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Autore: lazybones    08/06/2015    8 recensioni
"Morire di apnea con come ultimo pensiero una scena porno-lesbo in testa sarebbe stato di quella giusta dose di squallore che Gerard di per sé costituiva."
Seguito di: "Until My Heart Explodes" a sua volta seguito di "I'll be your detonator!"
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Bob Bryar, Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Ray Toro | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Raga date le ore e il mal di testa non so nemmeno cosa volevo dirv- scrivervi, penso qualcosa tipo SCUSATE se c'ho messo tanto (senza se, c'ho messo quasi un anno / un zayn uscito dai 1d / un altro concerto dei placebo in italia / le elezioni regionali / un gianni morandi (avevo scritto morendi) che diventa incredibilmente simpatico e autoironico) Continuo a pubblicare solo perchè so che si sono almeno un paio di persone che ancora ci tengono a sta cosa, altrimenti eviterei di fare una figura di merda con me stessa a prendermi la briga di accedere all'account efp, andare sulla voce "aggiungi capitolo" (vado a memoria, probabilmente sto scrivendo baggianate), usare l'editor :)))))))))))) e poi smanettarmi con sti millemila caratteri. Sono abbastanza sicura che a breve modificherò questo schifo di commentino iniziale, chiedo scusa a chi lo sta sul serio leggendo mamma mia.
E scusate se a volte nel capitolo non ho avuto voglia di cancellare i frutti della mia demenzialità da maturanda (che tanto matura non è) ma oggi, sto anno, sta vita va così.
Spero con tutto il cuore che, se non altro, non faccia schifo.
Buona lettura bestiacce e ricordate di prendere le pastiglie quando avete mal di testa che se no non passa.
Parola di maturanda ;)
Devo smetterla di sbandierarlo ai quattro venti che poi finisce che mi bocciano...................... vado a dormire nella mia pozza d'ansia

Lazybones
 






15. You must be a Weasley

Tamburellò le dita sul volante e poi tirò un forte sospiro, così annoiato da essere vicino all'arrabbiarsi. 
- Vado a vivere nei boschi. - dichiarò con tono di voce basso, cercando con tutto se stesso di non prendere a pugni il clacson.
- Non sopravviveresti un giorno. - lo zittì Lindsey.
- Grazie per la fiducia. Mi preme sapere cosa deve fare tutta questa gente su una cazzo di strada secondaria, non è possibile trovarci traffico a tutte le ore. Ora scendo e chiedo a ognuno di loro perchè diamine si trova qui. - 
- Magari c'è stato un incidente... Gerard. - disse dopo una ventina di secondi Lindsey, guardandolo nel suo modo un po' strano. Come se non lo conoscesse e avesse appena indovinato il suo nome. O forse la mente di Gerard era ingannevole e molto, molto fantasiosa. 
- Beh, avrebbero potuto schiantarsi da un'altra parte. O in un altro momento. - borbottò cinicamente. 
- Ti stai davvero lamentando con eventuale gente morta per essere morta sulla tua via di casa? - 
- Beh, sì. Sai cosa? Quando morirò spero di non rompere il cazzo a nessuno. -
- Per una volta. - borbottò Lindsey, infilandosi degli occhiali da sole insieme a quella ventina di sottointesi.
Gerard nemmeno si sforzò di alimentare la conversazione. Si interrogò su molte cose, passando a rassegna l'inventario delle sue cattive azioni. Si impressionò di alcune in particolare e poi controllò l'autoradio e si imbestialì di nuovo nel notare che erano passati venti minuti. - Ma stiamo scherzando? - chiese, tirando una sberla all'autoradio.
- Gerard. - lo richiamò pazientemente Lindsey. Nessuna stronzata da sconosciuti al primo appuntamento, Lindsey lo conosceva e sapeva altrettanto bene quanto Gerard tendesse ad esagerare e forse era fidanzata con i suoi capelli e basta, non con lui in persona, perchè come poteva amare un ragazzo simile? I capelli sì, ma il ragazzo? Aveva anche la scoliosi e con qualche ruga in più e capello in meno sarebbe passato senza troppi problemi per un noioso vecchietto tumefatto.
- Lindsey. - invocò il suo nome in un lamento, afferrando il volante e dimenandosi come se fosse tutta colpa sua.
- Attento che così ti spettini. - lo apostrofò Lindsey. Era letteralmente fidanzata con i suoi capelli.
- Tu non sai quanto mi hai punto sul vivo. - dichiarò passandosi sinuosamente una mano sul capo.
Lindsey iniziò a fare del suo meglio per spettinarlo e a gran sorpresa baciò Gerard al posto della capigliatura.
- Fai le onde con il braccio fuori dal finestrino. - gli suggerì tornando al suo posto.
- Ma non è divertente se la macchina è ferma. - protestò l'altro.
- Non è vero, provaci. - 
- Dai, mi metti a disagio. - borbottò come un bambino messo in imbarazzo dalla madre.
- Fallo. - 
Gerard strinse le labbra e cercò freneticamente una canzone decente alla radio. Trovò Time To Pretend, alzò il volume fino a farsi male alle orecchie e ondeggiò insieme a Lindsey il braccio fuori dal finestrino abbassato, continuando a mantenere un'espressione corrucciata solo per farla ridere. La canzone terminò ma non riuscendo a farsi passare la voglia di continuare ad ascoltare gli MGMT Gerard mandò Lindsey in spedizione a cercare la scatola dei cd fra le scatole nel bagagliaio rimaste lì dal trasloco. Erano due culi pesanti quando si trattava di mettere le cose in ordine. Ma non avrebbero mai pagato qualcuno per farlo al loro posto. Mai.
- Ho trovato delle merendine. - 
- Veloce con quei cd, penso stiano mandando una canzone dei Maroon 5. -
- Ma sono merendine... pensi che siano scadute? - 
Gerard sbuffò e la raggiunse nei sedili posteriori varcando a sua volta (con poca coordinazione) lo spazio scarso fra i due sedili anteriori. - Controlla la data di scadenza, io cerco la musica piratata. - organizzò la situazione in tono pratico. Non sapeva con esattezza perchè nessuno dei due non fosse semplicemente sceso dalla macchina per controllare cosa ci fosse nel baule dell'auto con maggiore comodità. 
- Sei la persona peggiore del mondo. Detto da musicista a musicista. - commentò con un certo ritardo Lindsey.
- Non mi importa. Ti ho mai detto che Mikey anni fa vendeva cassette Disney piratate? - 
- Che due pezzenti. - 
- Io non c'entro nulla. Trovato. - tirò fuorì la pesante scatola di custodie colorate vuote e cd graffiati e rovistò facendo ancora più disordine. 
- Sono ancora buone. - disse Lindsey scartandone una.
Gerard aprì la bocca per farsi imboccare e Lindsey gli ficcò l'intera merendina dritta in gola, facendolo quasi vomitare. Le premette una mano sulla faccia e la allontanò solo perchè era una ragazza. In tutta onestà, fosse stato Frank lo avrebbe mandato in ospedale (con affetto). 
Cercò di non sputare niente sulla propria nuova maglietta di Star Wars mentre Lindsey ridacchiava perchè era stronza.
- La prossima volta ti tiro i capelli. - la minacciò una volta ripreso da quelle cinquecento calorie improvvise e nauseanti. 
- E quella dopo? - si informò mangiando con grazia la sua merendina, un pezzetto alla volta.
- Tutti in ospedale. - 
Lindsey rise. 
Gerard sentì forti vampate di calore quando si accorse che alla radio stavano parlando di tradimenti. Si sentiva lo stomaco scondinzolare dalla voglia di vomitare. La placò un'altra volta. Avesse assecondato quegli impulsi, con la frequenza che gli si presentavano sarebbe passato per bulimico nel giro di tre giorni. 
Cercò di capire se anche Lindsey stesse ascoltando e la risposta arrivo con brutale rapidità. 
- Sai cos'è moralmente discutibile? - asserì Lindsey, improvvisamente seria, riprendendo quanto appena detto alla radio.
Gerard aspettò che continuasse. E il tempo fece una delle sue solite stronzate e decise di rallentare. Pareva infinito. Fu estenuante. 
- Pisciare sul lavandino. - 
Doveva imparare a lasciare assolutamente perdere la propria vita insensata. Di certo non era fisicamente pronto a credere all'eventualità che Lindsey lo odiasse perchè pisciava sul lavandino e non perchè la tradiva.
- Non è moralmente discutibile, è pratico. - . Si riferiva a quella volta che aveva sonno e più alcol che globuli rossi e compagnia bella nel sangue e aveva quindi preso l'incauta decisione di urinare nel lavandino piuttosto di ricorrere al tradizionale water.
- Non avevo dubbi che avresti detto una cosa del genere. - 
Ripensandoci, era stato incredibilmente imprudente quella volta che aveva deciso di ubriacarsi di mercoledì sera con Jimmy per festeggiare il cane che aveva pisciato per la prima volta in giardino anziché sul tappeto in salotto. Era così sbronzo che evidentemente a casa si era sentito abbastanza cane alle prime armi da decidere di non pisciare dove la società avrebbe voluto che pisciasse e si era semplicemente fermato di fronte al lavandino. Ricordò di essersi anche guardato allo specchio. Ma non ricordava assolutamente nulla di quanto doveva aver detto a Lindsey. Nemmeno che tipo di saluto le aveva rivolto una volta sceso dal taxi. Chissà quante cose si era lasciato scappare.
Poi realizzò che, semplicemente, nulla ormai faceva più differenza. E aveva quel forte bisogno di chiedere a qualcuno di competente se fosse normale o se era solo la sua vita ad avere quel difetto di sfasciarsi e ricomporsi con snervante disinvoltura. Che aveva la fede al dito e tradiva la moglie e questa lo accusava delle pisciate sul lavandino.
E che qualcuno l'aveva già detto, su Dawson's Creek o qualcosa del genere, che le cose cambiano senza mai cambiare davvero; e che Gerard aveva cambiato canale, pensando solo che era stato coraggioso da parte dei produttori far dire una frase del genere a un personaggio di una serie tv. 

- Buon compleanno! - 
Cosa? 
Spalancò gli occhi.
Cosa significava "buon compleanno"? 
Lindsey lo afferrò per le spalle e lo scosse forte. - Auguri! - 
- Quanti anni? - cercò di informarsi Gerard, balbettando. 
- Trenta! Stai testando se sono una vera fan? - 
Si sentì come cadere, sotto la propria pelle, nello spazio infinito. Trenta. Anni. Erano molti giorni. Molte ore. Molti ricordi. Molte parole. Quando cazzo era successo? Non riusciva a pensare a nulla di sensato, tantomeno qualcosa da dire, per cui continuò a stare in silenzio.
- Sul serio l'avevi dimenticato? - domandò. Allentò la presa e Gerard sentì la sua ormai vecchia pelle tornare a rilassarsi. 
Annuì, e distolse lo sguardo per prendere atto del mondo al di fuori della sua finestra e dei suoi trent'anni. Cercò di fare mente locale e comprendere che si stava comportando più stupidamente del solito. Ma avrebbe avuto bisogno di più minuti di quelli che le pause che faceva Lindsey gli concedevano. 
- Ieri sera quando ci siamo augurati la buonanotte io ti ho sorriso e tu mi hai sorriso e ho pensato che fossimo tacitamente d'accordo sul fatto  che oggi avresti compiuto trent'anni. Scusa se ti ho spaventato. - 
- Stavo sorridendo dei procioni sul tuo pigiama. Se l'avessi saputo avrei pianto. - 
- Se cerchi di rovinare anche solo con un'altra parola il tuo compleanno chiedo il divorzio. -
- Penso di aver smesso di parlare per oggi. A domani- - 
- Tesoro, sei una merda. Ho un anno in più di te, okay? - 
- Lo so, ma su di te non sembrano così plateali. Era da un po' che avevo l'impressione di stare perdendo qualcosa e ora ho capito cos'era. -
- La giovinezza? Giuro su Dio che ti faccio male. Il tempo scorre, che cazzo vuoi farci? Che siano due giorni o trent'anni, fa lo stesso. -
- Ci penso su e poi ti faccio sapere. - 
- Davvero non riesco a pensare a nulla di cui tu ti possa lamentare. -
Per la prima volta, Gerard si sentì la mente completamente svuotarsi per un secondo. Nessuna idea, nessun pensiero. Poi si riempì dolorosamente, di nuovo. Gli faceva male tutto. In effetti non serviva avere cose che non andassero per buttarsi giù. 
