Anime & Manga > Ranma
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Autore: xingchan    06/06/2015    6 recensioni
“[...]non avrebbe mai potuto e voluto trascinare Akane con sé condannandola a sua volta ad avere un’identità diversa. Sapeva bene quel che significava avere un peso simile sulle proprie spalle, e farlo provare ad Akane era ben peggiore che non riacquistare più le sue fattezze naturali al cento per cento.”
[Situazione post film “La sposa dell’Isola delle Illusioni”]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Nabiki Tendo, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Il rito - 1a parte

 

Akane si sedette su un divano della sala del palazzo di Tohma, esausta.

Quello sarebbe stato il penultimo giorno sull'Isola delle Illusioni, poi la vita sarebbe ritornata come prima.

Osservò come Nabiki, sdraiata sul divanetto accanto, schiavizzava piacevolmente Tatewaki Kuno, e come Shan Pu e Ukyo si contendessero il titolo di miglior cuoca dell'Isola insieme ad altre cinquanta ragazze conosciute sul posto. Per fortuna, nonostante apprezzassero la fisicità del suo fidanzato erano impegnate a loro volta e conti fatti erano più interessate alla sfida che aveva lanciato quella matta di Ukyo. La sfida di cucina si sarebbe svolta sulla sala comune del palazzo, ma Akane decise di non prendervi parte.

Aveva passato quei giorni comportandosi come al solito, avanzando la sola pretesa di vederlo mangiare qualcosa preparato da lei, ma Ranma aveva rifiutato la sua attenzione.

"Per favore, Akane. Dopo tutto quello che ho passato, credi abbia voglia di mangiare?"

L'aveva preso come un ennesimo declino di fronte alla sua cucina poco commestibile -anche se a dire il vero, non aveva accettato niente neanche da parte delle altre ragazze- ma Akane percepì anche una cadenza piuttosto triste e delusa nella voce di Ranma. Ed anche lei, nonostante fosse dannatamente felice per averlo visto correre in suo soccorso, udire quelle parole e dedotto che sì, Ranma provava qualcosa per lei, non poteva fare a meno di sentire una punta di colpa nei suoi confronti. Ranma aveva trovato la sorgente che poteva restituirgli la sua completa virilità e a causa sua e della sua incolumità non ha potuto usufruirne. Come se non bastasse, poi, tutti gli uomini maledetti dalle sorgenti di Yusenkyo della comitiva lo hanno incolpato pestandolo come se fosse un pupazzo, regalandogli una collezione di lividi che si andavano ad aggiungere a quelli subiti dal principe dell’Isola.

"Stupida gattaccia, ti faccio vedere io chi è più brava tra i fornelli!"

"Ah, come no!" rimbeccò la bella cinesina. "Sai fale solo okonomiyaki, e non sono neanche questa prelibatezza! Conosco posti miglioli del tuo localino da quattlo soldi! Uno di questi è ploplio il mio!"

Le voci delle due cuoche si spansero per tutta la sala, attirando l'attenzione di tutti, persino delle altre partecipanti. A differenza delle due ragazze di Nerima, le altre avevano accettato la competizione con cuore molto più leggero. 

"Guardale, che ochette starnazzanti!" commentò Nabiki alla sorella, sbadigliando e accavallando le gambe oltre il vertiginoso spacco del vestito. Anche lei osservava la scena. "Proprio non sanno che fare, quelle due! Oh, grazie Kuno!" disse poi, vedendo che Tatewaki le stava portando un bicchierone di aranciata ghiacciata.

"Non così in fretta, Nabiki Tendo" disse lui, minacciosamente. "Sai perfettamente che il mio cuore apparterrà per sempre alla dolce Akane tua sorella."

"Ah, certo che lo so! Ma lei è già impegnata, e non credo voglia rompere il suo fidanzamento con Ranma." Ammiccò alla sorella, sorridendo sorniona.

"Per tutti i kami!" esclamò Tatewaki inorridito. "Davvero hai ancora intenzione di essere la donna della sua miserabile vita, mio dolce bocciolo di rosa?"

