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Autore: LaCantastorie    08/06/2015    0 recensioni
Settimo Distretto, qualche tempo prima che un certo ragazzo piovesse dal cielo...
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Castor, Frau, Labrador
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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KOR
 
L’uomo si appoggia contro la colonna corinzia, schiena curva e mani in tasca.
Il marmo scintilla, levigato: la sua giacca, invece, è a brandelli, così come il suo cuore.
 
Zaite iniziò a camminare sotto all’alto porticato con andatura incerta, ridendo ad ogni passo falso, ad ogni rovinosa caduta sul ghiaccio; ebbro di dolore, non si accorgeva nemmeno del gelo che gli penetrava tra le costole, raggiungendo quel cuore fatto a brani, lacerato in mille. Minuscoli. Frammenti.
“Tutto”.
La neve fioccava lenta, a larghe falde: il mondo intorno a lui diventava bianco e puro, candido come l’anima di un neonato.
“Mi hanno portato via tutto”.
Un’ombra nera, fuori dal suo campo visivo, lo seguiva a breve distanza, facendosi sempre più vicina...
D’un tratto, l’uomo cadde in ginocchio sul marciapiede, senza più rialzarsi da terra: le mani tra i capelli, gli occhi sgranati, al limite della pazzia, con la mente che ruotava ossessivamente intorno all’immagine della donna che aveva sposato e che si era lasciata lentamente morire di fame, di nascosto, per lasciare le magre razioni di cibo di cui sopravvivevano al loro unico bambino.
“Kirito...”
I pensieri, vorticando, gli rendevano impossibile riflettere, mantenere la calma, progettare la prossima mossa: gli rimandavano soltanto le memorie dolorose che lo stavano facendo sprofondare in un abisso di nera sofferenza, in una caduta senza speranza.
Aveva tentato di superare il lutto per la perdita della sua Misha, aveva continuato a suonare nelle piazze il suo violino, chiedendo un soldo ai passanti che si fermavano ad ascoltare, spingendo la custodia logora del piccolo strumento verso le persone che sembravano mosse a pietà dalle sue tristi note.
Ogni giorno, guadagnava quanto bastava per comperare del pane raffermo, della frutta ormai quasi marcia oppure gli avanzi di carne che di solito venivano gettati ai cani.
E ogni giorno Kirito diventava sempre più magro e malato.
“Sono solo”.
Una mattina, l’aveva portato al parco: gli aveva detto che avrebbero giocato a “nascondino”, e che per vincere avrebbe dovuto trovare un buon nascondiglio, avere pazienza, saper aspettare e soprattutto non voler mai, mai tornare dal “cercatore”.
<< Nemmeno se è papà? >>
Nemmeno se era papà.
Mordendosi a sangue le labbra, Zaite soffocò i singhiozzi, ma non era facile trattenere in gola quelle grida che gli artigliavano il petto, quelle urla disperate che volevano farsi sentire, alte, strazianti.
Qualche soldato l’avrebbe portato in un orfanotrofio.
L’avrebbero nutrito, educato.
Non l’avrebbe mai più rivisto.
<< Perché? >>, gemette infine, poggiando la fronte a terra, << Perché? >>
<< Forse esprimere un desiderio allevierebbe la pena che provi, Zaite Kinoshita >>.
Una mano leggera come l’aria si posò sul suo capo, scompigliandogli i capelli.
<< Puoi chiedermi qualsiasi cosa, e sarà tua >>
