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Autore: __aris__    02/06/2015    8 recensioni
Il castello di Elean era un antico maniero costruito su un isoletta circondata da un lago noto in tutta la Scozia per il colore particolarmente scuro delle sue acque. La leggenda voleva che il lago fosse nato dalle lacrime di una donna: si diceva che fosse promessa ad uno dei prìncipi che vissero nel maniero, ma che il giorno del matrimonio fu cacciata dalla famiglia del nobile e ripudiata dal futuro sposo. Rimasta sola e senza niente, raggiunse il limitare del giardino dove pianse tutte le sue lacrime: piano, piano si formò un lago nero, che nemmeno il Sole di mezzogiorno sapeva rischiarare, e della triste fanciulla non si seppe più nulla. -- storia partecipate al contest the melancholy spirit indetto sul forum di EFP. spero che vi piaccia e che i lasciate un commento. AVVISO: l'autrice è consapevole che il testo necessita di una revisione e promette di adempiere al più presto.
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nome sul Forum e su EFP: ariscarmen per i forum ed __aris__ su EFP
Titolo della storia: Aching Soul
Immagine scelta: immgine 14
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Genere: soprannaturale, fantasmi
Note dell’autore:
 
 
 
 
 
 
Il castello di Elean era un antico maniero costruito su un isoletta circondata da un lago noto in tutta la Scozia per il colore particolarmente scuro delle sue acque. La leggenda voleva che il lago fosse nato dalle lacrime di una donna: si diceva che fosse promessa ad uno dei prìncipi che vissero nel maniero, ma che il giorno del matrimonio fu cacciata dalla famiglia del nobile e ripudiata dal futuro sposo. Rimasta sola e senza niente, raggiunse il limitare del giardino dove pianse tutte le sue lacrime: piano, piano si formò un lago nero, che nemmeno il Sole di mezzogiorno sapeva rischiarare, e della triste fanciulla non si seppe più nulla. Si diceva che fosse morta di dolore quello stesso giorno ma che il suo spirito non avesse mai abbandonato il castello, tormentando tutti i discendenti maschi del principe fino a che non avrebbe avuto la sua vendetta.
Nel corso dei secoli la storia originale si arricchì di nuovi dettagli: ogni volta che un Duca di Elean moriva, non importava come, qualche paesano del borgo vicino modificava la storia per renderla ancora più spaventosa: qualcuno iniziò anche a dire che sotto il lago si nascondeva il cuore infranto della giovane sposa, che essa stessa si era strappata dal petto per sentire meno dolore. Alla morte del vecchio duca Alfred ogni uomo, donna e bambino conosceva a memoria almeno tre versioni di quegli sfortunati eventi, non sapendo nemmeno lui quale fosse quella autentica. Il Duca era stato un signore molto amato dai suoi sudditi: aveva girato il mondo ed ogni volta che tornava da qualche viaggio portava con sé qualcosa per migliorare la vita di coloro che lavoravano la sua terra. Aveva avuto una moglie che gli aveva dato un figlio: si diceva che fosse bellissima e che il Duca l’amasse perdutamente. Si raccontava anche che la devozione del marito fosse stata la causa della sua morte: lo spirito che infestava il castello la fece impazzire, dicevano le vecchie cucitrici, e la fece precipitare dalla torre più alta del palazzo solo per far soffrire il Duca. Che fosse vero o no, il Duca decide di allontanare il figlio da quel luogo maledetto: lo mandò a studiare prima ad Edimburgo e poi ad Oxford, facendo in modo che il giovane Gabriel non tornasse mai nelle terre della sua famiglia.
 
 
 