"Miserabile non per molto" asserì la mezzana. "Sono certa che una volta alla guida del dojo molte ragazze vorranno apprendere le magnifiche arti marziali indiscriminate con il maestro Ranma Saotome. Solo per sbavargli dietro!" Levò un braccio al cielo in una splendida posa teatrale, ridendo maliziosamente.

Akane assunse un'espressione disgustata. Il pensiero che decine di ragazzette ringalluzzite aleggiassero intorno a Ranma le diede sui nervi. "Nabiki, smettila!"

"Certo, se vuoi tenertelo stretto ti conviene imparare a... soddisfarlo. Altrimenti non c'è matrimonio che tenga!" E rise, talmente forte da sovrastare le voci di Ukyo e Shan Pu, le quali si voltarono con sguardi interrogativi come il resto dei presenti.

"Oh, no!" ripartì il giovane Kuno, portandosi una mano al petto. "Non vorrai, mia dolce Akane Tendo, farti deflorare da quel rozzo plebeo, spero!" Lo disse con una serietà tale che in altre circostanze avrebbe fatto scoppiare a ridere chiunque, perfino lei, ma l'argomento era così imbarazzante che Akane neanche ci pensò. Al contrario, avvampò così intensamente da sentire il corpo bruciare. Persino Kuno parlava con naturalezza di certi argomenti! Doveva andarsene via da quei due prima di diventare rossa come un pomodoro.

"Chiamalo rozzo, chiamalo plebeo, ma..." Insistendo ancora, Nabiki lasciò la frase in sospeso apposta, un guizzo di pura lussuria negli occhi. Ma l'ilarità prese nuovamente il sopravvento, e quasi non dovette sputare l'aranciata nel bicchiere per il troppo ridere.

Esasperata e più imbarazzata che mai, Akane scattò in piedi, e incurante delle proteste di Kuno affinché restasse vicino a lui a consolarlo per la sua orrenda condanna con la sua sola presenza, si avviò per i lunghi corridoi che conducevano alle sale riservate del principe. Una ragazza spinta dalla curiosità, qualche giorno prima chiese di visitare la biblioteca di cui disponeva Tohma, affermando a ragione che ogni palazzo ne aveva una. Così Tohma l'aveva aperta per chiunque volesse consultare qualche libro. Akane ne era rimasta contenta, ed ora decise di recarsi proprio là.

Non ricordava precisamente la strada giusta, ma provò comunque a ricordare il percorso. Sapeva perfettamente la via per arrivare al salone privato del ragazzo, ma per la biblioteca avrebbe dovuto fare un percorso diverso, dove c'era la statua di leone nell'atto di agguantare una palma. Era quello il punto a cui far riferimento, aveva detto il piccolo principe.

Ma della scultura bronzea, neanche l'ombra.

Camminando per lunghi minuti, si ritrovò inghiottita da un inestricabile labirinto fatto di antiche fiaccole e di pareti ornate con complicate decorazioni; e più andava avanti, più non riconosceva il percorso alle sue spalle. Doveva essersi persa.

 

 

 

Aveva proprio bisogno di un bagno.

Era da un po' che non riusciva a rilassarsi in una vasca d'acqua calda, e aveva così desiderato la pace che lo circondava che a momenti si sarebbe addormentato, se non fosse stato per gli altri che, immersi nella vasca con lui, stavano scommettendo su chi avrebbe mangiato di più quella sera.

Avrebbe partecipato volentieri, se non avesse avuto la testa che gli scoppiava.

Il fatto era che stava pensando a cosa avrebbe fatto se avesse perso Akane. In altri tempi avrebbe fatto salti di gioia, ma il solo pensiero gli provocò rabbia e un'inspiegabile dolore al petto.

Ci sono state altre occasioni in cui davvero rischiava di non essere più il suo fidanzato, ma quel io-sono-il-principe-tu-no lo aveva davvero esasperato.

Per non parlare dell’acqua! Era ciò che stava cercando da anni ormai, e la prospettiva di ritornare un uomo completo svanì sotto i suoi stessi occhi. Ma non avrebbe mai potuto e voluto trascinare Akane con sé condannandola a sua volta ad avere un’identità diversa. Sapeva bene quel che significava avere un peso simile sulle proprie spalle, e farlo provare ad Akane era ben peggiore che non riacquistare più le sue fattezze naturali al cento per cento.