- So che sei pessimista ma sii realista. - continuò Lindsey. La chiara luce del mattino le illuminava i capelli neri, dandole un'aria malinconica.
Gerard provò a sorridere. - Iniziamo i trenta con le rime? -
- Mi basta inziarli. - sospirò lei. 
Gerard si rese improvvisamente conto di quanto fosse stato noioso e inutile negli ultimi cinque minuti e la baciò in una specie di richiesta di perdono. Oppure oblio. A volte avrebbe preferito che la gente si dimenticasse letteralmente di certe cose che faceva e diceva. Per evitare che ci ripensassero in futuro, in un momento di noia o di insonnia. 
- Vado a prepararti la colazione o a chiamare lo psicologo? - 
Gerard sorrise. - Se vuoi facciamo colazione fuori. -
- Ma non darò fuoco alla cucina. -
- E' che non voglio irritarti ulteriormente. -
- Cucinare non mi irrita. -
- Allora va bene. Prepara quel che vuoi. Io vedo di farmi una doccia nel frattempo. - . Si chiese se una volta tolti i vestiti si sarebbe ritrovato il corpo del fauno seduto alla tavola imbandita in quella scena del film di Guillermo del Toro. E scivolò nuovamente nel suo personale vortice di angoscia proprio mentre Lindsey scivolava fuori dalla stanza. Si sollevò la maglietta di qualche centimetro con circospezione e a parte i chili di troppo che gli facevano sembrare la pancia una medusa morta spiaggiata non trovò strane grinze o rughe raccapriccianti. 
Risistemò la maglietta con un sospiro. Si grattò la testa e fissò per qualche secondo la porta aperta, pensando a Frank. Andò in bagno e si fece una doccia. La sua doccia trentenne. Ebbe l'accortezza di aspettare di essere uscito per fare pipì e poi, con un certo vergognoso orgoglio, prese il cellulare in mano. Ignorò le cinque chiamate perse e chiamò Frank. Rispose dopo quattro secondi.
- Gee? -
Era davvero il caso di chiamare un trentenne "Gee"? Non aveva più l'età per quel genere di cose. Ogni singola piastrella del bagno gliel'aveva praticamente urlato. - Ehi. Ho trent'anni. -, lo informò nervosamente.
- Lo so. Me l'ero segnato da qualche parte nella mia agenda, in mezzo a una miriade di cuori rosa. - 
In quel momento avrebbe fatto carte false per abbracciarlo. Ma per qualche motivo non disse assolutamente nulla al riguardo. - Mi era totalmente passato di mente. Trent'anni... sono nato trent'anni fa. -
- Già. L'hai presa melodrammaticamente, vero? - indovinò.
Gerard rimase in silenzio. 
- Non è così tragico. - aggiunse. 
- Oh, ma smettila. - lo aggredì, - Che fino ai ventinove mi dicevi che coi trenta sarei diventato vecchio eccetera. -
Frank scoppiò a ridere. - Gerard, stavo scherzando. -
- Non proprio, Frank. - 
- Senti, okay, quando compierò trent'anni buttami in un pozzo, sul serio, scriverò alle autorità che sono pienamente d'accordo con ciò che hai fatto e avrai anche il diritto di deridermi fino al mio ultimo respiro. -
- Grazie. -
- So quanto parlare di violenza e morte ti faccia sentire meglio. -
- Mi conosci. - blaterò spalmandosi contro le pareti del bagno. 
- Quanto ti stressi. Faccio una mappa concettuale di consolazioni e poi ti richiamo io? O vuoi qualcosa di più genuino e spontaneo? -
- Genuino e spontaneo. - scelse con un piccolo sorriso.
- Sei essenzialmente lo stesso di cinque anni fa. -
- Okay, buona, sparane un'altra. - 
- Okay... hai sempre voluto morire, tecnicamente lo stai ottenendo. -
Rise. - Questa è da denuncia. - 
- Questa è d'oro. Scommetto che sei così impegnato a fingerti vecchio che non ti sei nemmeno ricordato di richiamare i tuoi genitori. - 
- Non credo mi abbiano già chiamato. -
- Io credo di sì. E per l'amor del cielo, esci da quella merda di bagno e vai nel mondo reale- sei nel bagno, vero? -
- Sei tu il mio mondo reale. - 
Rimasero entrambi in silenzio e poi Gerard scoppiò a ridere. Un po' istericamente, perchè per un attimo c'era cascato pure lui. 
- Pelle d'oca, Frank? - 
- Quanto sei stronzo. Fanculo. - 
- Ora credo uscirò dal bagno. - 
- Ecco, bene, esci dalle mie orecchie. - 
- Dalle tue orecchie, ma non dal tuo cuore. -
- Gerard, nel mio cuore ci sono atri, ventricoli e sangue, non tu. -
- Sei la cosa migliore che esista al mondo. - 
- Persona. - lo corresse bofonchiando.
- No, intendevo che sei anche meglio di tutte le cose migliori al mondo. - 
- Gerard, stai di nuovo abusando delle iperbole. -
- Come preferisci. -
- Ciao, Gerard. Ci sentiamo al prossimo crollo emotivo. -
Scoppiò a ridere. - Grazie. Ciao, Frank. -
- Ah, Gerard? Buon compleanno. - 
Si ritrovò incredibilmente triste per il fatto di non aver ricevuto un abbraccio. Decise che non era proprio il caso di pensarci. - Grazie. - . Riattaccò e andò di fronte allo specchio, in tempo per vedere il suo sorriso affievolirsi e lasciargli semplicemente qualcosa di diverso negli occhi. O forse era solo un'altra esagerazione. 

Sinceramente, non riuscì a spiegarsi come non gli fosse nemmeno passata per la mente la possibilità di una festa a sorpresa, dato che Gerard, in prima atemporale persona, non aveva organizzato un bel niente.
Non si era sul serio posto alcuna domanda quando Lindsey lo aveva piazzato sul divano di Mikey e se n'era andata via insieme ad Alicia, lasciandoli a guardare la tv per almeno cinque ore. Il giorno del suo compleanno. Si interruppero solo una volta quando, mangiati vivi dalla malinconia, decisero di videochiamare Bob, Ray e Frank nonostante Gerard li avesse già sentiti tutti quella mattina. Trovarono Bob con un'impressionante barba incolta, Ray con almeno due succhiotti sul collo e Frank in forte dipendenza da nicotina e torta al cioccolato.
E a dirla tutta, guidando verso casa nel buio che a Los Angeles non è mai davvero buio, nell'immaginarsi a grandi linee la conclusione della serata aveva immaginato che si sarebbe preparato una tazza di caffè e avrebbe visto un film horror con Lindsey assumendo calorie vuote. 
Per cui, si sentì sinceramente spiazzato quando, nell'aprire la porta, una ventina di persone iniziò ad urlare. I trenta continuavano a schiaffeggiarlo in piena faccia. 
Sorrise e ricambiò un mucchio di abbracci, rendendosi conto che anche se la maggior parte dei presenti stava simpatica solo a Lindsey si sarebbe sentito davvero triste se nessuno si fosse preso la briga di organizzare qualcosa del genere. Nessuno può sul serio odiare le feste a sorpresa. 
Alcune persone davvero fantastiche finsero di amare abbastanza Dungeons & Dragons da giocarci con uno come Gerard e fecero le quattro di mattina fra aberrazioni magiche e facce confuse.
Caricando la lavastoviglie con Lindsey e Alicia, ricevette la notizia che avevano prenotato un weekend per i Way e relative compagne da qualche parte a Palm Springs e Gerard passò l'intera notte a sognare strane figure correre nel deserto e macchine costose uscite dai fumetti per rimpiazzare quella merdosa Mini che tanto odiava.

Hotel California. Motivo per cui, ogni qualvolta capitasse loro di posare gli occhi sul nome dell'hotel scritto da qualche parte, finivano per cantare puntualmente l'omonima canzone degli Eagles, diventando forse i clienti più originali di sempre (quelli della reception avevano iniziato a guardarli con odio). Ma non importava.
Lindsey gli aveva regalato la serie completa di Akira, ciecamente convinta che gli sarebbe piaciuto, ed effettivamente quel manga divenne il motivo per cui Gerard passava un'infinità di tempo in bagno. E non si trattava di masturbazione, solo di lunghe letture coinvolgenti sulla postazione più pratica del mondo.
Riprese a scrivere, ma Lindsey fu l'unica a venirlo a sapere. Non voleva le aspettative di nessuno.
Mangiavano pizza più o meno ogni giorno e a volte Alicia faceva giochetti mentali a Gerard mentre se ne stavano come mozzarelle scadute a bordo piscina a parlottare degli aspetti negativi della vita.
- Sei felice? - gli chiese una volta Lindsey, scivolando fuori dall'acqua buia. 
Gerard ingurgitò il boccone di pizza e bevve dalla lattina di Coca Cola. - Sì. - . Guardò Lindsey zampettare come una bambina insicura avvolta nel suo asciugamano bordeaux.
- Con me? - . Si sedette al suo fianco e si strizzò i capelli.
- Sì. -
Le cadde l'asciugamano che si era legata attorno al petto e Gerard la aiutò a risistemarlo. Incontrò i suoi occhi e si sporse con ammirabile naturalezza a baciarla. Poi riprese a mangiare la pizza, silenziosamente compiaciuto del sorriso che le aveva lasciato sulle labbra.
Osservò l'acqua silenziosa illuminata in alcuni punti da dei faretti a led e pensò che la vita dopotutto era stata generosa con lui. Gli aveva fissato sul collo una testa di cazzo però se non altro aveva abbastanza soldi da potersene stare a bordo piscina in un qualunque hotel a cinque stelle alle due di notte a mangiare pizza ancora calda.
- Domanda legittima. - disse Lindsey, di punto in bianco.
Gerard si voltò a guardarla e si chiese se si fosse perso qualcosa. Capì che sarebbe stato meglio evitarlo. Pensò che se Lindsey aveva calcolato tutto avrebbe chiesto il divorzio senza il minimo risentimento.
- Cosa pensi di fare mentre non ci sarò? - 
Aveva già chiamato Frank. Pigiama party mattina, pomeriggio e sera. Lo avrebbe fatto piangere una volta al giorno per svariati motivi e poi avrebbero mangiato pizza e passato la maggior parte del tempo a letto. E prima che se ne andasse avrebbero avuto un crollo emotivo a testa e poi Gerard avrebbe aspettato che Frank togliesse la modalità aereo per rispondergli ai messaggi e che Lindsey tornasse riportando tutto alla vecchia routine. - Aspetterò il tuo ritorno. -
- Hai appena citato Spongebob. Hai appena citato Spongebob, cazzo. -
- Non è vero. - ribatté senza poter evitare di sorridere.
- Lo hai fatto, cazzo. -
- No, questa è tirata per i capelli... ho solo detto una cosa. -
- L'aveva detto a Patrick- -
- E' come se mi accusassi di copiare il "ciao" ad Angelina Jolie solo perchè anche lei lo usa come saluto- -
- Quando doveva andare a scuola. -
- Non ha assolutamente senso. -
- Ho ragione? - 
- Hai ragione. - confermò serenamente, grato della piacevole manciata di secondi. Riprese a mangiucchiare la pizza che si stava raffreddando. Dopo pochi secondi si accorse che Lindsey lo stava guardando in maniera strana.
- Perchè mi stai guardando? - le chiese.
- Sei tu che mi stai guardando. -
- Ho appena inziato, tu lo stavi facendo da molto prima. - 
Lindsey gli fece il verso.
- Ti getto in acqua. - la minacciò, stringendo autoritario il trancio di pizza tra le dita.
