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Autore: mavi    07/01/2009    4 recensioni
Storia Next-Gen (può considerarsi un seguito di "Cosa altro si dovrebbe dire?") incentrata su più personaggi, i principali sicuramente: Draco e suo figlio, Harry e suo figlio, e...
“Voglio dire, se era così “potente” come ha fatto a morire… a farsi uccidere?”
“Ah.”
Scorpius osservò il padre che si era d’un tratto fermato, restando in silenzio...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Severus Potter, Draco Malfoy, Harry Potter, Scorpius Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Ci facciamo portavoce di ideali e di speranze per anni

Salve a tutti J

Torno con una fic Next-Gen. Ancora una volta vengo attratta dal fascino del mescolare passato e futuro…

Sebbene questa storia nasca come one-shot a sè stante, è da considerarsi, per chi l’ha letta (o la vorrà leggere) una continuazione di un’altra mia storia:“Cosa altro si dovrebbe dire?

Buona lettura J

 

 

 

Ci facciamo portavoce di ideali e  speranze per anni. Viviamo di convinzioni che determinano il nostro essere e ci nutriamo della forza della quale esse ci armano.

Poi arriva il momento della verità; e il più delle volte  ciò che sembrava non era, ciò di cui eravamo convinti era una falsità.

Il cambiamento non è però sempre sinonimo di peggioramento.

Quando ci viene raccontata una storia la si deve ascoltare e capire in tutte le sua sfumature e, dopo, mettendo insieme luci e ombre possiamo permetterci di tirare le somme e di esprimere un giudizio...

 

Si mosse sulla sedia, incrociò le braccia e si accomodò meglio contro lo schienale. Il brusio della folla lo portò via, accompagnando i suoi pensieri nell’evasione di qualche secondo.

Aveva vissuto una vita, lui, che nonostante come fosse andata a finire, non avrebbe augurato a nessuno. Una vita che più e più volte aveva pensato di perdere. Eppure… aveva trentasei anni ed era vivo, era in buona salute, aveva una moglie e tre figli. Se lo sarebbe mai aspettato? Di certo no.

 

“Ci sono stati dei momenti, che ricordo così bene da riviverne ogni volta la tensione e la paura, in cui ho creduto che fosse arrivata la mia ora. Ma come me, lo so bene, tanti altri…”

 

Sorrise.

“Papà dai! Ti prego, ti prego, ti prego…”

“No. Non mi pregare Rosie, resta di là con tuo fratello ed evitate di far casino!”

Si voltò verso il suo amico, alle prese con una bambina riccioluta che avanzava qualche richiesta alla quale, lo sapeva bene anche lui, presto avrebbe ceduto.

Ron sospirò. Gli occhi di sua figlia erano davvero grandi e lucidi, troppo lucidi…

“Va bene, ma torna subito!”

Harry ridacchiò. Hermione non sarebbe stata d’accordo.

“Lily viene con me!”

Si voltò giusto in tempo per vedere le due bambine correre via. Ginny lo guardò alzando le spalle, fece poi segno di fare silenzio e di tornare ad ascoltare.

D’altronde, come biasimarli, ai loro figli quei discorsi dovevano sembrare così noiosi…

Harry tornò a guardare l’uomo seduto alla sua sinistra.

Ron.

Avrebbe ricordato per sempre quella assurda conversazione, di oramai anni addietro, quando fu chiaro per l’ennesima volta che avrebbero percorso quella vita assieme, fino alla fine.

“Come va il lavoro ai Tiri Vispi?”

“Mh… potrei dire male.”

“Perché?” un’ombra di sincera preoccupazione nella sua voce.

“George mi ha licenziato.”

“Come?”

Pensò ad uno degli scherzi di George o all’umorismo di Ron che negli ultimi tempi, causa la troppa vicinanza col fratello, aumentava a dismisura, ma il suo amico sembrava stranamente sicuro nell’affermare ciò che diceva e… felice. Un gran sorriso accompagnava le sue parole.

“Sì. Anzi, diciamo che io mi son licenziato ma che lui alla fine mi ha dato il nulla osta.

“Rimproverandomi, però, di starlo abbandonando proprio nel momento della vecchiaia. Mi ha detto che l’altro giorno, per prendere uno scatolo dalla mensola in alto, gli è venuto il colpo della strega… Dice comunque che è convinto sia stata sua moglie. Avevano litigato.”

Risero entrambi, ma poi Harry tornò serio.

“Ron, parli sul serio?”

Ron annuì vigorosamente, ancora quel sorriso sulle labbra.

“E cosa farai? L’hai… l’hai detto ad Hermione? Come l’ha presa?”

