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Autore: The Ghostface    06/06/2015    0 recensioni
Sono passati tredici anni…tredici lunghissimi anni da quando Ghostface è stato rinchiuso nel Tartaro.
Di lui non resta che un vago ricordo, voci, leggende urbane…tutto sbiadito dal tempo…dalla magia…
Sulla Terra le cose sono cambiate, nonostante il tempo trascorso i Titans sono rimasti uniti…e con un membro in più, un vecchio rivale pentito…
Alcuni si sono sposati, alcuni hanno avuto dei figli…alcuni nascondo terribili segreti nel profondo del loro animo che mai mai e poi mai dovranno essere svelati.
Il ritorno in circolazione di un noto avversario da un occhio solo terrà alta la guardia dei nostri eroi.
Ma quello che tutti loro non sanno…e che sono finiti tutti nel mirino dell’ormai leggendario…Ghostface.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Ghostface, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Rigor Mortis'
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CAPITOLO 18
 
-Non avendo io delle tette grandi e morbide come le tue, non nemmeno immaginare il dolore che stai provando ad avercele imbottite di sale grosso- ghignò Ghostface guardando la giovane annaspate ai suoi piedi –Brucia, vero? Certo che lo fa. Guarda il alto positivo, non è piombo: non morirai-
Corvina non riusciva a parlare, a stento era in grado si sollevare il costato per respirare, il dolore al petto era lacerante, bruciava come ferro rovente, le attanagliava la mente, non sentiva nient’altro che il dolore e la rabbia crescerle dentro.
Non riusciva a concentrarsi, neppure a lanciare il più semplice degli incantesimi, la gola era muta, la mente appannata, il dolore le impediva di ragionare con lucidità, di reagire.
Era completamente impotente, inerme nelle sue mani.
Strinse i denti e si costrinse a lanciare uno sguardo impregnato d’odio al vecchio.
Quello lo notò e si fece più serio –Sappi che il dolore che senti adesso non sarà neppure paragonabile a quello che proverai se cercherai di fare una cazzata-
Reggeva l’impugnatura del fucile con una sola mano, spostò la canna puntata sul viso della maga verso l’inguine e la spinse dentro le sue cosce, penetrandola di pochi dolorosi centimetri.
Nonostante fosse avvolta dallo stoffa del body, Corvina sentì appieno la freddezza di quel tubo di metallo che la violava nell’intimità, senza alcun riguardo, era entrato solo di tre dita ma lei ne aveva sentito, e sofferto, ogni millimetro.
-Fa una mossa falsa…e io ti sparo- l’ammonì accarezzando il grilletto col dito –Chissà che male deve fare trovarsi la fica sfondata così…quando si dice penetrazione violenta…-sghignazzò –Una fucilata lì dentro…urg! Non voglio nemmeno pensarci! Spero che tu non abbai in programma di avere altri figli perché la vedo male per le tue ovaie, se premo il grilletto. Sai, il sale è famoso per rendere sterili… -
-S-stronzo…- biasciò lei tra i gemiti di dolore.
Ad ogni secondo che passava i cristalli di sale le bruciavano sempre di più la carne tenera al punto che desiderò mozzarsi entrambi i seni, sentiva quei bianchi chicchi straziarla dall’interno mentre la canna del fucile le forzava la vagina sempre più a fondo, una canna dura, lunga, fredda e spropositatamente grande che il pazzo si divertiva a ruotare dentro di lei, ad ogni giro sentiva il lembo delle mutandine tirare sempre più forte, affondandole nei fianchi e nel solco delle natiche.
Il sottile tanga nero, infatti, si avvolgeva ogni volta di più, assieme al body, attorno alla canna del fucile a pompa ad ogni giro che essa compiva, scoprendo sempre più carne.
-Oh oh…qualcuna non si è rasata- ridacchiò il vecchio quando i primi peli pubici furono visibili –Eri molto più attenta alla tua fighetta a 16 anni; completamente glabra se non ricordo male-
Ghostface poteva vedere la punta del fucile  entrarle nelle grandi labbra messe a nudo.
-E che cazzo, Corvina! Non sei nemmeno un po’ umidiccia! Lasciati andare, forse ti piace anche. Sappi che a me un po’ di attrito non ha mai dato fastidio-
Quei commenti la facevano fremere di accidia, di un ira che non poteva sfogare, raccattò la poca saliva nella sua gola secca e sputò, mirando al viso del vecchio.
Ma lui era troppo alto, troppo lontano, lei stesa a terra, senza forze…lo sputo le atterrò sulla coscia destra, completamente nuda e pallida come il marmo; per forme e colori poteva benissimo appartenere a qualche stupenda scultura greca o rinascimentale.
Il grumo di saliva le colò lentamente all’interno, un patetico tentativo di ribellione, tutto ciò che riuscì a sollevare con quel gesto fu l’ilarità dell’assassino.
Doveva divertirsi da pazzi a vederla così indifesa.
-È bello sapere che almeno una parte di te è succosa- commentò.
Se voleva umiliarla ci stava riuscendo benissimo.
-Te lo hanno mai detto che sei piuttosto carina, “Tette di Pandoro”? Dammi un bacio bella vedova…-
-I-io..no-n s-sono …vedo-va…- rispose quella acida con le mascelle serrate per il dolore.
-Non ancora- ghignò l’altro.
Dopo qualche altro minuto di “divertimento”, Ghostface ritrasse il fucile dalla vagina della strega, caricandoselo in spalla, completamente asciutto.
-Oh! Che sgarbato che sono! Perché non entri a fare quatto chiacchiere?- senza bisogno di ricevere una risposta il killer l’afferrò per le caviglie, trascinandola dentro l’appartamento.
Perché nessuno accorreva dalle altre porte? Perché nessuno veniva a vedere? Ad aiutarla? A salvarla?!
Possibile che non sentissero tutti quei rumori?
Come facevano a non accorgersi di nulla?!
Un terribile pensiero le balenò per la mente: cosa aveva fatto Ghostface a tutte quelle famiglie innocenti?