- Gettami. - 
- Non ti dispiacerebbe, sei in costume e tutto il resto. -
- Già, mi hai praticamente suggerito cosa fare per farti smettere di mangiare pizza. - 
- No. Non sottovalutare l'importanza della digestione. -
- Non mi interessa. -
- Non siamo in un film, non esiste che mi butti in acqua. Ti vomito nell'orecchio se lo fai. - 
Lindsey rise.
- Vuoi un po' di pizza? -
- Sì. -
- Era questo che volevi da quando ti sei seduta, non è così? -
- Ci hai messo tre discussioni su argomenti diversi per arrivarci, non è così? - 
- Non ci posso credere, che maligna. - farneticò spostando il cartone della pizza in modo che anche Lindsey potesse raggiungerlo.
- A casa Way nessuno si è preso la briga di insegnarti la buona educazione? -
- Ti pare? C'è chi si scrive sul braccio che sono il suo eroe. Mi prendono come modello. Riflettici su, Lindsey. - 
- C'è chi si prende come modello Britney Spears, che significa? E poi non ti conoscono. Nemmeno io ti conosco. -
- Siamo sulla stessa barca, Linds. Nemmeno io mi conosco. - 
- Ma quindi chi ti conosce? -
- Non lo so. -
- Gesù? -
- Non lo so... comunque non prenderti troppo gioco di lui. -
- Cosa? -
- Ho notato una nota di sarcasmo nella pronuncia del suo nome... Un po' come se non esistesse... -
- Sono credente, coda di paglia. -
- Ci siamo sposati senza che io abbia pienamente saputo che sei credente? -
- Sinceramente non lo trovo così importante.Tant'è che non me n'è fregato un cazzo del fatto che non ci siamo sposati in Chiesa sotto lo sguardo inquisitore di Dio. E Gesù. - 
- Penso sia stato meglio così. -
- Lo credo anch'io. - 
Fu una delle cose più sincere che le avesse mai detto. 
Rientrati in hotel, fecero una doccia e Lindsey si addormentò mentre Gerard sceglieva che dvd guardare. 
Lasciò perdere il dvd di Blade Runner che aveva così accuratamente selezionato e immaginò che avrebbe dovuto passare la notte a guardare Lindsey. 
Pensò che non si era mai fermato a guardarla sul serio, mentre dormiva. Di solito lo faceva con tutti, perfino con Ray. 
Era un po' diversa. Sembrava meno buona. Frank era l'esatto contrario. Forse perchè ogni volta che Gerard lo vedeva da sveglio Frank ricambiava l'occhiata e lo odiava costantemente un po' e lo si notava in una certa misura nella sua espressione. E quando dormiva e non si ricordava di Gerard ritornava ad essere una creaturina buona e comprensiva.
Provava l'urgente impulso di sistemarle quella ciocca che le ricadeva sulla fronte e che si spostava leggermente ad ogni occasionale fremito delle palpebre. Dopo qualche minuto si decise a sistemarle i capelli cercando disperatamente di non svegliarla. Poi però ci prese gusto e riuscì a carezzarle una guancia bianca senza essere scoperto. 
Pensò a quanto sarebbe stato patetico sussurrarle adesso, mentre dormiva, qualcosa che importasse. Sorrise al solo pensiero e poi si morse il labbro inferiore.
Aspettò qualche minuto in silenzio il nulla. Si chiese che ora fosse ma prima di controllarla decise di punto in bianco che bisbigliare qualcosa di importante al suo subconscio in un momento così vulnerabile era ciò di più cauto e fruttuoso che avrebbe mai potuto fare.
- Spero che tu smetta presto di amarmi. Buonanotte. - 

Si svegliò alle quattro e mezza insieme a Lindsey. 
Controllò l'ora e il letto e si accorse che erano le cinque meno dieci e il letto era vuoto. Si chiese che fine avesse fatto il tempo. 
Andò in bagno a prendere la piastra per capelli e la attaccò alla presa della camera da letto, cercando sbrigativamente un posto su cui posarla senza incendiare la casa. 
Scese le scale facendo scricchiolare le caviglie ad ogni passo, neanche fossero fatte di legno. Pensò per qualche secondo a un universo parallelo in cui le sue caviglie erano fatto di legno e le scale di ossa e tendini umani.
Si abbandonò svogliatamente alla porta del frigorifero e pensò a quella volta che Ray aveva pensato che Mikey avesse detto "che frigata" e sogghignò cercando i cereali.
- Sono sul tavolo, tesoro. - gli comunicò Lindsey, seduta a tavola in pigiama ma relativamente sveglia di fronte alla solita tazza di latte e cereali.
- Buongiorno. Ho provato a svegliarmi insieme a te ma il letto aveva qualcosa che non andava. - 
- Ah-ha. - emise finti versi di convinzione, sgranocchiando nel mentre l'ultima cucchiaiata di cereali. Versò un paio di millilitri di latte nella tazza insieme ad altri cereali. Lindsey ci teneva a non farli rammollire, quindi ne mangiava un poco per volta e non se ne parlava di farli sguazzare nel latte. Conosceva altre persone che utilizzavano quella tecnica ma Lindsey era l'unica ad applicarla con precisione quasi matematica.
- Nel frattempo ho attaccato la piastra per capelli alla presa. - annunciò Gerard, muovendo ogni singolo centimetro del proprio corpo per liberare il potente sbadiglio che lo stava mangiando nel petto. 
- Grazie. Devo chiederti anche un altro favore. -
- Oltre ai capelli? -
- Sì. -
- Cosa? - domandò, sulla difensiva. Pensò distrattamente al fatto che aveva già invitato Frank a stare da lui a insaputa di Lindsey e si chiese troppe cose tutte insieme, così tante che alla fine non si domandò proprio nulla. 
- Te lo dico dopo. - 
- L'attesa mi sta uccidendo. Mi sto quasi svegliando. - cominciò a lamentarsi, portandosi le mani alla gola.
Lindsey rise ma riprese a mangiare cereali.
- Lindsey, sei seria? -
- Di che ti preoccupi? - 
- Voglio sapere. -
- Io credo che tu voglia i cereali. - replicò, trascinando la confezione sul tavolo in sua direzione.
- Perchè fai la ragazza misteriosa alle cinque di mattina? Ti sembra il caso? -
- Cristo, rilassati, sono solo stupide scarpe col tacco. -
- Cosa? - 
Sospirò. - Avrei bisogno che tu mi allargassi delle scarpe col tacco. - 
- Posso farlo a pugni? -
- Non sei in grado di tirare pugni. -
- Dovrei indossarle? -
Lindsey si strinse nelle spalle, versandosi due gocce di latte. 
Gerard era elettrizzato. Ma aveva come l'impressione che avrebbe fatto meglio a nasconderlo. 
- Dove lo trovi uno come me? - chiese quindi, lanciandole un'occhiata torva mentre svuotava metà scatola di cereali nella propria tazza. 
- Letteralmente ovunque. - rispose con un ampio sorriso.
- Che stronza. - 
- Puoi disegnare baffi sulle mie foto mentre non ci sono. - 
- Farò riti voodoo e celebrerò messe nere sulla tua piazza di letto. - 
- Non mi interessa. - dichiarò sollevando le sopracciglia con aria altezzosa. 
- Ti interesserà quando mi troverai con le tue scarpe col tacco conficcate negli occhi. - 
- Dai, finisci di mangiare i cereali. Ho bisogno delle tue doti da parrucchiere. - 
- Come continui ad usarmi fino all'ultimo. - si complimentò Gerard, mollando un attimo tazza e cucchiaio per dedicarsi a un lento applauso. 
- Fra un'ora e mezza dobbiamo essere in aeroporto- - 
- Okay, okay. - si arrese in fretta, lasciando lì il resto della sua colazione lì dove stava. Salirono al piano di sopra e si sedettero sul letto. Gerard iniziò a sistemarle i capelli mentre lei si truccava e Gerard pensava di non essersi mai sentito più gay che in quel momento. E osservando allo specchio appeso alla parete i loro riflessi gli parve di vedere due amici. E per un attimo si sentì bene prima di sentirsi terribilmente in colpa.
Sistemata la parte estetica, Lindsey iniziò a riempirlo di raccomandazioni controllando continuamente di non aver dimenticato cose e violentando la valigia per controllare di avere tutti i caricabatterie necessari. Dulcis in fundo, estrasse dal suo armadio il suo nuovo paio di scarpe col tacco troppo strette.
- Terrificanti. - mentì Gerard. Erano favolose. 
Trasportò la valigia a fatica fino al piano di sotto mentre Lindsey controllava per la quinta volta i vestiti che aveva lasciato nell'armadio. Gerard ne approfittò per lavare i piatti come le casalinghe ossessivo-compulsive e poi caricò la valigia nel bagagliaio della Mini. Lo richiuse con un sospiro prima di guardare Lindsey negli occhi.
- Quando torni compriamo una nuova macchina. - 
- Ma la Mini è attraente. - 
- Mi mette in imbarazzo. - concluse Gerard, infilandosi gli occhiali da sole. 
Il traffico  sembrava voler trattenere Lindsey a Los Angeles, ma Gerard di sicuro non era intenzionato a farle perdere l'aereo. Soprattutto perchè fra quattordici ore e una quarantina di minuti le chiappe di Frank sarebbero dovute atterrare nello stesso aeroporto e Gerard non voleva destabilizzanti triangoli amorosi. 
Quindi dopo aver parcheggiato la sua Mini sporca di fango fra una Porsche e una Jaguar spinse la valigia in direzione di Lindsey, chiedendole silenziosamente di andarsene dalla sua vita. Per qualche giorno. Per favore.
- Non fare patti col diavolo mentre non ci sono. - fu la sua raccomandazione accompagnata da un bacio. 
Gerard le sorrise e non si tolse gli occhiali da sole e rimase lì finché Jimmy e Chantal non arrivarono (in ritardo). Li abbracciò e si lamentarono insieme del sole e fissò Lindsey intesamente finché non sparì definitivamente dal suo campo visivo con carta di identità fra i denti e cellulare in mano.
E Gerard ricevette per messaggio un ti amo lacrimogeno che gli fece battere forte il cuore. Per l'angoscia.

- Che le hai detto? - domandò, cercando di non suonare insistente. Era la terza volta che provava a chiederglielo, ma Frank si distraeva fin troppo facilmente. La prima volta aveva scrutato lo schermo e gli aveva chiesto se si era fatto qualcosa ai capelli, la seconda era stato distratto da qualcosa alla tv.  
Frank guardò Gerard dritto negli occhi, come se quei quattromilacinquecento chilometri di distanza non significassero poi molto; e Gerard ebbe un esagerato fremito nel realizzare che era arrivata la volta buona che Frank lo degnasse di una risposta.
- Che avremmo registrato qualche demo con gli altri. - 
- Con gli altri? - ripeté, quasi facendo cadere la tazza di caffé, - Frank! Ray vive a tre-virgola-due chilometri da te! Che succede se Jamia lo trova al supermercato? -
- Quattro virgola tre. - lo corresse con calma, giocherellando col tappo di una bottiglia posato sul tavolo, - Senti, Ray sa di sta cosa quindi al peggio si inventerà qualcosa se la incontra da qualche parte. Di certo non gli chiederò di rinchiudersi in un bunker per quattro giorni per supportare il nostro nido d'amore del cazzo a quattromilacinquecento chilometri da lui. - 
Avrebbe voluto correggere a sua volta il numero di chilometri ma Frank li aveva azzeccati.
- Non sei nervoso? - 
- Ho fame. - borbottò, guardando di sottecchi il frigorifero. 
Gerard sospirò e fissò ciò che gli era permesso di vedere, ovvero il gomito di Frank sbucare a lato del display mentre apriva il frigorifero e cozzava contro contenitori di plastica. La porta del frigorifero si richiuse e ricomparve Frank, che tuttavia non aveva ancora finito di procacciarsi lo spuntino.
- Perchè? - chiese Frank ad alta voce, frugando in giro.
