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Autore: Forbidden_Snowflake    08/06/2015    0 recensioni
“…E non riesco a respirare ogni volta che te ne vai, non doveva durare per sempre questa pioggia estiva?”
Dopo tanti anni ancora non ho dimenticato le sue parole e non posso fare a meno di pensare che quella canzone l’abbia scritta per me.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing | Personaggi: Muse, Placebo | Coppie: Brian.M/Matthew.B
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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You’re so fucking special.
 
Camminavamo tra il grigio dell’asfalto e il grigio delle nuvole con i capelli incollati alla fronte dalla fine pioggia londinese.
Non avevamo ancora compiuto tutti sedici anni e per la prima volta avremmo passato qualche giorno insieme lontani da casa.
Alcuni nostri amici un paio d’anni più grandi suonavano in un locale nella capitale, dove si erano trasferiti da poco, e quelle poche centinaia di persone che avrebbero assistito al concerto noi, con la nostra piccola band, ancora ce le sognavamo .
Eravamo in ritardo, la pioggia era sempre più insistente e il vento rallentava il nostro passo.
Dovevamo ormai aver raggiunto la fermata secondo la cartina che aveva appena consultato Chris ma non sapevo se fidarmi, aveva già sbagliato strada un paio di volte nell’ultima ora e mezza.
Invece questa volta sembrava avere ragione, infatti l’autobus era già in fondo alla via e non potevamo fare altro che correre o non saremmo mai arrivati in tempo.
Così cercai di farmi strada tra la folla di turisti e le pozzanghere ma fu tutto inutile; feci segno al conducente di aspettarmi ma finse di non vedermi e partì nell’esatto momento in cui lo raggiunsi.
“Non se ne accorgeranno anche se arriveremo quando il concerto sarà già iniziato, vero?”
Nessuno mi rispose.
“Dom? Chris?”
Erano di fianco a me, ne ero certo.
“Dannazione, dove siete?”
Non potevano essere partiti senza di me.
“Stronzi, dove siete finiti?”
Mi guardai intorno ma loro non c’erano.
Non sapevo quando sarebbe passato l’autobus successivo e controllai gli orari: avevo mezz’ora, decisi di andare a mangiare qualcosa nel frattempo.
Un piccolo locale poco più avanti attirò la mia attenzione; riuscivo a sentire Creep dei Radiohead provenire da quel posto, almeno avrei ascoltato buona musica.
Così entrai, mi sedetti al bancone e ordinai un sandwich; era un locale non troppo pulito ma frequentato da gente interessante: c’era un gruppo di ragazzi con la maglia dei Nirvana che probabilmente non si erano più tolti da aprile a giudicare dalle condizioni, davanti a loro era seduta una coppia di artisti che discutevano della prossima mostra che dovevano allestire, e alla mia destra una ragazza minuta, più o meno della mia età, mi dava le spalle; con la testa teneva il tempo della canzone che stavano trasmettendo al momento in tv. Doveva piacerle tanto dato che aveva abbandonato il suo bicchiere e non staccava gli occhi dal video. Io nemmeno la conoscevo quella band.
Non avevo ancora visto il suo volto ma mi incuriosiva; era così simile a me.
La sua felpa era persino dello stesso colore della mia, aveva il mio stesso taglio di capelli e evidentemente amava la musica come la amavo io.
La osservavo aspettando che si voltasse anche solo per incrociare il suo sguardo per un attimo.
Non avrei mai avuto il coraggio di parlarle ma questo mi sarebbe bastato a rendere l’imprevista attesa meno spiacevole.
Si girò e riprese in mano il bicchiere.
Ero riuscito a guardarla negli occhi per un istante, erano così chiari e la sua pelle era così pallida che sarebbe potuta sembrare una bambolina di porcellana se non fosse stato per il trucco nero abbastanza marcato.
Però ora non ero più così certo si trattasse di una ragazza.
“Che pezzo, cazzo!”
Non lo era di certo.
“Hey, che ne dici?”
Stava parlando con me?
Non me n’ero nemmeno reso conto, ero troppo confuso per l’aver scambiato un ragazzo per una ragazza e avere persino pensato che potesse essere carina.
“Ehm, sì scusa, sì, sono forti!”
“Ahahah, non li conosci, vero? Tranquillo, non sono molto famosi …. ”
Il ragazzo si alzò, lasciò un paio di sterline sul banco e andò verso l’uscita.
 Non riuscivo a smettere di fissarlo, forse per il suo singolare modo di muoversi e parlare o semplicemente per il fatto che per qualche secondo ne ero stato attratto davvero e questo mi aveva un po’ turbato ma allo stesso tempo sentivo ancora una strana curiosità.
Prima di uscire si voltò verso di me e mi sorprese mentre i miei occhi erano ancora incollati a lui; sorrise e mi fece l’occhiolino.
No, no, no. Chissà cos’avrà pensato. Non sapevo come reagire, sorrisi come un idiota e mi rigirai velocemente.
Finii il mio sandwich e mi avviai verso la porta; stavo per andarmene senza pagare ma fortunatamente me ne accorsi prima che il barista mi riprendesse.
Aveva smesso di piovere e le nuvole si erano diradate. Il cielo aveva lo stesso colore degli occhi di quel ragazzo ora, o forse dello stesso colore dei miei.
Salii finalmente sull’autobus, trascorsi tutto il viaggio appoggiato al finestrino,  ammirando Londra scorrere sotto i miei occhi, mentre il sole scendeva  e scompariva dietro ai tetti e la mia mente era completamente priva di pensieri.
 
