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Autore: polytlas    03/06/2015    0 recensioni
❝ ‹ Moriresti per questo? ›
Le domandò, squadrando con attenzione il profilo. Nia si voltò verso di Lui, e lasciò che i loro sguardi si mischiassero in quel qualcosa di inenarrabile che gli umani non avrebbero mai compreso.
‹ Sì. ›

→ a fairytale;
Genere: Angst, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Angolo Adeloso francamente non pensavo sarei mai riuscita a finirla, e ancora una volta mi stupisco del mio operato. Non che mi ritenga improvvisamente brava, ma cerco sempre di fare del mio meglio come sempre.
Forse qualcuno di voi mi conoscerà per Far Far, o magari sono un esserino nuovo un po’ per tutti: nel caso, sono Adele, lieta di conoscervi.
So che questa storiella non verrà apprezzata da molti, so che non verrà compresa. In realtà, come Far Far, questa storia può plasmarsi con ogni punto di vista, con ogni vita che vorrà accoglierla.
È stata frutto di lunghissime riflessioni, è conseguenza dell’incontro più bello mai avvenuto, è la conclusione di un sogno finalmente diventato realtà. È un viaggio, un viaggio dell’anima, appunto.
Mi auguro non turbi le credenze di nessuno, infatti voglio precisare che si tratta solo di pura fantasia dettata da troppa gioia che non è manco capace di restare nel corpo.  In più, alcuni dialoghi potranno apparirvi privi di significato, senza basi scientifiche – ci saranno alcuni riferimenti all’astronomia molto campati per aria -, ma state tranquilli: è tutto voluto. Il nonsense serve solo ad allontanare tutto ciò che di terreno possa esserci.
La canzone che l'ha ispirata è Moonlight degli Exo, e sebbene si tratti di korean pop, vi consiglio vivamente di ascoltarla.
È una dedica, questa storia, ma ognuno di voi può farla sua, ognuno di voi può inglobarla e darle un senso.
Ogni vostra anima può essere la protagonista, o Bill, senza distinzione alcuna.
Volevo solo ringraziarvi per ogni singola attenzione.
Grazie per essere arrivati fin qui.
Grazie per aver viaggiato, in silenzio, insieme a me.
Grazie per aver ascoltato queste parole.
Adele.
 
 












 
Ad Arianna.
Perché tu, tutto questo, lo hai sempre saputo.












 
☽  Moonlight.
 
 

 
 
 
 
 
 
Ci sono destini così incrociati che lasciar loro venirsi incontro, produrrebbe solo una totale distruzione.
Ci sono vite che sembrano poter combaciare meravigliosamente, ma le leggi naturali preferiscono evitare che si sfiorino davvero.
Ci sono occhi che sembrano essere nati per guardarsi, eppure vengono ostacolati di continuo, quasi sia una sorta di gioco sadico.
Ci sono cuori che però vanno oltre, che restano lì a frantumarsi sempre contro lo stesso muro. Sono cuori che amano davvero, quelli. Sono spiriti che si stringono le mani anche quando comporta passare attraverso le spinose rovi.
Esistono storie capaci di cambiare il mondo, di snodare i grovigli disonesti di tutti quei destini che, nonostante tutto, continuano a cercarsi.
Ma solo l’Amore e la Morte possono cambiare tutto.
 
 
 
 

 
 
 
- oh, stop stop stop stop.
Le tue ali si bagneranno.
 
 
 
Si adagiò con la sua solita leggiadria sul davanzale della finestra, celandosi dietro l'ombra accompagnatrice dei fasci di luce prodotta dai lampioni. Sospirò lentamente, quasi avesse paura di poterlo disturbare anche attraverso il vetro di una finestra. Nia si ritrovò a dover stringere gli occhietti per poter scorgere la sua figura sotto le coperte, scure, che in mezzo a quel buio le impedivano di avere una visione quantomeno decorosa.
 
Si morse il labbro e aggrottò la fronte, pensandosi maleducata di fronte alla possibilità di oltrepassare il vetro e posizionarglisi accanto. Magari proteggendolo da qualche incubo maldestro, dal momento che era quello il suo unico modo per poter divenire il suo scudo.
 
Lasciò così da parte il buonsenso e andò oltre, oltrepassando le mura e ritrovandosi dinanzi Bill.
Bill che aveva mezza schiena scoperta, che abbracciava un cuscino e dormiva con le labbra serrate.
 
