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Autore: Gulminar    01/06/2015    2 recensioni
Mi dispiace.
Sasuke lo aveva ripetuto un paio di volte, ma dal suo atteggiamento non traspariva dispiacere, l’abituale distacco era a stento offuscato da qualcosa di più simile alla rassegnazione.
Alla sconfitta? Al fallimento di tutto il suo agire? Al dover essere ciò che loro volevano che fosse?
Accetterò il vostro affetto perché non ho altra scelta.
Riusciva a figurarsi il suo volto, sentiva il suono della sua voce, mentre diceva quelle parole.
Sarò come voi ordinate perché non sono riuscito a fare di testa mia.
Di questa rinunciataria accettazione, faceva parte anche accogliere l’idea che lei lo avesse sempre amato senza condizioni? L’adeguarsi bovinamente al fatto che dovessero andare a vivere insieme, sposarsi, mettere al mondo dei bambini? Sasuke non l’avrebbe fatto perché l’amava, ma perché le pieghe della sorte, del sistema, avevano disposto questo per lui?

Sakura alle prese con lo stress da dopoguerra e tante, troppe cose ancora da dire. Sasuke è appena partito e per lei non è sufficiente gettarsi in maniera morbosa nel lavoro per cavarsela. Sarà il personaggio più inatteso e impensabile a venire in suo aiuto.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Orochimaru, Sakura Haruno, Sarada Uchiha, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Questa idea ha cominciato a girarmi in testa molto prima della conclusione ufficiale del manga, trovo giusto specificarlo qui perché sia chiaro che essa non mi è stata ispirata dai capitoli finali.

"Espiazione" vuole essere un piccolo omaggio al mondo di Naruto e il mio commiato da esso, dubito che scriverò ancora su questo fandom. Chiedo scusa ai lettori che speravano in un seguito di Arayashiki, a patto che siano ancora presenti sul sito, se rimarranno delusi, ma così è la vita, non maleditemi se potete.

 
Gulminar
1 giugno 2015
 
*

ESPIAZIONE
 
Nella mia piccola prigione compresi quanto avevo sprecato nella vita,
ma è così semplice e triste esprimerlo a parole.
Anne Rice
 