Finalmente riuscii a raggiungere il locale ma il concerto era già iniziato.
Si trovava in una zona non troppo centrale della città, in quello che sembrava essere stato un magazzino o una fabbrica in passato.
All’interno era esattamente come ci si aspetterebbe sia un locale alternativo in cui spesso suonano band emergenti: poster alle pareti, locandine dei prossimi concerti e parecchio chiasso.
Non era pieno ma i nostri amici erano riusciti a riunire un bel numero di persone e tra queste cercai Dominic e Chris.
Erano davanti al palco che cantavano a squarciagola canzoni che probabilmente erano tra i pochi a conoscere tra i presenti.
“Bastardi, mi avete lasciato da solo!”
“Oh, Matt, ce l’hai fatta ad arrivare alla fine!”
“Cosa?”
“Ce l’hai fatta ad arrivare!”
“Andiamo più indietro che non si riesce a parlare”
Per quanto ci si potesse allontanare la musica era comunque troppo alta.
“Siamo saliti in autobus, c’era un casino di gente, pensavamo ci fossi anche tu ma non ci siamo preoccupati troppo, la strada la sapevi. Beh, l’importante è che tu sia arrivato!”
Finito il concerto andammo a trovare i nostri amici in una specie di sgabuzzino adibito a backstage.
Ero stanchissimo, avevamo viaggiato per ore per raggiungere Londra,  e il concerto mi aveva distrutto.
Mi congratulai con loro e mi presentai ai componenti della band che ancora non conoscevo.
“C’è anche un bar in questo posto?” chiesi al batterista, nonché amico di Dom.
“Sì, nell’altra sala …”
“Ok, prendo qualcosa da bere e torno da voi”
Un arco a lato dell’ingresso si apriva su una stanza più piccola ma meno rumorosa.
Ordinai soltanto della Coca-Cola e cercai un tavolino dove sedermi.
 
In quel momento diversi milioni di persone si trovavano a Londra, e questo non era certamente il locale più frequentato della città; era tardi, erano rimaste solo poche persone.
Eppure lui era lì. Stava ancora bevendo ed era sempre solo.
Lo stavo di nuovo fissando.
Lui alzò lo sguardo e mi sorrise, proprio come aveva fatto qualche ora prima.
“Hey, che coincidenza! Vuoi farmi compagnia?”
Mi aveva visto.
“Oh, ok. Va bene”
“Mi hai seguito o siamo destinati a rincontrarci?”
“No, no, io non …  Sei venuto a vedere la band che suonava stasera?”
“In realtà sono appena arrivato, mi annoiavo, ero solo e sono già venuto a suonare in questo posto, mi piace …”
“Suoni?”
Avevamo altro in comune, quindi.
“Sì, canto, suono, recito … Amo l’arte, ecco”
“Anch’io suono e canto, ho una band!”
“Ah sì, come vi chiamate?”
“Beh abbiamo appena cambiato nome, per adesso ci chiamiamo Muse”
“Suona bene, suonate altrettanto bene anche voi ?”
“Io, beh, credo di sì, cioè, dobbiamo perfezionarci ma ci piace quello che facciamo”
“Cantami qualcosa”
“Non so, qui in mezzo a tutti?”
“Non canti per essere ascoltato?”
Perché mai avrei dovuto fare quello che mi chiedeva un tizio mezzo ubriaco che conoscevo appena?
Non lo so, però lo feci. Per fortuna nessuno sembrò troppo sorpreso dalla cosa, in fondo avevano bevuto un po’ tutti.
“Non è male, hai ancora tanto tempo per migliorare, quanti anni hai?”
Parlava come se avesse molta esperienza alle spalle quando dimostrava circa la mia stessa età.
“Sedici …”
“Mi piacerebbe suonare qualcosa con te.”
“Ehm, ok, però io non vivo qui, rimarrò solo per tre giorni”
“Me ne basta anche uno solo”
“Sì, certo, ok. C’è un posto dove provi di solito?”
“Sì, ti scrivo l’indirizzo. Domani pomeriggio, quando vuoi, non ho molto da fare, sarò lì. Ci conto, eh! A domani!”
Così quando dovevo ancora realizzare quanto era assurdo ed improbabile il fatto di averlo incontrato due volte nello stesso giorno, il ragazzo se ne andò, senza nemmeno dirmi il suo nome.
Forse sarebbe stato il caso di invitare anche i miei compagni di band, però lui non mi aveva chiesto questo.
Non sapevo se avrei potuto davvero fidarmi di quel tizio che beveva parecchio  e in alcuni momenti mi aveva dato l’impressione che addirittura ci stesse provando con me.
Ma no, era solo la sua abitudine a guardarmi negli occhi mentre gli ero davanti e il suo aspetto decisamente androgino. Era soltanto un ragazzo, sarei andato alla sala prove, avrei suonato con lui e me ne sarei andato appena finito, magari guadagnando un amico con i miei stessi interessi, non avevo niente da temere e in realtà non vedevo l’ora.
 