Riconosceva il castello in cui era nato. O almeno credeva di riconoscerlo, tra la fitta nebbia di quello strano sogno. Tutto ciò che vedeva era una donna, con lunghi capelli smossi dal vento, dargli le spalle dal vertice di una ripida scala di legno. Tutto il resto era nebbia o rami rinsecchiti e nodosi che incorniciavano la sommità della scala come fossero i cardini di una bizzarra porta. Non c’erano rumori in quel sogno, il silenzio sovrastava ogni cosa, fino a quando la donna misteriosa non si voltava e gli tendeva una mano. Anche se non la vedeva in viso, era sicuro che lo esortasse a raggiungerla, ammaliante come una sirena.
Un colpo. Qualcuno bussò alla porta. Il sogno iniziava a scomparire.
Un altro colpo più, forte del precedente. Chiunque fosse aveva fetta. Il sogno svanì e Gabriel si stropicciò gli occhi mettendosi a sedere sul letto.
Vostra grazia apritemi! Reco notizie da Elean!” disse l’uomo che continuava a bussare.
Arrivo.” Biascicò il giovane Duca. Era confuso, quel sogno lo aveva confuso: lo aveva risucchiato nelle sue spire così tanto che adesso faticava a riconoscere il suo alloggio o a ricordare dove avesse messo la giacca da camera. “Arrivo, un momento!
L’uomo dietro la porta si calmò e smise di bussare.
Gabriel accese la lampada ad olio con un fiammifero e vide che ora segnava il suo orologio da taschino: le 4.45 del mattino. Fuori era troppo buio e quell’uomo aveva troppa fretta di parlargli perché potasse buone notizie. Prese un indumento per coprirsi le spalle e si precipitò alla porta, tenendo sempre la lampada all’altezza degli occhi.
L’uomo che lo aveva svegliato era basso e stanco, anche più di lui, probabilmente aveva viaggiato tutta la notte. Aveva due piccoli occhiali rotondi appuntati sul naso schiacciato, la pelle era particolarmente chiara, come quella di ogni scozzese che si rispetti. Anche i baffi rossicci erano da vero scozzese. “Vostra grazia.” Iniziò togliendosi il cappello “Devo comunicarvi notizie molto importanti… ” s’interruppe per guardare prima a destra e poi a sinistra “Ma non mi sembra opportuno di dirvele sulla soglia.
Gabriel iniziò davvero a preoccuparsi tuttavia si sforzò di sorridere al forestiero. “Entrate, accomodatevi signore. Perdonate il disordine, ma questo è solo l’alloggio di uno studente.”
L’uomo lo ringraziò e varcò la porta con passo stanco. “Io sono Thomas Mec Flee, il notaio di vostro padre. Devo comunicarvi che ieri, attorno alle cinque di pomeriggio, il Duca è morto.” Il volto del giovane passò dall’incredulità al pianto in pochi istanti. “Secondo il maggiordomo non ha sofferto.”
Com’è successo?” chiese il ragazzo che aveva a stento la forza di sostenere la lampada.
Per il medico ha avuto un attacco di cuore mentre riposava prima della cena. Mi dispiace molto Lord Lydell.”
Gabriel sussultò. Lord Lydell, Duca di Elean. Adesso che suo padre era morto quel titolo spettava a lui. Adesso era lui il signore del castello, delle terre e di coloro che vi vivevano sopra e le coltivavano; degli animali e degli alberi.
Dovete tornare al castello. Ci deve sempre essere un Duca che abita nel castello.
 “Ci deve sempre essere un Duca che vive ad Eleam!” dicevano le mamme ai loro bambini “Altrimenti il fantasma scenderà fino al villaggio!” continuavano per spaventare abbastanza i loro figli da essere sicure che non si sarebbero avventurati troppo in giro. Possibile che anche un notaio che aveva studiato ad Edimburgo fosse vittima di quella superstizione? Possibile che anche mentre gli comunicavano la morte del padre quella leggenda fosse tanto importante? “Capisco. Vi prego, chiedete a Miss Bates di aiutarmi con il bagaglio. È una brava donna e se le spiegherete la situazione non si arrabbierà per essere stata svegliata in piena notte.” Disse il Duca con voce assente.
Come aveva detto Gabriel, Miss Bates, la proprietaria della pensione, fu molto disponibile ad aiutare il giovane; tanto da lasciare qualcosa da mangiare a lui ed al suo compagno di viaggio durante il ritorno al castello: semplice pane e formaggio ma voleva essere comunque di qualche conforto. Con il suo aiuto i due riuscirono a ripartire in meno di un’ora, lasciandosi alle spalle Oxford prima dell’alba. Il viaggio per la Scozia era lungo, anche spronando i cavalli fino al loro limite e cambiandoli ad ogni stazione posta, sarebbero arrivati nel tardo pomeriggio. Gabriel non disse una sola parola; avrebbe voluto fare i conti con il suo dolore da solo, senza gli occhi di quell’estraneo a fissarlo, ma non era così ingenuo da non capire la situazione. E poi anche il notaio sembrava molto addolorato.
Lasciarono la soleggiata Inghilterra per una Scozia dal cielo plumbeo che pesava sulla diligenza gravido di pioggia. Gabriel osservava la strada umida procedere sotto le ruote della carrozza senza vederla: pensava a suo padre che per quasi quindici anni non aveva voluto che tornasse al castello. Dalla morte di sua madre Eleonor, il Duca Alfred aveva iniziato a dare troppo credito alle dicerie sul fantasma che incombeva sul suo casato: convinto che la vendetta di quello spirito si potesse anche sul suo amato figlio, lo mandò lontano dove lei non avrebbe potuto toccarlo. Ma, come aveva detto Mec Flee, ci doveva sempre essere un Duca che abitava nel castello per cui adesso doveva tornare e risiedere nella sua casa natale fino a quando la morte non avrebbe preso anche lui. Se la creatura di cui tutti avevano paura fosse esistita davvero, ne era sicuro, l’avrebbe incontrata presto.