Sorrise, lo trovò dolce e forse fin troppo vulnerabile. Lo associò all'immagine di un guerriero stanco a causa di tutte le battaglie che lo costringono a combattere ogni attimo della sua vita.
Non appena avanzò di un solo passo, Pumba sollevò il capo e posò gli occhi sulla sua figura fatta di aria e sogni e l'osservò intensamente.
 
Aveva dimenticato che gli animali potevano vederla. Aveva dimenticato che loro hanno stretto contatto con gli spiriti. Pumba sembrava un po' il guardiano di Bill: gli dormiva accanto, faceva attenzione ad ogni suo respiro.
Che creature eccezionali gli animali, messi lì a sacrificare la loro intera esistenza per un Amore così devoto. E l'Amore che quel cucciolo provava per lui era tangibile, fin troppo.
 
Nia si sporse verso il cane e gli tese la mano, in segno di pace. Stirò le labbra in un sorriso e cercò di rassicurarlo.
Ci riuscì dal momento che emanava un'aura buona, talmente rassicurante che il cucciolo si lasciò accarezzare il capo e tornò ad assopirsi vicino le braccia del proprio padrone.
 
Sorrise di nuovo e si accomodò su una poltrona rossa posta proprio di fronte il letto per poterlo osservare attentamente.
Respirava piano, le sue spalle si alzavano lentamente, assecondando la sua normale respirazione.
 
Troppo indifeso.
Sperò vivamente di non svegliarsi prima del tempo previsto, perché trovò quasi indispensabile stargli accanto. Per proteggerlo da qualche sogno orribile, per poterlo vivere anche se inconsapevolmente.
Perché era chiaro, una volta tornata a casa, avrebbe dimenticato tutto.
 
Piegò il capo di lato e notò che una ciocca di capelli biondi gli si era posizionata davanti il viso.
Fu istintivo.
Si alzò immediatamente e camminò fino al letto, scostandola con dolcezza. La sistemò dietro l'orecchio e torno a stendere le labbra in un sorriso.
 
‹ Allora sei tu che mi fai il solletico ogni volta! ›
 
Nia sgranò gli occhi, fece un balzo indietro e si lasciò scappare un urlo di puro spavento. Inciampò contro uno stivale di Bill e cadde per terra, svegliando nuovamente Pumba, che l'osservò incuriosito. Probabilmente se avesse potuto, avrebbe di certo riso.
Sentì le gote accaldarsi e quando sollevò lo sguardo, si ritrovò davanti -- Bill, di nuovo.
Il suo spirito, in realtà.
Che rideva.
E Iddio, quanto era perfetto quel sorriso canzonatorio.
 
‹ Devo essere proprio in pessime condizioni per averti spaventata così tanto. ›
 
Scherzò ancora, avvicinandosi e porgendole una mano. Nia l'afferrò e Bill l'aiutò a tirarsi su.
Si schiarì la voce e tornò a guardarlo negli occhi.
 
‹ È che sei arrivato senza preavviso. Non me lo aspettavo. Non sei in pessime condizioni. ›
 
Le scappò da ridere, in verità.
Comprese che il suo essere maldestra era radicato in lei più di quanto non avesse mai immaginato. Persino il suo spirito era stato capace di fare una pessima figura.
Ma lo aveva fatto ridere, quindi andava più che bene essere così.
 
‹ Meno male, mi sarebbe dispiaciuto non essere adatto alla situazione. ›
 
Sorrise ancora, volgendo uno sguardo verso se stesso e accarezzando amorevolmente il capo di Pumba.
 
‹ Quindi, sentiamo, sei tu che in silenzio ti diverti ad inciampare nei miei sogni?
 
E scoppiò a ridere di nuovo, e Nia si ritrovò a ridere insieme a lui.
Nessuna citazione sarebbe stata appropriata come quella, in effetti. Rielaborata a suo modo, ma il succo era quello.
 