Ma la realtà era ben diversa, il vecchio non era responsabile di un negato soccorso, un’altra era la turpe verità, introdotta dalla società, che impediva agli inquilini delle altre case di andare a vedere cos’era accaduto sul pianerottolo, si chiamava indifferenza, menefreghismo, paura, insofferenza, egoismo…morbi che attanagliavano quella società formata non da un popolo ma da un insieme di individui che pensavano solo a se stessi.
Un colpo di fucile era un pretesto più che buono per non immischiarsi.
Il corpo perlaceo della maga lasciò una scia di sangue ancora fresco sul pianerottolo e sugli interni mentre quel pazzo psicopatico la trascinava a peso morto, e lei, completamente incapace di reagire era costretta ad assistere indifesa alla profanazione di sé…era di nuovo debole, spaventata, in suo completo potere…come 13 anni prima.
I ricordi delle sevizie subite durante la sua prigionia riaffiorarono più vividi che mai, la fecero rabbrividire nel profondo, le tremarono le ossa e i nervi fremettero a fior di pelle.
Ghostface la sollevò di peso e la mise seduta sul divano.
Corvina provò ad approfittare di quella propizia vicinanza ma non riuscì neppure muovere un dito, il sale era affondato nel profondo del suo seno, dei suoi pettorali, delle addominali, delle spalle, infilandosi tra le costole e provocandole fitte atroci ad ogni respiro, quando provò a muovere il braccio dovette desistere con un grido di dolore, pareva che i muscoli lesi si lacerassero dall’interno tra fiammeggianti tormenti.
Ghostface ridacchiò divertito dall’ennesimo tentativo di sottrarsi a quella situazione, si mise di fronte a lei, a cavalcioni di una sedia messa al contrario, con lo schienale davanti al petto su cui appoggiava gli avambracci incrociati, in una mano reggeva un coltello, nell’altra una bomboletta spray.
-Ora non fare scherzi, Corvina, o giuro che ti scarico tutto il tubetto di spray orticante negli occhi… e allora sarai cieca, a strisciare come una cagna con la fica grondante di sangue, dopo che ci avrò scaricato dentro l’intero caricatore, e con un fucile ficcato su per il culo fino al calcio.
Sarebbe un peccato rovinare così i tuoi bellissimi occhioni viola…o il tuo fondoschiena sexy-
La strega ringhiò piena di rabbia impotente, schiumante di frustrazione, ma non tentò di muoversi…raramente Ghostface minacciava a vuoto.
-Bene, vedo che ci siamo capiti. Adesso perché non parliamo un po’ solo io e te? Come ai vecchi tempi-
-N…non …abb-biamo…nulla da d-dirci…io e…te- grugnì a denti stretti la maga, arrossendo mentre inchiodava quegli occhi carichi d’odio e disprezzo sulle inespressive e criptiche lenti scure.
-NIENTE!- aggiunse nonostante significasse un supplizio per lei, scandire con chiarezza le parole.
-Oh ma davvero? Io non credo. Abbiamo molto da raccontarci, siamo stati lontani 13 anni ma questo non cancella quello che abbiamo fatto, quello che io ho fatto a te…e quello che tu hai fatto a me. Io forse sono il vero colpevole in questa storia…ma tu sei complice di non aver impedito che ciò accadesse quando avresti potuto.
Un anno di tempo hai avuto…e non hai fatto nulla.
Non importa quanto tempo passi, quanto lontano tu possa nasconderti: il passato torna sempre a tormentarti!-
-Io non voglio averci nulla a che fare! Vattene!-
-Tu ti sei cacciata in questa situazione!- la rimbeccò il vecchio più duro che mai –Pensavo che avessi fegato, Corvina, invece sei solo una stupida ragazzina, debole oggi come allora!-
-Sta zittto!- urlò lei con quanto fiato aveva in gola –Tu hai iniziato tutto! TU!! Tu…- singhiozzò mentre grossi lacrimoni le comparivano sugli occhi –E io non potrò mai perdonarti per quello che mi hai fatto…- chinò il capo rifiutandosi di guardare oltre il suo aguzzino.
Ghostface sospirò passandosi una mano sul volto
–Lo so, ho sbagliato. Ho fatto una cazzata madornale, forse la più grande della storia, tutto perché non ho ragionato.
Certe forze non dovrebbero mai entrare in contatto, ma quel girono…quel giorno vedevo rosso, non ero in me, ed è accaduto.
E ora dobbiamo affrontarne le conseguenze…entrambi-
Corvina lo guardò truce sbuffando come una puledra indomita presa al laccio –E allora cosa conti di fare per porvi rimedio?-
Questa volta fu Ghostface a sentirsi messo all’angolo, si prese la fronte nella mano, scuotendo la testa assorto nei suoi pensieri ma senza mai abbassare la guardia.
Il vecchi rimase in silenzio.
-Dimmelo!!- urlò Corvina con voce roca.
-Non lo so, cazzo! Non lo so! Non so nemmeno che tu abbia fatto a vivere così a lungo con questo segreto, con un simile peso per così tanto tempo-
Corvina alzò il capo sdegnosa –Sono più forte di quanto sembro. Io non fuggo dai problemi, come te-
Il vecchio la fissò pieno di triste ilarità, un macabro sorriso nato dall’incredulità –Io…io sarei fuggito? No, scusa, ce l’hai con me? Devo forse ricordarti che siete stati voi a spedirmi nel Tartaro??!!-
-E siamo anche stati generosi!- ruggì Corvina, coi nervi del collo che sembravano rigidi tubi di bronzo.
-Generosi!? Come hai passato questi ultimi tredici anni, Corvina, sentiamo? Salvando il mondo due volte a settimana, scrivendo racconti di successo, guadagnando migliaia di dollari, guardando il sole albeggiare e tramontare ogni giorno, la neve cadere nelle noti fredde che passavi abbracciata al tuo principe verde dopo che i vostri corpi si erano scaldati l’uno con l’altro, potevi mangiare quello che volevi, potevi leggere qualsiasi libro desiderassi, potevi andare in giro dove preferivi…potevi sentire la forza del vento che ti accarezza la pelle!! Quanto ho rimpianto il vento e la pioggia in quella prigione!