- Non fare quello calmo. - 
- Hai ragione, sono irrequieto e infelice. - disse sarcasticamente. Ma solo per l'occasione, perchè chiunque si interessasse abbastanza a Frank da sapere correttamente lo spelling del suo cognome sapeva con altrettanta certezza che era effettivamente irrequieto e infelice il novanta percento del tempo. 
- Io sono nervoso. - 
- Si dice emozionato. - lo corresse risedendosi di fronte al portatile con un pacchetto di patatine.
Gerard si voltò e percorse con gli occhi l'ampio spazio vuoto che si ostinava a chiamare "casa". E trovò strano pensare che in una qualche manciata di ore non sarebbe stata più così vuota. Nell'attesa, avrebbe sul serio noleggiato qualcuno per riempirla. Gerard non sarebbe mai riuscito a vivere da solo, a dispetto di ciò che urlava a tredici anni ai suoi genitori dalla porta della sua camera. Rivolse di nuovo gli occhi al display e si accorse di aver passato gli ultimi secondi rivolgendo il suo profilo migliore a Frank e che si vedeva in ogni centimetro del suo viso che si era innamorato un po' di più del solito della sua faccia. 
Evitò di fargli notare che si era accorto di quello a cui stava pensando per risparmiare a entrambi bisticci di mezz'ora con frecciatine su roba risalente anche al 2002.
- Hai fatto le valige? - 
Frank riprese a mangiare le patatine che aveva momentaneamente abbandonato. - No. - 
- Okay. -
- Vuoi? - chiese, avvicinando le patatine alla webcam. 
- Ti prego, Frank, che tristezza. - 
- Tristezza generica. Quante ore mancheranno? -
- Dodici. - rispose prontamente, prima di pentirsene disgraziatamente con meno velocità. 
- Ah ha. Beccato. - 
Gerard si mise semplicemente a cantare Take On Me degli A-HA.
Frank continuava a mangiare patatine in silenzio, aspettando pazientemente che Gerard si calmasse.
Gerard si interruppe alla fine del secondo ritornello per bere una Coca Cola Zero.
Si guardarono per almeno mezzo minuto, mangiando e bevendo senza dirsi nulla. Così, per cazzi loro.
- Porta comunque la chitarra. - 
Quando interruppero con relativa decisione la videochiamata Gerard si infilò scarpe e giacca e andò a casa di Mikey in macchina, così perso nei propri pensieri che nemmeno si accorse di stare ascoltando Teenagers alla radio. Sobbalzò e cambiò velocemente stazione, agitato. Non sopportava più quella canzone. 
Bevve té con Mikey senza parlare più di tanto. Quando Alicia rientrò a casa e scoprì che quella sera Frank sarebbe atterrato a Los Angeles iniziò a implorare Gerard affinché andassero tutti e tre a prelevarlo in aeroporto e una volta ricevuto il consenso di Gerard iniziarono a fare dei biscotti a tema Halloween per Frank nonostante fossero solo ad aprile. 
- Gli piaceranno. - fu l'unico commento di Mikey, occhi ridotti a fessure e tubetto di colorante alimentare nero in mano.
- Immagino di sì. - borbottò Gerard.
Si fermò a cena da loro e bevvero Fanta come se fossero a una cazzo di festa di compleanno, con quei biscotti colorati in forno, e alle nove Gerard montò dietro nella macchina di Mikey e guidarono fino all'aeroporto con così tanto entusiasmo che la macchina pareva trotterellare. 
Aspettarono una ventina di minuti con uno stupido cartello con scritto "Frankenstein". Gerard si sentiva lo stomaco annodato e nemmeno riusciva a calcolare la differenza di ore in cui si stava per imbattere Frank. Maledetti fusi orari. 
E poi comparve. Felpa dei Misfits,  jeans strappati, Converse nere e custodia della chitarra fissata sulla schiena. Sembrava uscito dal primo tour dei My Chemical Romance. 
A Gerard quasi cadde il cartello di mano, ma poco importava perchè Alicia aveva preso a sventolarlo concitatamente.
Frank li localizzò e sorrise e Gerard quasi si sorprese del fatto che non portasse più il piercing al labbro. Riprese aderenza con la realtà attuale e guardò l'anello che si era dimenticato di togliere, allibito. 
Frank sballottò il suo bagaglio, facendo del suo meglio per correre senza provocare troppi danni.
Gerard non fece caso né alla prima, né alla seconda, né alla terza cosa che si dissero. Sinceramente, non avrebbe saputo spiegare a cosa stesse effettivamente facendo caso in quel momento.
Gli prese la valigia, come si fa con le signorine.
Si voltò a guardarlo smettendo di camminare, e Frank quasi gli andò a sbattere contro. - Ti abbiamo fatto i biscotti. - 
- Sul serio? -
- Doveva essere una sorpresa! - esclamò Alicia, picchiando la testa di Gerard con il cartello con cui avevano accolto Frank.
Salirono in macchina, Gerard al margine del quadro euforico che andava dipingendosi ogni chilometro più intensamente. Era uno di quei momenti in cui la vita lo lasciava attonito. Non che l'arrivo di Frank fosse stata una sorpresa, però l'aveva ugualmente investito. Aveva brutti presentimenti e non era sicuro che fosse una buona idea. E' che davvero non sapeva che cazzo stava combinando, con tutte quelle case, persone, letti, città e stati. 
Rimasero seduti in cucina forse un paio di ore, bevendo decaffeinato e mangiando biscotti e, una volta esauriti, patatine. Ufficialmente, stavano guardando una Commedia Del Cazzo con Ben Stiller, in realtà parlavano di eventi da organizzare, persone sparite dalla loro personale circolazione e generi musicali ridicoli. 
Quando fuori dalla casa di Mikey e Alicia rimasero soli, Gerard capì con qualcosa di simile a un glorioso e brutale scoppio di trombe che era arrivato il momento di uscire a passo felpato dalla propria testa e riprendere ad occupare consenzientemente perlomeno un metro dei 510 milioni di chilometri del Pianeta Terra. Pensò di iniziare con un "Ehi.", e pensò male. 
- Sei in botta? -
Rimasero fermi nello stesso metro in cui Gerard aveva ripreso a interessarsi a ciò che lo circondava, e un angolo remoto della sua mente pensò futilmente che non era ancora fuori dai limiti dei suoi buoni propositi di non "menteggiare" troppo (gliel'aveva detto una volta Mikey, quando aveva qualcosa come quattro anni, nel vedere Gerard passare più di cinque minuti sulla stessa pagina di un libro). Non aveva la più pallida idea del perchè gli fosse venuto in mente quello stupro di verbo in quell'esatto momento. Magari era sul serio "in botta". Qualsiasi cosa significasse. 
- Sicuro di volermi qui? - 
Non doveva spaventarsi. Non doveva spaventarsi. Non- era terrorizzato. - Sono solo preoccupato. -
- Di cosa? - chiese, esageratamente esasperato.
Scrollò le spalle. - Non lo so. - . Cercò le chiavi della macchina nelle tasche e poi uscì dal suo metro ma non riprese a isolarsi nella propria testa. Prese la mano di Frank e si ritrovarono a baciarsi nell'aria fredda.
Senza motivo, provò a farlo cadere sorreggendosi sulle sue spalle mentre si abbandonava a peso morto e poi lo derise. 
- Perchè ti comporti così? - chiese stancamente Frank, più o meno sorridendo. 
- Lo faccio per la simpatia. -
- Che culo. - asserì sarcasticamente.
Salirono in macchina e prima di partire persero almeno due minuti a scegliere la stazione radio. Mise in moto la macchina e cercò di evitare la siepe di Mikey.
- Hai qualcosa di privato da dirmi? - domandò a Frank, gli occhi fissi sulla strada. 
- Privato? Vuoi che ti faccia dei complimenti? - 
Gerard sorrise. 
- Sei un pessimo guidatore. -
- Non è vero. -
- Hai gli abbaglianti accesi. - 
- Stai parlando dei miei occhi? -
- Ger- - . Scoppiò improvvisamente a ridere, battendosi una mano sul ginocchio, - No. Ti prego. Togli gli abbaglianti. - 
Obbedì con un sorriso dopo essersi beccato qualche meritato colpo di clacson. 
- Guarda, sembra che ci sia scritto LGBT. - disse Frank, sghignazzando stupidamente nell'indicare il nome del modello dell'Audi di fronte a loro. 
Gerard ridacchiò sommessamente ma poi Frank si colpì di nuovo il ginocchio ridendo forte e finì per scoppiare a ridere a sua volta. 
- Mi fa male la pancia. - dichiarò Frank, smettendo di dimenarsi sul sedile per abbracciarsi lo stomaco.
- Farai davvero meglio a non ammalarti. - 
- Quali sono i nostri piani? - 
- Non ho pensato nemmeno per un secondo a cosa potremmo fare in questi giorni. -
- Sei sarcastico? -
- No, disinteressato. - . Vide l'Audi di fronte a lui rallentare dietro a una vergognosa fila di macchine e si preparò a riunire tutte le sue forze per imprecare un'altra meravigliosa volta contro Los Angeles. 
- In New Jersey queste cose non accadono. - blaterò Frank con orgoglio, sollevandosi sul sedile per osservare le macchine ferme. 
- Risparmiami le tue stronzate da ragazzo di campagna. - 
Frank sospirò e sprofondò nel sedile, abbassandosi ad altezza bambino-di-dieci-anni.
- Che fai? - chiese Gerard, guardandolo male. 
- Mi appisolo. - 
- Non provarci nemmeno. - 
- Ci sto provando proprio adesso. - 
- Sei in cerca di violenza. -
- No, ho tre ore di sonno in più di te. C'è differenza. - 
- Allora ciao. Dormi male. - 
- A dopo. - lo salutò Frank, incrociando le braccia al petto e posizionandosi in modo da far pendere la testa leggermente a destra.
Gerard scosse appena il capo, trasformando con il passare dei minuti le sbirciate in approfondita osservazione. 
Dopo quello che doveva essere stato un quarto d'ora, la fila di macchine iniziò a dileguarsi e Gerard guidò rapidamente verso casa, rischiando un paio di volte di perdere uno specchietto o una ruota sul marciapiede. Era tre ore meno stanco di Frank, ma era comunque stanco. Parcheggiò la macchina e guardò Frank ritornare miracolosamente nel mondo dei svegli. 
- Dì la verità, hai recitato per tutto questo tempo? -
Si passò le dita su un occhio. - Di che stai parlando? - 
Gerard pensò dispiaciuto che avrebbe voluto svegliarlo lui. - Niente, andiamo a letto. -
- A fare cosa? - chiese Frank, guardandosi in maniera strana la felpa.
- Dormire. - . Pensò alle alternative parecchi secondi dopo. Il suo cervello si stava pallidamente omologando alla vita da trentenne. Pensò che quella era la precisa sensazione del diventare vecchi. 
Sbuffò rassegnato, aprendo la portiera a Frank. 
- Mi prendi in braccio? - chiese Frank.
- No, sono vecchio. - sospirò. 
L'altro lo guardò con uno strano disprezzo e scivolò giù dal sedile. Richiuse la portiera e si precipitò di fronte alla porta di casa mentre Gerard chiudeva la macchina. Cercò le chiavi e nel guardare Frank sgattaiolare dentro attraverso la più minima fessura lasciata dalla porta che si stava aprendo pensò che sembrava di avere a che fare con un cane. 
Frank corse energicamente su per le scale. - Dormiamo! - gridò correndo senza meta per i corridoi che probabilmente aveva già dimenticato.
Gerard era perplesso. Come pensava di riuscire a dormire, con tutta quella adrenalina addosso?
- E' un bagno! Ci sono bagni ovunque. -, lo sentì lamentarsi.
Richiuse la porta e salì le scale. 
- Frank, rilassati. Così ti passa il sonno. -
- No, no, ho tantissimo sonno. - lo rassicurò freneticamente, - Trovami un letto. -
- Uhm, quale? -
- Cosa? - 
- Ho tre- fa niente, seguimi. - 
- Non il letto in cui scopi con Lindsey e non il letto in cui ho dormito l'altra volta con- -
- Lo so. - . Si fermò in mezzo al corridoio per rivolgergli un'occhiataccia e scoprì che Frank l'aveva preceduto. Si guardarono male per qualche secondo, dopodiché ripresero a percorrere il corridoio come se nulla fosse successo. 
