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Autore: Zola_Vi    02/06/2015    2 recensioni
“So perché hai paura di parlarmi. O guardarmi. O toccarmi.”
Aggrottò le sopracciglia, forse infastidita. 
“Il tuo cuore sa benissimo che torneresti da me, se solo tu lo facessi.” 
“Io ascolto la mia testa, Harry. Il mio cuore non c’é più, ormai.” 
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“Ti detesto.” 
Lui rise. 
“Davvero, Harry.” 
I suoi occhi brillavano di una luce strana, che ultimamente non aveva visto. 
Mi soffermai ad osservarli. 
Era da tempo che non lo facevo, che non lo guardavo attentamente. 
“Ti sei incantata?” 
Scrollai la testa, alzandogli ben in vista il mio dito medio sulla faccia, con un sorrisetto beffardo disegnato sul viso. 
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Corrugò la fronte e con passi impercettibili cercò di tornare indietro verso la porta, poiché io mi mossi verso di lei, intrepidamente e senza ripensamenti. 
Toccò la maniglia, ma non riuscì a girarla: avevo chiuso a chiave. 
Spalle contro il muro, alzò lo sguardo per guardarmi negli occhi. 
Il suo flebile respiro, adesso scostante, arrivò al mio petto. 
Mi avvicinai al suo orecchio, abbassandomi di qualche centimetro. 
“Devi fare solo ciò che ti dirò.” 
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Voleva la guerra? 
“E guerra sia.” pensai. 
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap. 13 

 

Narra: Ploon. 

 

“Come sta?” 

“Un po’ meglio, penso. Si é appena svegliato.” 

Alta. 

Magra. 

Capelli neri e mossi, più del solito. 

Occhi uguali al fratello, solo un po’ più chiari. 

Gemma. 

Era tornata: dopo un lungo e primo semestre all’università. 

Sarebbe rimasta ad Holmes Chapel per qualche settimana, giusto le vacanze di Natale. 

Le sorrisi, abbassando lo sguardo.

L’ultima cosa che volevo fare era discutere, adesso. 

Non le parlavo da quando Harry aveva lasciato l’ospedale per tornare a casa. 

Sinceramente, ero persino leggermente imbarazzata dal nostro silenzio. 

Non l’avevo chiamata, ne ero andata a trovarla. 

Ci avevo provato una volta, é vero, ma poi era successo il contrattempo con la macchina di Harry. 

E poi non avevo avuto il coraggio di rifarlo. 

Forse perché, senza neanche un pelo sulla lingua, era l’unica che, chiaro e tondo, diceva apertamente ciò che pensava. E non sarebbe stato nulla di positivo, sicuramente. 

Stette di fronte a me per qualche minuto, fissandomi silenziosamente. 

“Vuoi entrare?” 

Ebbi la forza di guardarla, in quel momento. Me lo imposi. 

Ormai sembrava costantemente arrabbiata con me, nemmeno un accenno di sorriso, per me, le compariva sul volto, da quando l’avevo rivista. 

Feci un cenno di capo, come risposta alla sua domanda. 

“E’ da solo, gli farà piacere un po’ di compagnia.”

“La tua soprattutto.” aggiunse alla fine, senza timore di farsi sentire. 

Mi studiò, per vedere che effetto avesse avuto quella frase su di me. 

“E’ fidanzato con Arya, lo sai. Vero?” 

“Questo non vuol dire che non preferisca la tua presenza alla sua.” 

Non aggiunsi altro. 

Sapevo avesse completamente ragione. 

“Mi dispiace, Gemma.” bisbigliai, come per trattenere quelle parole nella mia mente. 

“Per cosa? Per esserti comportata come una stronza?” 

Sospirò. 

Io aggrottai le sopracciglia: quel nomignolo mi infastidì. 

“Facevo solo ciò che sentivo.” 

“E cosa senti adesso, invece?” 

A questa domanda, in realtà, non sapevo ancora rispondere. 

Grazie all’aiuto di Louis, in minima parte, ero riuscita a migliorare qualcosa in me. 

Ma restava un mare di distanza, ancora, tra la vecchia Ploon e la nuova. 

Ne sapevo, sul serio, cosa provassi. O se provassi qualcosa. 