Persino l’aria mi era negata! L’aria! Ossigeno vecchio e stantio, caldo, umido e soffocante tenuto per anni stipato in una bombola,  ecco di cosa erano piene quelle fetide celle!- le portò il coltello alla gola –Lo vuoi sapere come li ho passati io questi tredici anni? Li ho passati pensando a te, a quello che avevamo fatto, e a quando sarai riuscito a tornare…la tua email, l’unico contatto umano che ho ricevuto in tredici anni, mi ha dato la carica necessaria per farlo.
Ma quei tredici anni nel Tartaro…li ho passati chiuso in una cella di due metri per due, perennemente recluso a soffocare di noia in uno spazio in cui neppure un cane sarebbe stato rinchiuso, mai una boccata d’aria, mai una luce diversa da quel neon ronzante, un ronzio perpetuo che mi stava facendo ammattire!
Nessuno con cui parlare, 13 anni di assordante isolamento! 13 anni di torture nel fisico e nella mente, Corvina, di torture! Non passava giorno che le guardie non infierissero i più fantasiosi supplizi a quelli come me, rinchiusi e inermi, credimi, nel Tartaro i criminali degni di morte erano sia quelli dietro le sbarre sia quelli fuori.
Mi hanno insultato, straziato ed umiliato, picchiato, mutilato, hanno spezzato ogni mio osso, mi hanno fatto patire la fame per settimane, mi hanno bruciato col ferro e l’elettricità, mi hanno spremuto la mente, hanno condotto esperimenti disumani su di me, mi hanno operato a cranio e a cuore aperto mentre ero cosciente- un colpo del pugnale squarciò il costume di Corvina all’altezza del petto, recidendo il body e il reggiseno.
Ghostface le afferrò un seno ancora gocciolante di sangue, premendo il filo della lama sul capezzolo.
-Mentre tu allattavi la vita coi tuoi seni di madre io venivo vivisezionato!-
-Tredici anni di sofferenza…- riprese lui mentre Corvina restava a guardarlo ammutolita.
Il coltello le accarezzò la pelle turgida dell’aureola senza tagliarla e la punta risalì il torace in mezzo ai seni.
-Tredici anni di solitudine…- la lama le sfiorò la gola.
-Tredici anni senza vedere una donna…- Corvina alzò lo guardo dal coltello al viso di Ghostface, più serio e inquietante che mai, sentì il cuore battere a mille nel petto, la paura di quello che stava per accadere la lasciava già senza fiato, a dispetto del dolore le dita affondavano nei cuscini del divano.
-Ti è accelerato il battito, allora il sentimento è reciproco- sorrise Ghostface, un sorriso sottile e scintillante, freddo e crudele, sadico.
Sembrava un rasoio che sta squarciare la gola della vittima.
Da dietro le lenti nere il vecchio poteva vedere il proprio sorriso riflesso negli occhi sbarrati della maga, colorato da tutta l’angoscia che contenevano.
-Checché tu ne dica, sono umano anch’io… ho degli istinti-
Senza aggiungere altro la mano destra premette con più decisione il coltello sul collo di Corvina, costringendola ad alzare il capo verso il soffitto, contemporaneamente la mano sinistra si fiondava sul seno più vicino, artigliandolo con libidinoso desiderio mentre la bocca di Ghostface si chiudeva sull’altro, fagocitandone il capezzolo.
-Lasciami! Lasciami subito stare, animale!-
Lui la colpì con l’impugnatura dell’arma, facendole zampillare il sangue dal naso, Corvina tacque.
Doveva essere forte, quello che stava subendo…era un orrore inenarrabile ma lei non si sarebbe piegata.
Spezzata forse ma non piegata.
-Hai delle poppe stupende, Tette di Pandoro, sono così grandi e sode…hmmm…profumate…-
Il respiro le si faceva sempre più affannoso mentre sentiva la lingua di lui giocare attorno al suo petto, la mano monca scendeva nel suo corpo, oltre l’ombelico, oltre la vita, sempre più in basso…cercando quel frutto bramato e proibito che si nascondeva tra le cosce perlacee.
Lo trovò.
Sentiva il ferro sulla gola, sentiva la lingua sulla carne, sentiva le lunghe dita fredde dentro di sé.
Avrebbe fatto di lei quello che voleva e lei non poteva impedirlo.
Corvina si maledisse per essere nata donna, voleva piangere ma ricacciò indietro le lacrime, era sempre più spaventata e sempre più nervosa, guardava il soffitto immobile, sforzandosi di trovare un modo per reagire, ma la sua psiche e il suo corpo erano a pezzi, pensò a tutto quello che le era successo, pensò a Terra, pensò a BB, pensò ai gemelli…pensò ad April.
Il suo corpo sarebbe stato sottoposta a chissà quali abusi ma lei non si sarebbe piegata, non poteva, avrebbe sopportato tutto in silenzio senza concedergli nulla, avrebbe resistito per tutte le persone che amava!
Doveva resistere ad ogni costo!!
-AH!- gridò di dolore, stringendo forte gli occhi per attutirlo, quando li riaprì si trovò faccia a faccia col volto ghignate del fantasma.
Aveva ritratto le dita dalla sua intimità, ora teneva la mano dietro la schiena, a reggere chissà cosa.
Un rigagnolo di sangue gli colava dal labbro inferiore, tingendo di vermiglio quella corta barba nivea.
Si rese conto dopo alcuni secondi di provare un terribile dolore al capezzolo, abbassò lo sguardo e lo vide rosso di sangue.
Rabbrividì vedendo il fluido vermiglio sgorgare fuori dalla punta del suo seno colandole sul petto nudo e sul costume stracciato.