- Non ci ha dormito mai nessuno? - indagò Frank, sedendosi in fondo al letto sulla sua perfetta metà. Si stava già togliendo le scarpe.
- Ci ha dormito una volta Mikey. - . Guardò l'incredibile intrattenimento che Frank nel svestirsi gli offriva. Si chiese se fosse minimamente consapevole del fatto che il suo bagaglio fosse ancora in macchina. 
- Sono ingrassato. - spiegò Frank con noncuranza, togliendosi la maglietta. Era vero, per la cronaca. Ma che importava? 
Si tolse l'ultimo capo rimasto, ovvero i jeans.
- Io però non ho sonno. - si decise a dire Gerard. 
- Non mi int- -
Gli balzò con abbastanza poco fascino addosso per baciarlo. Frank lo assecondò per due lunghi secondi, dopodiché in qualche modo finirono separati e il più piccolo si distese su un fianco sotto le coperte. 
- Sei serio? - domandò indignato Gerard, strattonandogli la coperta giù da una spalla nuda.  
Frank se la ricoprì con veemenza. - Mi spiace. - borbottò in tono conclusivo. 
- Vado in bagno a masturbarmi. - 
Frank continuò a ignorarlo.
Tirò un sonoro sospiro e uscì dalla stanza. Era troppo emozionato per dormire. Scese le scale e si fermò di fronte al portone, chiedendosi se avesse intenzione di prendere la valigia a Frank, e soprattutto se se lo meritava. Si arrese sbuffando e tornò in macchina a prendere le cose del nanetto di merda. Ritornò in casa in tempo per ricevere una chiamata da Lindsey, che aveva appena finito il concerto.
Nel portarsi il cellulare all'orecchio, Gerard puntò gli occhi sulle scale, promettendosi che se Frank si fosse azzardato a scenderle e dirgli qualcosa lo avrebbe letteralmente ucciso. 
Quando riattaccò si accorse di aver ricevuto un messaggio da Mikey.
"Stavo andando a dormire e mi è venuta in mente questa... quando Lindsey non c'è i froci ballano. Buonanotte!"

Il mattino dopo si svegliò su un letto vuoto ma non pensò nemmeno per un istante di essersi immaginato l'arrivo di Frank. Aveva trent'anni ormai. Babbo Natale non esisteva, mangiare spinaci non ti fa diventare verde, all'uomo nero non interessa la tua condotta e Frank Iero era effettivamente tornato nei dintorni.
Lo trovò seduto in cucina, con un berretto di Gerard piazzato sulla testa. 
- Cosa- - 
- Avevo freddo. - rispose Frank, fissandolo con serietà. Si accorse, a dire il vero, di quanto fosse cambiato. Non che il passare degli anni lasci anche solo una singola persona nell'intero universo immutabile, chiaro. Non avrebbe mai voluto il vecchio Frank indietro, perchè era abbastanza soddisfatto di quello presente; ma se avesse potuto decidere avrebbe voluto che da lì in poi restasse per sempre uguale. E questo solo perchè ancora non poteva sapere cosa sarebbe potuto diventare. Nel bene e nel male. Ma non aveva nemmeno uno straccio di voce in capitolo, quindi si arrese allo scorrimento temporale.
- A volte mi emozioni. - quasi urlò, sedendosi accanto a lui per cingergli le costole con le braccia.
- Pazzo, furioso e fuori di testa. - lo descrisse con dolcezza l'altro, passando un braccio attorno alle sue spalle. - Prima mi sono fatto una doccia. - raccontò, - Pensi che io abbia usato il docciaschiuma di Lindsey? Ha un profumo un po' strano... -
- No, è quello che uso io. -
- Ancora i docciaschiuma da donna? - 
- Quelli da uomo sono un pugno ai chemiorecettori olfattivi. - . Si pulì il naso sulla sua maglietta ma Frank non se ne accorse, - Nemmeno ti ho sentito farti la doccia. Abbiamo i fusi orari così sballati che finiremo per vederci mezz'ora al giorno finché a uno dei due non verrà sonno. - presagì drammaticamente Gerard, scivolando progressivamente lungo il petto di Frank fino a schiacciarsi il naso contro la sua gamba. 
- Ho visto che hai il primo cd di Avril Lavigne. - 
- Hai visto bene. - 
- Se lo metti su ti faccio i pancakes. -
- Mi sta bene. - . Inserì Let Go nello stereo in soggiorno e passò direttamente a "Complicated". Tornò in cucina canticchiando e molleggiando bellamente, quando si accorse delle mutande gialle di Frank che stava cercando gli ingredienti nei vari mobili della cucina. Realizzò di sentirsi assolutamente bene. Che gli stava sul serio bene tutto. La giornata con poco sole, il docciaschiuma, Avril Lavigne, i pancakes, anche solo di aver trovato Frank Iero nella propria cucina. Anche di non avere voce in capitolo.

Nel passare di fronte al reparto macelleria si voltò per vedere la reazione di Frank e si accorse che non c'era più e di stare sorridendo a un perfetto sconosciuto sulla cinquantina.
Turbato, si spostò a lato cercando di non cadere addosso all'uomo e si allontanò facendo del suo meglio per scrollarsi di dosso l'imbarazzo. Localizzò Frank e lo scosse afferrandolo per la maglia.
- Mi hai fatto sorridere a un uomo che non conosco. - disse dandogli uno scossone ad ogni parola. Arrivò a fine frase che stavano ridendo entrambi. Si accorse di essere circondato da tinte per capelli. - Oh, no... che vuoi fare? - domandò piano a Frank, mollandogli la maglietta.
Frank sorrise prendendo una confezione di tinta rossa per poi accostarla al viso di Gerard.
- Di che stai parlando? - domandò nervosamente l'altro allontanandosi.
- Non sto parlando. - disse con un sorriso eccitato Frank. 
Gerard prese a scuotere la testa. - No, no, n- -
- 12 aprile 2006. -
- No. - 
- Ti avevo appena tinto i capelli di nero. -
- No. -
- Mi dicesti che- -
- No. -
Frank lo zittì posandogli un dito sulle labbra e alzò la voce. - Mi dicesti che saresti stato bene anche con i capelli rossi. -
- Il 12 aprile? Sei serio? - 
- Ho totalmente inventato la data, ma ricordo con chiarezza qualsiasi cosa tu mi dica. Non mentire. Non negare. Non fumare. - aggiunse a caso.
- Prima che finissimo nella doccia. -  ricordò Gerard. 
Frank arrossì. Istintivamente. Specchio-riflesso-se-ti-muovi-sei-un-cesso. Ma questo non c'entrava davvero nulla. 
- Frank, tutto ciò è davvero romantico, ma ormai sono vecchio. - 
Frank lo afferrò con rabbia per il polso per strattonarlo - Non farmi urlare- -
- Ma almeno prendimi la mano. - 
Lo guardò per un istante, senza capire. 
- Non il polso. - 
- Se vuoi puoi prendermi la mano mentre decido quale esatta gradazione di rosso voglio riversarti in testa. -
Gerard infilò subito le dita fra le sue.
- Hai firmato il contratto. - lo informò prima di mettersi a studiare la ventina di tinte di fronte a lui.
L'altro si mise a fissarlo nel tentativo di distarlo ma non funzionò, perchè ormai era vecchio e non affascinava più nessuno.
- E' davvero molto acceso. - commentò tetramente Gerard nel vedere il colore che Frank aveva scelto.
- Beh, non ricordo che Ariel avesse i capelli bordeaux. - 
- La mia anima è troppo nera per quei capelli. - continuò a borbottare. 
- Tu hai bisogno della maestra di sostegno. - lo insultò gelidamente. 
Gerard lo seguì piagnucolando lungo la corsia.
Ma Frank prese i due flaconi di acqua ossigenata e andarono a pagare e tutto era già stato deciso. Andarono al cinema con Mikey e Alicia e cenarono con pop corn e Dr Pepper. 
Tornarono a casa piuttosto presto e si misero da subito al lavoro. 
Frank preparò la miscela decolorante e Gerard latte e biscotti, che consumarono nella vasca da bagno da cui Gerard era solito chiamare Frank. 
- La facevo più luminosa, come stanza. - commentò Frank, poco prima che un biscotto troppo zuppo si spezzasse per il peso e cadesse nel suo latte. - Merda. - 
Gerard ridacchiò nel suo angolo, continuando a riempirsi la gola di biscotti. 
- Un po' sei emozionato. - blaterò compiaciuto Frank, dandogli una gomitata.
- Mi sto suicidando, non vedi? - 
Rise schizzandogli la faccia di latte. 
- Non daremo inizio a un'altra rissa. - 
- Non era mia intenzione farlo. - lo rassicurò, facendo un'insicura leva sulla sua spalla per alzarsi in piedi. 
Gerard chiuse gli occhi, decisamente non pronto a vedere il bicchiere finire in frantumi e i denti di Frank saltare contro il bordo della vasca da bagno. Sentì il rumore del piede di Frank che scivolava appena, un "Ops" e poi tutto sembrò finire lì, quindi riaprì gli occhi. 
- Temevi per la mia arcata dentale? - indovinò Frank.
- Mi terrorizzi. - 
- Metti via i biscotti. Dammi il bicchiere. - . Lo posò da qualche parte e lo prese per mano per aiutarlo ad alzarsi. 
Gerard scavalcò la vasca da bagno e gli morse il labbro inferiore. - Scusa, scivolato. - 
- Idiota. No, dai, è stato davvero carino. - ammise subito con un sorriso dolce e le guance arrossate. Vivevano in un anime. - Siediti. - ordinò mettendosi i guanti di plastica trasparente.
- No, un attimo, prima voglio fare la mia ultima foto coi capelli neri. - disse correndo come una stupida ragazzina a prendere il cellulare. Non trovò il suo quindi usarono quello di Frank. Entrambi optarono per una posa autoironica e poi iniziarono effettivamente l'intero processo.
Fissò allo specchio i suoi capelli decolorarsi e diventare arancioni e si accorse che non ci aveva affatto riflettuto prima di cimentarsi in quel drastico cambiamento di capelli. Decisero di fare un'altra foto e Gerard cercò di rassicurarsi inultimente promettendosi che se non gli sarebbero piaciuti c'era pur sempre il taglio di capelli alla Eminem. 
- Sembra sangue. - disse Frank, usando molto professionalmente l'indice per rimescolare la tinta nel piattino di plastica che avevano trovato in cucina.
- L'ultima volta l'avevi fatto a mani nude. - commentò a mezza voce Gerard, in una specie di tono di sfida.
- Vuoi che lo rifaccia? -
- Non lo so. - sollevò il mento, - Lo voglio? -
- Ti faccio ingoiare il lavandino. - disse togliendosi improvvisamente i guanti.
- Così almeno alla fine di tutto questo saremo entrambi diversi. Io con un caschetto rosso improponibile e tu senza mani. - 
- E ricorderemo per sempre la mia permanenza qui come una bella vacanza sana all'insegna del divertimento. - 
Gerard arrossì al pensiero di quanto stessero rischiando grosso e una parte della sua mente si augurò che Frank non facesse la battuta scontata di comparare la sua nuova tinta e il colorito della sua faccia. Decise di sbiancare nel dubbio. - Oh, cazzo. - 
- Ora che hai i capelli rossi devi dire "miseriaccia". - lo prese in giro in Frank. 
- Che cazzo penserà Lindsey quando mi vedrà così? -
- Cercherà sacchetti di metanfetamina nei cassetti delle mutande. -
- Sul serio, che le dico? - 
- Dille che sei così emo che i tuoi capelli stanno avendo un'emorragia esterna. -
- Smett- -
- Lindsey, tu non capisci, mi sanguinano i capelli da una settimana! - lo imitò scuotendo le mani in aria e macchiandosi il viso di goccioline rosse.