Scrollai le spalle. 

“E’ importante?” 

“Dipende. Non voglio che Harry soffra ancora.” 

Un groppo in gola mi paralizzò. 

Lui, in passato, mi aveva distrutta. 

E adesso, sua sorella, mi stava dicendo che avevo fatto la stessa con lui. 

“Non succederà, te lo prometto.” 

Scosse il capo, in segno di disapprovazione evidente: “Non farlo. Non promettere cose che sai benissimo non potresti mantenere. Non sai nemmeno tu quello che vuoi, Ploon. Come puoi, essendo conciata in questo modo, gestire sia la tua vita che quella di un’ altra persona? E’ già tanto se riesci a mantenere intatta la tua.” 

Come osava, senza alcun pudore, dirmi tutto ciò?

Senza, in fondo, neanche un minimo di delicatezza.  

Era la verità, tutta, ma faceva decisamente troppo male. 

Strinsi i pugni, cercando di trattenere la frustrazione. 

Era arrabbiata, le era concesso. 

Ma non doveva permettersi di giudicarmi. 

Non le risposi e forse notò, dalla mia fronte corrugata, il mio nervosismo. 

Forse le fece persino piacere vederlo. 

Non sapeva niente di me, da un po’. 

Non poteva sputare sentenze che, per quanto vere, provocassero così tanto senso di colpa. 

Sorpassai il suo corpo e, senza ripensamenti, aprii la porta della stanza di suo fratello, chiudendola velocemente dietro di me, come per voler far scomparire dalla mia vista Gemma. 

Chiusi gli occhi, come per volere dimenticare il suo volto e allontanarlo dalla mia mente. 

Feci un respiro profondo, per riprendere il fiato perso durante la contrazione della pancia a causa della tensione. 

Portai le mani sulla fronte, lavandovici alcune ciocche di capelli biondi e portandoli indietro insieme a tutti gli altri. 

Perché i miei rapporti con le persone iniziavano ad essere solo e unicamente conflittuali?

 

Spostai il mio volto verso il letto all’angolo della stanza, vicino alla finestra. 

Il corpo di Harry, coperto solamente al di sotto della vita, si stendeva proprio lì, completamente, occupandolo tutto. 

I suoi occhi mi fissavano. Ormai da qualche minuto. 

Quando me ne accorsi, mi raddrizzai. 

Schiarii la voce e lo guardai cercando di sembrare il più a mio agio possibile. 

“Tutto bene?”

“Dovrei chiedertelo io.” dissi indicandogli il termometro sul comodino.

Sorrise, genuinamente. 

Feci lo stesso, con discrezione. 

Rimasi, poi, in silenzio, non sapendo, in realtà, cosa dire. 

L’ultima volta che l’avevo visto noi… 

“Harry, prima…”

“Ti ho baciata.” 

Abbassai lo sguardo, fissandomi le mani per non notare il suo viso. 

Mi sentivo terribilmente in colpa. 

Come avrei guardato Arya, d’ora in poi?

“E tu non mi hai fermato.” 

Era vero. 

Ma maledettamente orribile. 

Gli dicevo una cosa e poi gliene dimostravo un’ altra?

Lo illudevo?

Forse, più che lui, prendevo in giro me stessa. 

Era stato un semplice momento di debolezza. 

Ma… indimenticabilmente bello. 

“Non…” 

Cosa avevo da dire a mia discolpa?

Nulla. 

“Riinizi a balbettare in mia presenza.” sorrise, dolcemente. 

“Non ti vedevo farlo da tempo.” 

Le mie asserzioni, ormai da qualche settimana, non erano più chiare e concise, come, invece, quelle di mesi prima. 

Era un po’ come se, non sapendo il perché, mi fossi, piano piano, sciolta. 

Come se la sua presenza, adesso, mi mettesse in soggezione. 

“Vieni qui.” 

Corrugai la fronte, perplessa. 

Perché voleva lo raggiungessi?

“No, sto bene dove sono.” 

“Ploon.”

Lo studiai con sospetto. 

Ma, alla fine, feci come aveva chiesto. 

Mi sedetti accanto a lui, facendo attenzione a non sfiorarlo nemmeno. 

“Sembra che tu ti stia concentrando per fare la cacca.” 