“Oh lei è felicissima, un po’ preoccupata… ma felicissima.”

Aggrottò la fronte seriamente impensierito.

“Be’ io allora vado. Salutami Ginny.”

Ron si alzò dal divano e si gettò il mantello sulle spalle, lui era troppo sconvolto per fare altro se non continuare a fissarlo, a meravigliarsi sempre più per il suo sorriso.

“Ah!”

Lo vide cercare qualcosa nelle tasche.

“Non ti ho detto però che ho un nuovo lavoro.”

Allungando la mano gli mostrò uno stemma ovale non più grande di un palmo, dal colore blu e oro con una scritta che conosceva sin troppo bene “Dipartimento Auror. Ministero della Magia, Londra”.

Lo guardò boccheggiando mentre un qualcosa di caldo, effervescente e incontrollabile saliva dentro di lui, arrivò sino al suo petto e lì esplose: era felicità…

“Ehi! Harry!”

Si risvegliò dai suoi pensieri allo schioccare delle dita davanti ai suoi occhi.

“Scusa Ron, dimmi.”

“Hai visto? C’è Malfoy.”

Si voltò leggermente indietro.

“E non solo…”

Seduti  tre file più in là c’erano i Malfoy al completo.

E non solo, Ron aveva ragione, c’era anche suo figlio Albus lì, nelle vicinanze.

Osservò la scena.

Il piccolo Draco in miniatura scambiava qualche veloce parola con la madre che, sporgendosi per parlargli più vicino e oscurando così la figura del marito, sembrava stragli dando istruzioni su come comportarsi. Istruzioni alle quali il bambino sembrava essere al quanto restio e, per le quali, sembrava anche essere imbarazzato.

Qualche secondo più tardi i due piccoli Serpeverde si allontanavano a passo svelto in direzione del castello ed Harry scorse Draco Malfoy osservare intensamente, proprio come lui, la scena da lontano.

 

“Oggi le cose sono cambiate, radicalmente. I tempi sono altri…”

 

Rivolse gli occhi al cielo.

Ah, come era vero!

 

“…ma i ricordi devono essere onorati e, in particolar modo, quelli delle persone che un tempo erano e che ora non sono più, perpetuati. Perché la memoria ci insegna ad essere grandi, o per lo meno lo può fare. Perché una tomba, bianca come questa, o grigio cemento come molte altre, ha un valore che è sicuramente quello di testimonianza, ma al pari di questo deve avere valore civile. Perché, probabilmente, è solo  ricordando le gesta di grandi uomini e gli sbagli di altri che si può pensare di ripetere i successi e di evitare gli errori.”

 

Harry rifletté su quanto fossero sagge quelle parole, rifletté su tutta quella gente che stava ad ascoltare, chiedendosi se tutti stessero capendo a pieno il significato di quel discorso tanto profondo, se tutti potessero far tesoro di quei consigli tanto preziosi…

Si guardò attorno. Gli studenti più piccoli gironzolavano nei paraggi, alcuni andavano via come aveva visto fare poco prima ad Albus e a Rosie, altri erano trattenuti dai genitori a presenziare e si abbandonavano ad espressioni disperatamente annoiate. Di loro erano davvero pochi a seguire.

Poi c’erano i più grandicelli e via via si arrivava a scorgere gli studenti degli ultimi anni. Mischiate poi a tutte quelle tuniche nere vi erano persone più adulte e anziane.

Di gente ce ne era davvero tanta. Tante persone amiche, tanti sconosciuti. Proprio come quel pomeriggio di venti’anni fa, in quel luogo, in quel ricordo che ancora , al tempo, non riusciva a definire tale…

 

“Il ricordo di Albus Silente appartiene a questi. Ed è certo che non ci sia una sola persona, tra le tante qui presenti oggi, che potrebbe dire il contrario.”

 

23 Giugno  1997- 23 Giungo 2017. Vent’anni dalla morte di Albus Silente.

 

“… ricordo come, in un primo momento, le ombre che oscurarono la vita e la persona di questo Mago furono per me motivo di sgomento e fonte di dolore. Ricordo come mi sembrava impossibile che quella fosse la verità, come insultai e criticai quella persona che, con scopo di certo diverso dal mio oggi, volle divulgare la vita e i segreti di Albus Silente…”

 

 ****

 

“Padre, posso farti una domanda?”

“Certo.”

Scorpius rallentò il passo per camminare accanto a lui e lo guardò un attimo in volto prima di riprendere.

Draco Malfoy aveva il viso rivolto leggermente all’insù, a guardare l’ampia volta del castello che presto avrebbero abbandonato.

