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Autore: Kangaroo    03/06/2015    0 recensioni
In che peccai bambina, allor che ignara
di misfatto è la vita, onde poi scemo
di giovinezza, e disfiorato, al fuso
dell'indomita Parca si volesse
il mio ferrigno stame? Incaute voci
spande il tuo labbro: i destinati eventi
move arcano consiglio. Arcano è tutto,
fuor che il nostro dolor.
Giacomo Leopardi, Ultimo canto di Saffo, vv. 40-46
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1° capitolo da revisionare
MOMENTANEAMENTE SOSPESA!
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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... Spero solo che questa mia "follia" possa piacervi!^^

 

 


Capitolo I-La volontà degli Dèi-


 


Placida notte, e verecondo raggio

della cadente luna; e tu, che spunti

fra la tacita selva su la rupe,

nunzio del giorno; oh dilettose e care,

mentre ignote mi fur l’Erinni e il Fato,

sembianze agli occhi miei; già non arride

spettacol molle ai disperati affetti.

Giacomo leopardi, Ultimo canto di Saffo, vv. I-VII



Era un afoso pomeriggio dell’ateniese Thargelion, ormai già giunto alla sua metà. Se ne stava sdraiata all’ombra di un faggio, osservando con malinconia il panorama circostante. Il cielo era limpido e senza nuvole e Persefone era da poco tornata sulla terra, che si ricopriva di mille colori al suo passaggio. Le innumerevoli piante vestivano già dei primi germogli, il dolce sonno stava, a mano a mano, abbandonando buona parte della fauna che popolava tal feconda terra, mentre fiori di ogni specie e colore ornavano pianure e colline di quella piccola isola dell’Egeo meridionale.

La giovane, assorta in questi suoi pensieri, lasciò che i raggi di quel cocente sole le accarezzassero la candida pelle, e la lieve brezza appena alzatasi le scompigliasse i lunghi capelli, volgendo poi un ultimo sguardo all’incantevole paesaggio, più precisamente al giardino in cui si trovava. Da bambina, spesso ne aveva sentito parlare. C’era stato un breve periodo della sua prima fanciullezza dove desiderava poter ammirarne l’incanto, che si diceva regnasse sovrano nel Kepos, ma crescendo quel sogno si era sempre più affievolito fino a quando aveva smesso di dare importanza alle voci riguardanti quel surreale posto situato tra le alture, voci che ricordava giungessero sino dalla lontana Colchide. Smise così di credere alle strofe intonate da i giovani aedi, e a tutti i pellegrini che vi si erano recati per piacere agli dèi, pensando fossero solo fantasiose menzogne raccontate per paura di incorrer nell’ira divina. Tuttavia doveva ricredersi e, per un attimo, ritornar bambina coi pensieri: ilKepos Aghios era di quanto più bello avesse mai visto, e se da uomini e donne di tutta la Grecia veniva decantato di pari bellezza ai campi dell’Elisio o perfino all’Isola dei Beati, non sbagliavano poiché, a malincuore, doveva ammettere che non v’era posto più splendido in tutta l’Ellade. Pure la sua amata Corinto da i bei palazzi e le ampie strade scompariva dinnanzi a tale magnificenza. Lemno, così si chiamava quell’oasi, le sembrava la dimora di un dio; ma non di certo questo serviva rallegrar il suo triste cuore.

Kore sospirò mestamente. Se non fosse per la sua amara sorte avrebbe anche apprezzato la sua permanenza in quel luogo così tranquillo… Perché mai gli Dèi la disdegnavano in questo modo? Perché il dolore e la sofferenza, di cui l’avevano ingiustamente resa partecipe, negavano a gli occhi suoi di scorger il mondo come quand’ancora era bambina?

Un tempo avrebbe gioito dinnanzi a simile splendore poiché ignara dei supplizi filati sul suo fuso, ma adesso, che soltanto Nyx ed Eris le erano care, nemmeno quel mirabile angolo, forse realmente abbellito dal tocco di un dio, suscitava emozioni in lei…


 << Non possiamo impedirlo, non dobbiamo. Il tuo destino è già segnato Kore, pais, gli dèi ti vogliono con sé e nessuno Kore, nessuno, può sfuggire al loro volere. >> 

Cos’aveva di così speciale, da attirare l’attenzione degli dèi? Non aveva i bei modi di Evanthia sua sorella maggiore, e nemmeno la grazia di Phylestes sua cugina; non aveva mai commesso mancanze e nemmeno eroiche gesta al cospetto degli Olimpi. Era una mortale come un’altra senza una particolare dote, una mortale che non voleva lasciare la sua casa, i suoi affetti e ogni certezza…

Non per ora, non in quel modo e soprattutto non per il capriccio di un dio.