‹ Direi non proprio in silenzio, dato che mi hai scoperta subito. ›
 
‹ Ammetto di averti spiata per un po' prima di oggi. Volevo capire come approcciare; sai, ci sono volte in cui certi spiriti vanno solo mandati via. ›
 
‹ Sì, hai ragione. Poi, be', nel tuo caso immagino quanto a volte possa essere seccante. ›
 
‹ Per fortuna non è come nella realtà. Lo sai, molti di noi vivono ancora nella dimensione terrena, perché troppo legati al materialismo. ›
 
‹ La maggior parte lo sono. Magari è una fortuna per chi aspetta il sonno per evadere. ›
 
‹ Egoisticamente parlando, ti dico di sì. E poi va be', è chiaro, puoi capire anche nella vita reale chi è capace di evadere davvero e chi no. ›
 
‹ Tu mi hai sempre vista? ›
 
‹ Sì. Da quando siamo entrati in sintonia. Ma per come ti ho detto, prima ti ho osservata. Non sempre chi si eleva, è davvero simpatico. ›
 
‹ No? ›
 
‹ Proprio no. Essere buoni non sempre comporta essere alla portata di tutti. Parlo anche per me. ›
 
‹ Sì, è vero. Mi auguro che io non ti abbia dato fastidio. ›
 
‹ Non lo hai mai fatto. Trovo tu sia stata la più discreta, finora. ›
 
‹ Meglio così. Non mi sarebbe piaciuto infastidirti. ›
 
Sovvenne il silenzio, ma non parve metterli in imbarazzo.
Le luci del mattino parevano assai lontane e la quiete era piacevole. Quasi familiare.
Nia si accomodò per terra e Bill fece lo stesso, incrociando le gambe e sfarfallando le ciglia, lunghi mantelli per quegli occhi curiosi, vispi, in attesa di qualcosa.
 
‹ Dunque: come mai vieni spesso qui? ›
 
‹ Uhm – mi piace osservare il corpo in cui risiedi. E nel frattempo cerco di allontanare gli incubi. ›
 
Bill sorride e si avvicinò maggiormente, sistemandosi al suo fianco e posando anche lui lo sguardo verso la gabbia dentro la quale viveva mentre le luci del giorno tornavano ad illuminare ogni anfratto di terra.
 
‹ Ti ringrazio. È molto gentile da parte tua. Anche se credo tu abbia bisogno di proteggere più te stessa che me. ›
 
Nia piegò il capo di lato, ma Bill continuò.
 
‹ Ti guardo da un po’. Ti sento piangere la notte. ›
 
Si strinse nelle spalle e abbassò lo sguardo.
 
‹ A volte credo di accumulare tutta la frustrazione del mio corpo e la notte devo liberarla così. Vengo a guardare te per cercare conforto. ›
 
‹ Ti sentivo. ›
 
‹ Anch’io sentivo te. Ma ho sempre avuto paura di sembrarti invadente. › 
 
Le sorrise e scosse il capo, voltandosi adesso verso di lei.
 
‹ Affatto, davvero. ›
 
Silenzio e poi un sospiro.
 
‹ Come mai sei rintanato in queste mura? ›
 
‹ Non voglio incontrare altri spiriti. Loro non mi cercano, ma non voglio scontrarmi con loro neppure per sbaglio. ›
 
‹ Ti fanno del male? ›
 
‹ Mi hanno abbandonato. Eppure m'era sembrato di trovare finalmente il paradiso.›
 
‹ Perché ti hanno abbandonato? ›
 
‹ Non lo so realmente. Ho teorizzato qualcosa nella mia mente, arrivando alla conclusione di non essere abbastanza. Evidentemente pecco in qualcosa. E hanno cercato e trovato altro.›
 
‹ E tu? ›
 
‹ Io mi sono detto di smettere di cercare. Il bel tempo arriva, non lo si cerca né trova. ›
 
Nia sospirò lentamente e accennò un sorriso.
 
‹ Un Sole come te che si rifiuta di splendere. ›
 
Bill si voltò verso di lei e aggrottò la fronte, incerto.
 
‹ Un Sole? ›
 
‹ È buio, qui, ma c'è ugualmente luce. Il tuo spirito irradia.›
 
‹ Anche tu splendi. ›
 
‹ È luce riflessa. ›
 
‹ Quindi saresti una Luna? ›
 
‹ Più o meno. ›
 
‹ Perché questa indecisione? ›
 
‹ Non sono indecisa. Pensavo se il paragone potesse andare bene. ›
 
‹ Sei sicuramente pallida come la Luna. ›
 
Sorrise, si portò dietro l’orecchio una ciocca di capelli e tornò a scrutarlo con attenzione.
 