Scosse la testa per scacciare la brutta sensazione, cominciando a vestirsi per uscire. Successivamente, prese la strada del ritorno, stando ben attento ai dettagli che gli indicavano le varie uscite; e non appena mise a fuoco l'orizzonte davanti a sé scorse Akane. Aveva nuovamente indossato il vestito giallo che aveva scelto quando Tohma l'aveva rapita, ma ora si guardava intorno, spaesata.

"Akane!" la chiamò, avvicinandosi.

Akane gemette, quasi spaventata. "Ma tu che ci fai qui?"

"Ritorno dai bagni, mi pare ovvio" disse Ranma, indicando la stanza che aveva appena lasciato. "Tu, piuttosto, ti sei messa a giocare alla piccola esploratrice o... non dirmi che ti sei persa come quello scemo di Ryoga!"

Rise sguaiatamente, del tutto indifferente allo sguardo torvo che la fidanzata gli aveva rivolto.

"Sono in cerca della biblioteca che il principe ci ha messo a disposizione" sbottò irritata, scostandosi per poter proseguire oltre. Ma Ranma spostò il peso del suo corpo sull'altro piede per non lasciarla passare. Ad Akane sembrò come un bambino dispettoso che ha scelto il suo piccolo nuovo trastullo per divertirsi, non avendo nient'altro da fare. Con un lampo di gelosia negli occhi, che si affrettò a nascondere. Invano.

"Credevo che il marmocchio si fosse messo l'animo in pace riguardo te. Ora come mai ti fa ritornare nelle sue stanze private?"

"Lo ha concesso a tutti, idiota che non sei altro!"

"Sì, e io sono l'imperatore del Giappone!"

Non era da Akane mentire, ma quando sentiva il nome di un uomo -potenziale avversario- sulle sue labbra non riusciva a trattenersi dal riempirla di domande. Domande indispensabili, ma anche temibile fonte di sospetti.

"Sei geloso?" insinuò lei, con un sorrisetto furbo.

"Neanche per idea! Solo, trovo molto strano che..."

"Allora non deve importarti!" lo fermò Akane, mutando la sua espressione in una più torva.

"Dai, stavo scherzando!" cercò di rabbonirla lui.

"Sì, dici così quando ti conviene!"

Le guance di Akane si tinsero di un pericolosissimo rosso vermiglio e le sue sopracciglia erano aggrottate al limite, segno che si stava arrabbiando sul serio. Paradossalmente, però, a Ranma venne l'impulso di farla scoppiare come una bomba ad orologeria, soprattutto per cercare di ingoiare l'invidia che provava ancora un po' nei confronti di Tohma. Tirò le labbra alle due estremità con le dita, e cacciò quanto più possibile la lingua. Su, Akane, fammi vedere quanto ti arrabbi, si ritrovò a pensare.

"Non hai un minimo di autocontrollo, Akane!" la canzonò. "Proprio un maschiaccio in piena regola, non c'è che dire!"

Il battito cardiaco di Akane accelerò per la collera, e si preparò a caricare un pugno che gli avrebbe sfondato il naso, se non fosse che Ranma si stava dando alla fuga. Akane si lanciò all'inseguimento più furibonda che mai, i corti capelli che ondeggiarono tentando di sfuggire dal fermaglio a forma di un complicatissimo fiore.

"Sei una schiappetta, Akane! Non riuscirai a prendermi!"

"Ti faccio vedere io! Sono perfettamente in grado di acciuffarti, cretino!" Non poteva lasciare che vincesse lui, non dopo tutto quel che ha ancora una volta negato. "Vieni qui!"

"Mai, dovessi crepare!"

Rinvigorita la rabbia, Akane accelerò l'andatura, notando con disappunto che Ranma la stava staccando di parecchio. In quei giorni non si era allenata quasi per niente, e ne stava pagando le conseguenze. Ma ad un certo punto lo vide arrestarsi, e infilare cautamente la testa nella sala comune. Protese il braccio indietro, verso di lei, lanciandole un'occhiata di ammonimento ed incitandola così a fermare la sua corsa.