Superato il portone principale poté ammirare il gran verde che circondava Hogwarts; in lontananza, a destra, l’enorme struttura del campo da Qudditch.

Astoria permettendo, ci avrebbe fatto un salto, dopo. Magari con Scorpius.

 

“Be’… io ho ascoltato questa storia, ho messo insieme luci e ombre e alla fine la conclusione è stata una sola, forse banale, ma vera: ogni uomo è ciò che è grazie a quello che è stato.”

 

Le parole arrivavano loro lontane, ma comprensibili grazie all’incantesimo di amplificazione.

“Ma… se Albus Silente era un così grande e potente mago… perché è morto?”

Dopo qualche attimo di silenzio scoppiò a ridere.

“Che razza di domanda vuole essere questa?”

Scorpius storse il naso in un’espressione risentita.

“Non ti hanno insegnato che la Pietra Filosofale è scomparsa da tempo e che non ci sono altri rimedi alla mortalità?”

“Ma che studiate in questa scuola…”

“Ho appena finito il primo anno, e in Pozioni il preparato più complicato a cui siamo arrivati è il Distillato della Morte Vivente” rispose permaloso suo figlio.

“Comunque lo so che l’immortalità non esiste… Non volevo dire questo…”

“E cosa, allora?” rispose con calma, senza prestargli troppa attenzione in verità.

“Voglio dire, se era così “potente” come ha fatto a morire… a farsi uccidere?”

“Ah.”

 

“E sa ad Albus Siente è servito cedere alla tentazione del potere e della Magia Oscura per qualche folle momento, se gli è servito peccare di egocentrismo per qualità e doti che in lui vi erano tutte…”

 

Scorpius osservò il padre che si era d’un tratto fermato, restando in silenzio, e che dopo qualche secondo rispose con tono leggero.

“Mh, bella domanda davvero.”

 

“Se, veramente, tutto questo a lui è servito per salvare il Mondo Magico da Grindelwald  la prima volta e da Lord Voldemort la seconda,…”

 

Il bambino pestò spazientito i piedi a terra, poi riprese a camminare al suo fianco.

“Dai papà, so che lo sai! Perché non me lo vuoi dire?”

“In fondo, a te, cosa importa?”

Ora la sua voce era seria. Scorpius soppesò le parole prima di rispondere, piano.

“Voglio sapere. Tutti sanno.”

“Sul serio? Allora fattelo dire da quei tutti.”

“Non mi fido.”

Draco guardò suo figlio negli occhi.

“Fai bene.

“Se lo vuoi davvero, ti dirò come sono andate le cose.”

Finalmente! Suo padre aveva sempre detto di avere pazienza, che un giorno gli avrebbe raccontato… Ma questo giorno quando sarebbe arrivato?

Con l’ingresso ad Hogwarts più volte, complice la presenza di Albus Potter, si era finiti col parlare, tra compagni e conoscenti, della Guerra e dei fatti di quegli anni. Lui  sull’argomento era sempre stato il più impreparato, mentre Albus snocciolava pillole di saggezze e svariati aneddoti. Era una situazione imbarazzante, specialmente tutte quelle volte che gli venivano poste della domande alle quali non riusciva a dare una risposta che andasse oltre “l’orientamento spirituale” della sua famiglia.

Scorpius tirò un sospiro di sollievo e continuò a seguire suo padre che, a passo lento, tornava lì dove avevano lasciato sua madre.

Ma… conoscendolo bene, possibile che quella discussione tanto importante sarebbe avvenuta così, passeggiando per i giardini di Hogwarts, per pura casualità?

Aggrottò dubbioso la fronte.

“Sono stato io.”

A quelle parole suo figlio lo guardò malissimo.

“Non mi prendere in giro!”

Ridacchiò, continuando ad osservarlo di sottecchi. Ogni qual volta che si divertiva a stuzzicarlo, sviando le domande che gli poneva, rispondendo una cosa per un'altra, Scorpius diventava semplicemente rosso dalla collera.

Se c’era una cosa che suo figlio odiava, quella era l’essere preso in giro.

Solo che, questa volta, lui non lo sapeva, ma aveva davvero l’intenzione di raccontargli la verità.

“Va bene, non proprio io…”

 

“… proteggendoci tra le mura di Hogwarts, preparandoci ad  una battaglia alla quale lui non poteva partecipare ma della quale è stato sin dall’inizio regista…”

 

Ripresero a camminare, Scorpius lo continuava a guardare rabbuiato aspettandosi ora “la verità”.

“Anzi, non completamente io. Il colpo di grazia spettò a Severus Piton.”