‹ Tu sei un Sole che scalda, ma che non brucia. ›
 
‹ No? ›
 
‹ In senso buono, intendo. Se mi avvicino non mi scotti. ›
 
‹ Forse la mia pecca consiste proprio in questo. ›
 
Si fermarono tutti e due. Nia avvertì quello sguardo inquisitore su di sé e posò il proprio sulle mani di Bill. Lunghe, sottili, delicate.
Ma se avesse bruciato, gliene avrebbero poi fatto una colpa?
È chiaro che l’avrebbero fatto.
 
Sospirò.
 
‹ Perché pensi questo? Se è nella tua natura, non puoi fartene una colpa. ›
 
‹ D’accordo, ma ci si può sempre migliorare, non trovi? Usare la scusa del ‘sono così, posso farci nulla’ è qualcosa che non ho mai sopportato. ›
 
Aveva ragione.
O almeno, era una ragione discutibile, poiché cambiare la propria natura per gli altri, Nia reputava non fosse qualcosa di poi così giusto. Ognuno è proprio a se stesso, le differenze esistono, perché non accettarsi per quel che si è?
Era davvero un discorso così complicato?
 
‹ Magari è solo questione di tempo. Ti ameranno anche per questa tua caratteristica. ›
 
‹ A volte penso di averci perso quasi le speranze. Con me e con lui. ›
 
Indicò con gli occhi il corpo in cui era solito risiedere durante le ore di veglia e le parve di scorgere un velo di tristezza e rassegnazione in quelle iridi scure.
Ancora un altro sospiro.
 
‹ A me piace il fatto che tu non scotti. ›
 
Glielo disse così, senza neppure riflettere ulteriormente, senza pensare alle conseguenze, senza chiedersi se fosse stato opportuno o meno.
Niente.
Lo disse e basta.
E non provò alcun timore nel farlo. Fu un gesto fin troppo naturale.
Probabilmente perché, in fondo, sapeva che non ci sarebbe stata alcuna reazione indesiderata.
 
E come previsto, Bill sorrise.
 
 
 
 
 
- il chiaro di luna ti piove addosso,
Non ho mai visto un'espressione così incantevole.
 
 
 
 
‹ Davvero? ›
 
‹ Davvero davvero. Ci sarà un motivo per cui sono qui ogni sera, non trovi? ›
 
Il misfatto era stato compiuto, ormai non aveva più nulla di cui preoccuparsi.
Il viso di Bill si rilassò e Nia ebbe un fremito dinanzi a cotanta delicatezza e freschezza. Quasi le venne da piangere per quel benessere che l’attraversò e si voltò verso il Bill di carne, quello che ancora dormiva e che sembrava lo stesse facendo serenamente.
Perché non aveva smesso di controllarlo neppure mezzo secondo.
 
‹ Giusto. E tu? Tu non vieni controllata da nessuno? ›
 
Chiese nuovamente.
 
‹ Ho qualche anima amica che talvolta lo fa. Ma paradossalmente mi sento più al sicuro qui che quando sono con “me”. ›
 
Gli vide piegare il capo di lato.
 
‹ Perché dici questo? ›
 
‹ La tua luce mi dà una serenità tale che persino gli incubi non mi preoccupano più, e i brutti ricordi vengono messi da parte. ›
 
‹ Ma se non splendo abbastanza, come può accadere una cosa simile? ›
 
Nia scosse il capo.
 
‹ Nessuno ha mai detto che non splendi, Bill. Lo fai solo in modo differente dagli altri. Magari non sei davvero un Sole per come ti ho detto. Magari sei una Luna anche tu. ›
 
‹ Quante Lune possono esserci? ›
 
‹ In realtà una. Abbiamo deciso che la Luna sarei io, ma a questo punto posso dire di limitarmi ad essere una stella. Una stella a cui piace stare vicino alla Luna. ›
 
‹ Perché proprio la Luna? ›
 
‹ Il suo chiarore latteo illumina e non brucia. Come te. È delicata e nascosta, ha bisogno di essere trovata. Come te. ›
 
Bill sorrise amorevolmente e le afferrò la mano.
Ed eccolo di nuovo quel calore vivo, più vivo della vita carnale, della vita propriamente detta.
 
Nia lo guardò e le sue labbra pallide si schiusero per aggiungere altro, ma Bill l’interruppe.
 
‹ Ti va di guardare la Luna e le stelle? ›
 
Nia annuì e sorrise di rimando, gli strinse la mano e associò la morbidezza di quella stretta alla consistenza delle nuvole. Anche le nuvole erano bellissime, ma loro si divertivano a celare quel che doveva restare all’oscuro dal mondo amaro.
 