Gocce di sudore scivolavano lungo le tempie, prudevano.
Esasperata, si passò le mani fra i capelli. Pensò che dovessero essere sporchissimi, come del resto tutta la sua persona. Aspettava il mal di testa da un momento all’altro, era strano che non le fosse ancora venuto, dopo una giornata trascorsa a saltare da un ospedale all’altro.
Come la pallina di un flipper.
Tale espressione rendeva bene l’idea, chi l’aveva usata? Non lo ricordava, forse una delle infermiere, mentre la invitava ad andare con più calma. Diamine, non era l’unico medico-ninja della città, benché lei si vedesse come tale.
Dalla strada saliva, insieme al calore della serata estiva, il vocio della gente in festa. L’esasperazione per quel clima le fece chiudere gli occhi e stringere i denti.
Celebrazioni, parate, ricevimenti, in quei giorni non si parlava d’altro, non si faceva altro. L’entusiasmo per la fine della guerra era ufficialmente entrato nel parossismo. I festeggiamenti, organizzati con alacrità morbosa, si susseguivano in un continuum caotico. Ovunque si muovesse un passo, si era certi di incrociare qualcuno che blaterava su qualcosa da pianificare.
Sakura Haruno, sola nella sua stanza, non si sentiva in grado festeggiare, non ancora.
Forse, quando anche il suo animo si fosse volto alla soddisfazione per la fine dell’incubo, sarebbe stato tardi, il momento di festeggiare trascorso.
Chiuse di scatto il libro con cui aveva tentato di distrarsi, lo allontanò di traverso sul piano della scrivania. La mente si rifiutava di focalizzare, anche se si trattava di una lettura leggera.
Avrebbe dovuto fare una doccia, togliersi di dosso la stanchezza della giornata, poi prepararsi una tisana che conciliasse il sonno. Una persona dotata di buonsenso avrebbe fatto così. Doveva smettere di pensare, almeno fino alla mattina successiva.
Sakura Haruno era sempre stata un’artista sopraffina del pensare troppo.
Si tastò la fronte, nel punto in cui Sasuke l’aveva toccata un momento prima di allontanarsi. Lo aveva seguito con lo sguardo fin dove aveva potuto, era stata colta da un moto di gelosia, perché le sue ultime parole prima di partire fossero rivolte a Naruto. Giusto così, si era detta, ma la tentazione di correre dietro a Sasuke era stata forte.
Sakura Haruno doveva smettere di comportarsi da ragazzina isterica.
Gettò un’occhiata al sacchetto di biscottini caramellati allo zenzero, un regalo di Naruto. Represse la tentazione di prenderne un paio, se non quella di cacciarsi in bocca l’intera confezione. Le venivano le voglie come a una donna incinta, occorreva trovare un’attività in cui la sua mente potesse distrarsi davvero, o sarebbe impazzita. Correre da un ospedale all’altro per tutta la giornata, paradossalmente, non bastava.
In strada dovette passare l’ennesimo corteo celebrativo. Sakura imprecò mentalmente, scrutando la luce del tramonto che entrava dalla finestra. Attese che il clamore si attenuasse, le parve volerci un’eternità. Pensò di nuovo che dopo tante ore di lavoro infernale, sudata e sporca com’era, una doccia fosse la cosa giusta da fare.
Sakura Haruno era stufa marcia di fare sempre la cosa giusta.
Scartò l’ipotesi di passare dal piano inferiore, non aveva voglia di spiegare dove stesse andando. Non che fosse tenuta a farlo, ma i suoi famigliari l’avrebbero chiesto.
Sakura Haruno non aveva più voglia di essere la brava ragazza di casa.
Non aveva più voglia di essere un sacco di cose.
E non aveva idea di dove stesse andando, le bastava muoversi.
Scavalcò il davanzale della finestra in perfetto silenzio e balzò sul tetto della casa di fronte.
Ci vediamo presto.
Continuava a girarle in testa come la litania di un ipnotista. D’altra parte Sasuke era anche questo, se lo voleva, di certo con lei lo era sempre stato.
Con un paio di balzi raggiunse il vicolo, con calma riluttante la strada principale.
Un’orchestrina improvvisata di quattro elementi male assortiti torturava le orecchie dei passanti. Bambini esagitati starnazzavano intorno ad una bancarella di dolciumi, seguiti da genitori stremati. Le luminarie per la notte erano già accese, pareva fosse entrato in vigore il divieto collettivo di dormire, di lasciar finire il giorno.
Sakura si mosse rapidamente attraverso la folla, rimpianse all’istante di non aver proseguito per i tetti. Voleva lasciarsi alle spalle tutto quel trambusto, desiderava la balsamica quiete del buio, la tranquillità della notte, il fragrante silenzio dei boschi.
Mi dispiace.