“Come, scusa?” risi, naturalmente. 

Quella frase mi colse di sorpresa e mi rese, allo stesso tempo, meno nervosa. 

“Rilassati. Non succederà niente tra di noi, ok?” 

“Come l’ultima volta?” sghignazzai. 

Mi stupii, proprio come lui. 

Mai avrei pensato di poter pronunciare quella frase con così tanta disinvoltura. 

Rise, facendomi sorridere. 

Era così bello vederlo felice. 

Come se uno spicchio di sole mi entrasse nel cuore e lo illuminasse completamente. 

“Gemma ti ha dato fastidio?” 

“Dobbiamo proprio parlarne?” 

Alzò le sopracciglia, capendo la risposta nella sua mente. 

Non aggiunse altro sull’argomento. 

E io neppure. 

“Prima mi hai fatto una domanda.” interruppe il silenzio creatosi, rimanendo serio. 

Accigliai lo sguardo, cercando di ricordarla. 

“Mi hai chiesto che cosa fossimo noi due, adesso.”

Il mio cuore, in un lampo, incominciò a battere più forte. 

Forse temevo quella risposta.

“Per te sono un amico?” 

Pronunciò quella parola con riluttanza e disprezzo, buttandola fuori dalla propria bocca con enorme sforzo. 

“Non saprei… I-io…” 

“Per me tu non potrai mai esserlo, Ploon.”

Come immaginavo. 

E, forse, come speravo. 

“Come faccio, dopo aver provato un amore così grande per te, a dimenticarmene, eh?”

Beh. 

Io non avevo di certo la soluzione. 

Avevo lo stesso problema, in fondo. 

Abbassò lo sguardo, guardandosi il petto con aria amareggiata. 

“Non devi per forza reprimerlo.”

Istintivamente, avvolsi la mia mano alla sua. 

Scottava. Aveva ancora la febbre. 

“Basta che tu lo custodisca come ricordo.” 

“Perché accontentarsi se si può avere di più?” 

Sospirai. 

Perché doveva rendermi tutto ancora più difficile?

“Noi siamo diversi dai tuoi genitori, Ploon.” bisbigliò, alzandomi il volto verso il suo. 

“Io mi fido del nostro amore. Non finirebbe, mai. E lotterei per te per tutta la vita.” 

Era questo il problema. 

E lui lo sapeva perfettamente. 

“Non ti lascerei.” 

“Lo hai già fatto.” sorrisi, cercando di non rendere più dura di quanto già non fosse quella verità. 

Fissò i miei occhi, con una tale profondità da perforarmi il petto. 

“Pensavo mi avessi perdonato.”

“L’ho fatto.” abbassai lo sguardo per non reggere il suo, così infelice. 

“Ma a volte le ferite si riaprono.” 

“E si combattono. Sei forte, la persona più combattiva e coraggiosa che conosca, Ploon. Possiamo farcela, insieme. Tu puoi superarla.” 

Mi alzai. 

Sentii il bisogno irrefrenabile di muovermi. 

Gli occhi, adesso, iniziavano a pizzicare. 

Mi girai dalla parte opposta del suo corpo, e mi strinsi lo stomaco con la mano. 

“Harry, stai con Arya. Aspetti un bambino da lei.” 

“E’ questo il problema?”

Non risposi. 

Non avevo intenzione di intensificare la piaga che si stava già creando, i nostri problemi. 

“Mi hai spinto tu con lei.” 

“E’ la cosa giusta da fare.” 

“Per chi?”

“Per il bambino… e per tutti.” 

Non aggiunse altro. 

E nemmeno io. 

Sospirò, semplicemente. 

Non uscii dalla stanza.

Non so perché.

Forse per non dover incontrare Gemma. O Arya. O Niall. 

Non avevo voglia di parlare con nessuno, adesso.

Se non con lui. 

Andai verso la finestra, affacciandomici. 

L’aria fresca mi rilassò il viso, fu piacevole.

A volte le stanze chiuse mi soffocavano. Soprattutto in momenti come questi.  

 

Sentii, all’improvviso, un altro sospiro accanto al mio. 

Mi voltai immediatamente. 

Le mani di Harry, ferme e sicure, erano appoggiate al calorifero vicino ai miei fianchi, così da serrarmi vicino a lui e non farmi scappare.