Volse un ultimo sguardo verso il corpo che giaceva sul letto e si assicurò che la sua espressione fosse serena.
E quando nel sonno gli vide accennare un sorriso, capì di star facendo la cosa giusta.
 
 
 
 
 
Si trasferirono sul tetto di quel palazzo e si sdraiarono sulle tegole di terracotta. Le luci della città, però, impedivano di avere una buona visuale. Bill la guardò con occhi profondi.
 
‹ Vieni con me. ›
 
E Nia lo seguì.
 
 
 
Cambiarono luogo, si ritrovarono lontani da ogni forma di vita, in mezzo ad un prato verde, la cui erba pareva incolta e libera.
Si sdraiarono lì, vicini quanto poteva bastare per potersi sfiorare nei momenti di bisogno. Perché poteva sembrare paradossale, ma quei piccoli contatti erano fondamentali.
Per lui.
E per lei.
Anche se minimi.
 
‹ Da qui si vede decisamente meglio, sì? ›
 
‹ Assolutamente. È bellissimo. ›
 
Silenzio.
 
‹ Grazie. ›
 
‹ Perché mi ringrazi? ›
 
‹ Per avermi detto cose così belle. Per avermi paragonato ad uno spettacolo così bello. ›
 
‹ Tu hai le galassie dentro quegli occhi, tu brilli più di mille diamanti. Non permettere mai a nessuno di dirti che non brilli, non pensarlo mai. ›
 
Non lo guardò negli occhi, quella volta.
Rimase con lo sguardo fisso sul cielo mentre sentì le loro dita intrecciarsi pian piano, e si disse che quel gesto, quel misero gesto, quell’inutile gesto, quel meraviglioso gesto sancì l’inizio di un legame fatale, perfetto, indesiderato dal mondo perché portatore di bene.
 
Ma sentì un fastidio in petto.
Fece una smorfia.
 
‹ È tempo? ›
 
Le chiese lui, palesemente in disaccordo.
 
‹ Mi sa di sì. Ma non disperare, torno domani. Abbiamo altre stelle da guardare. ›
 
‹ Altre? ›
 
‹ Sì, le stelle cambiano quasi sempre. ›
 
‹ Oh, d’accordo. A domani allora. Buonanotte! ›
 
‹ Vai a riposare anche tu. ‘Notte, a domani. ›
 
 
 
 
- quindi ferma, ferma, ferma quell'Amore.
Con ansia, ti sto chiamando in questo modo
Non ti avvicinare, tesoro
Le tue ali si bagneranno.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
- non importa quanto io parli, tu non ascolti,
ti stai gettando di nuovo su di lui.
Perché sogni qualcosa di così pericoloso?
 
 
 
 
 
 
Nia tornò da lui notte dopo notte, sonno dopo sonno, morte dopo morte.  
Tornò da quel che era divenuto il suo unico punto di riferimento, il faro nella notte, la stella polare, la Luna accompagnatrice di sogni.
Tornò puntualmente per ascoltare, tornò per osservare, per inglobare le ombre che gli giravano intorno.
 
E le sue verità facevano così male.
Così tanto male.
 
Specie quando arrivava e non c’era.
E non lo trovava lì con quel sorriso che pareva fatto col miele.
E non lo vedeva lì con quegli occhi che imploravano di essere scrutati, abbracciati senza essere toccati.
 
Nia sapeva dove andava Bill.
A volte le pareva di sentirlo piangere, ma quando Bill non c’era, lei sapeva che non andava cercato.
Così come quella sera, si limitò a stendersi vicino al suo corpo, al corpo di Bill che continuava a dormire con la schiena nuda.
 
Lo coprì.
Poi si stese e lo abbracciò da dietro.
 
Tremava.
Era inquieto.
Nel sonno piangeva.
 
Si avvicinò, gli scostò i capelli dal viso e cominciò a baciargli le tempie, ad asciugargli le lacrime, a sussurrargli parole all’orecchio, a stringergli le mani, a sfiorargli la pelle.
Gli avrebbe volentieri cantato una ninna nanna. Un qualcosa per dargli la buonanotte, per allontanare quei demoni. Per guarire quei graffi che non parevano dargli tregua, neppure quando cercava di sognare serenamente.
 