Sasuke lo aveva ripetuto un paio di volte, ma dal suo atteggiamento non traspariva dispiacere, l’abituale distacco era a stento offuscato da qualcosa di più simile alla rassegnazione.
Alla sconfitta?
Al fallimento di tutto il suo agire?
Al dover essere ciò che loro volevano che fosse?
Accetterò il vostro affetto perché non ho altra scelta.
Riusciva a figurarsi il suo volto, sentiva il suono della sua voce, mentre diceva quelle parole.
Sarò come voi ordinate perché non sono riuscito a fare di testa mia.
Di questa rinunciataria accettazione, faceva parte anche accogliere l’idea che lei lo avesse sempre amato senza condizioni? L’adeguarsi bovinamente al fatto che dovessero andare a vivere insieme, sposarsi, mettere al mondo dei bambini? Sasuke non l’avrebbe fatto perché l’amava, ma perché le pieghe della sorte, del sistema, avevano disposto questo per lui?
Prospettive deprimenti.
Piuttosto sarebbe rimasta zitella a vita, dicendo a Sasuke di andare per la sua strada, di trovare la sua dimensione, quale che fosse.
Oppure si sarebbe adattata al compromesso, pur di essere finalmente la sua compagna?
La seconda opzione era invitante nonostante tutto. Cazzo, lei meritava il suo lieto fine, dopo tanto patire, eccome se lo meritava.
Ma sai che gusto…
Le parve di sentire la voce di Ino mentre pronunciava quell’obiezione.
Spezzò i pensieri rendendosi conto di essere finalmente sola, circondata dalla foresta. Si lasciò carezzare dalla quiete, dal silenzio. Attese immobile per una manciata di minuti, come se la frescura del bosco stesse lavando via il calore e la tensione del giorno. Non le sarebbe dispiaciuto se fosse scoppiato un temporale in quel momento, ma l’assenza di nuvole non lasciava adito a tale speranza. Si mosse in direzione del fiume, non aveva fatto la doccia a casa, molto meglio un bagno immersa nella natura selvaggia di quei luoghi.
Lo percepì molto prima di vederlo, nell’oscurità che nel frattempo era calata del tutto. Il corso d’acqua era come un enorme serpente nero dispiegato nella notte. Sakura lo costeggiò, cercando una zona che fosse abbastanza profonda e in cui la corrente non fosse forte. Individuò una pozza con una piccola cascata, dominata da rocce grigie, che alla luce delle stelle e della luna brillavano di strani riflessi madreperlacei. I rami dei salici formavano una sorta di piccola arena intorno allo specchio d’acqua, creando un’atmosfera raccolta, quasi intima.
Un piccolo angolo di paradiso.
Solo per me.
Senza pensare, si spogliò completamente, facendo un mucchio caotico con gli abiti. Tolto anche il coprifronte, assaporò la fredda carezza dell’aria notturna sulla pelle. Non le era mai capitato di essere del tutto nuda all’aria aperta.
Che incredibile sensazione di libertà!
Sakura Haruno doveva smetterla con le seghe mentali e vivere in modo più semplice.
Saggiò l’acqua con la punta dei piedi, fu sorpresa dal sentire che la temperatura era quasi ideale. Raggiunse il centro della pozza, l’acqua le arrivava ad altezza del diaframma, si immerse completamente, rimanendo sotto per tutto il tempo che fu capace. Nuotò cercando punti in cui l’acqua fosse più profonda, ebbe l’impressione che molti dei suoi tormenti le si sciogliessero di dosso insieme allo sporco e al sudore.
Che stupida, perché non l’ho mai fatto prima?
Non si curò di misurare per quanto tempo stette a sguazzare come una bambina. La notte poteva trascorrere, il giorno successivo e quelli a seguire, si stava così bene in quel posto. Sarebbe stato fantastico trasformarsi in una ninfa e restare a vivere lì per sempre, senza preoccupazioni.
“Uno spettacolo niente male.”
Il mondo intorno a Sakura parve disintegrarsi, mentre lei rimaneva congelata nella posizione. Troppi pensieri le saettarono in testa.
I suoi sensi ninja non avrebbero dovuto avvertirla della presenza di qualcuno? Doveva essersi rilassata fino a un punto di non ritorno.
Nuotando aveva quasi raggiunto la riva opposta, non se n’era resa minimamente conto. Riconobbe le guglie spezzettate che aveva di fronte in un istante che fu quasi doloroso.
Il Pykon!
Era un gruppo isolato di basse cime, con all’interno un piccolo sistema di caverne. Il fiume gli scorreva di fianco. Alcuni maestri lo utilizzavano come luogo per l’addestramento. Sakura non vi si era mai allenata, ma Kakashi, a volte, vi aveva portato il giovane Team Sette a visionare gli esercizi di squadre più esperte. In una di quelle occasioni, era scoppiato un temporale tremendo e loro si erano rifugiati in una delle grotte. Naruto si era messo a ballare seminudo sotto la pioggia, cantando sguaiato, Kakashi aveva acceso un fuocherello per leggere. Lei era molto stanca e Sasuke le aveva permesso di riposare adagiata a lui, l’aveva quasi abbracciata per farla stare più comoda. Ricordava i particolari di quel giorno come fosse stato quello appena concluso.
