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Autore: Jessica Fletcher    03/06/2015    8 recensioni
Christian e Ana si recano sulla tomba di Ella. Un momento molto triste e doloroso visto dal punto di vista di Anastasia.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anastasia Steele, Christian Grey
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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in cerca di ella

Eppure ti voglio bene


Io e Christian siamo a Detroit, a uno dei camposanti della città.
Ho convinto mio marito a recarsi sulla tomba della sua mamma biologica, la "puttana drogata"", come la chiama lui.
Io lo odio questo nome; sembra quasi che Christian sminuendo così sua madre, voglia in un certo qual modo sminuire se stesso.
E non va bene, non va affatto bene.
Anche perché sono sicura che, nonostante quello che gli ha fatto, nonostante la rabbia che lui porta nei suoi confronti; alla fine l'abbia veramente amata e continui ad amarne la memoria. Per questo motivo è così arrabbiato; per questo motivo il solo pensiero lo fa stare tanto male. Non è solo il ricordo del dolore fisico a tormentarlo, bensì piuttosto la sofferenza che gli provoca la sensazione che il suo amore sia stato così male ricambiato e che non ci sia più tempo per rimediare.

Entriamo nel cimitero mano nella mano: imbocchiamo un vialetto, poi un altro, le indicazioni del custode erano piuttosto precise non dovremmo fare fatica a trovare il posto giusto. Improvvisamente mio marito si ferma davanti a una semplice croce di legno chiaro.
Sulla croce c'è un nome "Ellen Moore".
E' Ella, sua madre.

Christian lascia la mia mano e cade in ginocchio davanti alla croce, sulla nuda terra.
Appoggia una mano sul legno bianco e l'altra sulla propria fronte, quasi a nascondere gli occhi, in raccoglimento.
Rimane così a lungo, immerso nei suoi pensieri, prigioniero dei suoi ricordi.

Io....beh, io non so che cosa fare.
Da un lato vorrei abbracciarlo, fargli sentire che sono con lui, anche in questo momento.
D'altra parte ritengo che sia giusto lasciarlo solo con la sua mamma, ora che ha trovato la forza di venire qui..

Dopo quelli che saranno stati non più che alcuni minuti ma che a me sono sembrati ore; solleva il viso, si alza, si volta e mi guarda.
Ha gli occhi cerchiati, rossi.
E in quegli stessi occhi vedo un'espressione che era tanto tempo che non vedevo e che speravo di non dovere mai vedere mai più; il mio bambino perduto! C'è tanto dolore nei suoi occhi, dolore e rimpianto.
Faccio per avvicinarmi ma qualcosa nel suo atteggiamento mi blocca; ancora non ha  finito.
Si volta di nuovo verso la tomba, posa la mano destra sulla croce e sussurra "Ti ho voluto bene, mamma, nonostante tutto. Te ne ho voluto e te ne voglio ancora tanto. Addio, Ella. Addio mamma!"

La voce gli trema su queste ultime parole, fa un grande sforzo a trattenere le lacrime.
Poi si avvicina a me, mi prende per mano, mi stringe brevemente nel suo abbraccio e, mano nella mano come siamo entrati, ci dirigiamo verso l'uscita del cimitero.

In macchina, seduti sul sedile posteriore mentre Jason guida, stiamo in silenzio, ci teniamo ancora per mano e, di tanto in tanto io gliela stringo più forte, per rassicurarlo, per fargli capire che ci sono.

Sempre in silenzio entriamo nella nostra stanza di hotel. In altri momenti avrei trattenuto il fiato per lo stupore, tanto è grande e lussuosa, tutta sete e velluti.
Ma ora no, non è il momento.
Ora il mio unico pensiero è rivolto verso mio marito.
Christian si lascia cadere sull'enorme divano, pesantemente, molto pesantemente, come se gli cedessero le gambe.
Si porta le mani sul capo e si spettina i capelli, come è solito fare quando è triste o sotto stress. Poi appoggia i gomiti sulle ginocchia e nasconde il viso fra le mani.