Di scatto, Zaite si voltò, pronto a difendersi: aveva sentito qualcosa di malsano in quel morbido tocco, qualcosa di ...sbagliato.
<< Sei stato rifiutato dai mercanti di schiavi in quanto inabile al lavoro. Ti hanno picchiato e frustato a sangue, ti hanno deriso. Fuggendo, hai perso l’eredità di tuo padre, il tuo violino, e nessuno te lo restituirà mai, nemmeno se griderai che era il tuo unico mezzo per sopravvivere >>.
Una donna stava di fronte a lui: era ricoperta di gioielli, dagli orecchini d’argento ai braccialetti di lapislazzuli, dalla collana con il ciondolo di ametista alla cintura da cui ricadevano pendenti di cobalto.
Era davvero bellissima.
<< Stai lentamente morendo assiderato, nella tormenta... Non vorresti rivedere tuo figlio, Zaite? >>
Dalla schiena, le spuntavano delle raccapriccianti ali scheletriche, fatte di ossa bianche e lunghe: ondeggiavano piano sotto la sferza del vento, con un ritmo ipnotico.
<< Non vorresti riavere indietro la donna che amavi? >>
Gli occhi di quella sconosciuta erano due pozzi neri, grandi laghi d’oscurità che calamitavano l’attenzione, domavano la volontà, monopolizzavano la speranza.
<< In cambio, chiedo soltanto la tua anima... >>
<< C-chi sei? No... >>
Tremando, Zaite si risollevò da terra, scoprendo di essere più basso della donna alata: la sua presenza incombeva imperiosa su di lui, ma il suo viso aveva dei tratti così dolci... Angelici.
<< Cosa sei? >>
... Perché in quel viso scintillavano quegli occhi demoniaci?
<< Non hai mai sentito parlare dei graziosi compagni di Verloren-sama, i Kor? Sei fortunato, non tutti ci incontrano nel momento del bisogno... >>
I gioielli tintinnarono insieme ad una risata appena trattenuta.
<< Questa donna è stata fortunata: ha desiderato essere più ricca di ogni altra nobile sul continente, e lo è diventata tramite un matrimonio di convenienza...
...Ma presto il denaro ha smesso di compensare l’assenza di amore in quell’unione e mi è stato chiesto se al mondo sarebbe mai nato qualcuno in grado di riempirle il cuore di affetto sincero.
Come Kor, non conosco il futuro, ma le ho promesso che avrei fatto suo chiunque rispondesse a questa sua richiesta. >>
Zaite ebbe paura di quel sorriso, una chiostra di denti bianchissimi dietro a labbra rosse come il sangue.
<< Sai, bisogna esprimere attentamente i desideri, possono facilmente ritorcersi contro chi li formula!
La mia padroncina ha messo al mondo un bellissimo bambino, un ometto dagli occhi azzurri, un’anima davvero bianca e appetitosa, devo dire... Perfetta... >>
Si leccò le labbra, battendo con violenza le ali d’ossa.
<< Appena crebbe abbastanza, gli confessò il suo ardente amore, scambiando l’affetto filiale per infatuazione carnale: la rifiutò... Ma io avevo già garantito il suo secondo desiderio, perciò le ho chiesto di aspettare ancora un poco, qualche anno appena: il suo piccino si sarebbe innamorato di certo, e a quel punto sarebbe stato facile ricattarlo. Ah, devo averla messa in termini molto più convincenti, all’epoca! >>
Il Kor giocò con i monili della nobildonna, un’espressione di falsa compassione sul viso: disprezzava quel corpo cui stava insozzando l’anima, voleva un altro giocattolo da rompere, per divertirsi un altro po’.