 << Non possiamo impedirlo, non dobbiamo. Il tuo destino è già segnato Kore, pais, gli dèi ti vogliono con sé e nessuno Kore, nessuno, può sfuggire al loro volere. >> 

Ma a nulla serviva il suo pianto disperato, l’aggrapparsi alla veste della donna sua procreatrice e pregarla in nome del suo affetto di non lasciarla in mano di un Fato sì straziante.

 << Madre, vi prego!  Non voglio! >> 

Ma lei non poteva ringraziarla, non sarebbe mai stata contenta.


Purtroppo aveva scoperto che, se ora si trovava nei boschi della piccola Lemno, non era tanto colpa del volere divino, quanto più dell’avarizia umana.

Ricordava con tristezza come quasi due anni prima si era presentata quella donna da i capelli ben acconciati e le raffinate maniere. Quasi ogni giorno le tornavano a memoria le lusinghe parole e i meschini metodi che aveva usato per abbindolare sua madre e suo padre, strappandola così dalla sua città natia, Corinto, per poi condurla al Lerov Aghios.

Aveva abbandonato i suoi fratelli e le sue sorelle, l’avevano costretta ad abbandonarli, poiché quelli che erano i suoi genitori l’avevano venduta senza remore come se fosse una schiava. L’avevano venduta per denaro, e non come volevano far intendere perché si compiesse il Fato che gli dèi avevano scelto, che Lachesi aveva intrecciato per lei.


Nascosta dietro la parete che dava al seminterrato e accompagnata dagli indomiti fratelli figli della Guerra, origliava i discorsi tra la donna e la propria famiglia.

 << Ebbene, queste sono le ricchezze che vi ho promesso in cambio della vostra terzogenita! >> 

L’unica frase che era certa di aver capito… Ma non poteva esser reale, che davvero l’avessero venduta per… per cosa poi?

Nonostante l’opprimente Phobos, si sporse quanto bastava per riuscire a scorgere qualcosa che smentisse quanto appena udito, voleva sperare ancora, illudersi… di cosa? Per cosa?

Si decise a guardare, vedendo, con sommo stupore, piccoli sacchetti in lana contenenti, probabilmente, monete d’oro e d’argento come quelle che ora suo padre teneva nei palmi e scrutava appagato mentre sua madre prendeva le pregiate stoffe che la mendace donna le porgeva assieme a innumerevoli gioielli intarsiati di gemme preziose.

E dunque erano forse più importanti per loro stoffe pregiate e dracme d’oro?


Non sapeva se pure i suoi cari fratelli e le sue amate sorelle erano a conoscenza di quel meschino inganno, sapeva solo che nessuno si era opposto a tali crudeli decisioni, forse troppo timorati dagli dèi. Ma lo sconforto più grande lo ricevette da quell’ateniese, suo promesso sposo. Da bambina inesperta qual era, si era illusa che, almeno lui, fosse arrivato nel cuor della notte per riportarla nella sua bella Corinto o nella potente Atene, ma a quanto pareva aveva atteso invano. S’era da tempo rassegnata anche all’idea che l’ateniese non provava un minimo affetto nei suoi confronti, ma l’avrebbe sposata solo per l’onere imposto dalle rispettive famiglie. Più tempo passava e più si ripeteva quanto davvero fosse stata stolta a penar per lui, a creder a quelle parole dettate soltanto dalle circostanze e sperare che, per amor suo, l’avesse portata via da lì!

L’amore, cui Kore aveva sempre creduto, era ormai certa non esistesse. Il sentimento che gli aedi cantavano nei loro versi, come il leggendario amore di Orfeo per Euridice, era soltanto una pura e mera fantasia. Una cruda e vera realtà scoperta nel peggiore dei modi.


“Perché?”

E il suo dolce cuore di bambina non si dava pace di tutte quelle inspiegabili sofferenze. Che male aveva fatto a Numi del cielo perché la condannassero a così straziante vita?

Perché quella donna aveva scelto proprio lei? Poteva lasciarla nella sua amata Corinto, a vivere nel suo mondo ovattato fatto di sogni e frivole illusioni? Lasciarle credere che brillasse tutto di etereo splendore, lasciarle guardar al mondo con ingenuità?

