleli Combacianti la Bluesmobile ha attraversato l’universo dove Jake è morto per raggiungerne un altro dove Jake è ancora vivo ed ho avuto occasione di vederlo e parlargli...”- disse lui parlando meccanicamente, come ipnotizzato.

Queen Mousette incrociò le braccia ed annuì.

“Esattamente. L’unico modo per ritornare nel vostro universo era quello di incontrare uno dei vostri corrispettivi in questo universo.”- spiegò lei.

Si distese subito dopo e passò un’altra mano di fronte al suo sguardo.

“Ma io non voglio ritornare! La gente mi tratta come se fossi un profeta! Potrei vivere qui, non ho neanche la fedina penale sporca! Potrei lavorare onestamente e...”- calcolò Elwood.

“BoohDoooh!”- esclamò nuovamente la strega della Louisiana.

“Purtroppo due Elwood non possono coesistere a lungo nello stesso universo. Per questo Jake scrisse di fare attenzione al Motorhead... Chiedeva di fare attenzione a me stesso!”- continuò con lo stesso tono.

La strega della Louisiana annuì una sola volta ed aggiustò la parrucca altissima, per poi congiungere le mani sulle sue vesti colorate, risvegliandolo da quell’incantesimo.

“Altezza! Aspettate!”- disse Elwood tornando in se per un attimo. La strega si fermò ad ascoltarlo pazientemente.

“Come faccio a sapere di aver incontrato me stesso in questo universo? Come faccio a sapere di aver incontrato veramente Jake?”

“Se non lo avreste incontrato, vi starebbe ancora cercando! Bisogna avere fede...”

“Vorrei salutare Jake un’ultima volta, se è possibile, Altezza.”

“Certo”- disse lei facendogli strada con un ampio inchino.

 

Tra la luce che non lasciava la possibilità di vedere nulla, la 2CV grigia frenò bruscamente, le sospensioni la fecero dondolare faticosamente prima a destra e poi a sinistra, cigolando in un suono vecchio e stanco.

Elwood si avvicinò lentamente ed aspettò che la persona alla guida uscisse dall’auto.

Ira scese dalla macchina come se qualcuno l’avesse appena scaraventata.

La schiena dell’uomo si irrigidì ed il mento si piego’ in un’espressione strana, volgendosi di nuovo, così teso, verso la strega.

“Siete sicura, Altezza?”- sussurrò Elwood incurvando le spalle.

Lei lo guardò con disappunto e schioccò le dita tre volte in direzione della ragazza.

“You know man, you know how it went, they told you... I was there too early man, I was there I swear, I told you... I thought you were getting out of jail the 20th, the twentieth of two months ago... And... Geez... The windy rains and the cold nights, you know how it goes, you know I can’t drive... It was cold, it was cold like Hell, it poured like Hell! Got sick about two weeks after, man. The guards pick me up again. This time they sent me to the hospital, this time, last time. I was boiling, hard fever. I swear I tried to wait for you. I Tried to wait. Couldn’t... She took me. You know who. It was so cold, I felt so cold, man...”- la voce di Ira fuoriuscì altrettanto gutturale, meccanica e dura, dagli occhi brillarono due grosse lacrime, dolorose come cristalli.

Davanti allo sguardo della giovane donna comparve la visione surreale di un universo parallelo, dove lei era in realtà qualcuno che aveva appena visto la morte in faccia. Non ebbe paura, ma provò un senso di vuoto nell’anima, una mancanza incolmabile.

Elwood l’abbracciò come avrebbe potuto fare con Jake, sulle note di She Caught the Katy.

 

Per un attimo ebbe l’impressione di essere di fronte ai cancelli delle prigioni, trafitto da un raggio di sole. Dietro di loro, la Bluesmobile.

 

Era l’alba di un giorno lontano.


*** Fine ***


----NdA-------------

Volevo fare un po' il punto della situazione:

Innanzi tutto spero che questa storia vi abbia divertito almeno quanto ha divertito me ricordarla e riassemblare insieme le varie avventure dei miei personaggi.

Sono sempre stata molto legata alla figura di Ira/Irene ed è una Mary Sue che spero si sia sviluppata un pochino con il tempo e i riadattamenti, che non sia rimasta la Mary Sue perfetta delle mie prime ff.

Curiosità: tra le tante cose, alcune delle sue professioni "temporanee" oltre a barista sono state meccanico (aiutava Elwood con un guasto alla Bluesmobile prima del primo film e si sono conosciuti così), babysitter (-?- perché avevo 14 anni), spogliarellista mancata (era una scenetta che creai prima di vedere BB2k, dove i BB facevano una serata "improvvisata" stile quella di "Bob's", ma si trovavano -per sbaglio- in uno strip-club -per donne-), jazzista in stile Glen Miller, Opal era uno degli altri nomi scelti per lei, aveva una sorella (bianca, che poi ho trasformato in Jacqueline/Jeanette) che doveva lasciare per raggiungere lo zio e diventare la sua segretaria (e poi lo zio la avrebbe messa in una missione-impossibile per tirare fuori i BB dal carcere), avvocato quarantenne frustrata dal lavoro (non sto a spiegarlo, è l’idea per una prossima fic), Agente musicale "traviata" dai BB, figlia illegittima di Jake (più o meno sulle orme di Zee Blues).

In un'altra fic (ambientata dopo il primo film) i BB non potevano mettere insieme la Band subito quindi -da evasi- si ritrovano a scappare in Messico e mettere insieme una Band Latina (tipo Murph)...

In una delle versioni più recenti, i personaggi di Kals ed Edou -ovviamente- avevano i nomi invertiti e si trovavano ad incontrare Buster e mettere insieme una BB Tribute Band "per destino".

Ho scritto davvero un sacco di idee negli anni!

Non so se butterò giù un'altra delle mie tracce, avevo messo da parte un'intera sezione di scritti tutti dedicati ad un tour che prendeva letteralmente tutti gli Stati Uniti e la scena della Jam Session con la Band di Andrew era di solito una delle scene all'inizio della storia,

era lunghissima e spiegava molto più dettagliatamente come Bones e Ira venivano a conoscenza tra di loro (si complimentavano a vicenda per la loro bravura e lei passava direttamente alla BB Band quando trovava Andrew con Lynn, senza troppe spiegazioni).

Probabilmente, come è capitato per questa storia, a fine estate avrò occasione di riprendere di nuovo in mano alcuni dei miei vecchi appunti, questa volta forse avrò modo di avere per le mani anche alcuni quaderni degli anni '90 e trascriverli in maniera più "coerente".

Sfortunatamente questa storia non ha avuto il successo che speravo, specialmente i capitoli 5/6 e l'epilogo sono stati capitoli molto intensi da scrivere e mi hanno preso davvero molto, mi hanno dato tante idee per una nuova fic, ma non ho ricevuto assolutamente nessun riscontro (quando dico nessuno, intendo proprio nessuno) per continuare su questa strada,

quindi preferisco lasciare la storia così com'è, senza estensioni o rifacimenti, e continuare altri progetti che ho già pianificato in precedenza prima di pensare ad un seguito per questo.

(Spero di non metterci altri 20 anni prima di trascrivere qualche cosa su file!).

Grazie infinite per aver letto fino a qui!

A presto :D



 
  
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