Gli alberi si chiusero ai lati della strada, nascondendo il cielo oltre le loro fonde, il paesaggio era cambiato ancora per segnare che erano quasi giunti a destinazione. In poco tempo oltrepassarono il villaggio di contadini, tutti si inchinarono e si tolsero il cappello in segno di cordoglio; poi arrivò il lungo ponte sul lago che conduceva al Castello di Elean. In quel luogo gli anni sembravano non passare mai: il lago plumbeo; le mura in pietra incutevano ancora timore, le torri sembravano impenetrabili ed i bastioni parevano ancora indistruttibili dopo secoli. Elean era stato edificato ed ampliato sempre in rigoroso stile gotico, ovunque era visibile la pietra che lo sosteneva, ed anche all’interno erano poche le stanze stuccate di bianco o ricoperte con legno e tappezzeria. Inutile chiedersi se qualcuno avesse mai pensato di inserire nella costruzione i nuovi sistemi di riscaldamento: Elean era rimasta nel medioevo, ignorando che tutto attorno a lei era cambiato.
La carrozza si fermò nel cortile interno davanti alla servitù schiarata per accogliere il nuovo Duca. Gabriel aprì lo sportello con gesto brusco: avrebbe dovuto parlare con altre persone, cercare di ricordare chi fossero e di cosa si occupassero mentre l’unica cosa che voleva era andare nella cappella da suo padre. In tutto erano una quindicina, tra cameriere, cuochi, stallieri e giardinieri; gli unici a cui prestò reale attenzione furono Miss Pirce, la governante, e Mister Lewis, il maggiordomo che lo condusse alla salma del padre.
La chiesetta del castello era dedicata a Sant’Andrea: era di pietra grigia con alte vetrate colorate dietro l’altare e sulle pareti, tutte racchiuse da massicce paraste. Due file di scranni in legno scuro occupavano l’unica navata, al centro il feretro con la salma del vecchio Duca. Lord Alfred Lydell era stato un uomo massiccio, un ottimo lanciatore del tronco in gioventù, prima che la senilità e la morte gli portassero via tutto. Adesso stava composto nella sua bara foderata di seta, indossando gli abiti tradizionali, aspettando che il figlio piangesse tutte le sue lacrime. Sembrava sereno, quasi a voler consolare Gabriel senza usare le parole. Ma la perdita di un padre è un dolore inconsolabile, e solo a tarda notte il giovane Duca sentì di poter lasciare la cappella e riposare.
L’aria gelida del cortile gli pizzicò le guance ancora bagnate; per quanto quella sensazione fosse fastidiosa, in un certo modo, era di sollievo. Forse solo perché lo distraeva temporaneamente dal ricordo del padre. Rimase immobile qualche istante nel piccolo porticato che separava l’ingresso della cappella ad una delle tante porte del castello, osservando il cielo stellato. Quando era arrivato tutto era ricoperto da nuvole grigie, ma adesso regnava una splendida notte di luna calante. La notte era chiara, illuminata dalle fiaccole, eppure inghiottiva i camini, gli abbaini e le estremità delle torri; anche il porticato in pietra della loggia davanti ai suoi occhi era quasi indistinguibile. A memoria Gabriel ricostruì il massiccio arco in pietra che sorreggeva la loggia a due livelli: il primo decorato da alti archi acuti; mentre il secondo, proprio sotto al tetto a spiovente, aveva una balaustra in pietra scolpita talmente finemente che, da lontano, sembrava quasi il ricamo di un merletto. Peccato che non si vedesse nulla di tutto quello! Eppure, osservando meglio, il Duca qualcosa riusciva a vedere. Più precisamente vedeva una figura chiara, con dei lunghi capelli che le ricadevano sulle spalle fino alla vita, nella loggia inferiore intenta a passeggiare sulla balconata.
Signorina scenda! Potrebbe farsi male!” urlo il nobile avvicinandosi alla ragazza che pareva non sentirlo. Andava avanti ed indietro, da una colonna ad un’altra, e la sua figura era talmente leggera che sembrava volasse. “Signorina!” la richiamò ancora, ma senza successo. Gabriel sospirò: non poteva non averlo sentito, adesso li separavano solo pochi metri, lo stava semplicemente ignorando! Ma, chiunque fosse, sarebbe andato a prenderla e l’avrebbe trascinata giù da quella balaustra anche di peso, se fosse stato necessario, e poi le avrebbe spiegato che il Duca di Elean non avrebbe mai consentito comportamenti così incoscienti. A passo svelto entro in una delle porte che fiancheggiavano l’arco; era l’ingresso della cucina del palazzo, poi salì una cigolante scala a chioccola che conduceva direttamente alla loggia ma non vi trovò nessuno. Spaventato si affacciò per vedere se la misteriosa donna fosse caduta, ma non c’era nessun corpo sull’erba del cortile.
Signorina? Dove siete? Tornate immediatamente!” urlò al nulla. Dov’era?
My Lord che succede? Vi abbiamo sentito urlare …” il maggiordomo, lo raggiunse quasi subito. Era un uomo con il volto quadrato, molti capelli bianchi ed una folta balba che gli contornava il viso. Due profonde rughe iniziavano ad apparire sotto i piccoli occhi azzurri.
Mister Lewis, c’era una donna fino a pochi secondi fa, qui!” disse il nobile sbattendo sonoramente la mano sulla pietra “Passeggiava sul balcone, proprio dove ho la mano ed adesso è scomparsa!
Credo che abbiate incontrato Cat, signore.” Spiegò l’altro impassibile.
Cat?
Catherine, signore, il fantasma. Noi domestici la chiamiamo Cat. Credo che volesse darvi il ben venuto nel castello.”
Gabriel si avvicinò al domestico guardandolo dritto negli occhi “Questo è il mio castello. Io sono nato qui e non ho bisogno di comitati di ben venuto allestiti da presunti spettri. Dica alla cameriera che ha organizzato questa farsa che se lo rifà la licenzio.” Intimò perentorio.