Il coltello allentò la sua presa attorno alla trachea, il vecchio depose l’arma e prese con entrambe le mani l’oggetto che nascondeva dietro la schiena, una scatola di legno, con dei fori sul coperchio.
Corvina avrebbe voluto saltargli addosso fargli sputare quei denti scintillanti a suon di botte e cavargli i suoi occhi spettrali…ma non poteva adesso, non era in grado di fronteggiarlo…tuttavia il dolore andava attutendosi…presto, molto presto, avrebbe potuto scatenare la sua furia sul vecchio.
Era questione di minuti.
-Non sarà latte ma penso che andrà bene lo stesso per il mio piccolo amico…-
Ghostface aprì la scatola e con orrore della maga ne tirò fuori uno scolopendra gigante.
L’insetto si contorceva forsennatamente  tra le mani albine, ma le dita erano saldamente strette attorno alla testa e alla coda della bestia, un corpo lungo una trentina di centimetri, anche di più, brulicante di zampe che si divincolavano minacciose e con tenaglie possenti grandi quanto un dito mignolo era proteso verso di lei.
Quando se lo vide a pochi centimetri dalla pelle Corvina urlò di ribrezzo trovando la forza di alzare le braccia per difendere il viso da quelle cesoie che si dibattevano nell’aria.
Ghostface fu rapido e preciso, Corvina sentì una fitta lancinante al petto, l’artopode le era appena stato posato proprio sopra il capezzolo sanguinante e come aveva sentito il calore di quel corpo vivo, l’insetto, aveva stretto le sue molteplici zampe attorno alla carne morbida dei seni, affondando quelle punte aguzze nella pelle sensibile.
-AAA!!!- era come se mille tenaglie fossero chiuse sulle sue le tette!
-Levamelo! Levamelo!!- gridò Corvina allungando le mani per strapparselo via di dosso ma Ghostface le bloccò i polsi costringendola a restare composta.
-Calmati, Corvina, calmati. È meglio per tutti se ora non ti muovi-
Il cuore le martellava nel petto, era a dir poco in iperventilazione e lo scolopendra si avvolgeva sempre più attorno al suo corpo, attratto dal sangue caldo, le zampe si serravano in una presa ferrea e dolorosa, impossibile da ignorare, ma Corvina si costrinse a rimanere immobile.
Lei amava gli animali, visto il marito non poteva essere altrimenti, ma i millepiedi non li poteva soffrire, non si riferiva ai piccoli insettini che si trovano nelle vecchie case ma alle scolopendre quelle orride creature grosse e ripugnati che popolano giungle e paludi, aveva una terribile fobia a riguardo legata a brutti ricordi della sua infanzia.
Poche cose la terrorizzavano più di un millepiedi sulla pelle.
E Ghostface lo sapeva.*
-Scolopendra Gigantea- sorrise il vecchio orgoglioso – Carina, eh? È il membro più grande della sua specie.
Il poveretto è mezzo congelato quindi penso che resterà attorno alla fonte di calore più vicina per parecchio tempo, cioè tu-
-Toglimelo…- disse Corvina con le narici che sbuffavano forsennatamente –Toglimelo, toglimelo o non so cosa potrei fare!-
-Mantieni la calma- rispose quello –Sei una maestra a farlo. Immagino ti stia chiedendo che ci faccia qui il piccolo Chompy, così lontano dall’Amazzonia. L’ho preso per te- ghignò.
Fece scivolare un polpastrello pallido sulle placche color caramello che costituivano l’esoscheletro dell’insetto.
Il vecchio si fece più riflessivo, non serio ma assorto –Sei una ragazza forte, Corvina. Molto forte. Non ho dubbi che tra pochi minuti il dolore provocato dal sale non sarà più un ostacolo per te quindi, per assicurarmi che tu resti buona buona lì dove sei, ho portato Chompy.
Le scolopendre sono creature affascinanti, lo sapevi che con un morso delle loro tenaglie possono troncare un dito senza fatica?
Ti consiglio di stare immobile, ragazza, Chompy è mezzo assiderato e molto molto spaventato, diventa nervoso quando ha paura.
Un suo morso, a parte il terribile dolore che provoca, lo paragonano a un ferro arroventato, ti inietterebbe un potente veleno, sicuramente non ne resterai uccisa ma non sarebbe una bella esperienza.
I recettori sotto il suo esoscheletro gli permettono di percepire anche le più piccole variazioni, come l’accelerazione di un battito, e questo potrebbe spaventarlo e renderlo aggressivo…ti conviene rilassarti e ascoltare quanto ho da dire.
Se sarai brava forse porterò Chompy con me quando andrò via-
Messa con le spalle al muro Corvina non potette che assecondare le richiese del vecchio, si sforzò in tutti i modi di non guardare l’essere che zampettava in mezzo ai suoi seni in cerca di calore, lo sentì muoversi sotto le ascelle, entrare nel costume e finire nella sua schiena.
Lo scolopendra scese ancora più in basso.
-S-si sta m-muovendo- balbettò la maga in preda a brividi freddi.
-È ovvio- rispose il pazzo per nulla turbato, anzi si alzò dalla sedia andandole più vicino, tenendole fermo il viso con una mano la costrinse a guardarlo –Non farci caso, Corvina, è a sangue freddo. Cerca solo il posto più caldo in cui rintanarsi-
-V-vuoi d-dire che…-
-Ti entrerà nel culo? Naa, è un po’ troppo stretto e privo d’aria per lui, penso che punterà alla tua fica, certo potrebbe sempre pensare di “allargare l’entrata” scavandosi una via d’accesso con le cesoie, sono abilissimi nel farsi le tane-
-Ti prego, ti prego, toglimelo!-
-A tempo debito!- ribattè lui freddo più che mai.