Se solo avesse potuto, avrebbe inventato la canzone più dolce del mondo.
Se solo avesse potuto, quelle ferite se le sarebbe trasportate tutte addosso.
 
Avrebbe davvero cantato, ma non avrebbe rotto brutalmente quel sacro silenzio. Era lui, quello con la voce angelica.
Quel ruolo spettava a lui.
Lei si limitava ad essere un’anima, un pezzo di cuore e i cuori non hanno voce per cantare.
Così sussurrava piano.
 
È tutto okay, Bì. Tutto okay. Sono qui. Sono con te. Sempre, sempre.
 
Poi si diceva di non piangere, sebbene si sentisse lacerare dinanzi quelle scene.
Poi si rendeva conto di quanto fosse inutile quell’imposizione mentale.
E piangeva anche lei.
Tremava.
 
Sono con te.
Ti prego, ti prego, basta farti male.
 
Restava così, ad accarezzarlo, ad asciugargli via le lacrime dal viso, a calmare i suoi lamenti con quelle amorevoli attenzioni.
Restava così finché non lo sentiva tornare, ma continuava a non vederlo apparire.
Lo avvertiva e andava via, ma mai prima di aver rimosso l’ultima lacrima e di aver depositato un bacio sulla sua guancia.
 
Lo spirito di Bill osservava.
E in silenzio, piangeva anche lui.
 
 
Il bel tempo arriva, non lo si cerca, né trova.
E lo capì in quelle disperate occasioni.
 
 
 
 
- smettila di stressare il tuo cuore e lascialo riposare,
Il mio cuore va in frantumi solo guardandoti.
 
 
 
 
 
 
 
 
- come se nulla fosse successo,
mi sorridi dolorosamente;
Ma le tue magre e pallide spalle iniziano a tremare.
 
 
 
‹ Nia. ›
 
‹ Bì? ›
 
‹ Andiamo a contare le stelle? ›
 
‹ Contare? ›
 
‹ Contare. ›
 
‹ Sono troppe. Non si possono contare. ›
 
‹ Così abbiamo una valida scusa per passare più tempo insieme. ›
 
‹ Vuoi davvero passare del tempo insieme a me? ›
 
‹ Certo che voglio. Tu vuoi? ›
 
‹ La risposta oserei dire che sia fin troppo ovvia. ›
 
Bill sorrise, le afferrò le mani.
 
‹ Andiamo. ›
 
‹ Al mare. Contiamole al mare. ›
 
Non gli ci volle molto per ritrovarsi con i piedi sulla sabbia tiepida della spiaggia.
Si stesero vicino alla riva e Bill le permise di poggiare la testa sul suo braccio.
Nia acconsentì e d’improvviso le stelle parvero brillare fin troppo, come grandi riflettori dello spazio.
 
 
E passarono ore, anni, vite intere intrecciati in quel modo, con le onde e gli scogli che facevano da testimoni silenziosi.
 
 
 
‹ A cosa pensi? ›
 
Le chiese il giovane, carezzandole con dolcezza i lunghi capelli sparsi un po’ sulla sua spalla, un po’ sul suolo sul quale erano stesi da parecchio, forse troppo tempo. Ma non l’avevano calcolato, e parlando con estrema franchezza, a nessuno dei due importava poi così tanto.
 
A cosa pensi?
A cosa stava pensando?
 
Le venne da ridere mentre ripeteva dentro di sé quella domanda apparentemente stupida.
 
A niente, Bì. Quando sono con te non voglio pensare più a niente.
 
Specie se le sue dita affondavano tra i capelli, specie se la sua voce era calma e serena, specie se gli restava così vicino, tanto vicino da potersi beare della sua aura benevola.
C’era solo una dolce melodia, fra i suoi pensieri vuoti, che abbelliva deliziosamente quel momento.
 
Spostò lievemente il viso verso di lui, e nascose il naso quasi dietro il collo di Bill; inspirò profondamente e sorrise, mentre tornò a fissare le stelle, che parevano spiarli curiose.
Si lasciò stringere la mano destra.
 
‹ E’ una notte perfetta.. ›
 
Sfiatò, puntando il cielo e perdendosi fra l’immensa distesa di puntini luminosi.
 
‹ ..Per morire ›
 
Aggiunse, sospirando intensamente.
Proprio per come aveva previsto, Bill sollevò un po’ il capo per guardarla meglio.
 