Il maggiordomo rimase di sasso “Le assicuro che il fantasma è reale quanto lei e me. Chiunque sia vissuto qua lo ha visto e le potrà confermare ciò che dico.”
Mister Lewis mi ascolti bene: mi rendo conto che questo posto sperduto nelle montagne sia solo un remoto angolo di mondo che vive ancora nel medioevo, ma i fantasmi non esistono.” Lo fronteggiò risoluto l’altro: anche se tutti sembravano credere alla storia del fantasma, lui non avrebbe permesso ad una superstizione di manipolare la sua vita.
Se permette, signore, credo sia arrivato il momento che le mostri qualcosa.” Disse il maggiordomo con voce misteriosa facendo segno all’altro di entrare nel castello. Gabriel lo seguì in silenzio tra le armature e gli arazzi, tra i ritratti degli antenati ed i trofei di caccia fino allo studio del padre: una stanza abbastanza piccola, completamente tappezzata di verde con una grande stufa a parete dipinta. Il pavimento in legno scricchiolava sotto a loro pedi, nonostante i pesanti tappeti, e l’antico mobilio era vissuto ma ben lucidato. L’uomo si avvicinò ad una scacchiera sistemata tra due voluminose poltrone, armeggiò con l’oggetto per qualche istante e fece scattare un doppio fondo. Quando tornò da Gabriel aveva in mano un tomo molto pesante “La sua famiglia compila questo libro da cinque secoli. Vi sono elencate tutte le apparizioni di Catherine e tutto ciò che si sa su lei e la maledizione che grava sul castello.” Spiegò pacato consegnandogli il libro “Suo padre sperava di riuscire a spezzarla ma …” disse infine terminando la frase nel silenzio.
Gabriel lo prese tra le braccia ed accarezzò il rivestimento in pelle: era in color mogano, con dorso e gli angoli più scuri, in centro lo stemma del casato stampigliato in bassorilievo: lo scudo con tre stelle nella sezione superiore e la croce in quella inferiore. “La ringrazio Mister Lewis. Faccia preparare la mia camera e mi porti qualcosa da mangiare.” Comandò con gentilezza e i modi che si confacevano ad un vero Lord.
Il servo uscì con una leggera riverenza, lasciando il giovane intento a sfogliare il libro.
Come gli era stato detto, lì erano raccolte le testimonianze di tutte le apparizioni di Catherine negli ultimi cinque secoli. Coloro che l’avevano vista da vicino dicevano che era “bella come una sposa”, con lunghi boccoli rossi ed occhi azzurri come un cielo di primavera. Aveva fatto impazzire due dei suoi antenati; un altro suo avo ebbe l’ardire di sfidarla ai dati: fu rinvenuto la mattina dopo morto soffocato con due dadi in gola. Le pagine era anche ricche delle descrizioni di strani comportamenti del fantasma: aveva una predilezione per l’ala nord, quella i cui era situata la torre più alta del maniero, e per le rive del lago che circondava il castello. Catherine sembrava covare un profondo rancore verso i discendenti maschi del casato, ma non aveva mai fatto del male alle femmine: era perfino riportato il caso di Maria di Elean che nel 1555 affermò di essere stata soccorsa dal fantasma quando un compagno di caccia del Duca suo padre tentò di violentarla. Era scritto che l’aggressore, William Bethad, avesse continuato a parlare di un demone, con gli occhi azzurri ed i capelli, rossi che lo aveva fatto volare per tutto il castello. Dei servi sembrava non curarsi: anche in quelle rare occasioni in cui la vedevano l’ignorava e continuava a passeggiare muta per il castello. Nel libro non era fatta menzione di sua madre perché, al contrario di quello che sostenevano in paese, era stata una polmonite a decretare la sua morte.
Nelle ultime pagine suo padre aveva descritto le ricerche per scoprire chi fosse Catherine in realtà e per spezzare la maledizione, ma purtroppo non aveva trovato molto negli annali di famiglia; solo l’annotazione attorno all’anno Mille del fidanzamento Nial terzo Duca di Elean con una certa Catherine M, ma nessuna traccia del loro matrimonio nemmeno nei registri parrocchiali. L’ultima pagina era dedicata a lui: suo padre gli chiedeva di dare pace all’anima di Catherine perché quello era stato l’ultimo desiderio di sua madre Eleonor: in punto di morte gli raccontò di aver visto Catherine il giorno del suo matrimonio che piangeva sul lago. Si sentì in colpa: lei era raggiante, tutto era bellissimo; ma lo spirito del lago sembrava così solo ed abbandonato. Avrebbe voluto raggiungerla, chiederle cosa l’affliggesse, ma, mentre trovava il coraggio di avvicinarsi, qualcuno degli invitati la riportò al banchetto. Quel ricordo aveva accompagnato Eleonor fin sul letto di morte, con il passare geli anni si era convinta che Cat non fosse crudele, ed aveva estorto al marito la promessa di dare la pace al suo spirito con le ultime forze che le rimanevano. Lord Alfred Lydell accettò solo perché l’amava e s’impegnò con tute le sue forze per mantenere la promessa.
Senza che Gabriel se ne fosse accorto il cielo stellato iniziava a tingersi di lilla quando richiuse il libro e lo rimise a posto. Sulla scrivania c’era la cena che non aveva toccato, trascinato com’era da quel libro. Scoperchiò il vassoio e mangiò pochi bocconi delle focaccine salate che gli erano state portate prima di ritirarsi nella camera padronale, quella che era stata di suo padre fino a poche ore prima. Ignaro di essere osservato, sprofondò presto in un sonno profondo interrotto solo quando sentì qualcosa di gelido sfiorargli il volto, ma appena aprì gli occhi non vide nessuno.
 