Gerard cercò di esternare il disappunto che stava provando ma finì per unirsi alla sua risata. - Sei davvero stupido e infantile e sembri sporco di sangue. -
Frank si esaminò allo specchio, sollevando e abbassando inutilmente le sopracciglia un paio di volte. - Penso mi cadrà la faccia. -
- Diagnosi professionale. Continua a spalmare quella merda dappertutto. - gli ordinò Gerard indicandosi la testa.
Frank gli premette un indice sporco di tinta sulla guancia. 
- Grazie. Ora avrò per sempre una gota rossa e l'altra bianca come la morte. - 
- Prova a vendere dischi ridotto così. - 
- Prova a suonare la chitarra senza mani. - 
- Perchè non ficchi anche le tue di mani in questo ingrumo vermiglio? - chiese annodandogli ulteriormente i capelli sfregandoli di cattiveria. 
- Perchè sono già abbastanza sfortunato ad avere i capelli di un rosso accecante, almeno lasciami le mani con cui coprirmi gli occhi. - 
- Penso che ti verranno i rasta. - mormorò continuando ad annodarli.
- Ti rompo le dita se non la smetti di scorticarmi il cuoio capelluto. - 
Frank aprì la bocca in un'espressione di meraviglia sollevando improvvisamente le mani. - E' arrivato il momento della posa. - 
- Per quanto possa essere utile lasciare un cumolo di capelli morti zuppi di tinta in posa sul mio cranio nudo. - 
- Non ti ho strappato nemmeno un capello. - 
- Non dire stronzate. - 
- Vado a ordinare la pizza, a dopo. - si congedò insensibilmente lasciando in velocità la stanza.
Gerard si fissò allo specchio per tutta l'attesa, senza prendersi la briga di sistemarsi l'espressione facciale apatica che aveva quando non stava guardando nulla di interessante. E la sua faccia da qualche anno era davvero diventata noiosa. Pensò ai periodi adolescenziali che aveva vissuto intorno ai venticinque anni, quando una settimana si credeva attraente e quella dopo incredibilmente brutto e strano; e avanti così fino ai trenta, quando aveva capito di non essere solo strano, ma anche vecchio. Il che, ad ogni modo, era strano. 
Ad un certo punto si rese conto che Frank non stava parlando da cinque minuti con il ragazzo delle consegne, bensì con "Jam", a periodi alterni soprannominata anche "tesoro". A metà fra la seccatura per la pizza non ancora ordinata e uno spesso strato di gelosia di fondo, pensò di uscire dalla stanza e piazzarsi di fronte a lui per metterlo sotto forte disagio finché lo scheletro non gli fosse scivolato fuori dalla bocca e scappato via; poi però si rese conto che non aveva alcun diritto di fare niente del genere. Tornò a sedersi cercando di non fare rumore e si detestò un po'. Cercò di ignorare l'imbarazzo che gli stava di nuovo colorando le guance canticchiando in strani sussurri Teenage Dirtbag dei Wheatus. 
Frank rientrò dopo qualche minuto, con piccole macchie rosse ancora sul viso.
- Hai ordinato la pizza? -
Si bloccò all'entrata. - Uhm. -
- La chiamata a Jamia era programmata o è semplicemente capitata? - insistette Gerard, andando in cerca del suo cellulare, - Perchè se era programmata e hai fatto finta di ordinare la pizza io davvero... -, controllò nella sua camera, - Davvero... -, ripeté osservando il salotto dalle scale, - Io davvero... - . Si accorse di aver perso il cellulare di vista da minimo quattro ore. - Dov'è il mio cellulare? - 
- L'hai lasciato da Mikey? - 
- Nooo... - rantolò, allontanandosi improvvisamente dal muro su cui voleva appoggiarsi dopo essersi ricordato della testa imbrattata di roba che non si sarebbe mai levata dalla parete.
- Sul serio? - chiese Frank. 
- Non lo so. - 
- Almeno sei sicuro di averlo avuto oggi pomeriggio mentre eravamo da Mikey? - 
- Sì, avevo mandato un paio di messaggi. Chiama Mikey e chiedigli di cercare a casa sua, non ho voglia di mettere tutto sotto sopra qua... poi non so rimettere in ordine. - 
- Non sai rimettere in ordine? -
- Proprio non riesco. La casa ha qualcosa di strano, non si fa sistemare. - 
Entrambi si voltarono a guardare in silenzio il corridoio in penombra. 
Gerard non voleva suonare così inquietante. Si era spaventato da solo. 
Tornarono spediti in bagno, entrambi segretamente terrorizzati, e Frank chiamò al telefono Mikey mentre Gerard cercava nel foglio illustrativo quanto tempo doveva ancora aspettare prima di poter risciacquarsi i capelli.
- Ha detto che mi richiama. - disse Frank riponendo il cellulare.
- Ancora un quarto d'ora di tempo. - lo informò Gerard, indicandosi la testa. 
- Okay. - . Accese l'acqua del lavandino e iniziò a grattarsi via le gocce rosse dalle guance.
Gerard non smise di osservarlo per un secondo, mentre un campanello d'allarme risuonava in lontananza da qualche parte nel suo cervello, mandandogli freneticamente immagini delle 20 chiamate perse di Lindsey, dei 13 insulti per messaggio e della discussione che avrebbero avuto. 
Suonò il telefono di Frank e se non altro ebbero la conferma che il cellulare di Gerard aveva passato la serata ficcato fra due cuscini del divano di Mikey.
Gerard si fece una doccia e uno shampoo in fretta e furia mentre Frank giocava con il telefono oppure gli faceva foto - la scena fra il vapore generale non era chiara. Si strofinò i capelli con un asciugamano per liberarli dall'acqua e quando si guardò allo specchio non riuscì a capire come si sentiva al riguardo.
Si voltò in direzione di Frank, sulla cui faccia pareva riflettersi l'espressione di Gerard. - Dobbiamo andare. -
- Neanche il tempo di apprezzare il tuo nuovo colore di capelli? -
- La rabbia di Lindsey potrebbe sfociare in violenza domestica. Andiamo. Per favore. -
Frank ridacchiò e basta.
Gerard andò a vestirsi in velocità, prese le chiavi della macchina e trotterellò giù dalle scale insieme a Frank. - Ti do altri due minuti per elaborare un giudizio sui miei capelli. -
- Non mi servono. -
- Shhh, pensaci ancora due minuti. - 
- Li amo. - disse guardando Gerard stuprare con la chiave di casa la serratura della porta che non si apriva. 
- Altri due minuti, ti ho detto. - insistette l'altro. 
- Ti ho detto che- -, la porta si spalancò, - Ti amo. - . Gerard tornò dentro casa come sospinto lungo un percorso naturale che qualcuno aveva deciso per lui e ritardarono di due minuti per baciarsi e spegnere le luci di troppo. 
Salirono in macchina e un altro minuto perso perchè gli occhi di Gerard erano fisicamente bloccati sullo specchietto e quei ciuffi rossi arruffati. - Credo mi piacciono. - . Mise bruscamente in moto la macchina e andò aggressivamente in retromarcia.
Al primo rettilineo abbassarono i finestrini e si accesero una sigaretta. Capitava che gli occhi di Gerard si posassero sbadatamente sullo specchio retrovisore e venissero puntualmente sorpresi da quell'insolito aspetto. Con il passare dei minuti, gli occhi di Gerard finirono per focalizzarsi più sul suo riflesso che sulla strada. Si vedeva così diverso, e pensava di sentirsi lui stesso molto diversamente. 
Frank risistemò lo specchietto in modo che Gerard potesse al massimo vedersi la fronte ma dopo cinque minuti Gerard lo ri-indirizzò alla sua testa, spericolatamente narcisista.
Arrivarono a casa di Mikey intorno alle dieci. Suonarono al campanello ridendo su qualcosa e quando Mikey aprì guardò spaventato Gerard.
Gerard si era di nuovo più o meno dimenticato dei suoi capelli, quindi all'inizio si allarmò anche lui.
- Cioè, perdi il telefono per cinque ore e decidi di tingerti i capelli di rosso? Ti manda così fuori di testa? - 
- Non ci vedevo più, Mikey. Dovevo fare qualcosa. - annuì con sentimento Gerard, stringendogli con forza la mano. 
Alicia comparve alle sue spalle, in pigiama. Indicò i capelli di Gerard con un'unghia dipinta di nero. - Che significa? - 
- E' stata una mia idea. - dichiarò con soddisfazione Frank, passando le dita sulla sua opera d'arte. 
- Il tuo cellulare. - disse Alicia, porgendolo a Gerard, - Volete entrare? - aggiunse dopo, mentre Gerard se lo infilava in tasca. 
- Okay, però restiamo poco. Dobbiamo ancora cenare e oggi vi abbiamo già visti. - disse Gerard entrando con strafottenza, - Devo andare in bagno. -
Lasciò Frank a loro due, mentalmente proiettato alle scuse che avrebbe dovuto registrare in segreteria perchè Lindsey probabilmente nemmeno voleva più avere conversazioni con lui. Si chiuse la porta del bagno alle spalle. Notò distrattamente dalle pareti umide che qualcuno doveva essersi appena fatto la doccia, poi estrasse il telefono della propria tasca destra e chiuse per un istante gli occhi, facendo un respiro profondo. Sbloccò lo schermo del telefono. Solo due messaggi e una chiamata persa. Nessuno di questi apparteneva a Lindsey. Riavviò il telefono e aprì la porta, sentendo improvvisamente caldo. 
Il cellulare si era riavviato e continuavano a non esserci né messaggi né chiamate perse di Lindsey. Si sentì sprofondare. Non sapeva cosa fare. Non sapeva più cosa fare. Si sedette a terra e si appoggiò allo stipite della porta con una tempia, e quasi provò ad abbracciarlo.
Digitò nervosamente il suo numero e pensò che anche se avesse risposto sarebbe rimasto in silenzio. 
Lindsey rispose e non riuscì a starsene zitto. 
- Avevo perso il telefono. - farfugliò, - Come- stai- - chiese meccanicamente, ancora troppo sconvolto dal fatto che stessero effettivamente parlando insieme. 
- Dove l'avevi perso? Sto bene. - . Non sembrava minimamente incazzata. 
- A casa di Mikey. Pensavo che avrei... -, gli andò via la voce.
- Mh? -
- Niente. Come stai? -
Lei rise, però suonava triste. - Te l'ho già detto. Tu come stai? - 
- Non molto- no, cioè, benino. Bene. - . Gli venne di nuovo paura, nel guardare il corridoio, che arrivasse Frank. Si ripromise, come sempre con tremenda serietà, che al primo rumore udibile a Lindsey lo avrebbe assassinato. 
- Mi manchi. - 
- Come hai fatto a non preoccuparti? -
- Oggi è una giornata un po'... s-strana. - 
- Avevi detto di stare bene. -
- Mi manchi, tutto qui. - 
- Ti manco così tanto che non sei riuscita a preoccuparti della mia assenza? - . Non sapeva perchè, all'improvviso, perdere il suo affetto lo spaventasse così tanto.
- E' già successo che non ci sentissimo per cinque ore di fila. Anche per dieci. - 
Gerard rischiò le convulsioni per la figura di merda. Oh mio Dio. Oh mio Dio. - Giuro su Dio che il tempo è plastico e fuori dal mio controllo. - . Stava solo peggiorando le cose, ed era davvero divertente il fatto che ogni volta se ne accorgesse solo dopo aver iniziato la frase. 
- Ormai non importa. - . Nel senso che non stavano già più insieme? Avesse avuto una moneta l'avrebbe usata per decidere se fingere di non capire o addolorarsi esageratamente. 
- Avete scritto qualcosa in questi giorni? - chiese Lindsey, sollevandolo dal peso di scegliere come reagire.