 << … Essendone io la sacerdotessa, Egli mandò me alla ricerca di colei che un giorno dovrà succedermi, non m’indicò luogo dove avrei potuto trovarla, disse soltanto che l’avrei riconosciuta. >> 

No, non poteva poiché fu con quella frase, già allora vecchia di decenni, che Lachesi iniziò a intrecciare il filo tessuto in precedenza da Cloto…


Si rigirò una ciocca dei lunghi capelli tra le dita e, inspirando la tiepida aria estiva che Noto portava con sé, si ritrovò a pensare quanto il suo cuore, un tempo puro, era ormai ricolmo di disprezzo e odio verso Dèi e mortali. A volte si domandava se il suo odio non fosse soltanto un infante capriccio, un’insulsa ripicca per averla sottratta dalle braccia del dolce Phantasios e portata alla cruda realtà. Ma davvero per solo capriccio si poteva diventare così… così com’era in quell’esatto istante, piena dubbi, aridità e…maschere. Maschere da indossare perfino con se stessa, al punto di non distinguere più chi fosse e cosa davvero pensasse.

Lo sguardo le cadde sul pregiato peplo che stava indossando. Qualsiasi altra fanciulla della sua età ne avrebbe desiderato uno identico al suo: il prezioso bisso, color della notte, era stato tessuto dalle più abili tessitrici di Atene e ornato da innumerevoli ricami che parevano intrecciati da Aracne stessa, la fibula in ferro era arricchita da vari riccioli, mentre l’himation sfrangiato le ricopriva le spalle.

Sfarzo... il suo abito, la sua vita, tutto era colmo di sfarzo.

Ma lei non desiderava tanta ricchezza, lei detestava quella nuova vita, di questo ne era certa, e se in fanciullezza aveva ambito tali servigi, adesso rimpiangeva la sua miseria. Quello che a gli occhi di tante pareva un bellissimo sogno per Kore era il più atroce degl’incubi. Non sognava più prosperità e splendore, gli abiti che ora indossava, le ampie stanze dove risedeva, gli incalcolabili ossequi riceveva fin tanto che il sole brillava in cielo e anche oltre, tutto valeva niente confronto alla sua dolce Corinto, alla sua felicità e ingenuità perdute.


 << Questo non è il vostro posto, dovete venire con me per far sì che il vostro Fato si compia. >> 

L’ austera donna da i capelli color paglia insisteva. Continuava a farneticare discorsi riguardo agli Dèi, al dio che l’aveva scelta come sua sacerdotessa mondo mortale. Ma Kore non ci credeva, non voleva crederci , soprattutto non voleva abbandonare la propria famiglia, vivere una vita in solitudine, rinunciare ai suoi piccoli sogni per addentrarsi in un incubo, qual era a gli occhi suoi il mondo magico delle Pizie, Profetesse e Seguaci degli Dèi. Una strada oscura e tortuosa che mai avrebbe voluto intraprendere.

 << No! Non verrò mai a Lenmo con voi, io resterò qui! >> 

La sfrontata quanto inutile protesta di una bambina che vantava, pressappoco, di aver visto quindici primavere. Dentro di sé lo sapeva, non poteva negarlo: sentiva che i suoi lamenti, le sue grida, sarebbero state inutili, non poteva sfuggire al volere degli Dèi, di nessun dio!

 << Non potete! Il dio vi ha scelta come mio successore e pertanto è mio dovere compire la volontà degli Dèi! >> 

“La volontà degli Dèi”


Quelle parole continuarono a risonarle in testa, in verità continuavano a perseguitarla da quando quella donna le aveva pronunciate in quel piovoso giorno d’inverno quando per puro caso l’aveva incontrata nell’Agorà

Cercando di scacciare quei pensieri, si destò dal piacevole ozio e come di consuetudine, con Apollo quel giorno testimone, si alzò per raccogliere i fiori che avrebbe posto nelle sue stanze.


 << Ti rendi almeno conto di quello che fai? >>

Certo, sapeva benissimo quello che faceva, disonorava un dio, un dio inutile, un dio che non serviva a niente e forse nemmeno esisteva.

 << Tu te ne sei mai resa conto Zoe? >> 


Balzava, coi piedi nudi sulla terra, da parte a parte, frugando con cura tra i cespugli, nell’erba e tra le fronde di alcuni giovani alberi, scegliendo sempre i boccioli più belli, da i colori più fulgidi e i petali perfetti, recidendone lo stelo senza remore di offenderlo ma anzi, sorridendo al pensiero.