‹ Morire? ›
Nia annuì lentamente, mentre sul suo volto si dipingeva un sorriso sereno, fresco come la brezza che scompigliava loro i capelli ed i pensieri.
 
Erano stesi sulla sabbia tiepida, sotto il latteo chiarore di una meravigliosa Luna piena, fra le soffici braccia di quel venticello, e Nia s’era ritrovata a pensare proprio a quel che poco prima aveva affermato.
Non che fosse diventata improvvisamente una suicida, ma non riusciva proprio a realizzare un qualche pensiero diverso, sebbene lo spirito del giovane la stesse fissando con fare interrogativo.
E no, quella sua non era stata una rivelazione di una pseudo-masochista suicida che impugna con un sorrisetto sadico un coltello, fremendo dal ficcarselo nello stomaco.
 
‹ È tutto così bello, così perfetto. Penso che se il mio corpo dovesse morire in questo preciso istante, sarei felice, perché mi ritroverei fra le tue braccia. ›
 
Era un pensiero maledettamente egoistico, quello appena metabolizzato, ma proprio non riuscì a farne a meno. Si sentiva come un reduce di guerra che s’era appena accasciato per terra dopo giorni, anzi, anni di inferno.
Si sentiva un combattente che crollava sfinito dopo un’intensa lotta contro se stesso, nella quale ogni colpo sferrato gli provocava solo immensi dolori.
Si sentiva come quando prendeva un’intensa boccata d’aria dopo una lunga e straziante apnea.
 
Le urla, le lacrime, le delusioni, gli addii, le bugie e tutto quel terribile dolore. Sfumati, crollati come un castello di sabbia abbattuto dal vento.
Tutto s’era dissolto dal momento in cui Lui le aveva sorriso, e aveva posato le labbra sulle sue, e le aveva lambite con dolcezza.  Inspirò ancora l’aria che sapeva di loro, e, in un certo senso, si stupì del benessere che l’attraversò ancora una volta.
 
Si baciarono quella notte.
Sotto le stelle, coperti dalle nuvole, abbracciati dal chiaro di Luna.
 
Si staccarono velocemente.
Fu un soffio di vento, un  battito di ciglia, un sospiro.
 
‹ Moriresti per questo? ›
 
Le domandò, squadrando con attenzione il profilo. Nia si voltò verso di Lui, e lasciò che i loro sguardi si mischiassero in quel qualcosa di inenarrabile, che gli umani non avrebbero mai compreso.

‹ Sì. ›
 
E la convinzione con cui lo disse parve quasi distruggerlo in mille pezzi, quel mondo malato.
Le sorrise, e la baciò di nuovo.
 
Naso contro naso, cuore contro cuore, per riempire quel mondo amaro del loro odore.
Lacrime finalmente asciugate, e sorrisi affogati fra infiniti baci.
Mani intrecciate e paure e dolori messi da parte, lasciati in panchina, coperti con un lenzuolo più grande del solito.
 
Sul cielo comparvero nuvole deformi che sembrava volessero nascondere quell’idillio all’intero immenso, che, Nia  pensò, quando erano insieme, non sembrava poi così sconfinato. Così come il mare appariva una pozzanghera più grande del normale, o i chilometri sembravano passi di formica.
 
Orecchie contro orecchie, ad ascoltarsi, ad ascoltare quel silenzio meraviglioso, quello che urlava più di tutti.
Ginocchia contro ginocchia; ché se fossero cedute quelle di Bill, sarebbero cedute anche le sue. Ma nessuno sarebbe caduto in quel momento, non fin quando l’Amore avrebbe fatto loro da piedistallo.
 
Nia sorrise fra i baci.
 
Naso contro naso, cuore contro cuore, per riempire quell’amaro mondo col loro Amore.
 
‹ Un giorno ci abbracceremo anche da svegli. ›
 
Gli sorrise.
 
‹ Mi abbraccerai anche mentre sarai dentro il tuo corpo? ›
 
‹ Ti stringerò fortissimo. Cercherò di sdebitarmi almeno un minimo. ›
 
‹ Sdebitarti? ›
 
‹ Per tutto l’Amore che mi dai. Per l’Amore gratuito. Voglio abbracciarti anche in quel caso. ›
 
‹ Non devi sdebitarti di niente, lo sai. ›
 
‹ Ma ti stringerò ugualmente. ›
 
‹ Ma siamo lontani, dobbiamo trovare un compromesso. ›
 
‹ Quello non sarà un problema. Ci verremo incontro. ›
 
Sorrisero, Bill chiuse gli occhi.
 