Il cipiglio indispettito della piccola Tendo si tramutò in uno accorto ed estremamente guardingo. Arrivò alle spalle di Ranma, trovandovi in lui una sorta di scudo protettivo che la rendeva pressoché invisibile.

"Perché ti sei fermato?" chiese sottovoce, un filo di vento che solleticò l’orecchio del ragazzo.

"Aspetta" le fu risposto.

Ma era troppo curiosa per attendere; così si apprestò a osservare.

La sala principale ora era completamente trasformata. I divani erano stati spostati tutt'intorno alle pareti, e al centro c'era un lungo tavolo con il ripiano che si estendeva in lunghezza, e tre immense file di pesche si srotolavano per tutta la sua ampiezza.

Un senso di vertigine mista a desiderio investì Akane come una marea, e dovette aggrapparsi al braccio di Ranma per non cadere. Il ragazzo con il codino avvertì la pressione su di sé e intuì che c'era qualcosa che non andava. Si voltò, sorreggendola appena in tempo, prima che crollasse. "Akane, che hai?" Il suo corpo era scosso da fremiti impercettibili, come se fosse stata colpita da qualcosa.

Stranamente Akane si sentì infastidita dal suo intervento. "Sto bene, Ranma" assicurò con tono indisponente. Era attratta da quelle pesche in una maniera che non aveva mai sperimentato, ma era sicura che non fosse per fame.

Alcuni servi di Tohma si avvicinarono ed intimarono loro di sedersi ed aspettare finché tutte le fanciulle si fossero radunate lì. Lo dissero con una cadenza dura, che non ammetteva repliche, tanto meno dissensi. Obbedienti come due cagnolini, i due si accomodarono su uno dei sofà.

Ranma era preoccupato. Dopo quello che sembrava una sorta di mancamento, Akane era una maschera di apprensione, le sue labbra rosse e morbide serrate l’una contro l’altra. Fissava un punto indefinito del lungo tavolo, ed era chiaro come il sole che avrebbe voluto alzarsi e dirigersi verso di esso.

Ed infatti, era proprio così. Dentro Akane cresceva un senso di smarrimento, di paura e rancore, che, era più o meno certa, avrebbero trovato la loro conclusione solo mangiando una di quelle pesche.

"Ma stai male? Come ti senti?"

"Sento che voglio una di quelle pesche, Ranma."

"Hai fame?"

"No."

“E allora...? Ah, ho indovinato!” disse Ranma, fingendo un'illuminazione inaspettata. “Hai lo stomaco largo quanto quello di un elefante! È per questo che non...”

Una gomitata sferrata al suo di stomaco gli mozzò il fiato, e mente i suoi occhi cominciarono seriamente a lacrimare per il dolore una voce tanto familiare quanto molesta gli inondò le orecchie.

“Che colpo! Complimenti, Akane!” si congratulò il principe Tohma, il quale torreggiava in piedi davanti a loro, con un sorriso sinceramente soddisfatto. “Pazienta ancora,” disse ancora, rivolto a lei “fra pochi minuti arriveranno tutte le altre e potremo cominciare.”

“Cominciare cosa?” domandò Ranma con freddezza inquisitiva. Sebbene fosse decisamente più affabile da quando Akane lo respinse, Ranma non era affatto propenso a fidarsi completamente di lui.

“È un... diciamo una sorta di rito” spiegò esitante il ragazzo. “Le ragazze dovranno mangiare le pesche lasciate nell’istante del loro rapimento, altrimenti non potranno ottenere la completa libertà da quest’Isola. Ti direi il nome di questa legge, ma non si può pronunciare.”

“Tohma, quando dovrò aspettare ancora?”

Esterrefatto, Ranma spostò lo sguardo sulla sua fidanzata. Era impallidita d’un tratto.

E nel frattempo, molte delle altre ragazze affollarono la sala, vestite di tutto punto con gli abiti di Tohma. Come Akane, pensò Ranma.

“E perché non ce lo hai detto prima, di questa roba?” sbottò Ranma risentito.

“Nessuno l’ha chiesto!” sentenziò il principe con ovvietà. “Guarda!”