- Qualcosetta, sì... -, un'altra stronzata e gli sarebbe esplosa la testa, - Voi vi state divertendo? -
- Mh, più o meno... Dobbiamo prendere un taxi, devo lasciarti. Ci- Ti amo, ciao. -
Avrebbe potuto passare anni interi a confrontare le sue aspettative mentali con ciò che accadeva nella realtà. Anni interi. Si promise inutilmente che non si sarebbe  mai più aspettato niente dalla sua vita. Che qualsiasi cosa lo avrebbe ugualmente sorpreso o ugualmente lasciato indifferente. Nessuna via di mezzo.
Passò per la cucina vuota e disordinata e li trovò sul divano che guardavano un film. 
- Frank, torniamo a casa? - chiese Gerard, osservandolo dalla porta con occhi sbarrati. 
Si voltarono tutti e tre a guardarlo e la frase rimase sospesa nell'aria, suonando più intima di quanto tutti loro avessero voluto. 
- Okay. - squittì Frank. Si alzò e invece di accerchiare il divano lo scavalcò. - Ci vediamo. - borbottò goffamente, voltandosi di nuovo in direzione di Mikey e Alicia.
- Gerard, tutto okay? Sei sicuro di voler guidare? - domandò Alicia, sollevandosi appena dai cuscini per guardarlo meglio. 
- Oh, sì, figurati. Buonanotte. Se volete domani passate a fare colazione da noi. - . Percepiva nell'aria le vibrazioni del panico di Frank, che probabilmente in quel momento stava sguazzando nei mondi paralleli in cui viveva normalmente con Gerard e avevano una macchina che faceva i popcorn vicino alla televisione e un allevamento di cani bruttini e adorabili.
- Per che ora? - chiese Mikey. 
- Provate per le undici. Se ancora non diamo segni di vita ripassate tre ore dopo. Se non riusciamo ancora a svegliarci chiamate la polizia. -
- I tuoi inviti si rivelano sempre farse. Vaffanculo. Buonanotte. - lo salutò Mikey, soffiandogli un bacio.
Lasciarono definitivamente la casa. Era mezzanotte. Erano quasi arrivati a casa quando Gerard sentì lo stomaco di Frank brontolare. Inchiodò in mezzo al viale, con gli specchietti ancora alterati dal suo narcisismo e la strada fortunatamente vuota.
- Non abbiamo cenato. Avresti dovuto ricordarmelo. - esclamò mortificato, sventolando le mani in giro.
- Pensavo che il tuo apparato digerente fosse già stato abbastanza chiaro e fossi nell'ordine di idee di assecondarlo magari preparando qualcosa a casa. E poi sei visibilmente giù di morale e non so bene come comportarmi, perchè so che c'è di mezzo Lindsey e non voglio essere offensivo però nemmeno riesco a mentirti. -
Gerard sospirò azzardando un'inversione di marcia. - Cosa direbbe Jamia se sapesse che ti tengo in ostaggio senza nemmeno nutrirti? -
- Penso imprecherebbe. - rispose con comica serietà, accarezzandosi il lieve accenno di barba che gli era spuntato da quando stava a Los Angeles, - Dove stai andando? Pensi di trovare qualcosa di aperto a ste ore? -
- La mia vicina di casa ha quarantatre anni e la lista completa di tutti i kebabbari di Los Angeles. Penso di ricordare l'indirizzo di quello che il weekend sta aperto fino alle otto di mattina per assecondare la fame chimica di certi ragazzini drogati. - 
- Che gioia. - 
Non trovarono il kebabbaro. Finirono in una farmacia, dove comprarono un pacchetto di caramelle ricche di vitamina D e poi passeggiarono sulla spiaggia fino a che trovarono un supermercato, dove si comprarono venti dollari di patatine, biscotti e bibite gassate che avrebbero più tardi ruttato in una sottospecie di gara amichevole trascinando i piedi scalzi in mezzo alla sabbia fresca. 
Si sedettero a terra e Gerard cinse l'altro per le spalle per avvicinarlo a se. Gli ruttò all'orecchio e Frank annuì battendo un po' le mani.
- Gerard, te lo devo proprio dire. - disse a un certo punto, evidentemente stanco di ascoltare le onde alternarsi ai rutti di Gerard.
Gerard si sentì sinceramente dispiaciuto.  Poteva darsi che lo avesse disgustato. Aveva davvero esagerato, in effetti.
- Davvero non mi importa nulla di Lindsey. E non farmi aggiungere altro, è già abbasta- - 
- Stai davvero bene con la barba. -
Frank se la toccò istintivamente. - Oh, sì, beh, a Jamia non piace. - 
- Stupida. -
- Almeno lei si prende la briga di nutrirmi. Volevi sul serio mandarmi a letto senza cena? -
- E tu volevi sul serio stare zitto per tutto quel tempo? E' anche colpa tua. - dichiarò ridacchiando piano e rigirando la Coca Cola Zero nella lattina come se si trattasse di un buon vino.
- Cos'è successo con Lindsey? - chiese timidamente. 
Gerard finì la lattina e si voltò dall'altra parte per ruttare forte. Si rigirò in direzione di Frank e si sporse vistosamente fino a portare le labbra sulle sue. - Disinteresse reciproco. - . Gli baciò una guancia ispida e si avvicinò al suo orecchio. - Mi sento diverso. - sussurrò in tono grave.
- I rutti ti stanno dando alla testa. -
- No, cioè, prima mi importava ma ha di nuovo smesso di importarmi. -
- Siamo tornati alla fase in cui mi ripeti cose dolci senza motivo, giusto? Non puoi capire quanto ti detesto. - 
- Non sono più lo stesso. - dichiarò. Passò i palmi della mano di fronte alla propria faccia simulando in un sussurro un fruscio. - Riesci a sentire la magia? - 
- Sei serio? - 
Gli prese le mani e cercò di farlo alzare ma Frank si oppose. 
- Che vuoi fare? -
- Una passeggiata. Dai. -
Frank raccolse le cartacce e andò a buttarle diligentemente prima di prendere la mano di Gerard e incamminarsi con lui lungo la spiaggia. 
- Sta mattina ho letto un'altra cazzata su Twitter. - raccontò Frank, ridacchiando.
- In stile pompino sotto la pioggia? -
- Sì. Faceva tipo così: "Scopiamo?", "No, sono una ragazza seria.", "Non ti ho mica chiesto di ridere.". - 
Scoppiarono a ridere, piegandosi appena per poi andare a sbattere l'uno contro l'altro. 
Frank si appoggiò alla spalla di Gerard e ridendo sguaiatamente lo spinse accidentalmente in acqua. 
Gerard balzò fuori e atterrò addosso a Frank. Si accertò velocemente di non averlo fatto cadere e si tolse le scarpe fradice. 
- Vuoi farti il bagno? - chiese Frank, sconvolto. 
- Cosa? N- -, finì di sfilarsi i calzini umidi e le parole di Frank si trasformarono in una sfida, - Sì. - . Scaraventò felpa e pantaloni a terra, restando in mutande e maglietta a maniche corte. 
- Stai avendo una crisi di mezza età? -
- Mezza età a chi? Non morirò a 60 anni. - replicò l'altro, stringendo le dita attorno alle sue. 
- Ma è fredda! - protestò, cercando disperatamente di allontanare Gerard dall'acqua. 
- Smettila. - 
Frank cedette all'improvviso proprio mentre Gerard aveva deciso di lasciarsi cadere indietro a peso morto nel tentativo di avvicinarlo all'acqua con maggiore efficacia. Gerard atterrò sul proprio sedere, Frank di faccia (non dopo aver avuto l'accortezza di colpire con il gomito il naso di Gerard). 
Gerard si infilò un dito nella narice con urgenza mentre Frank si rialzava sulle proprie ginocchia sputando. 
Si passò le dita sugli occhi per liberarli dall'acqua salata e poi si girò a guardare Gerard, furioso. 
- Ti sembra il momento adatto per scaccolarsi? - esclamò. 
- Sto controllando se esce sangue, coglione. - 
- Coglione io? Sei serio? - 
Gerard mostrò a Frank il polpastrello sporco di sangue. - Vedi?! - 
L'espressione di Frank cambiò radicalmente. Lo guardò con un'espressione a metà fra il disgusto e il dispiacere. Sollevò bruscamente il viso di Gerard. - Stai gocciolando! - lo accusò, alzandosi in piedi di scatto rischiando di staccare il mento a Gerard. 
- Che delicatezza. -
- Parla quello che mi ha scaraventato in acqua con meno venticinque gradi. - 
- Ma per piacere, ce ne saranno almeno quindici sopra lo zero. - 
- Non è vero niente. Copriti il naso. - aggiunse nauseato voltandosi dall'altra parte, per qualche stupido motivo con le dita ancora strette ai lati del mento di Gerard. 
- Se mi molli la faccia non ti faccio immergere nel mio sangue, eh. - borbottò l'altro, portandosi una mano a coppa sotto le narici. 
Frank lo mollò e si allontanò schizzando acqua dappertutto. - Dovresti tenerti chiuse le narici. - gli consigliò accigliato, gesticolando sbrigativamente prima di stringersi le braccia al petto nel tentativo di scaldarsi. - Ci verrà l'influenza. - farneticò cupamente, guardandosi intorno.
- Aiutami ad alzarmi, non mi sento più le gambe e spero di non aver già iniziato a pisciare ciò che avevo in sospeso da un po'. -
- Hai freddo, Gerard? - chiese arrogantemente. 
- Sì, Frank, ho freddo. Ho fatto una cagata, Frank. Mi aiuti ad alzarmi? Cazzo? - 
Frank lo prese per la mano pulita e si trascinarono fuori dall'acqua tremando. 
- Devo fare pipì! - schiamazzò battendo i piedi a terra. 
Frank si coprì l'orecchio che Gerard gli stava assordando e lo guardò con astio. 
- Ho bisogno di aiuto! - insistette Gerard cercando di abbassare la voce e di riguadagnare la sua simpatia con un sorriso di circostanza. 
- Vuoi che ti tenga l'uccello? - sbraitò, portando le mani nell'aria in un gesto di rabbia.
Gerard scoppiò a ridere e Frank riabbassò le mani, con gli angoli delle labbra che lottavano per non allargarsi nel sorriso che cercava impazientemente di spuntare.
Cercarono un muretto dietro cui nascondersi e Frank gli tirò giù le mutande. Per il resto Gerard se la sbrigò da solo mentre Frank ridacchiava suo malgrado per la scena. Tornarono in riva alla spiaggia e Gerard si ripulì la mano sporca di sangue nell'acqua tenendosi le narici serrate con l'altra. Aspettarono qualche minuto che le piastrine facessero il loro dovere e poi tornarono in macchina tremando con la stessa frequnza nonostante Gerard avesse ceduto a Frank la sua felpa asciutta. Accesero il riscaldamento e tornarono a casa fra insulti sinceri e risatine isteriche. 
Si fecero una doccia calda e poi rimasero distesi sul divano a controllare ciò che si erano persi al cellulare e a guardare Top Gear. I messaggi di Lindsey ricordarono a Gerard che sarebbe tornata due giorni dopo. Guardò Frank e sospirò. 
Frank ricambiò l'occhiata. - Sono rosso? -, domandò. 
- Un po'. - 
- Mi sento ancora caldo dalla doccia. - 
- La doccia era fredda, ero io ad essere caldo. -
- Vai a raccontarla a qualcun'altro. - farfugliò Frank tornando a passare il pollice sullo schermo del telefono leggendo attentamente qualcosa.
Gerard sorrise a totale insaputa di Frank e si sentì come quando erano al telefono e durante i silenzi prolungati sorridevano di qualcosa. 
Frank andò a letto una quarantina di minuti prima di Gerard, che si trattenne di fronte al televisore a vedere le repliche di Letterman in tv.
Quando salì in camera trovò Frank scoperto quindi pensò di coprirlo senza immaginare che 
il mattino dopo si sarebbe svegliato con i suoi 35 gradi e 9 contro i 39 gradi e 2 a cui il corpo di Frank stava momentaneamente bollendo. 
Mentre si passavano con aria grave tachipirine e termometri nessuno dei due pensò di spendere una singola parola su quanto buona fosse stata l'idea di sguazzare in acqua la sera prima, né il fatto che Frank l'avesse totalmente previsto. 