<< Così, abbiamo rapito la ragazza che l’aveva stregato e gli abbiamo chiesto una notte con noi come riscatto! >>
La voce della nobile posseduta si era sdoppiata, come se la sua personalità fosse emersa soltanto in quel momento di forte coinvolgimento emotivo.
<< Se ci avesse respinti, non avrebbe mai più rivisto la sua amata...
Una volta accettato il patto, il ragazzo si è sottomesso alla nostra volontà, ed ha riavuto indietro la sua bella ignara: sfortunatamente, la coscienza di quell’anima non ha retto e pur di non toccare il suo bel fiore con quelle mani impure... Il ragazzo ha scelto il suicidio, così si è gettato da un dirupo, facendo sembrare la morte accidentale per non sollevare uno scandalo e soprattutto per far sì che la sua amata rimanesse all’oscuro di quanto accaduto. Che perdita inutile! >>
Di nuovo, le ali del Kor turbinarono, puntando decise Zaite.
<< Il terzo desiderio della mia padrona è stato: “Voglio compiere una buona azione! Ti prego, aiuta una persona in pericolo, salva la vita a qualcuno! Non voglio essere mangiata dall’oscurità! Non voglio più essere circondata dal buio, da questo freddo che contamina ogni cosa buona! Non voglio morire con un’anima così nera, non voglio, non voglio, non voglio!”... Tu sei il terzo desiderio della mia padrona, Zaite: ma l’aiuto che danno i Kor è soltanto questo, e chiedere ad un vassallo di Verloren una cosa come “fai del bene” è in partenza un assurdo, non trovi? Le buone azioni si compiono in prima persona, non si delegano ad una creatura di ossa. >>
Artigliandogli la giacca stracciata, la donna avvicinò a sé Zaite, fino a sfiorargli la fronte con la frangia corvina.
<< Allora, quali sono i tuoi desideri? >>, chiese, soffiandogli in viso ogni parola.
Prima, l’uomo non riusciva a mettere ordine nei propri pensieri.
Prima, la mente di Zaite era satura di dolore, dolore e sofferenza, disperazione, forse anche di rabbia e delusione verso se stesso, amarezza verso il mondo, quel mondo che gli aveva tolto la luce.
Adesso...
<< Non è come dici, Kor >>, rispose, strappandosi dalla presa della creatura: << Quello non era il terzo desiderio di questa donna, era una preghiera >>.
<< E le preghiere non restano mai inascoltate >>.
A pronunciare queste parole, tuttavia, non era stato Zaite.
<< Sì, è lui il mio papà, Jio-sama! >>
Un arcivescovo comparso come d’incanto alle spalle della donna sollevò una croce, chiamata “baculus”, correndo verso il Kor: con un salto, fendette l’aria dove fino ad un momento prima si trovavano le ali della creatura, mancando il bersaglio; veloce come il lampo, quella si scansò, decidendo di aver bisogno di uno scudo.
<< Kirito! >>
Con un balzo, nonostante sentisse le gambe rigide e i muscoli paralizzati, Zaite si scagliò contro l’abominio, trattenendolo a peso morto perché non raggiungesse suo figlio.
<< Scappa! >>
<< Da parte, signor padre: questo piccolo non vuole certo rimanere orfano proprio adesso! >>
Il baculus si levò ancora e ancora contro la donna alata, riuscendo finalmente a spezzare una delle due ali: subito dopo, si abbattè anche sull’altra, infrangendola.
Zaite non si mosse.
<< Ora, Kirito, mi serve il tuo aiuto >>, sussurrò l’arcivescovo.
 