 
Catherine guardava il cortile dall’alto della torre nord: tutti gli abitanti del villaggio avevano interrotto il loro lavoro per rendere omaggio al defunto Duca Alfred Lydell. Adeso stringevano la mano, in una muta processione, a Gabriel Lydell diciottesimo Duca di Elean.
Quando lo aveva visto la sera prima aveva tremato: le labbra sottili ma perfette, il profilo del naso, gli occhi chiari che passavano dall’azzurro al blu in base alla luce, le sopracciglia folte e la fronte ampia. Solo i capelli erano diversi: Nial li portava lunghi fino alle spalle ed erano lisci e lucenti, mentre Gabriel li aveva mossi in ampie onde e più corti, secondo la moda del tempo, ma il nero era lo stesso per entrambi. All’inizio aveva pensato di essersi sbagliata, stentava a credere ad una somiglianza così forte, poi si era dovuta arrendere all’evidenza: l’uomo che l’aveva ripudiata ancora prima di sposarla era tornato per tormentarla. Ma non sarebbe rimasto a lungo! Anche se non credeva ai fantasmi lo avrebbe presto portato alla follia e poi lo avrebbe fatto annegare nel lago, proprio nel punto in cui aveva gettato via il suo cuore. Gabriel aveva affermato di non credere ai fantasmi eppure l’aveva vista e aveva sentito la sua carezza: non ci avrebbe messo molto per fargli perdere il senno e mettere fine a quella stirpe di traditori.
Catherine raggiunse l’altra finestra della torre, quella a picco sul lago nero e che solo lei poteva aprire, e ne accarezzo i bordi: agli occhi dei mortali sarebbero sembrati i disegni di rami nodosi dipinti ai bordi di una finestra bloccata da secoli. L’unica che poteva sbloccare la serratura era lei e chiunque avrebbe var cato quella soglia si sarebbe perduto nel mondo delle tenebre.
 