Rientrai nella sala del concerto dove Chris, Dom e la band stavano portando gli strumenti verso l’uscita sul retro.
“Matt, aiutaci a smontare la batteria per favore”
“Sì, certo Jake”
“Ci hai messo un po’, cos’hai fatto in tutto questo tempo?”
Mi chiese Chris mentre staccava i cavi dagli amplificatori.
“Niente, ho bevuto una coca e beh, ho conosciuto una persona …”
“Era una bella ragazza almeno?”
Questa poteva essere una scusa valida per poter andarmene da solo il giorno il dopo
“Oh, sì”
“Allora sei perdonato. Però muoviti che tra un po’ ci mandano fuori a calci in culo”
In pochi minuti avevamo caricato strumenti e attrezzature varie nel furgoncino del padre di Ethan, il bassista della band, che avevo conosciuto solo quella sera.
“Jake e Harry abitano qui vicino, tornano a piedi, quindi dovremmo starci. Dan, Matt, Chris, Dom, salite pure.”
“Guidi tu Ethan?”
“Perché? Non vi fidate?  Sinceramente non mi fiderei nemmeno io” , ammise ridendo.
In effetti la sua guida non era delle più prudenti, soprattutto considerando che aveva la patente da appena un mese.
Mi sedetti di nuovo accanto al finestrino, non potevo perdermi lo spettacolo di Londra in piena notte. Nonostante il cielo non fosse del tutto coperto, stava di nuovo piovendo e ogni cosa mi sembrava attenuata, la radio al massimo volume, i miei amici che cantavano, il rumore del traffico. Non pensavo ad altro che alle pozzanghere in cui si rifletteva la luna la quale tremava alla caduta di ogni goccia d’acqua, ai rivoli che scendevano dai tetti dei palazzi con i mattoni a vista, alle luci delle auto che erano ancora moltissime nonostante l’ora, cosa inusuale per me, abituato alla solitudine delle notti di Teignmouth. Pensavo anche a lui, al ragazzo che avrei dovuto incontrare il pomeriggio di quello che ormai era diventato il giorno stesso.
Era una delle persone più strane che avessi mai conosciuto nella mia vita; ero cosciente fosse una di quelle persone che ti insegnano ad evitare ma allo stesso tempo non riuscivo a far altro che seguirlo. I suoi gesti, che rimanevano in un certo modo eleganti anche dopo aver bevuto più del dovuto, e il tono in cui si esprimeva, così maturo per un ragazzino bassetto e con una voce non proprio da uomo adulto, avevano qualcosa di affascinante.
 
“Matt, smettila di pensare alla tipa di prima, siamo arrivati a casa di Dan, dovresti scendere!”
“Sì, scusa, grazie Ethan, ci vediamo!”
Mi rendevo conto solo ora di essere rimasto in silenzio a guardarla per tutto il viaggio ma non potevo evitarlo, era da tanto che non la vedevo ed era proprio bella lei, Londra, questa città che si era rivelata imprevedibile, come le persone che la popolavano, come le nuvole che avevano appena nascosto la luna lasciandoci privi dei suoi riflessi. 
   
 
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