Due settimane prima, parco pubblico del Settimo Distretto
 
Il tronco cavo stava diventando sempre più umido e stretto, per il bambino; il muschio gli solleticava la schiena e un gruppo di chiocciole aveva deciso di riposare sulle sue scarpe.
Kirito osservò le tre lumachine ritirarsi lentamente nel guscio, avendo cura di rimanere vicine: mamma, papà, una chiocciolina più piccola.
Insieme.
Appena l’ultimo dei cornini sparì, Kirito sollevò i tre gusci e li separò, senza sapere bene a che cosa stesse paragonando la famiglia di invertebrati: proprio mentre si chiedeva se fosse giusto lasciare la chiocciolina-mamma integra, una testa bionda comparve all’improvviso di fronte all’imboccatura del tronco, dentro al quale subito si fece buio.
<< Sei per caso uno gnomo, piccoletto? >>
Spaventato, il bambino appiccicò la chiocciola al naso dello sconosciuto dall’aria poco raccomandabile, e si appiattì contro la corteccia dell’albero, serrando gli occhi.
<< Ugh. Da quanto tempo devi essere qui dentro, per essere diventato una specie di nido per lumaconi?! Forza, ti porto alla chiesa... Come se avessimo bisogno di altri trovatelli... >>
La gente bisbigliava al passaggio di quel gigante con un bambino che si divincolava sulle spalle larghe e forti: che si fosse trattato di un rapimento...?
<< Vorrei proprio sapere chi ti ha abbandonato lì, saprei proprio cosa fargli... >>, continuava a borbottare intanto l’uomo vestito di bianco. Kirito trovava buffo il cappello quadrato che aveva in testa, ma a quelle parole smise di pensare a dove aveva già visto un copricapo simile:
<< Tu non farai niente al mio papà! >>
Spalancando due grandi occhi verdi, il bambino si divincolò con ancor maggiore energia, iniziando tuttavia a piangere silenziosamente.
<< Ah, quindi è stato lui ad abbandonarti. >>
Ab-ban-do-nar-ti.
Piangendo, il piccolo capì finalmente che cosa aveva intuito in modo vago mentre aspettava, solo, chiuso nel tronco cavo, il ritorno del suo papà.
<< Ascolta, piccola peste... Ti prometto che troveremo tuo padre e che non appena capiremo le sue ragioni, decideremo cosa farne di lui. Secondo me, dovrebbe semplicemente... >>
Un’anziana seduta su una panchina sollevò l’ombrello e lo ruppe in testa al vescovo, lasciando cadere il sacchetto di briciole per i piccioni:
<< Pronunciare parole del genere di fronte ad un bambino! Si vergogni, screanzato! >>
Qualche minuto dopo, la strana coppia faceva il suo ingresso teatrale all’interno della più grande chiesa dell’Impero: altri due uomini biancovestiti apparvero al bambino, che aveva smesso di scalciare e tirare pugni al suo “salvatore” dopo aver considerato che cadere da quell’altezza non sarebbe stato indolore... E aveva semplicemente continuato a piangere, così che il suo visetto era l’immagine della disperazione.
<< Ohi, vi ho portato un regal-... >>
<< F-r-a-u... >>
Perché l’aria assassina di Castor non piaceva per niente al biondo vescovo?
 
<< Ah, allora è questo che è successo. Tieni, ecco un po’ di infuso floreale: ho appena reso la ricetta ancora più dolce>>, sorrise il vescovo dai capelli chiari che si era subito guadagnato la simpatia di Kirito.
<< Quando troverete papà? >>, domandò però il piccolo, senza toccare il bicchiere.
<< Stasera Jio-sama, Castor-san e io lo cercheremo in ogni parte del Settimo Distretto, puoi contarci, Kirito-kun: nel frattempo, resterai qui con la persona che ti ha portato via dal parco... >>
Una smorfia di disappunto adombrò il viso del piccolo, ma la dolcissima bevanda lo rimise presto di buonumore, forse perché i fiori con cui era stata distillata lo inducevano a pensare al futuro in modo positivo e sereno.
 
<< Coooosa?! Devo fare il babysitter? >>
<< L’hai portato tu qui, non trovi giusto essere tu ad occupartene? Noi andiamo, abbi cura di quello scricciolo... O te la vedrai con me. >>
E con “me” Castor-san intendeva Fest, le sue inquietanti bambole e il baculus, simbolo del potere spirituale, arma infallibile contro i Kor e infine comoda mazza con cui bastonare un certo vescovo biondo...
Sbattendogli la porta principale sul naso, Quattrocchi lasciò Frau con Kirito, che ancora diffidava di quell’uomo grande e grosso dall’aria decisamente poco religiosa.
<< Allora, davvero non vuoi uscire di qui a cercare tuo padre? >>
Kirito, sorpreso, guardò da sotto in su il vescovo:
<< Sei un pulcino, ancora, non saresti di nessuna utilità così come sei, vero?>>
Il bimbo strinse i pugni, arrabbiato: cosa ne sapeva della sua forza quel bestione? Era stato lui, forse, a vedere la mamma morire a poco a poco? Era stato lui a dover lavorare per ore ed ore, continuamente, senza un attimo per giocare? Era stato lui a vedersi sottrarre la misera paga innumerevoli volte, perché i ragazzini più agili e veloci di lui lo prendevano di mira, lui, il più debole di tutti?
Era vero.
Era piccolo, goffo, non aveva forza fisica né muscoli per affrontare quel mondo crudele, che gettava sulle sue spalle gracili quel fardello, ma... Grazie a suo padre, aveva imparato che, anche essendo quel “pulcino” esteriormente, interiormente poteva diventare un’aquila, con artigli per difendersi dalla sofferenza e dai maltrattamenti, perché era importante per lui vivere a testa alta e credere in se stesso...
<< Sai cos’è lo Zaiphon, piccoletto? >>
Ancora, Kirito guardò sorpreso il gigante biondo, non capendo il nesso tra le due domande.
<< Beh, se vuoi, posso provare ad insegnarti qualcosa che ti potrebbe tornare utile... >>
 