 
 
 
Passarono diverse settimane dal giorno del funerale. Ogni notte Catherine entrava nella camera da letto del Duca e gli sussurrava all’orecchie tutti gli orridi dettagli sul Regno dei Morti fino a quanto lui non si svegliava di soprassalto. Si sdraiava nel letto, accanto all’uomo, gli passava un dito lungo il mento, giocava con i suoi capelli e poi scendeva sul colo e seguiva il bordo della camicia da notte fino a quando Gabriel non si svegliava espirando una nuvola di condensa. A quel punto, prima di essere vista, Catherine si nascondeva nell’oscurità e lo osservava guardarsi intorno certo che di non essere solo. Ogni volta si ritrovava ad inclinare leggermente la testa, sorridendo, ammirando il suo operato. Poi, all’improvviso, ci fu la notte del biglietto.
Catherine era convinta che lo avrebbe trovato addormentato nel suo letto, ma dietro le cortine vermiglie non c’era nessuno. Solo un foglio di carta scritto in elegante grafia: Tutto ciò che voglio per questo castello è pace. Lo osservò increspando le labbra ed arricciando il naso. Pace? Come si permetteva lui, tra tutti i duchi di Elean, proprio lui, a parlarle di pace? A lei che non l’aveva trovata nemmeno dopo esseri strappata il cuore. Che si rassegnasse, come aveva fatto lei e tutti gli altri, all’evidenza che in quel castello non ci sarebbe mai stata pace! Per nessuno di loro.
 
 
 
Gabriel aveva trascorso le ultime settimane spulciando i vari resoconti annuali del castello, alla ricerca dell’identità di Catherine M senza trovare risposte: da nessuna parte compariva quel nome e, tantomeno, erano riportate notizie circa il suo fidanzamento con il suo avo Nial. Iniziava a disperare di riuscire ad assolvere il suo compito fino a quando il prete del villaggio non gli rivelò che tutti i documenti in possesso della parrocchia prima del 1335 erano stati portati all’arcidiocesi di Glasgov e che, magari, lì avrebbe trovato tutte le informazioni che cercava. Immediatamente aveva dato l’ordine di preparare i bagagli e la carrozza da viaggio; si fece accompagnare solo dal cocchiere senza lasciare ulteriori disposizioni. Prima di andare via scrisse una nota a Catherine e la posò dove sapeva che l’avrebbe trovata. Sapeva che lei veniva tutte le notti nella sua camera, nella sua alcova, e che cercava di terrorizzarlo anche se non era mai riuscito a vederla. Tutto ciò che percepiva era una crescente sensazione di freddo, qualcosa che andava oltre le normali esperienze empiriche: gli sembrava di essere un albero senza foglie torto da un vento rabbioso che non gli lasciva scampo. Poi si svegliava per vedere solo il vapore del suo respiro, ma sapeva che lei lo osservava.
Si era sempre creduto un uomo razionale, figlio dell’età moderna. Aveva viaggiato su treni, piroscafi e mongolfiere; non avrebbe mai creduto di ritrovarsi invischiato in una storia di fantasmi. Ma non poteva ignorare la preghiera di suo padre. Solo per lui si stava impegnando tanto, nel tentativo di rendere omaggio alla sua memoria. Solo per lui aveva accettato l’esistenza degli spiriti.
Giunto all’arcidiocesi fu accolto da un giovane novizio a cui chiese di consultare i vecchi archivi relativi al suo ducato. Il ragazzo gli sorrise e gli disse di ritornare la mattina seguente perché gli archivi erano già chiusi; Gabriel lo ringraziò e promise che sarebbe tornato il mattino seguente, molto presto. Passò la giornata seguente immerso tra vecchi tomi polverosi, dimenticandosi anche di mangiare, cercando anno per anno qualsiasi informazione su Cat.
 