-Ho da farti un offerta…- continuò – Io e te abbiamo scatenato forze inenarrabili in questo mondo, forze che potrebbero sguinzagliarsi da un momento all’altro, questo è un periodo molto delicato lo sai benissimo-
Corvina sbuffò ma continuò a restare calma, sempre più calma mentre lo scolopendra si insinuava nel solco tra le natiche –Il tuo arrivo non ha certo facilitato le cose-
-Ma potrebbe- replicò quello –Io ti offro una scappatoia, tu non sei in grado di gestire questo potere, consegnamela e io me ne andrò-
La maga dai corti capelli viola dovette mettercela tutta per non esplodere e sfasciare tutto…ma un morso di scolopendra sul clitoride era l’ultima cosa che voleva.
-Tu invece saresti in grado di gestirla?!- sibilò acida –Non sai nulla di lei, non la conosci nemmeno!-
-So come comportarmi. E so più cose di quanto immagini a riguardo. Io sono l’unica speranza per ritardare l’inevitabile. Sai bene che l’aura di Azar è forte in me, conservo il suo dono da secoli, tu invece, sei la figlia di Trigon, come conti di mantenere l’equilibrio?
Basterebbe la mia influenza e forse l’aura di Azar potrebbe contenere il suo potere per altri vent’anni, forse trenta…lo so, non è molto ma anche un’ora di vita è pur sempre vita.
Questa è la mia offerta Corvina- il tono di voce dell’uomo era cupo, serio, greve, quasi fosse oppresso da un enorme peso, ma la maga sapeva che nessuno poteva portare un fardello più gravoso del suo.
-Tu non puoi capire…- disse guardandolo con occhi lucidi carici di odio, disprezzo e tristezza –Non saprai mai cosa si prova, è impossibile. Solo chi da la vita può capire a pieno il suo valore. Non sai cosa mi stai chiedendo. No, Jonathan. Non accetto. Non lascerò che tu la porti via da me-
-Non penso che tu abbia scelta- ringhiò quello a denti stretti –Stiamo parlando del destino dell’intero pianeta! Questo va oltre quello che tu o io vogliam…-
-Ho io un offerta per te, Jonathan- lo interruppe Corvina –Ti piacerà, vedrai-
Ghostface fece qualche passo indietro, sospettoso –Sentiamo- disse studiando la strana luce che brillava negli occhi della mezzo-demone, le dita della mano accarezzarono l’impugnatura della pistola.
-Prima devi togliermi Chompy- ribattè la strega con voce quasi canzonatoria.
-Chi mi assicura che una volta libera non mi attaccherai? Tu non mi fai paura Corvina, ma voglio una garanzia. Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio-
-Che cosa vuoi che faccia?- chiese lei, scontrosa più del solito.
Non sopportava il lato sospettoso di Ghostface, lo preferiva di gran lunga pazzo e psicopatico che lucido e attento, era molto molto difficile ingannarlo quando decideva di seguire la ragione.
-Giura su Azar- rispose il vecchio, calandosi le lenti dagli occhi –Davanti a me-
Mossa astuta.
Corvina era sacerdotessa di Azarath, non poteva mentire sotto quel giuramento, forze maggiori glielo impedivano, inoltre, non sarebbe mai stata capace di raccontare una bugia credibile con quegli occhi di ghiaccio puntati addosso.
Rabbrividì solo a vederli, e fulminea distolse lo sguardo.
Ghostface le assestò un ceffone –Guardami!- il colpo la fece sussultare senza però che lei cedesse all’istinto di restituirglielo con gli interessi, le placche della creatura che stava saggiando con un improponibile lentezza e cura il suo fondoschiena erano un ottima ragione per costringersi a restare calmi.
Sentiva quelle zampette affondarle nella carne soffice e calda della vagina, le stava passando sopra, e pregò che non decidessi di entrarci dentro.
-Non ce la faccio…mi fai ribrezzo- ammise Corvina storcendo il viso.
Lui le prese le guance nella mano costringendola a volgere lo sguardo dritto in quelle pupille di un bianco abbagliante contornate da iridi colo ghiaccio, fredde e morte.
-Guardami e giura-
-G-giuro su Azar c-che non ti sto i-ingannando-
Ogni parola era pronunciata come se avesse un fucile puntato alla tempia, costretta ad uscire a forza delle sue labbra, con tono fievole come un sussurro, insicuro e fragile, spaventato e debole.
Le disse tutto d’un fiato per far finire il prima possibile quell’odiata visione e come l’ultima sillaba uscì dalle sue labbra serrate, le palpebre scattarono più veloci che mai a sottrarre agli occhi d’ametista, stupendi e pieni di vita quell’orrenda visione che nessuno dovrebbe mai trovarsi davanti.
Se guardi a fondo negli occhi di Ghostface vedi la tua morte…e qualcosa Corvina aveva visto.
Dovette usare tutta la sua forza d’animo e l’esperienza acquisita in decenni di meditazione e autocontrollo per convincersi che quanto aveva visto non era vero…eppure le rimase un piccolo dubbio, un pulce nell’orecchio che sarebbe tornata a tormentarla in futuro.
-Bene- sorrise Ghostface rimettendosi gli occhiali sul naso.
Appoggiò una mano sull’interno delle cosce di Corvina e fischiò una strana quanto delicata nota.
Come un cagnolino obbediente, quando Chompy sentì il richiamo smise di esplorare il sedere di Corvina, proprio quando aveva finalmente deciso in quale orifizio infilarsi, e sgusciando sotto le mutandine nere uscì dal cavallo del bodi, scendendo lungo la coscia fino a risalire sulla mano cadaverica del padrone, lì s’arrampicò fino sull’avambraccio e vi rimase attorcigliato.
Come fu liberata da quello sgraditissimo ospite Corvina tirò un sospiro di sollievo, era finalmente libera di muoversi!
E di attaccare…ma aveva giurato.
Era vincolata dagli Antichi a rispettarlo.
Balzò in piedi lieta di poter sgranchirsi le gambe e istintivamente le mani corsero a coprirle le tette rimaste esposte fin troppo a lungo alla vista del killer, che sicuramente ne aveva goduto.