Alzai il capo per guardare i suoi occhi, poggiati sui miei. 

“Dimmi la verità.” 

Dilatai gli occhi. 

Cosa intendeva, esattamente?

“Non provi niente se faccio così?”

Spostò il suo corpo ancora più vicino al mio, premendocisi contro. 

Accarezzò la mia guancia destra, sorridendo lievemente. 

“O così?” 

Strinse la mia vita attorno alla sua forte stretta, con determinazione. 

E, dopo avermi spostato i capelli dalla fronte, mi baciò delicatamente. 

“Harry, basta.” mi staccai, questa volta velocemente. 

“Non mi arrenderò.” 

“Non l’avevi già fatto? Pensavo che mettersi con Arya ne fosse una dimostrazione.”

Corrugò la fronte. 

E mi guardò severo, per molto tempo. 

“Ero incazzato, lo sai.” 

“Mi odiavi.” 

“Ne avevo motivo.” 

Istintivamente, al suono di quella stupida frase, misi una mano sul suo petto per allontanarlo dal mio, con tutta la forza del mio corpo. 

Si spostò, senza farmi resistenza. 

“Ancora con questa storia, Harry? Davvero?”

“Ti ho perdonata, Ploon. Non c’é bisogno d’incazzarsi.” 

Emisi un ghigno, istericamente. 

Com’era possibile che fosse così cieco?

“Non sono stata io! Quante volte te lo devo ripetere?” 

“Eri l’unica a sapere.” 

Buttai fuori dal mio corpo tutta l’aria. 

E il mio viso molto probabilmente andò in escandescenza. 

Sentii le guance avvampare. 

“E io che pensavo stessimo facendo un passo avanti.” sghignazzai, amaramente. 

Lo vidi accigliare lo sguardo. E per me fu troppo.

Mi staccai dal calorifero e feci per uscire da quella dannata stanza. 

Mi prese il polso, mentre ero sul punto di aprire la porta. 

“Lasciami.” 

“No.” 

“Lasciami, ho detto!” 

Lo fece. 

E io, senza pensarci due volte, uscii da lì. 

“Idiota.” pensai. 

 

I miei passi, come ormai mi ero accorta da parecchi minuti, non erano gli unici a rimbombare per la strada. 

E sebbene andassi a passo spedito, qualcuno continuava a rincorrermi con determinazione. 

Stufa, alla fine, sbuffai. 

“Che cazzo vuoi ancora, eh?”

Mi girai per studiare una volta per tutte il suo viso contrariato. 

Harry, sempre lui.

Stava male, aveva la febbre, e anche piuttosto alta. 

Ma evidentemente non gli importava a sufficienza. 

Era un incosciente. Un bambino. 

“Forse non hai capito, Ploon.”

“Che cosa?!” urlai alterata, nervosa. 

“Che per quanto tu mi possa trattare male, io ti inseguirò ovunque scapperai.”

“Perché?” corrugai la fronte, incredula. 

“Se pensi davvero che io possa farti davvero qualcosa di così orribile come rovinarti la vita davanti al mondo intero, perché mi vuoi ancora?”

Non rispose. 

Ma non abbassò nemmeno il volto verso terra. 

“E’ così difficile capire che ormai tu fai parte, totalmente, di me?”

Salve a tutti cari e care! :)
Eccomi tornata, finalmente, dopo settimane di pausa.. Scusatemi davvero tanto, ma il mio computer ha avuto dei seri problemi! Si é fermato all'improvviso e ho dovuto farlo "riparare." Metto tra virgolette perché comunque é ancora mezzo matto e va lentissimo.. 
ODIO PROFONDO PER I VIRUS. 
Ma cercherò ugualmente di postare qui su EFP almeno un capitolo alla settimana!:3 

Alors, 
litigate su litigate su litigate per Ploon e Harry, eh. 
Però meglio di niente, no? Almeno adesso si parlano! 
... e si sbaciucchiano, ogni tanto ;) 
AHHAHA spero che il capitolo vi piaccia e visto che non ci sentiamo da un po' di sentirvi anche per recensione! :D 
Un abbraccio forte, 
-Zola. 

 

   
 
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