‹ Dimmi che abbiamo ancora tempo. ›
 
‹ Ne abbiamo ancora, Bì. ›
 
‹ Voglio che resti. ›
 
Parve una preghiera, un sussurro.
Pareva esserci tutto l’universo dietro quel ‘voglio che resti’.
 
Resta che voglio stringerti, resta qui da me. Resta e dimentichiamo il mondo, le notti che ci hanno spaventato per quanto sono state lunghe, le canzoni che hanno allargato le ferite, le persone che non sono rimaste e quelle che non pare vogliano andarsene.
Resta.
Non voglio farti male, ma resta con me.
 
 
Io resto qui.
Vieni fra le mie braccia, se davvero ti fidi di me, se davvero quei baci me li hai regalati perché lo sentivi. Vieni ed io prometto di pensarti anche quando saremo lontani.
Io ti porto dentro tutte le volte che non ti avrò con me.
 
Si strinsero e tremarono.
 
Vieni, abbracciami e riposa dal mondo. Riposa qui con me.
 
 
 
 
- ti sto dicendo:
riposa al mio fianco solo per un po'.
E quando arriva l'alba potrai volare via verso il posto in cui la luna si oscura.
 
 
 
 
 
 
 
 
- più mi avvicino e più mi faccio male.
(Giuro che non riesco a smettere di amare.)
Ferma ferma ferma questo Amore, stanotte.
 
 
 
 
 
 
‹ Ancora pochi minuti e ti abbraccerò, lo sai, sì? ›
 
‹ Ammetto che stento a crederci. Ma sono ugualmente felice.  Per un attimo saremo completi al cento per cento! ›
 
‹ Sarà un po’ come fare l’Amore. ›
 
‹ Presumo di sì. ›
 
‹ Presumi? ›
 
‹ Noi anime possiamo fare l’Amore? ›
 
‹ Possiamo. Se troviamo la giusta intesa, è possibile. Con te lo farei. ›
 
‹ Faresti l’Amore con me? ›
 
‹ Certo che sì. Ammesso che tu voglia. ›
 
‹ Certo che voglio. Facciamo l’Amore appena ci abbracciamo? ›
 
‹ Sai che non manca molto? ›
 
Le si avvicinò lentamente, le sorrise a fior di labbra e la baciò in modo diverso dal solito.
Poi tutto venne da sé, poi i gesti proseguirono per la loro strada, senza nessuna ansia, senza nessun dolore.

Si baciarono, si toccarono, si mischiarono l’un l’altra.
 
Ci sono destini così incrociati che lasciar loro venirsi incontro, produrrebbe solo una totale distruzione.
Ci sono vite che sembrano poter combaciare meravigliosamente, ma le leggi naturali preferiscono evitare che si sfiorino davvero.
Ci sono occhi che sembrano essere nati per guardarsi, eppure vengono ostacolati di continuo, quasi sia una sorta di gioco sadico.
Ci sono cuori che però vanno oltre, che restano lì a frantumarsi sempre contro lo stesso muro. Sono cuori che amano davvero, quelli. Sono spiriti che si stringono le mani anche quando comporta passare attraverso le spinose rovi.
Esistono storie capaci di cambiare il mondo, di snodare i grovigli disonesti di tutti quei destini che, nonostante tutto, continuano a cercarsi.
Ma solo l’Amore e la Morte possono cambiare tutto.
 
E la loro storia cambiò radicalmente, il loro tutto cambiò radicalmente. Cambiò quando le braccia di Bill l’avvolsero, cambiò quando il cuore umano di Nia si fermò e poi ricominciò a battere per via di quel gesto meraviglioso.
Cambiò quando i loro spiriti divennero uno, quando si fusero, quando l’uno entrò dentro l’altra, con la promessa di non lasciarsi mai più.
 
Mentre lì, sotto gli occhi del mondo, c’erano loro a spogliarsi di paure e vestirsi di sogni.
Per sempre.
 
 
 
 
 
‹ Promesso? ›
 
‹ Promesso. ›
 
 
 
 
 
 
- con ansia, ti chiamo in questo modo.
Non allontanarti, tesoro,
Le tue ali si bagneranno.
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 

 
   
 
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