Un sospirare irritato lo avvertì che suo figlio non aveva preso per buona nemmeno questa seconda risposta.

Non è possibile. Severus Piton è ricordato tra coloro che combatterono il Signore Oscuro, non avrebbe avuto senso uccidere uno tra i suoi migliori alleati.”

Draco restò in silenzio.

“Mi dispiace, ti sei tradito da solo papà. Ora voglio sapere la verità.”

Scorpius guardò suo padre e proprio non capì perché si era messo a ridere.

“Ma io ti sto dicendo la verità.”

“Non ha senso.”

“Pensi debba necessariamente averne?”

“Certo!”

“Sono sicuro che con il tempo avrai modo di ricrederti…”

“Se fosse stato Severus Piton il suo quadro non sarebbe oggi appeso nell’ufficio del preside. E se fossi stato davvero tu… perché non sei ad Azkaban, adesso?” disse, orgoglioso dei validi argomenti apportati alla sua tesi.

“Ah quello chiedilo a tua nonna.”

 

“Allora…  va bene così.”

 

Scoraggiato più che mai, avendo capito che suo padre non aveva alcuna intenzione di prenderlo sul serio, Scorpius decise di restare in silenzio. Ma resistette poco.

“E’ che mi da fastidio.”

“Cosa?”

Ancora una volta il tono calmo e sovrappensiero di suo padre a rispondergli.

“Potter.”

Draco sembrò come risvegliato e si voltò verso suo figlio, che invece guardava a terra.

Saggio pensiero il suo.

“Naturale. Lo sono di famiglia” non si trattenne dal dire.

Ma se le cose stavano così, non capiva cosa Scorpius ci facesse insieme a quel bambino solo pochi minuti prima, quando era andato a recuperarlo. Per non parlare dell’intero anno scolastico che si erano appena lasciati alle spalle.

“Cioè, non lui lui. Ma… diciamo, lui quando si mette a fare il saputello.”

“Spiegati meglio, Scorpius. Non capisco.”

“Lui sa tutto sulla guerra. Lo racconta a tutti e… e io invece non so nulla!”

“Ed è brutto, quindi, non conoscere i morti e gli orrori di una guerra?”

“Sì, lo è quando tutti ne parlano e io non posso dire la mia. Albus mi racconta tante cose…”

“Tutte da verificare” rispose con scetticismo e fastidio.

“Appunto.”

Così dicendo guardò intensamente suo padre.

“Avremo tutta un’estate Scorpius… Ti prometto che l’anno prossimo, sul treno per Hogwarts, conoscerai la guerra come Potter. Anzi, meglio.”

Il bambino sorrise raggiante e accelerò il passo per raggiungere la madre che li osservava poco distante. La gente si alzava dalle sedie, la donna non parlava più, sembrava essere tutto finto.

Draco restò dov’era, si era reso conto che era  giunto il momento che suo figlio sapesse. Non poteva permettere che venisse influenzato dalla storia e dal pensiero di qualcun altro. Specialmente se questo qualcun altro era un Potter, un Grifondoro…

Storse il naso. No, quel Potter non era un Grifondoro. Ma, in fondo, era lo stesso.

Per lui i Potter non sarebbero mai stati altro.

Restò così fermo per qualche altro minuto. Osservò la tomba bianca e il luogo dove poco tempo prima una strega pronunciava un discorso che, suo malgrado, l’aveva colpito. Fosse solo per il fatto che aveva trovato qualcosa di familiare in quelle parole, qualcosa della sua vita.

Ci facciamo portavoce di ideali e speranze per anni. Viviamo di convinzioni che determinano il nostro essere e ci nutriamo della forza della quale esse ci armano.

Serpeverde  per vocazione, purosangue di nascita, aristocratici per tradizione. Da sempre così, la sua famiglia. E per sempre così.

Ma, le sue convinzioni, a cosa l’avevano portato? E quanto care le avevano pagate, lui e la sua famiglia…

Quella giornata era stata organizzata in ricordo di Albus Silente, maestro di vita per tanti, così l’avevano definito.

Di certo non lo era stato per lui. I suoi “maestri” furono infatti altri.

Accanto ai suoi genitori, a suo padre, Severus Piton era una tra le persone che più aveva stimato e ammirato.

Poi arriva il momento della verità…

Quando arrivò, ne rimase deluso. E una tra le più grandi delusioni, se lo ricordava bene, era stato proprio Piton.