 
 
TUM
TUM
Il suono rimbombò nel petto di Catherine come due violenti colpi di martello.
TUM
TUM
Lo spirto si accasciò al solo portando le mani al petto. Cos’era quel rumore? Non aveva più un cuore in petto che potesse battere in quel modo! Era una sensazione che non aveva mai provato in tutti i secoli in cui era stata uno spirito; come se qualcosa la richiamasse da qualche parte. Cercò di resistere a quella strana forma di attrazione ma alla fine svanì e si ritrovò sulla riva del lago. Il sole era sparito da poco e tutto era ancora illuminato da una vivida luce rossa: nel cielo brillante e senza nuvole si stagliavano gli stormi di storni che danzavano in aria creando vele, nastri, onde o spirali in continuo movimento. I pini e gli altri alberi erano verde brillante, perfino il lago sembrava meno nero.
Accucciato davanti alla riva c’era Gabriel che sfiorava l’acqua con la punta delle dita. “Voi siete Catherine, vero? Catherine MacColl.” disse voltandosi nella sua direzione. Gli occhi limpidi del giovane la colpirono con la stessa violenza dei tum, tum che continuavano a rimbombarle nel petto. La sua voce era gentile e sembrava incuriosito dalla creatura incorporea davanti a lui: indossava un abito bianco e portava fiori nei capelli rossi, la sua intera figura era avvolta da una strana luce e quasi brillava nei colori del tramonto. La pelle sembrava opalescente mentre il viso ritraeva l’odio: il modo in cui sorrideva ed in cui le brillavano gli occhi azzurri non lasciavano dubbi. Eppure (Grabriel doveva ammetterlo!) aveva un volto molto magnetico, perfino bello.
Catherine si avvicinò come una folata di vento, con la fine della gonna che scompariva nel nulla. “E voi dovreste essere più attento.” Disse con voce leggera mantenendo un sorriso malevolo. “Non pensate di conoscermi solo perché sapete il mio nome.” Gli sussurrò rabbiosa in un orecchio.
Gabriel sentì il fiato gelido del fantasma sfiorargli l’orecchio e scendere lungo il collo fino ad infilarsi sotto la camicia. “Il vostro nome l’ho scoperto nei registri dell’Inquisizione. Siete stata denunciata il giorno del vostro matrimonio. Ma non ho trovato gli atti del processo o la data della vostra morte. So che …” sentì l’aria congelarsi nei polmoni, una lama gelata insinuarsi tra le costole; spalancò gli occhi boccheggiando in cerca di ossigeno. La paura che aveva ricacciato nell’angolo più remoto della sua coscienza gli attanagliò lo stomaco ed dovette lottare per mantenere il suo coraggio.
Una mano di Catherine era nel petto del Duca. “Voi non sapete niente di me!” ringhiò rabbiosa.
Allora ditemi cosa dovrei sapere!” boccheggiò il giovane. Il fantasma lo lasciò andare e lui cadde sulle ginocchia riprendendo fiato, poi iniziò a girargli attorno come un predatore.
È stata la vostra famiglia a denunciarmi. La duchessa Riane, sua madre, per essere esatti! Solo perché non riusciva ad accettare che suo figlio si sposasse per amore con una ragazza non nobile. Ma io non ero una strega ed amavo Nial, avrei sacrificato tutto per lui. E lui sai cosa fece per me? Per la sua amata, per la donna che stava per sposare? Niente! Aveva troppa paura che potessero bruciare sul rogo anche lui. Così mi cacciò dal castello e mi ordinò di non tornare mai più mentre lui avrebbe sposato una nobile e procreato con lei per perpetrare la sua stirpe.”  L’odio, il rancore ed il risentimento emergevano come le onde del mare in burrasca, increspando o rendendo la voce di Catherine un ringhio basso e furioso. Quando parlava di Nial i suoi lineamenti si alteravano in una maschera di disgusto. “Era questo quello che volevate sentire Duca di Elean?
Gabriel, ancora accasciato sull’erba, alzò gli occhi cercando quelli del fantasma mentre la notte sostituiva il tramonto. “Fu il mio antenato ad uccidervi?
Catherine rise e si inginocchio davanti a lui: “No caro Duca, lui non ne avrebbe avuto il coraggio!” disse gentilmente accarezzandogli il mento. “Sono scappata in lacrime, vedendo tuti i miei sogni sgretolarsi impietosamente davanti a me. Nessuno mi avrebbe aiutata, nessuno mi avrebbe consolata e nessuno mi avrebbe ospitata in casa propria. Il dolore era così insopportabile! Mi sono strappata il cuore e l’ho gettato nel lago. Ho giurato che avrei passato l’eternità a vendicarmi di lui e di tutti voi, i suoi discendenti di sangue nobile, ed ho reso quell’acqua nera come la vedi adesso.”
Dovreste lasciare andare il vostro dolore.” Adesso capiva senza fatica perché lo spirito del castello si fosse sempre accanito contro i discendenti maschi del suo casato: attraverso loro si perpetuava il sangue di Nial e la sua stirpe. L’unico suo compagno era stato il desiderio di vendetta, ma dopo tanto tempo quella vendetta aveva ancora senso? Non sarebbe stata più felice se avesse potuto lasciare un luogo che rappresentava solo dolore? Se fosse passata oltre?
Lo dite solo perché avete paura Duca di Elean!” gli urlò in faccia Cat.
Ho paura di voi, non lo nego, ma non lo dico per questo. Avete sofferto molto, perché non lasciate andare il vostro dolore e cercate la pace?
Ancora una volta la sentì ridere “Non c’è pace per me! Nessun cuore, nessuna emozione nessuna pace. La vendetta è tutto ciò che mi resta; e quando vi avrò ucciso l’avrò compiuta.” Di nuovo allungò la mano verso il petto di Gabriel “Non posso afferrare gli oggetti ma sono capace di congelarti il sangue nelle vene. Sarà doloro, ma solo all’inizio.” disse infilando la mano nel costato.
Il dolore era insopportabile, sentiva il freddo propagarsi attraverso le vene in modo fatale; Gabriel non aveva dubbi sul fatto che sarebbe morto. “Sono disposto a sacrificarmi volontariamente se ciò fosse sufficiente a ripagare l’offesa che la mia famiglia vi ha fatto.” Disse mentre l’altra lo osservava con un misto di soddisfazione e compassione.
Non basterà morire per questo!” gli soffiò rabbiosa in un orecchio.
Allora ditemi cosa devo fare ed avrete la mia parola di gentiluomo che lo farò.” Promise il Duca risoluto.
Nessuno della vostra stirpe è un gentiluomo!
Ditemi cosa volete che faccia e se non vi esaudirò potrete uccidermi.”
Il fantasma sembrava divertito, come se avesse trovato un novo passatempo. “Posso chiedervi qualunque cosa?
Qualunque.” Confermò il ragazzo e lei tolse la mano.
Siete disposto anche a morire per fare ciò che vi chiederò?” l’altro annuì senza fiato “Datemi la mano Gabriel.”
 