All’incirca una settimana e mezzo dopo la prima lezione sull’uso dello “Zaiphon”, dell’energia vitale che permeava le cose e poteva essere manipolata per agire sulla realtà, Kirito produsse una nuvoletta morbida e calda, che subito gli sfuggì dalle dita ma lo lasciò al colmo della gioia:
<< Ci sono riuscito! >>, esclamò infatti, gettandosi senza rendersene conto tra le braccia di Frau.
<< Ugh, hai uno Zaiphon di tipo curativo... Domani proverò a convincere Jio-sama a prenderti con sè per la ricerca >>, disse il vescovo biondo, riflettendo.
“Quei due di sicuro hanno molte più probabilità di trovare l’uomo che cerchiamo, perciò Kirito sarà molto più al sicuro con il vecchio... Quattr’occhi e Lab la pensano come me, i Kor sentiranno il profumo dell’anima di Zaite e presto o tardi lo troveranno”.
Guardò benevolmente gli esperimenti con lo Zaiphon del piccolo e sorrise.
“Se fosse stato del tipo combattivo, lo avrei anche lasciato con Labrador, ma stando così le cose sarà meglio per lui incontrare il padre qui in chiesa, dopo che quei due l’avranno riportato indietro sano e salvo”.
<< Mi spiace, piccolo >>, disse ad alta voce, lasciandolo ad esercitarsi.
Come siano andate le cose, già lo sappiamo: e i piani di Frau per tenere giovani ragazzi lontano dai guai, anche questo si sa, non andranno granchè migliorando...

Settimo Distretto, Arcidiocesi di Barsburg. Precisamente, camera del vescovo Frau...
 
<< ...Perchè c’è un intruso nella mia stanza?! >>
<< Ssst, Frau, lo sveglierai! >>
<< Come se m’importasse farlo scendere dal MIO letto! >>
<< Castor-san, i bernoccoli crescono davvero così rapidamente? >>
Zaite, lentamente, aprì gli occhi: incrociando lo sguardo lillà di un sorridente chierico, li richiuse, immaginando di avere un’allucinazione.
<< Il mio nome è Labrador >>, disse la visione dagli occhi viola, non appena Zaite sbirciò di nuovo da sotto le palpebre.
<< Io invece sono Castor >>, si presentò un secondo vescovo, aggiustandosi gli occhiali sul naso.
<< L’arcivescovo Jio non è potuto restare per assistere al risveglio, ma c’è qualcun altro che lo stava aspettando da giorni, non è così, Kirito? >>
E mentre padre e figlio si abbracciavano teneramente, il biondo vescovo inveiva contro gli altri due per non avergli dato il tempo di presentarsi  e Jio-sama celebrava il rito, una donna bellissima donava i propri gioielli ai poveri, passeggiando tranquilla per le strade della città, canticchiando un motivo dolce e rasserenante: iniziava a espiare le sue colpe, senza più nascondersi né cercare la via più facile...
 
Possa Dio camminare al tuo fianco.
   
 
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