- Senti. - disse Frank, facendo uno strano rumore col naso. Se lo soffiò su un fazzoletto già sporco, - So che ti preoccupa, ma domani me ne andrò via comunque. Ho pagato il biglietto dell'areo e torno in New Jersey. Che io stia bene o male. Non preoccuparti. -
- Frank, se lo stai dicendo perchè non vedi l'ora di tornare da Jamia lo posso capire e per me è okay, ma se lo fai per scappare da Lindsey- non è necessario. Sul serio. Stiamo già andando a puttane, casino in più casino in meno... -
- Non hai intenzione di giustificarlo? - 
- Penserò a qualcosa di patetico, non voglio farla sentire... sai. - 
Non parlarono per un po'. L'unico rumore era la tv a volume basso e Frank che si soffiava intensamente il naso. Appallottolò il fazzoletto e lo soppesò con le dita. - Senti che pesante. - disse, porgendolo a Gerard.
Gerard rimase in silenzio ad osservarlo con un sorriso, in attesa che Frank realizzasse quello che stava facendo e si disgustasse abbastanza per entrambi. 
Ci mise qualche decina di secondo in più rispetto a quanto Gerard si era immaginato, però ritirò effettivamente la mano abbassando gli angoli della bocca in un'espressione raccapricciata. Dopotutto, un po' erano cambiati. Non potevano pretendere di conoscersi come un tempo. 
Gerard interruppe i suoi sghignazzamenti per lasciargli un bacio sulla fronte bollente prima di alzarsi e andare a prepararsi un caffé.
- Vuoi un té? - urlò a Frank dalla cucina.
- No, ho già abbastanza caldo. - 
Gerard gli fece il verso fra sé e sé mentre smanettava con la macchinetta del caffé e poi tornò in salotto gridando Downtown di Petula Clark. Frank si unì per qualche secondo prima di interrompersi con un'incontrollabile serie di colpi di tosse. 
Gerard assistette interessato alla scena bevendo dalla sua tazza.
Terminata la raffica di microbi che stava riversando un po' sul divano un po' in faccia a Gerard, Frank si abbandonò contro lo schienale del divano e si addormentò quasi all'istante in una specie di inquietante coreografia malaticcia.
Il più grande (o meglio vecchio) gli scattò un paio di foto per poi inviarle a Mikey e intraprendere una catena più o meno lunga di messaggi che spaziavano da Frank a cosa stavano trasmettendo in televisione.
Dopo qualche decina di minuti Gerard andò al piano di sopra a prendersi una coperta perché aveva freddo e non voleva usufruire del termosifone batterico che costituiva il corpo di Frank. Chiedendosi assentemente se quei brividi fossero in realtà indice di una qualche malattia, posò gli occhi sulle scarpe col tacco di Lindsey rimaste di fronte al comodino proprio dove le avevano lasciate giorni prima. Si sedette sul letto per togliersi i calzini. Forzò il proprio piede dentro la scarpa destra, sentendosi come le sorelle antipatiche di Cenerentola e ringraziò il cielo per il fatto che nessuno potesse vederlo mentre gli veniva caldo e diventava paonazzo per la fatica. Sistemato il primo piede per le feste passò a quello sinistro e lo martoriò senza ritegno finché le sue dita accartocciate non arrivarono in fondo alla suola. Quasi vomitò nel guardare le cordicelle mortali della scarpa aperta stritolargli il piede.
Si alzò i piedi e temette che le unghie gli saltassero per aria. Tornò a sedersi sul letto con una smorfia di dolore e sentì dei strani passi irregolari sulle scale di legno.
Fissò la porta aperta con il cuore in gola finché Frank non comparve, sudato, con la coperta sulle spalle. 
Guardò apaticamente Gerard. - Sto delirando? -
- Se ti riferisci alle scarpe, no. Se ti riferisci al fatto che te ne vai in giro sudando con una coperta- beh, sì. - 
Frank lasciò semplicemente cadere la coperta a terra, e poi andò in bagno. Come Gerard dedusse dal rumore, a fare pipì.  Poi tornò a osservarlo asciugandosi le mani appena lavate sui pantaloni del pigiama.
- Hai bisogno di aiuto? - chiese Gerard, senza capire il suo silenzio.
- Non è che sei tu ad avere bisogno di aiuto? -
Gerard sospirò e Frank si passò un suo braccio attorno al collo per aiutarlo ad alzarsi.
- Lindsey mi ha chiesto di mettermele per allargargliele. - 
- Che stronza. - 
Gerard fece per ribattere ma poi pensò che beh, sì, era stata un po' stronza a farglielo fare. 
Scesero le scale e poi entrambi si distesero sullo stesso divano, dal quale tolsero i cuscini dello schienale per guadagnare più spazio. Gerard raccolse le gambe e le lasciò a penzoloni oltre lo schienale per lasciare ulteriore spazio a Frank e poi prese il cellulare dalla propria tasca per mandare un messaggio d'odio a Lindsey. 
- Mi trovi attraente? - chiese a Frank, voltandosi e ritrovandosi con il naso contro il suo accenno di barba. 
- Affatto. -
Ritornò a rivolgere gli occhi al soffitto e sbuffò. Poi cambiò idea e gli baciò la guancia calda. - Mi piace davvero tanto vederti con la barba. - 
- Fattela piacere in un altro momento se non vuoi farti venire la febbre. -
- Il karma mi castigherebbe comunque, del resto sono stato io a fartela venire. -
- Già. Grazie, a proposito. - 
- Sì, grazie a me. - 
- Cosa aspetti per avvisare Lindsey? -
- Cazzo, hai ragione. - 
- Dio mio, Gerard. Pensavi di aspettare che arrivasse per sventolarmi davanti alla sua faccia e chiedere "possiamo tenerlo?"? -
- Tu e le tue metafore canine. Te hai avvisato Jamia? -
- Certo che l'ho avvisata. - borbottò, chiudendosi la felpa fino al collo come una vecchia signora indignata.
Gerard si alzò a sedere e sospirò. - Che le dico? - chiese appoggiando la mano sulla pancia di Frank, che ebbe una specie di convulsione. - Che hai? -
- Hai toccato troppo in basso. -
- No, ti ho toccato la pancia. O è erogena anche quella? - 
- Non farmi passare per- ho troppo mal di gola per continuare. - 
- Sapevo che ti piaceva vedermi coi tacchi. - disse, parlando più ai suoi pantaloni che alla sua faccia.
Frank balzò a sedere andando a sbattere con la testa contro quella di Gerard, probabilmente per nascondere le sue parti intime da occhi indiscreti. 
Iniziò a reggersi la testa e scusarsi e Gerard lo afferrò per le guance per impedirgli di evitarlo e lo baciò. 
Frank gli prese il gomito piegato senza un vero motivo e trattenne le labbra di Gerard sulle sue, spingendogli la lingua e avvicinandosi sempre di più. Irradiando quell'assurdo e genuino amore che lo animava a sprazzi e che lasciava da parte almeno per qualche minuto qualsiasi altro pensiero. Gli tappò la bocca e si voltò dall'altra parte per tossire.
Gerard gli baciò le dita e poi sorrise prendendole fra le sue. 
Frank abbassò lo sguardo, con le guance ancora più arrossate di prima. - Dicevamo? - 
- Devo chiamare Lindsey. Le dico che avevi prenotato la camera d'hotel fino a domani mattina e che quindi hai bisogno di un posto dove stare nell'attesa che tu sia abbastanza lucido da prendere l'aereo da solo senza farti fregare il portafoglio. - 
Frank lo guardò con quegli occhi liquidi e Gerard pensò che molto probabilmente nemmeno aveva capito quello che gli stava dicendo. Lo abbracciò e dopo una quarantina di secondi Gerard capì che si era addormentato quindi rimandò la telefonata di un'ora, durante la quale gli carezzò i capelli, lesse tutto il leggibile su Twitter e spostò la faccia di Frank sul suo petto per cercare di richiudergli la bocca che gli stava gocciolando saliva sulla maglietta. 
Quando Lindsey rispose al telefono aveva ancora il petto bagnato. 
- Ehi, come stai? - le chiese, mollandosi subito la maglietta. 
- Tutto okay, tu? - 
- Io bene. Hai presente che- -, improvvisamente ricordò che nella versione ufficiale dei fatti anche Ray era a Los Angeles con loro. Osservò la copertura del loro piano sgretolarsi. - Uhm... hai presente che... -
- Gerard? -
- Uhm, sì, scusa, mi ero distratto. Hai presente che... Frank ha... Frank è a Los Angeles al momento. Siamo usciti con Mikey e abbiamo scritto- -
- E Ray? - . Il fatto che l'avesse notato così in fretta significava che era estremamente sospettosa e che da lì in poi sarebbe stato tutto un fallimento. 
- Sì, appunto, avevamo calcolato che venisse anche lui ma ha avuto un impevisto- gli si sono rotte le tubature mi sembra. Il guaio è che Frank è bloccato in hotel con la febbre e domani mattina dovrebbe lasciare la stanza libera ma non penso sia in grado di affrontare il viaggio in aereo da solo. E' un problema se sta da noi qualche giorno? -. Al terzo secondo di silenzio si sentì senza aria. 
- No, affatto. - 
Non sapeva che dire. Calò uno strano silenzio. In un certo senso significativo. Fece mente locale e cercò qualcosa di innocuo e inerente da dire. - Mh, okay. Domani... domani mattina passo a prenderlo. - si schiarì la voce. - Tu per che ora torni? -
- Tardo pomeriggio. -
- Quindi sei a casa per cena? -
- Sì. - 
- Pizza? -
- Okay. -
- Passo a prenderti all'aereoporto? -
- No, pensa a Frank. -
Non ci capiva un cazzo dal suo tono di voce. Esitò mortalmente prima di passare a chiederle della sua giornata e detestarsi nel percepire la totale noia che traspariva dalla voce di Lindsey.
Quando tornò in soggiorno Frank spense la tv e lo guardò, il suo interesse inversamente proporzionale a quello di Lindsey di poco prima. 
- Hai combinato? - chiese.
Gerard tirò un sonoro sospiro, un po' esagerato. - Solo- sii malato, okay? - 

- Dammi le pastiglie. - 
- No, deve vederti al tuo peggio. - disse Gerard, spostando la mano nell'aria in modo che Frank non potesse afferrarla. 
- Giuro che ti uccido. - 
- Con quali forze? - lo canzonò.
- Dove hai nascosto le pastiglie? - insistette. Era davvero incazzato e sotto sotto Gerard era davvero mortificato ma sopra sopra doveva ancora giungere notizia quindi continuò a divertirsi. 
- Non te lo dico. - 
- Gerard, non è divertente, sono malato. -
- Ed è proprio così che deve vederti Lindsey. -
- Stai giocando con la mia salute. -
- E tu con il mio matrimonio. -
- Tu stai giocando con il tuo matrimonio. E questo ancora prima di sposarti effettivamente. - 
- Troppa lucidità per uno con la febbre a trentotto. - disapprovò Gerard in un mormorio.
- Che vuoi fare, mettermi la testa nel freezer? - 
Gerard rise e si sedette sullo schienale del divano, intrappolando Frank con le gambe piegate. I suoi occhi si posarono sullo specchio appeso accanto all'attaccapanni di fronte all'ingresso e si ricordò di avere i capelli rossi. Sobbalzò e se li toccò disperatamente. Che ne avrebbe pensato Lindsey? Come si sarebbe sentita al riguardo? Doveva comportarsi con naturalezza. 
Frank gli stava giusto dichiarando il suo odio quando il campanello suonò. Gerard quasi cadde. Cercò di muovere correttamente le gambi tremanti e scese goffamente.
- Sii malato. - disse aggressivamente a Frank, continuando a indicarlo con l'indice mentre andava alla porta. 
Si sistemò nervosamente i capelli con il cuore in gola. Si stirò la maglietta sui fianchi respirando a fondo. Aprì la porta.
Lindsey indietreggiò appena, guardandolo piuttosto scioccata. 
- Sorpresa! -

  
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