Spinta dalla volontà a lungo repressa di alzarsi, Akane fece passi meccanici verso i frutti, imitando le ragazze prima di lei ed imitata dalle altre. Le fanciulle sfilarono una ad una di fronte alle tre file di pesche con una compostezza quasi soprannaturale, e ciascuna ragazza, con un criterio del tutto sconosciuto, prese una specifica pesca. Come facessero a riconoscerle, Ranma non sapeva proprio dirlo. Per lui, le pesche erano tutte uguali, non c’era nessun segno che le distinguesse una dall’altra. Passavano lungo il bordo del tavolo scrutando i frutti con occhi attenti, poi allungavano il braccio e prendevano quella che apparteneva loro, e apparivano molto convinte della loro scelta.

Shan Pu, Ukyo, Kasumi, Nabiki, in mezzo ad altre tante ragazze, perlopiù giovanissime come loro, sembravano come ipnotizzate. I loro movimenti erano lentissimi e calcolati, e nessuno guardava nessuno, come se ciascuna fosse sola con se stessa.

Ranma si rese conto che gli uomini assistevano senza che potessero fare alcunché.

Venne il turno di Akane: la sua pesca era una della fila centrale. Nella mente di Ranma cominciò a spuntare il sospetto che fossero in qualche modo pericolose. La sua fidanzata ebbe interminabili attimi di incertezza, poi prese il suo frutto e passò oltre, addentandola distrattamente e proseguendo il tragitto marcato dalle altre.

Il tutto avvenne nel più completo silenzio, sebbene l’atmosfera non fosse tetra ma molto tranquilla. Ranma ebbe la sensazione che respirare fosse diventato improvvisamente proibito. Ma l’intervento di Tohma faceva supporre che non era importante.

“Le ragazze le riconoscono, e nessuno sa perché” commentò il principe. “Io interpreto questa sicurezza dettata dal rapporto che hanno con la loro prigionia qui. Più la giovane sarà stata serena, più hanno maggiori probabilità di riconoscerla. Non ho motivo di specificare che non essendo donna, tu non conti in questa faccenda nonostante ti sia intromesso.”

Ranma gli fu grato per le spiegazioni in merito che il principe gli stava fornendo, tuttavia c’era del sarcasmo nelle parole di Tohma che proprio non riusciva a mandar giù.

“Perché Akane ha esitato?”

“Non era soltanto smarrita quando fu condotta qui” rifletté il principe, sentendosi terribilmente responsabile.

“Cosa succederà ora? Voglio dire, come sapremo che saranno libere di lasciare questo posto?”

“Dovrebbero esserci effetti collaterali, ma niente di grave.”

Il giovane Saotome si rese conto che man mano che camminavano, le ragazze sparivano oltre un folto tendaggio.

Akane era lì con loro. Dopo aver finito di mangiare la propria pesca, si sentì come se fosse uscita da un sonno letargico. Ricordò di aver inghiottito il frutto che Tohma e i suoi lasciavano al posto delle vittime dei loro rapimenti, e uno strano senso di libertà la pervase. Constatò che anche le ragazze intorno a lei provavano la stessa bellissima esperienza. Era come se non ci fossero mai state barriere di sorta, e come se fosse libera da qualsiasi promessa, da qualsiasi luogo, da qualsiasi persona.

Poi, l’inaspettato. Una giovane cadde a terra come svenuta, e molte altre la seguirono, accasciandosi al suolo come bambole di stoffa. Vide le sue sorelle e le sue amiche/nemiche perdere i sensi, e non appena realizzò che doveva fare qualcosa per loro, di colpo si sentì orribilmente debole. La vista le si offuscò. E poi non ci fu nient’altro che buio.

 

 

 

 

 

NDA

Ciao! :)

L’idea di questa ff mi è venuta un po’ di tempo fa, ma solo ora sono riuscita a scriverla di getto. -.-‘

Doveva essere una OS, ma volevo che tutto si svolgesse con calma, siccome già di per sé è fin troppo scorrevole - eh, sì... sono polemica e non posso farci niente! xD

Che dire, spero che questa sciocchezzuola vi piaccia. Scusate il titolo, ma non mi veniva niente di concreto!  -.-

Baci! :*

 

 

   
 
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