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Autore: Comyx    09/06/2015    1 recensioni
Primavera del 2015. In diverse città, alcune persone scelte dal caso ricevono una misteriosa ed inquietante lettera di invito, ritrovandosi coinvolti contro la propria volontà in un survival game di portata globale. Chi riuscirà a rimanere lucido, di fronte ad un simile stravolgimento rispetto alla precedente vita quotidiana, e a mettere da parte la compassione, per cercare di uscirne vincitore? E chi riuscirà a scoprire chi si cela dietro a questo misterioso gioco, per tentare di fuggirne?
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Londra


Una goccia di sudore inizò lentamente a discendere dalla fronte di Edward Grant. Parò una ginocchiata e, subito dopo, si abbassò per schivare con destrezza il gancio sinistro che la seguì. L'uomo fece un passo indietro con rapidità e si mise in posizione di guardia.
"Non male, stai migliorando a vista d'occhio."
Disse, rivolgendosi all'avversario, che era ora chino, con le mani appoggiate sulle ginocchia ed il respiro affannato. Con la voce a tradirne la stanchezza, questi rispose:
"Sarà... Ma..."
Tacque per un breve istante e si asciugò con il dorso della mano il sudore dal volto.
"Ancora non riesco a capire... Come fai a non avere... Nemmeno un po' di fiatone..."
Concluse, interrompendosi talvolta per prendere fiato. Edward sorrise e si avvicinò a uno degli angoli del ring su cui i due si trovavano. Afferrò un asciugamano blu che era appoggiato alla terza corda e lo lanciò al ragazzo esausto a qualche metro da lui, che lo prese al volo.
"Settimane di corse, in salita, con zaini pesantissimi... Come minimo, dovrei ringraziare quegli addestramenti per la resistenza che ho guadagnato, direi."
Disse Edward, mentre si passava l'asciugamano sui capelli.
"Bene, un altro round? Che ne dici?"
Chiese al ragazzo, che si chiamava Thomas ed era uno studente universitario iscrittosi da qualche mese al suo corso.
"Mi dispiace, ma passo. Come sparring partner sei decisamente più impegnativo di Rob e preferirei non crollare dalla stanchezza durante l'uscita di stasera."
Rob era un altro dei partecipanti al corso di difesa personale tenuto da Edward, iscrittosi un paio di settimane prima di Thomas. 
Edward annuì, scavalcò le corde del ring e si diresse verso i macchinari da palestra sparpagliati in tutta la stanza attorno al ring, per eseguire il consueto controllo prima di chiudere la sala, mentre Thomas si dirigeva alla volta degli spogliatoi. Verificato che tutto fosse in ordine, Edward spense le luci della sala principale della palestra e si incamminò a sua volta verso lo spogliatoio. Pochi minuti dopo era sotto il rilassante getto d'acqua tiepida di una doccia, mentre si insaponava i capelli. Salutò con un cenno Thomas, che si era ormai asciugato e si accingeva ad andarsene dalla palestra, e terminò di lavarsi, dopodiché si infilò l'accappatoio bianco che aveva appeso poco distante e si sedette su una panca di legno nello spogliatoio, pensieroso.
Edward Grant, 28 anni, era un ex-militare. Qualche anno prima, era stato tra i pochi a superare il durissimo addestramento per entrare a far parte del corpo speciale SAS, corpo in cui era rimasto solo per alcuni mesi, a causa di diverbi. Di ritorno nel mondo civile, gli fu difficile riuscire ad immaginare un suo eventuale futuro da impiegato, seduto ad una scrivania per ore a compilare pratiche, ma fu fortunato.
Un suo vecchio amico, che conosceva dai tempi delle scuole superiori, riconobbe Edward mentre si allenava in palestra per mantenere il fisico tonico derivato dalla rigorosa carriera militare. Dalle quattro chiacchiere in sala pesi si arrivò ad una birra insieme per ricordare i vecchi tempi, e da lì si arrivò al'argomento lavoro. Pochi giorni dopo Edward era impegnato con un corso da istruttore per poter iniziare a lavorare nella palestra dove il suo vecchio compagno di classe era ora un personal trainer e, sei mesi dopo, certificato alla mano, potè iniziare a sfruttare le conoscenze raccolte negli anni passati nell'esercito, organizzando nella palestra un corso di difesa personale che riscosse in breve un discreto successo.
Seduto sulla panca, Edward stava pensando a qualche modo per incrementare la difficoltà del corso. Quasi tutti i partecipanti, esclusi alcuni iscrittisi poche settimane prima, avevano raggiunto un discreto livello sia nelle tecniche base che in quelle avanzate, ed Edward si stava chiedendo se fosse il caso di proporre qualche tecnica più complessa da usare caso di aggressione armata, da testare con un'arma finta, ovviamente.
Il suo corso era il solo a proseguire, talvolta, per un paio di ore rispetto al normale orario di chiusura della palestra, nel caso in cui qualcuno richiedesse lezioni individuali su specifiche tecniche o, come era accaduto qualche decina di minuti prima con Thomas, nel caso in cui un allievo volesse sfruttare il proprio istruttore per avere uno sparring partner di alto livello.