Piton che incarnava il Serpeverde perfetto, che pungente e subdolo umiliava i Grifondoro e sottraeva loro punti con la tranquillità con cui quelli sembravano recuperarli. Il Capo Casa che più di tutti era parte della sua Casa, il professore a cui un Serpeverde doveva rivolgersi per ottenere un qualsiasi consenso senza troppi problemi, senza dover rispondere a lunghi interrogatori e a sguardi dubbiosi.

Piton che per tanto tempo, quando lui ancora non capiva cosa significasse esserlo veramente, ma lo desiderava,  era stato l’eccelso Mangiamorte al seguito del Signore Oscuro.

Piton che, alla fine, dopo anni passati ad ingannare tutti (i Mangiamorte, il più potente mago oscuro di tutti i tempi, sua madre, i Serpeverde, lui…) si era rivelato essere un fedelissimo seguace di Silente, un membro dell’ Ordine della Fenice, un eterno protettore di Potter…

Uno come tanti, in fondo.

Be’… il dispiacere quando venne a sapere tutto questo non era stato poco.

Suo padre si rabbuiò molto, quando lo lesse sul giornale. Sua madre portò una mano davanti alla bocca quando si rese conto che si era fidata così ciecamente di quell’ uomo, tanto da stringere un Voto Infrangibile con lui, e del pericolo che perciò aveva corso. Era a conti fatti un traditore e Bellatrix, se fosse vissuta così a lungo, sarebbe scoppiata a ridere urlandole  di riconoscere che aveva sempre avuto ragione.

Lui era rimasto invece in silenzio, ferito.

Ci aveva messo un po’, in realtà, a decifrare quella sensazione che gli premeva dentro.

Ricordo come mi sembrava impossibile che quella fosse la verità…

Ma il suo ragionamento, allora, non doveva essere stato differente da quello che tutti i presenti poco prima avevano avuto l’occasione di ascoltare.

Severus Piton, nonostante tutto, non si poteva negare fosse stato un esemplare Serpeverde. Non si poteva negare fosse stato un eccezionale mago e pozionista, non si potevano dimenticare tutti i punti tolti a Grifondoro, l’aiuto dato a sua madre, l’attenzione per tanti anni rivolta a lui…

Luci e ombre.

Era per quello che ancora continuava a ricordarlo con rispetto, a parlarne a suo figlio come un grande mago, a intrattenersi con il suo quadro in interessanti conversazioni…

 

 

“Ohh finalmente! Papà, la mamma non ha mai parlato così tanto tutto di filato. E senza che tu la interrompessi nemmeno una volta!”

Ron ed Harry si guardarono- mentre il piccolo Hugo si stiracchiava scompostamente- una risata in gola pronta ad essere liberata, ma Hermione, imbarazzata e felice,  arrivò subito dopo.

 “Allora… che ne pensate?”

Harry le rispose con un gran sorriso.

Non aveva mai avuto dubbi sul fatto che Hermione avrebbe fatto un ottimo lavoro. Era una cosa a cui la sua amica  teneva, certo. Ed era stato perfetto; quelle righe erano state scritte con l’anima… ed quindi lo era stato ancora di più. In quel pomeriggio di Giugno, quando il nuovo preside di Hogwarts aveva voluto onorare il ricordo di Albus Silente in quella maniera, quando aveva chiesto ad Hermione di occuparsi lei di una degna chiusura di quella giornata.

Davanti a quella tomba bianca, respirando l’aria di quel posto magico, lasciandosi accarezzare dal venticello caldo dei mesi estivi appena giunti, ascoltando in sottofondo il rumoreggiare del Lago Nero…

Le famiglie degli studenti erano state invitate a partecipare e, a occhio e croce, per il numero, poteva dire che c’erano tutte.

“Harry!”

Sua moglie lo richiamava qualche metro più in là, il sorriso di chi trama qualcosa stampato sulle sue labbra, lo sguardo birichino nei suoi occhi.

Ascoltò la proposta con un misto di terrore e curiosità.

In fondo, Ginny  non aveva avuto un’idea malvagia.

“Non potranno rifiutartelo. Sei il salvatore del Mondo Magico, no? Altrimenti cosa ti ho sposato a fare!”

Alzò gli occhi al cielo mentre, sottobraccio, tornavano da Ron, Hermione e i bambini .

Sperava sinceramente che gli Elfi non fossero già in vacanza. Altrimenti, avrebbe persuaso i due ben noti membri del C.R.E.P.A (e anche gli unici) ad andare a parlare loro…

Il tavolo dei Grifondoro, la torta con la Melassa della scuola… da quanto tempo era che non mangiavano quelle cose, che non sedevano tutti insieme a quel tavolo?

Quanti? Giusto, venti.

Troppi per lasciarsi sfuggire l’occasione…







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