 
 
 
Gabriel si ritrovò a metà di una strana scala in legno, sulla cima riconosceva Catherine che lo aspettava tra due alberi privi di foglie, con i rami piegati che sembravano disegnare una porta invisibile. Tutto era illuminato da una luna pallidissima, nascosta dietro leggere nuvole chiare. Aveva la sensazione di essere già stato lì ma non aveva idea di dove si trovasse.
Dove siamo?” chiese al fantasma dopo averla raggiunta.
“Nella torre nord. Nella dimensione degli spiriti, una dimensione che voi vivi non potete raggiungere da soli.” Rispose serafica. Oltre loro il vuoto ed il lago che circondava il castello “Tuffatevi e cercate il mio cuore. Se il vostro animo è davvero onesto non fallirete. Se vi rifiutate vi ucciderò qui e nessuno vi ritroverà mai più.”
Gabriel guardò l’acqua nera sotto i loro piedi. Non poteva negare di avere paura, di voler tornare al sicuro nella sua dimensione, ma aveva fatto una promessa e se doveva morire, almeno, voleva farlo con il suo onore integro. “Cosa accadrà se il mio animo non sarà sufficientemente onesto?
Cat sorrise in modo terribilmente bello “Allora la mia vendetta sarà compiuta.”
Mi concedereste un favore prima che mi butti?
Non capisco cosa possiate volere in questo posto, ma perché no. Immagino che renda il tutto più interessante. Cosa volete Duca?” Senza esitazione Gabriel l’afferrò tra braccia e la baciò. Le sue labbra erano calde, e gentili; con un braccio le circondava la vira mentre l’altra mano le accarezzava la guancia. Le sembrava uno di quei baci che si scambiano i ragazzini i primi tempi, quando sono ancora timidi ed inesperti, prima di conoscere il desiderio. Nial non baciava così.
TUM
TUM
Di nuovo sentiva il battito del suo cuore riempirle il petto.
Con una spinta all’intanò Gabriel; gli occhi luccicavano di repulsione “Cosa pensavate di fare?” come era riuscito a toccarla?
Volevo baciare una donna bella come voi prima di morire. Perdonatemi, so di non aver agito da gentiluomo.” Si giustificò con un sorriso amaro.
Ve l’ho detto Duca: non ci sono gentiluomini nella vostra stirpe! Ed adesso andate, se ne avete il coraggio!” lo sfidò Cat sorridente.
Il giovane duca osservò il fantasma ancora una volta; poi fece una leggera riverenza e saltò nel vuoto.
Addio Duca!” Catherine lo vide scomparire e, certa che non sarebbe stato capace di tornare, lasciò la dimensione dei fantasmi per quella reale.
Finalmente anche l’ultimo discendente maschio di Nial era sparito! Finalmente aveva portato a termine la sua vendetta! Ma c’era un pensiero che serpeggiava in un angolo remoto della sa coscienza mentre tutti i domestici si affannavano nella ricerca del signore del castello: perché, tra tutti, proprio Gabriel, colui che più assomigliava all’uomo che l’aveva rovinata, si era sacrificato spontaneamente? Tutti i suoi antenati avevano avuto troppa paura di lei per avvicinarsi! Perché proprio un agazzino che affermava di non credere ai fantasmi le offriva la sua vita? Perché aveva sentito il richiamo del suo cuore?
Più ci pensava e meno lo capiva. L’unica cosa di cui era certa era che possedere un cuore portava solo sofferenze ed era felice del fatto che il duca avrebbe fallito la missione. In ottocento anni non aveva mai rimpianto il momento in cui se lo era strappato: il cuore e l’amore rendono deboli e possono solo portare dolore.
Non aveva ancora iniziato a pensare a cosa sarebbe stato del castello e di lei che l’orologio nella grande sala con tutti i ritratti di famiglia iniziò a rintoccare la mezzanotte: l’ora in cui la dimensione dei fantasmi e quella reale sono unite per pochi istanti.
TUM
TUM
La prima volta Catherine fu certa di sbagliarsi.
TUM
TUM
La seconda volta sentì ancora l’irresistibile sensazione di attrazione verso un altro luogo. Si oppose più a lungo che poté ma, alla fine, non ebbe scelta.
TUM
TUM
La luce bianca della luna illuminava fiocamente la stanza, delineando i contorni delle cornici dorate e facendo brillare le armature dei Duchi che si erano distinti sul campo di battaglia. Davanti all’orologio a pendolo c’era Gabriel: il volto era indecifrabile, l’aspetto stanco, in mano teneva qualcosa di piccolo e luminoso.
Non credevo che vi avrei rivisto.” Esordì Catherine dimostrando una sicurezza che non aveva.
Nemmeno io.” Ammise pacatamente il ragazzo. “Vi ho riportato il vostro cuore.”
Non lo voglio. Chi ha un cuore ne ricava solo dolore.”
Allora perché me lo avete chiesto?
Cat osservò gli occhi blu del giovane senza avvicinarsi: poche ore prima erano quelli di un ragazzo che si sforzava di dimostrare coraggio; ma adesso erano fieri, erano quelli di un uomo. “Non è ovvio? Ero convinta che avreste fallito, Duca.” Disse
Lo ero anch’io.” l’uomo non disse altro e si avvicinò a Catherine che lo osservava incuriosita “Tuttavia adesso sono qui ed ho trovato il vostro cuore.” Appena dischiude le mani il cuore si librò in aria: sembrava fatto di cristallo ed emanava un’intensa luce rossa.
TUM
TUM
L’eco di quei battiti riecheggiò ovunque.
TUM
TUM
Cat usò tutte le energie nel tentativo di allontanarsi, di sfuggire a quel richiamo, ma falli scoprendosi senza forze. “Riprendetelo!” urlò coprendosi le orecchie per non sentire l’ennesimo battito rimbombare nella testa.
TUM
TUM
Non posso.” Rispose serafico Gabriel.
TUM
TUM
Portatelo via!” lo supplicò.
Non posso.”
TUM
TUM
Aiutatemi!”
Lo sto facendo. Non respingetelo! Più lo combattete e più starete male.” Le suggerì l’altro con voce pacata.
TUM
TUM
No!” urlò il fantasma, ma più gli si opponeva più il cuore le si avvicinava. Alla fine le fu a pochi centimetri dal viso; la sua luce sempre più intensa, il suo battito sempre più forte.
TUM
TUM
Catherine lo fissò a lungo con dolorosa rassegnazione “Hai vinto.” Sussurrò mentre una lacrima argentea le scivolava lungo una guancia.
Il cuore si avvicinò ancora, fino ad entrare nel suo corpo. Un’intensa luce l’avvolse e la sollevò in aria; Cat si sentì pesante, terrena, umana. Si guardo le mani e non le vide più fatte d’aria ma di solida carne. Incredula tastò le guance, il collo, poi i capelli ed il petto: tutto era fatto di essenza tangibile. Il cuore che batteva vigoroso sotto al seno non le faceva più male. Sentire il rumore delle scarpe sul pavimento e la terra sotto i suoi piedi le fece capire di essere viva.
La luce che l’aveva avvolta scomparve e Catherine vide Gbriel sorridente davanti a lei “Per un momento ho temuto che non sareste riuscita ad affrontare il vostro dolore.”
Voi sapevate che sarebbe successo questo?” chiese incredula.
Ho visto cos’è la Vita e cos’è la Morte; ed ho visto che l’Amore è più forte di entrambe. Ed ho visto che nel vostro cuore c’era ancora dell’amore, anche se lo avevate dimenticato.”
Voi siete davvero un gentiluomo, nonostante i vostri antenati.” Catherine fece qualche passo in avanti ma, dopo tanti secoli, sembrava aver dimenticato come si cammina ed inciampò nel vestito; Gabriel la sorresse e la tirò a sé con dolcezza
Rimanete ad Elean, con me.” Propose accarezzandole i capelli.
Voi mi vorreste al castello? Proprio voi? Perché?” Cat era sbigottita.
Perché non sopporterei una vita lontano da voi, dai vostri occhi o dalle vostre labbra.
Volevo uccidervi!” commentò allibita.
Lo volente ancora?
No.” A dire il vero in quel momento si augurava che rimanesse in vita per molti, molti anni ancora.
Allora rimanete e lasciate che mi prenda ancora cura di voi.” la sua voce era calda, rassicurante ma al tempo stesso risoluta; il Regno dei Morti lo aveva profondamente cambiato: ogni parola era solennemente consapevole, ogni sguardo capace di vederle l’anima.
Gli occhi di Catherine si riempirono di lacrime, il cuore nel petto sembrava volesse scoppiare. Quell’uomo era andato nel regno dei morti ed era tornato per lei, le aveva ridato il cuore ed la vita, rischiando la propria senza rimpianti. Aveva custodito il suo cuore in un viaggio pericoloso e lo aveva difeso anche nel mondo dei vivi, anche da lei stessa. Non disse nulla, semplicemente si appoggiò alla spalla di Gabrel e piangere lacrime di gioia mentre lui le baciava i capelli e la teneva stretta fra le sue braccia.
   
 
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