Edward decise che avrebbe valutato eventuali idee relative al corso nel relax di casa propra, davanti a un'ottima bistecca, possibilmente.
Si alzò in piedi, si strofinò brevemente il corpo che, grazie all'accappatoio, si era in parte asciugato durante i minuti di riflessione, poi posò l'accappatoio accanto al proprio borsone da palestra. Si diresse verso la parete che aveva davanti a sé ed afferrò un asciugacapelli appoggiato su un ripiano di legno, installato all'altezza del bordo inferiore del grande specchio che occupava la maggior parte del muro. Trovò dopo un istante la presa di corrente più vicina ed accese l'asciugacapelli. Si passò una mano tra i corti capelli castani, tagliati in uno stile che ricordava quello dei militari, in modo da favorire di gran lunga l'efficienza rispetto alla vanità. In breve tempo, l'asciugacapelli terminò il proprio compito.
L'ex SAS passò una mano sullo specchio, appannato ai bordi, e si fissò per un momento.
"Hmm, devo assolutamente radermi, domani mattina"
Pensò, notando sul mento e sulle guance un'accenno di peluria che rovinava i contorni ben delineati della sua corta barba. I suoi occhi color acquamarina si posarono per un momento sulla sottile linea bianca e frastagliata, lunga qualche centimetro, che partiva dal suo sterno per finire poco sotto il suo capezzolo destro. Quella cicatrice, pessimo ricordo di un'imprudenza commessa durante gli addestramenti degli SAS sulle tecniche di sopravvivenza, era la sola cosa a stonare in maniera particolare rispetto al suo corpo, che era tonico e muscoloso, senza essere però eccessivamente robusto. Il rigore dei numerosi addestramenti militari gli aveva fruttato un buon fisico, che ora era determinato a mantenere aiutandosi con il ruolo attivo svolto durante il proprio corso e con i macchinari della sala pesi.
Edward terminò di asciugarsi, posò l'asciugacapelli e si rivestì. Finì di abbottonare il suo caban di colore grigio scuro e, dato che negli ultimi giorni una perturbazione aveva abbassato le temperature, portando su Londra dei poco gradevoli venti freddi, si avvolse una sciarpa attorno al collo.
Controllò un ultima volta la palestra in maniera rapida, dopodiché spense il quadro centrale delle luci ed uscì, chiudendo a chiave la palestra e tirando giù la saracinesca, curiosamente del tutto priva di graffiti. Poi si incamminò verso la stazione della metropolitana, pronto all'usuale viaggio che lo portava dalla palestra al suo appartamento. Entrò nella stazione di Charing Cross, cambiò linea ad Oxford Circus e, dopo qualche fermata, scese infine a Queensway.
Il sole era ormai tramontato ed Edward, uscendo dalla stazione, rimase per un breve istante fermo a fissare il profilo degli alberi poco distanti dei Kensington Gardens. Per un breve, brevissimo istante, gli parve di notare, anzi, di percepire per mezzo dell'istinto, che qualcosa era fuori posto. Diede una rapida occhiata attorno a sé, in cerca di qualcosa o qualcuno, ma non vide nulla. Decise che la stanchezza gli aveva giocato un brutto scherzo, probabilmente. Dopodiché, si incamminò in direzione del proprio appartamento.
L'uomo viveva non molto distante dalla stazione della metro, in un accogliente trilocale che era riuscito ad accaparrarsi ad un ottimo prezzo dopo numerose ricerche. Grazie ai soldi che aveva risparmiato fin da ragazzino, al suo stipendio tutto sommato discreto - grazie anche ai numerosi iscritti che gli chiedevano qualche lezione aggiuntiva individuale, permettendogli di arrotondare – e al suo stile di vita privo di particolari eccessi, riusciva a permettersi l'affitto e le altre spese mensili senza particolari problemi.
L'ex-militare salì le scale fino al secondo piano, al quale si trovava il suo appartamento, ed entrò. Non appena mise piede nel piccolo ingresso, che si affacciava sul soggiorno, sentì un rumore strano, simile a quello di un foglio di carta che viene stropicciato. Perplesso, Edward si guardò intorno senza notare nulla, fino a quando non volse lo sguardo al pavimento, accorgendosi che aveva inavvertitamente calpestato qualcosa. Quel qualcosa era una busta da lettere, un tempo completamente bianca, che ora presentava alcuni segni grigi nel punto in cui la punta della scarpa dell'uomo l'aveva calpestata. L'istruttore raccolse da terra la busta, che gli parve subito curiosamente pesante, e si chiese cosa fosse. Era stata sigillata con ceralacca di colore rosso scuro e, osservando con maggiore attenzione, Edward notò che recava la scritta 'VIII'. Si ricordò quasi subito che era il numero 8 indicato con la numerazione romana.
"Nessun mittente... E il sigillo è piuttosto curioso..."