-Qual è la tua offerta?- la incalzò Ghostface, sempre più sospettoso, da bravo conoscitore dell’animo umano sapeva che fidarsi era bene e non fidarsi decisamente meglio.
Non poteva credere a quello che stava per fare, sarebbe stata la cosa più umiliante della sua vita.
Più umiliante che ritrovarsi con la torta  di cinque piani rovesciata addosso durante il matrimonio, più umiliante di quando le si erano aperte le acque al Colosseo, più di quando April le aveva vomitato nella borsetta a tre anni, più di avere delle foto erotiche su internet, più di essere sputtanata davanti ai suoi amici in un video porno, più umiliante di quando Ghostface aveva giocato a suo piacere col suo corpo….ma aveva ottime ragioni per compiere un simile gesto.
Avvicinatasi alla parete poggiò la fronte contro il muro, inarcò la schiena e con le gambe ben divaricate protese il sedere il più possibile verso l’esterno.
-Ecco la mia offerta – disse scostandosi il lembo del costume dal solco delle natiche, mettendo a nudo la sua intimità –io ti offro il mio corpo, lascio che le tue palle si scarichino dentro di me, dove preferisci, potrai scoparmi fin quanto resisterai io non opporrò alcuna resistenza…in cambio tu sparisci dalla circolazione-
Ghostface deglutì restando impalato lì dov’era, dubitando di quanto aveva appena visto e sentito.
Che Corvina prendesse l’iniziativa era decisamente l’ultima cosa che sia spettava.
Dal canto suo, tutto quello che voleva la maga era che tutto questo finisse al più presto, perciò andò strofinare il fondoschiena sul cavallo dell’uomo, sentendo l’evidente erezione di lui premere da sotto i pantaloni contro il suo sesso.
-Che c’è, hai bisogno di un invito scritto? Avanti, fottimi! È questo che vuoi, no? Per questo sei tornato! Fallo e divertiti, dimostra che sei ancora uno stallone, poi vattene e non tornare mai più!- lo incitò lei.
Ghostface si avvicinò, lentamente saggiò le tonde natiche con le dita, che le artigliarono con decisione…si sentiva fremere dentro, con gli anni il desiderio non lo aveva abbandonato, da quanto tempo non scopava una così bella donna, e vedere quel bellissimo culo a sua disposizione, così morbido e invitante lo rendeva terribilmente nervoso ed eccitato.
< Così bella…così giovane…>
Ogni suo nervo era teso allo spasmo, non riusciva staccare gli occhi da quella calda fessura tra le cosce afrodisiache… si morse il labbro e si maledisse.
Allontanò le natiche dalla sua vista con un gesto delle braccia, facendo raddrizzare Corvina.
-No, no, no…copriti- disse scuotendo il capo pieno di rimpianti per aver rinunciato a quella sicuramente stupenda occasione- Non tentarmi, Corvina. Sono uno molto incline al peccato. Ma non è per fottere la tua bella fica calda che sono qui, né per godere del tuo culo sfondato…  per quanto quel buchetto pulsante mi attizzi….sarà per un’altra volta, Tette di Pandoro –
Ancora quel volgare nomignolo!
La prese per le spalle e la girò, i loro visi distavano pochi, pochissimi centimetri l’uno dall’altro.
Non era servito a niente, la mezzo demone sentì la punta del pugnale pungolarle il bassoventre laddove Ghostface le puntava l’arma senza alcuna gentilezza.
-Sai perché sono tornato, e te lo ripeterò molto chiaramente: io voglio…-
La porta si aprì di scatto.
Entrambi si voltarono, e con lo stesso tono sorpreso dissero all’unisono.
-Terra!-
 
La bionda era riuscita a trovare la giusta siringa, e non trovando Corvina in pizzeria, quello era il primo posto che le era venuto in mente di controllare.
Con la bocca spalancata e gli occhi sgranati la giovane non credeva ai suoi occhi.
Ghostface stava puntando un coltello alla sua amata, denudata e con tracce di sangue secco sul corpo, probabilmente lo stesso sangue che aveva imbrattato il pianerottolo.
Seguirono alcuni attimi di interminabile silenzio, un silenzio assordante, tangibile e opprimente, pareva che nessuno dei tre potesse sopportarlo eppure nessuno voleva spezzarlo per primo.
-Mi avevi promesso che non le avresti fatto del male…- mormorò Terra sollevando il sudario di silenzio che li avvolgeva, il tempo riprese a scorrere, il mondo a girare, le cose ad andar male.
Buttò al suolo lo zainetto che teneva in spalla –Me lo avevi promesso!- ringhiò a denti stretti, piena di rabbia nei confronti di quel vecchio che l’aveva usata per i suoi scopi…non era affatto diverso da Slade!
-So che è una frase molto abusata, ma non è affatto come sembra…- iniziò Ghostface con molta cautela alzando in alto l’arma.
Gli occhi della geocinetica assunsero lo stesso colore dei suoi capelli sparsi nell’aria.
Distese il braccio con la mano aperta…poi chiuse il pugno.
Un ammasso di terra, rocce, detriti e asfalto, alto poco meno di Ghostface, sfondò il pavimento dell’appartamento centrando in pieno il vecchio con una potenza d’urto devastante, tale che masso e killer vennero entrambi fiondati fuori dalla palazzina, sfondando la parete.
Mattoni e polvere finirono da tutte le parti ma di questo Terra non si curò, balzando su un secondo macigno si lanciò all’inseguimento del primo che continuava a volare in linea retta ad altissima velocità, col vecchio spiaccicato sopra come un moscerino sul parabrezza.
Corvina avrebbe voluto volar dietro al pazzo assieme alla bionda, aiutarla in quella battaglia…ma qualcosa glielo impedì.
L’impatto tra Ghostface e il masso era stato così violento che Chompy era stato strappato via dall’avambraccio su cui era attorcigliato, lo scolopendra volteggiò in aria per alcuni secondi, contorcendosi nel nulla, poi le sue mille zampette si chiusero come una morsa attorno al collo di Corvina.