 << Perché mi hai fatto questo? >> 

Non si dava pace né giorno né notte, non accettava quel volere, lei non sarebbe diventata sacerdotessa, tantomeno di un dio sì insignificante.

 << Io non ho fatto niente, questa è la volontà degli Dèi! >> 

Guardò la donna in cagnesco. Era stata lei a portarle via tutto, lei e quell’insulso dio. Ma principalmente lei, poiché fu lei a convincer la sua famiglia a venderla, lei ad assecondare la richiesta di quel dio, del cui detestava anche pronunciarne il nome. Se non fosse stato per quella nefanda mortale…


Continuava a raccogliere indisturbata i fiori, tenendo appena sollevata con una mano la lunga veste che la impediva nei movimenti. Aveva quasi finito il suo bel mazzo mancavano solo i vermigli germogli a lui sacri…

Sarebbe fuggita dalla volontà degli Dèi, di quel dio così inutile. Lo stava facendo anche in quell’esatto istante e lo avrebbe fatto finché la Morte non fosse venuta a prender la sua anima per condurla nell’Ade.

Strappò il lungo stelo da i carmini petali e la nera corolla, cresciuto ai piedi della statua a lui dedicata, contemplandolo colma di sdegno. Non era il più lodato tra i fiori per la sua bellezza, ma Kore lo trovava incantevole: sin da bambina aspettava i primi mesi dell’anno, i mesi più afosi nei quali spuntava, per raccoglierlo nei campi. Lo preferiva persino alle profumate rose, per lei non esisteva fiore più splendido… si domandava dunque perché un fiore tanto mirabile doveva essere caro a un dio così spregevole?


Erano mesi che, a detta di tutte le fanciulle del tempio, profanava il Kepos Aghios e ben presto sarebbe incorsa nell’ira divina, ma le non ci credeva. Per Kore gli Dèi erano solo meri racconti per spiegare situazioni della vita che, in altro modo, non troverebbero giustificazione.

 O forse era l’ennesima maschera per fuggire, l’ennesima menzogna per giustificare ciò che lei non riusciva né ad accettare né tantomeno comprendere. Una lunga serie di giustificazioni le quali nemmeno lei, sua creatrice, riusciva a tenerle congiunte una all’altra tanto erano dissennate e contorte… Ma d’altronde di cosa non è capace l’uomo pur di trovare una risposta alle proprie domande?


Sentì, all’improvviso, una mano poggiarsi delicatamente sulla sua spalla, come non aveva fatto a sentire qualcuno avvicinarsi? Maggiormente, chi mai poteva essere? Nessuno si sarebbe mai addentrato nel Giardino, l’ingresso era proibito a tutti. Quale mortale timorato dagli Dèi ne avrebbe ignorato il volere?

Pathos… quel tocco era ricco di pathos. Tutto quello era irreale, eppure…

 

Stringendo al petto i variopinti fiori appena raccolti, si girò di scatto, ma non vide nessuno, si guardò attorno con circospezione, ma né animali né persone erano nei paraggi. Che fosse solo un abbaglio dovuto alla stanchezza? Possibile. Nelle ultime settimane era particolarmente tesa e il pensiero che di li a pochi giorni si sarebbe svolto il rito di passaggio per divenire la sacerdotessa di quel dio la rendeva ancor più inquieta…Aveva solo bisogno di riposare.

Malgrado ciò era certa di aver sentito una mano poggiarsi con tanto sentimento sulla sua spalla, non s’era sognata quel calore che aveva sentito dentro di sé quando quelle dita l’avevano sfiorata e la quiete improvvisa che aveva provato. Erano anni che non si sentiva così bene come lo era stata in quel fugace attimo…

“ E’ solo stanchezza…”

Si diresse verso il Lerov Aghios cercando di convincersi che era solo un’illusione, un’illusione frutto della stanchezza

 

 

 

 

 

 

L'angolino di Kangaroo:

Allora vi dico bravi se siete arrivati fin qui, perché davvero,  questa -come definirla?- follia è quanto di più folle abbia mai scritto e vi capisco perfettamente se adesso mi vorreste tagliare le mani... "Ultimo canto di Saffo" sarà un po' il filo conduttore di questa triste storiella sentimentale e il titolo, per quanto strano, sappiate che c'entra, non è a caso... Ultima cosa: ringrazio la mia dolce Shadow per avermi fatto da traduttrice italiano-greco (di conseguenza se ci saranno strafalcioni la colpa è unicamente tua!!) :3

Alla prossima^^

   
 
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