È uno scherzo dell’immaginazione.
Sasuke era partito, ormai doveva essere lontano da Konoha, non poteva trovarsi ancora lì. Eppure, il giovane uomo seduto al sommo di un masso, intento a fumare placidamente una lunga pipa, sembrava proprio Sasuke. Pareva sorridere ma Sakura non poté esserne certa. Il caos in cui si sentì sprofondare fu tale che non pensò nemmeno di alzare le braccia a coprire le proprie nudità. Avanzò invece a passi misurati fino ai piedi della roccia, come ipnotizzata, sentì l’odore intenso della miscela che lui stava fumando. Fu tentata di chiudere gli occhi per gustarlo meglio, ma non poteva distogliere lo sguardo dalla figura.
“Immaginavo che saresti venuta.”
Sakura sentì come una scossa elettrica.
“Non so se ci speravo.”
Intendeva forse dire che la stava aspettando? Il cuore di Sakura perse più di un colpo. Si era davvero trasformata in una creatura del fiume ed era entrata in una dimensione onirica? Era nuda, l’acqua non copriva nemmeno metà del suo corpo e Sasuke la stava osservando.
“Perché non sei partito?” Balbettò, la prima cosa che le venne in mente.
Una piccola parte della sua mente, non travolta dal caos, si chiese se potesse esserci esordio più stupido. Il cuore le stava esplodendo di gioia per il fatto che non fosse partito, ma Sasuke rimaneva un’incognita. Sakura si rese conto che, forse, non lo avrebbe mai conosciuto a sufficienza da prevedere una sua mossa.
Un’altra prospettiva deprimente.
Sono partito.” La contraddisse lui. “Non mi sono allontanato, per ora.”
“Sasuke?”
Una voce rauca, da qualche parte, alle spalle di Sasuke. Sakura pensò di riconoscerla, sentì un brivido in più lungo la schiena.
“Che succede, Sasuke? Abbiamo visite?” Insistette la voce.
Sasuke balzò giù dalla roccia, Sakura fece un salto per la sorpresa.
“È…?” Cercò di dire la ragazza, non riuscì a completare la domanda.
“Sì, è lui.” Rispose Sasuke. “Si agita per ogni minima cosa.”
“Sasuke, insomma, che succede?”
“Verresti a salutarlo? Forse, vedendoti si tranquillizzerà.” Domandò Sasuke. “Magari prima mettiti qualcosa addosso.”
Sakura accennò a fare un passo indietro.
“Non avere paura.” Insistette con calma Sasuke. “Ormai è solo un povero vecchio, non può farti del male. A essere sinceri, è lui che dovrebbe temere te.”
Senza porsi domande, Sakura riattraversò di corsa il fiume. Si rivestì con foga, buttandosi addosso gli abiti senza asciugarsi, quasi temendo che la visione sulla riva opposta potesse sparire, se lei non fosse stata veloce. Formulare pensieri sensati, razionalizzare quanto stava avvenendo? Impossibile in quel momento.
Quando lo raggiunse di nuovo, ancora tutta gocciolante d’acqua, Sasuke aveva spento e riposto la pipa. Solo a quel punto Sakura notò l’ingresso della caverna alle sue spalle. Sasuke la prese per mano, un contatto che le scagliò una scarica di fulmini attraverso i nervi, la condusse oltre l’ingresso di roccia, verso la luce che s’intuiva all’interno.
In compagnia di alcune candele e un paio di vecchi libri, disteso sui futon, languiva ciò che restava del ninja leggendario. Come aveva detto Sasuke, era solo un povero vecchio rattrappito, la pelle cascante, i movimenti incerti. Soltanto lo sguardo conservava qualcosa dell’antica potenza.
“Oh.” Commentò, quando li vide entrare. “Una visita importante.”
Sakura si costrinse ad avvicinarsi, forse fu Sasuke a sospingerla in avanti. Eseguì un rigido inchino, i capelli fradici le invasero il viso, dovette forzare la bocca ad aprirsi.
“Orochimaru-sama.” Salutò.
Il ninja leggendario ricambiò come poté dalla posizione distesa, Sakura ebbe l’impressione di sentire le sue ossa scricchiolare.
“Ho detto a Sasuke che saresti venuta.” Le spiegò Orochimaru. “Lui era scettico, ma penso fosse inevitabile, dal momento che ci siamo accampati così vicino alla città.”
Sakura si era diretta lì per un fatto istintivo? Questo intendeva Orochimaru?
“Ora è il caso che ti riposi, vecchio mio.” Si inserì Sasuke.
“Come preferisci.” Si arrese subito il ninja leggendario. “Non m’immischierò oltre. Spero solo che tu sia in grado di gestire una cosa del genere, questa volta.”
“Buonanotte.” Ribadì Sasuke, quasi in tono di comando.