-AAAHH!!!!-
 
Terra era troppo lontana per sentire il grido, o le bestemmie grugnite dal vecchio.
-Cazzo, cazzo, cazzo, cazzo, cazzo, cazzo….- Ghostface aveva il torace pressato contro il macigno volante, e parecchie costole rotte, poteva vedere la ragazza che a bordo di un secondo blocco di pietra gli veniva dietro, ruggendo come un leone, trovò la forza di girare il capo per vedere a cosa stava andando in contro.
Vide un terzo masso volare a incredibile velocità in direzione opposta alla sua, diretto dritto dritto su di lui.
Sospirò –Cazzo infinito…-
Aveva solo pochi secondi prima che l’impatto tra i due macigni lo spremesse come un tubetto di dentifricio.
Sfoderò il coltello d’adamantio affondandolo della pietra senza incontrare alcuna resistenza, facendo forza su quell’appiglio Ghostface riuscì ad issarsi in piedi sul masso.
Im momento dell’impatto era sempre più vicino, le gambe barcollavano instabili sul masso volteggiante, i capelli erano sparati all’indietro dal vento contrario che si opponeva con forza devastante, al punto che il vecchio dovette proteggersi il volto con le braccia.
Doveva attendere il momento opportuno, aveva una sola possibilità.
Due secondi all’impatto.
L’adamantio saettò affettando in due il macigno su cui Ghostface poggiava i piedi, il violentissimo scontro mandò in frantumi la prima metà del blocco ma la seconda, quella su cui stava il killer, venne invece sbalzata nel verso opposto, diretta verso terra, con Ghostface a ghignate sopra, il concetto delle sfere di newton aveva funzionato.
Ora Ghostface sfrecciava nell’aria in direzione della bionda che inconsciamente gli stava volando in contro, gettandosi tra le braccia della morte.
Terra s’accorse tempestivamente di cosa stava accadendo, cercò di arrestare la corsa del vecchio ordinando al masso su cui esso stava di inchiodare, ma ottenne solo l’effetto inverso di quello desiderato.
Il masso si fermò bruscamente, bloccandosi di colpo, ma come in un incidente d’auto chi non è legato con la cintura viene scaraventato in avanti così Ghostface fu sbalzato verso la geocinetica ad una velocità ancora maggiore e senza alcun impedimento.
Agile come un felino il vecchio capellone atterrò in piedi sul masso usato da Terra per spostarsi, piegandosi all’indietro evitò il cazzotto con cui la ragazza cercava di accoglierlo e la disarcionò dal suo destriero di roccia con un calcio in pieno ventre.
Terra perse l’equilibrio e cadde dal macigno, Ghostface la inseguì buttandosi nel vuoto.
Lei precipitava in maniera sconnessa gridando di paura.
Lui senza emettere un fiato, col viso perpendicolare al terreno che si avvicinava sempre più. Aereodinamico precipitava sempre più velocemente, puntando Terra come un falco in picchiata con un passerotto.
-Sei mia!-
 
-AAAAAAA!!!!-
Le numerose zampe si avvinghiarono dolorosamente attorno alla gola delicata della maga, ma Corvina era troppo spaventata per pensare al dolore, ora quelle terribili tenaglie si agitavano a pochi centimetri dal suo naso, la testa dello scolopendra ondeggiava avanti e indietro sul suo viso chiudendo le cesoie nel vuoto, ma mirando a colpire la tenera carne del viso della maga.
Corvina era come impazzita a trovarselo così vicino.
Gridava agitandosi come un’indemoniata, cercando di strapparsi quel corpo oblungo di dosso, senza riuscirci, più le mani tiravano le placche dell’esoscheletro più le zampe si stringevano ferrea attorno al collo, strozzandola.
-AAAAAA!!!!-
Forse fu proprio grazie alla paura che riuscì a liberarsi dall’artopode senza danno ricevere, una scarica di adrenalina generata da quella violenta fuoriuscita di emozioni agì autonomamente sul corpo della mezzo demone.
Una saetta nera scaturì dalla Gemma di Trigon che Corvina teneva incastonata in fronte, guizzò nell’aria e si abbatté impietosa sull’insetto che subito mollò la presa, smise di contorcersi e cadde a terra morto.
Corvina rimase immobile alcuni istanti a guardare quella creatura morta ai suoi piedi, a cercare di capire cos’era successo, come avesse fatto a partire un “raggio della morte” dalla sua fronte completamente da solo, le venne in mente quando aveva inconsciamente bloccato il tempo durante l’ascesa di Trigon…doveva essere successo qualcosa del genere, scatenata dalla fobia radicata nel suo subconscio.
Il resto fu quasi automatico.
-Schifo! Schifo! Schifo!- disse storcendo il viso e pestando ripetutamente il cadavere della scolopendra, spiaccicandolo bene a modo su tutto il pavimento.
-Bestiaccia schifosa!!- urlò pestando i piedi su quel corpo ormai informe.
Scosse la testa e rabbrividì –Io li detesto i millepiedi!-
Il collo le doleva terribilmente, alcuni rigagnoli di sangue le facevano da collana, così come il petto, ma non c’era tempo per leccarsi le ferite, doveva subito andare a soccorrere Terra!
Si tirò il mantello sul corpo per coprire il body slabbrato e si lanciò all’inseguimento.
Seguendo la scia di antenne paraboliche abbattute e di cartelloni pubblicitari sfondati, Corvina arrivò fino al luogo dell’impatto tra i due macigni, da lì le bastò guardarsi attorno per individuare che fine avesse fatto la bionda.
Di Ghostface neppure l’ombra, svanito.
Una folla di curiosi circondava spaventatissima il corpo della ragazza esanime stesa sull’asfalto.
La maga si fece largo a gomitate tra i civili per accorrere in aiuto della giovane che aveva sacrificato tuto per lei.
-C-corvina…- biasciò con voce impastata sputando sangue.