Mi siedo al suo fianco, gli cingo la vita con il braccio.
Lui cerca la mia presenza, dapprima appoggia la testa sulla mia spalla, poi la fa scivolare sul mio petto.
Lo abbraccio più forte, ora, e lo cullo lentamente.
Sento la sua voce, un po' soffocata ma chiara;
"Le volevo bene, Ana. Non so spiegarmi come e perché, ma l'amavo; l'amavo tanto. Nonostante tutto, io l'ho amata. L'amavo, capisci? E non ero ricambiato"
La voce gli si spezza in un singulto.
Avvicino il mio viso al suo.
"Lasciati andare Christian, Se vuoi piangere, se vuoi piangerla ora la tua mamma ... lasciati andare, ci sono io con te. Ci sono io, ti amo"

Come una diga che improvvisamente si sbriciola sotto la forza della piena, così la compostezza di mio marito va in mille pezzi. E lui scoppia in un pianto dirotto, singhiozzando forte fra le mie braccia.
E io, nel vederlo così affranto, ho come un nodo in gola e piango insieme a lui.
Piango non solo per quel bambino maltrattato e trascurato, ma anche per quel giovane uomo che si credeva incapace di amare e indegno di essere amato e che si era negato la cosa più bella del mondo per tanto, troppo tempo.
Piango per il Christian di un tempo e per l'uomo solitario, controllato e freddo che sarebbe diventato, se avesse continuato a quel modo. Piango perché ormai noi siamo una cosa sola e, se c'è qualcosa che lo fa soffrire, allora soffro anch'io con lui.

Solleva il viso a guardarmi: un'espressione che mi strazia il cuore, poi cerca la mia bocca con la sua e mi bacia, a lungo, con dolcezza ma anche con intensità e desiderio. Sento il bisogno che ha di me e il conforto che riesco a dargli, tutto in quel bacio.
Senza dire un parola si alza in piedi, prende la mia mano e mi conduce in camera da letto.
"Amami, Ana" mi dice, "fammi sentire amato. Adesso. Ora. Ne ho bisogno".

In silenzio ci spogliamo a vicenda. Faccio scorrere le mie mani sul suo corpo, accarezzandolo e baciandolo e lui fa lo stesso con me.
Sempre in silenzio facciamo l'amore, lentamente, dolcemente, sentendo i nostri corpi muoversi insieme, i nostri gemiti e i nostri sospiri risuonare nella stanza.
Non smettiamo un solo istante di accarezzarci, di baciarci.

Lui mi sfiora i capezzoli, mi bacia dietro l'orecchio. Io gli accarezzo la schiena, la nuca, le spalle.
E' tutto così sorprendentemente bello e tenero, il riaffermarsi della vita dopo aver fatto i conti con la morte, con la perdita, l'abbandono.
Ed è con questo pensiero, mentre guardo il mio splendido marito abbandonarsi al piacere, che raggiungo l'apice e vengo sussurrando il suo nome. Allo stesso modo lui si abbandona all'orgasmo sussurrando il mio.

E' notte fonda, ma non riesco a dormire. Le tensioni della giornata mi tengono sveglia, in me ci sono mille pensieri.
Guardo Christian che dorme avvinghiato a me, come fa sempre quando è turbato e, nel sonno, appare rilassato, tranquillo e in pace.
Gli bacio delicatamente i capelli e lo stringo forte.

Il mio adorato marito.
Spero tanto che sia veramente in pace, che questo viaggio gli sia servito per addomesticare i fantasmi del suo passato e che il ricordo non gli faccia più così male.
Lo spero tanto, ardentemente, per entrambi.

Lentamente gli accarezzo il viso, mi adagio sul cuscino e, finalmente, mi rilasso e mi addormento nel suo abbraccio.


E' successo che, mentre scrivevo del piccolo Christian, di Grace e di Carrick, mi è venuto in mente di scrivere questa storia; l'addio di Christian alla sua mamma biologica e il suo definitivo (spero almeno) chiudere i conti col passato.

Ne è venuta fuori una cosa piuttosto dolce, forse troppo, e molto molto malinconica.
Spero di non rattristare troppo la mie lettrici e i miei lettori

Baci
Love
Jessie











 
  
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