Si chinò a sistemare meglio il guanciale del vecchio, che aveva già chiuso gli occhi stanchi. Sakura pensò che nemmeno il più delirante dei sogni potesse arrivare a tanto.
“Chiama, se hai bisogno di qualcosa, sarò qui fuori come al solito.”
Sakura non fu certa che Orochimaru avesse mosso la testa per annuire. Sasuke la condusse fuori dalla caverna, dove la ragazza riprese a respirare. La guidò attraverso il dedalo di rocce, verso un luogo in cui, intuì lei, avrebbero potuto parlare senza rischiare di essere ascoltati.
“Che intendi fare con quel… povero vecchio?” Domandò in tono quasi aggressivo.
Accusatorio?
Sasuke si sedette su un masso, parve sul punto di estrarre nuovamente la pipa dal chimono poi dovette ripensarci. La calma che ostentava era quasi disarmante.
“Occorre che qualcuno si prenda cura di lui.” Disse con semplicità.
Sakura gli rivolse uno sguardo scettico.
“Perché tu?”
“Chi altri?” Sasuke si strinse nelle spalle. “L’hai visto anche tu, ormai tutti i poteri l’hanno abbandonato, non può più nuocere a nessuno. Non può nemmeno tornare a Konoha, non c’è possibilità che lo perdonino come hanno fatto con me.”
“Continuo a non capire perché te ne debba occupare tu.”
Sasuke distolse lo sguardo, parve volgerlo alle stelle lontane, accennò un sorriso.
“Gli devo almeno questo.” Si strinse nelle spalle. “In fin dei conti, lui è come me. Anche lui ha cercato di cambiare il sistema, non c’è riuscito e il sistema l’ha ricondotto all’ordine.”
Tutte le riflessioni fatte mentre si allontanava dalla città si riversarono su Sakura come una doccia fredda. Sul momento, le parve che quelle parole fossero dette appositamente per confermare quanto aveva pensato.
“E poi, sento che la mia espiazione inizia con lui.”
Riportò lo sguardo su di lei, per la prima volta in assoluto, Sakura ebbe la vaga impressione che il suo dispiacere fosse autentico.
“Spero che finisca con te.” Scandì Sasuke per concludere.
Sakura sentì la bocca seccarsi, lo sguardo che gli rivolse dovette riflettere la confusione che le esplodeva dentro.
“Sì!” Sasuke allargò le braccia in un gesto di resa. “Sì, Sakura. Al di là del mio smisurato e perfettamente inutile orgoglio, del mio abnorme egocentrismo, ci penso, ci penso eccome! A noi, a tornare a Konoha, a fare di te mia moglie, a una grande casa piena dei nostri bambini. Sarebbe… perfetto. Merito forse tutto questo?”
“No.”
Sakura fu rapida a uscire dallo sbigottimento, a cogliere l’appiglio che lui le offriva, non ebbe esitazioni.
“Tu non lo meriti, ma io sì.” Fece un passo verso di lui. “Io merito tutto questo e te lo darò, nonostante il passato. Quindi fai in modo che questo cammino di espiazione sia breve, perché sono stanca di aspettare.”
Sasuke le concesse ciò che era il massimo dei suoi sorrisi, le accarezzò una guancia. Sakura inclinò la testa di lato per assaporare il gesto. Sasuke appoggiò la fronte a quella della ragazza.
“Sai che dovrai insegnarmi tutto, come a un bambino.” Disse sottovoce. “Ricordo l’affetto di mia madre, di mio fratello, a modo suo anche di mio padre, ma non so come si ami una persona, nemmeno come si faccia a essere amati.”
Sakura lo abbracciò con cautela, saggiando un terreno pressoché sconosciuto. Sasuke la lasciò fare, poi rispose, le mise una mano dietro la testa e le posò un bacio sulla tempia. La ragazza sussurrò due parole soltanto, Sasuke non le udì ma ne intuì il significato.
“Sì.” Rispose. “Tornerò presto.”
 
“Mamma, papà è andato di nuovo a trovare il nonno?”
“Credo di sì, tesoro, tornerà entro sera.”
“Perché il nonno non viene a stare con noi? Sono passati tanti anni e lui è così vecchio, nessuno vorrebbe ancora condannarlo.”
Sakura mise da parte il volume medico che stava consultando, scrutò la figlia intenta a giocare sul tappeto del salotto. Forse, non si sarebbe mai abituata del tutto alla maturità che quella bambina era capace di infilare in certi ragionamenti.
“Credo che il nonno preferisca restare dov’è.” Tentò di stemperare, a disagio. “È molto orgoglioso e non vuole esserci di peso, capisci?”
“Ma non ci sarebbe di peso!” Obiettò subito la bambina. “Mi occuperei io di lui!”
Sakura sorrise e si sedette sul tappeto accanto alla figlia, le bambole con cui stava giocando rappresentavano un accigliato Sasuke e uno sghignazzante Naruto, le aveva fatte Kakashi con le proprie mani.
“Al nonno piace stare per conto suo.” Argomentò. “Ma forse, se glielo chiedi tu…”
“Allora appena lo vedrò glielo chiederò!”
 
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