-Terra…Terra…mi dispiace…non doveva andare così, avrei dovuto aspettarti…-
La giovane aveva il viso pesto e sanguinante, una gamba piegata in modo innaturale, spezzata ma la cosa più raccapricciante, era il torace orribilmente svetrato.
Il colpo non era troppo profondo, aveva colpito solo superficialmente gli organi ma le aveva sfracellato lo sterno e i muscoli.
Era un bagno di sangue.
La bionda allungò un mano tremante ad accarezzare il volto perlaceo della mezzodemone china su di lei, che le sosteneva la testa e le bagnava le guance con le sue lacrime –La mia Corvina non piange…- mormorò –Mi aveva avvisata di non mettermi sulla sua strada…sapevo a cosa andavo in contro… forse è meglio così…adesso potrai tornare da BB senza che io ne soffra- spuntò un altro grumo di sangue sull’asfalto –S-sto morendo…-
Solo allora Corvina si rese conto di quanto gravi fossero le ferite riportare da Terra, entrambi i polmoni erano perforati, stava affogando nel suo stesso sangue, e il cuore utilizzava tutte le sue energie per concedere quegli ultimi, estremi, disperati battiti necessari per un addio.
-N-non dire così…- singhiozzò la maga con la voce strozzata dalle lacrime, premendo la sua fronte contro quella della bionda –Hanno chiamato un ambulanza, proverò a guarirti…- si guardarono negli occhi sofferenti eppure entrambe si sentirono rasserenate quando le iridi azzurre e viola si incontrarono un’ultima volta.
-Dev-vi tornare indietr…amore mio- ogni parola era più fievole della precedente, la voce impastata era difficile da comprendere ed ogni sillaba spiccicata era una atroce fitta al petto squarciato; ma la geocinetica voleva a tutti i costi portare a termine il compito per cui aveva dato la vita: salvare la vita della sua amata.
-I-il mi..o…zaino…le prove…s-sono tutte …lì-
Ma Corvina neppure l’ascoltava, piangeva disperata china su di lei, solo ora si rendeva conto di quanto tenesse a Terra, solo ora che era troppo tardi, ora che l’aveva persa.
Non voleva ammetterlo neppure a se stessa, ma sapeva che la ferita di Terra era troppo grave e profonda per essere guarita, era solo questione di secondi prima che spirasse.
E lei era lì, costretta ad assistere impotente.
-T-ti prego, amore…perdonami per tutte le vo-lte …c-che ti ho fatt…coff-coff…soffrire-
-Ti perdono, terra! Ti perdono! Ti ho sempre perdonata… non lasciarmi- la implorò stringendola forte mentre i singulti si facevano sempre più intensi.
-T-ti amo…-
La mano moribonda scivolò giù dalla guancia di Corvina, sfiorando un’ultima volta qui setosi capelli viola che tanto aveva apprezzato in vita, un ricordo da portare con sé ovunque si vada dopo la morte.
-Anch’io ti amo- singhiozzò la maga e, incurante degli sguardi sconcertati della folla riunitasi attorno a loro, esaudì l’ultimo tacito desiderio supplicato da quegli occhi azzurri che andavano spegnendosi.
La baciò.
Un ultimo bacio d’addio, per alleggerirle la paura della dipartita, agevolare il passaggio tra la vita e la morte.
Non fu un bel bacio: Terra aveva la bocca impastata di sangue, le mancavano alcuni denti, la lingua non si muoveva e le labbra erano secche e screpolate, uno persino spezzato, ma Corvina insisté affinché almeno per l’altra questo bacio fosse stupendo e indimenticabile, e continuò ad appoggiare la sua bocca morbida e fresca su quella della sua amante, morta per lei, un sacrificio talmente grande che non può essere capito se non da chi l’ha sperimentato direttamente.
Non esiste amore più grande che dare la vita per i propri amici.
Questo Terra lo aveva fatto, due volte.
Terra: una Teen Titans, una vera amica.
Quando infine si separò da lei, Terra era già morta.
Morta con un sorriso sulle labbra.
Morta ma viva nel suo cuore, e sempre lo sarebbe rimasta finché il cuore della maga avrebbe pulsato.
Corvina si alzò in piedi, il mantello la copriva completamente, ma il cappuccio calato sul viso non riusciva a nascondere le labbra vermiglie di sangue e le silenziose lacrime che le solcavano le guance apollinee.
Si guardò intorno, tutti la guardavo allibiti, spaventati, ma lei li ignorò, cercava una faccia tra quella miriade di espressioni, il volto di un fantasma.
Sapeva che da qualche parte, invisibile sopra un tetto, da una finestra, in un tombino, dietro un angolo, dentro un’auto, nascosto tra quella moltitudine di facce…sapeva che lui stava osservando la scena.
Sapeva anche che non stava sorridendo, se lo sentiva dentro, non avrebbe voluto ucciderla ma Ghostface giocava solo il suo gioco, andava avanti nella sua corsa...e non frenava mai.
Alzò gli occhi contro il cielo, col viso contratto in una maschera di rabbia e dolore, le lacrime scintillarono illuminandole gli occhi.
-Mi senti, bastardo?! So che mi senti!! Non me ne fotte un cazzo di quello che abbiamo fatto tredici anni fa, il presente è diverso, io sono diversa! E tu…tu non sei nel mio futuro! Ascoltami Ghostface, ti giuro che presto, molto presto, ti troverò e allora per te sarà finita!! Hai sentito, stronzo?!!?
È FINITA!!!-
 
 
 
*vedi capitolo 16 di Ghostface
 
Questo capitolo è dedicato a tutti gli eroici scolopendra morti nell’adempiere il loro dovere di insetto.
Avviso i cari lettori che lunedì parto e torno giovedì quindi l'aggiornamento del prossimo capitolo arriverà un po' in ritardo purtroppo...ma ne sarà valsa la pena.
Buone vacanze!!
Anche quest’anno è andato, non pensavo che ci sarei arrivato ma è successo: la scuola è finita!!
EVVIVA!!
 
Ghostface
  
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