Mormorò l'uomo, mentre sollevava la busta in modo da poterla osservare in controluce, cercando di intuirne il contenuto. Scorse immediatamente quello che pareva un normale foglio di carta e notò anche che in fondo alla busta era stato posto un oggetto piuttosto sottile, che gli ricordava uno smartphone o qualcosa di simile. Si grattò la nuca, pensieroso, e decise infine di portare la busta in camera propria per esaminarla successivamente.
L'uomo si cambiò, indossando gli abiti che metteva normalmente quando si trovava in casa, ed andò in cucina. Non appena si avvicinò al frigorifero, notò un post-it giallo che lo fece subito sorridere. Lo staccò dallo sportello e lo lesse.
'Sono riuscita a staccare da lavoro prima e ho deciso di farti trovare una sorpresa per cena, goditela. Amber'
Edward aprì il frigorifero ed immediatamente individuò la sorpresa: una torta ricoperta di granella di nocciola, dall'aria deliziosa. Provò un moto di affetto per la propria donna e decise immediatamente che quel dolce valeva, senza ombra di dubbio, qualche serie di esercizi in più. La tirò fuori dal frigo e la posò sul tavolo, dopodiché afferrò della carne, avvolta in un foglio bianco sul ripiano sottostante, e la mise accanto al piano cottura insieme ad una melanzana. Accese la televisione in soggiorno per ascoltare il telegiornale in sottofondo e si mise a cucinare.
Svariati minuti dopo, l'uomo finì di mangiare il piatto che aveva preparato e si apprestò a tagliare la torta. Pensò ad Amber.
Ormai stavano insieme da quasi un anno e, anche se avevano deciso di non affrettare le cose, rimandando un'eventuale convivenza, Edward aveva deciso di lasciarle una copia delle chiavi di casa. Apprezzava particolarmente le improvvisate di lei.
Amber Graham aveva tre anni meno di lui e lavorava come aiuto segretaria in uno studio legale. Si erano incontrati per puro caso nel centro in cui Edward aveva seguito il corso da istruttore, mentre lei si trovava lì per ritirare dei documenti. L'ex-SAS aveva urtato la segretaria in un momento di distrazione, mentre camminava sovrappensiero in un corridoio durante la pausa pranzo, e l'aveva subito aiutata a raccogliere il plico di fogli che si era sparso sul pavimento. Porgendole i documenti, si accorse di quanto fosse bella quella donna minuta con i capelli castani dalle lievi sfumature ramate e decise che certi nemici andavano affrontati con impeto ed audacia: la invitò immediatamente a prendere un caffè per sdebitarsi dell'incidente.
Tre settimane di uscite dopo il militare dei corpi speciali e la aiuto-segretaria si erano messi insieme.
Edward divorò con gusto la torta, che era senza dubbio il cavallo di battaglia culinario di Amber, posò piatti e posate nel lavello e si diresse in soggiorno, pronto a rilassarsi con un bel film o una serie TV, quando improvvisamente rammentò la prima cosa che gli era successa quando era tornato a casa quella sera. Cambiando idea, spense la televisione ed andò in camera sua. Aprì la busta con cautela, pronto a gettarla a terra ed allontanarsene in caso di necessità, ma non successe nulla. L'uomo constatò che la busta conteneva davvero un foglio e uno smartphone, ma, nell'esaminare la busta prima di cena, non aveva notato il terzo oggetto, ovvero una carta da gioco. I bordi erano neri e dorati, con un 'VIII' scritto in due angoli e la scritta 'Justice' in basso; il centro della carta era occupato dall'illustrazione di una donna bendata, seduta, che reggeva tra le mani una bilancia ed una spada.
"Ma cosa...? Un tarocco, o qualcosa di simile...?"
Pensò Edward, perplesso.
Esaminò lo smartphone e, non notando nulla di inusuale, oltre al fattto che non gli sembrasse un modello disponibile sul mercato, decise di premere il tasto di accensione. Nessun logo riconducibile a una grande marca produttrice di telefoni comparve sul display e, al posto della canonica schermata di richiesta del codice della SIM, sullo schermo campeggiava la scritta '19/22' in grandi caratteri bianchi. Ancora più perplesso, l'istruttore decise di controllare il primo oggetto che aveva tirato fuori dalla busta, ovvero il foglio di carta. Era un invito, seguito da un regolamento, e la lettura gli provocò una vaga sensazione di inquietudine, lontanamente simile a ciò che aveva provato subito dopo l'uscita dalla stazione di Queensway.
Comprese, non appena decise di rileggere la parte della lettera relativa al regolamento, cos'era la scritta sullo smartphone: ancora tre persone dovevano aprire la busta che avevano ricevuto, ed il gioco avrebbe avuto inizio.
Comprese, inoltre, nonostante gli sforzi del suo raziocinio di classificare tutto ciò come uno scherzo ben ordito, che quell'invito era dannatamente reale. Gettò la lettera sul letto e si diresse a passo deciso in soggiorno, verso la porta-finestra che dava sulla strada sottostante. Scostò appena una delle lamelle della veneziana e notò immediatamente l'Audi Q7 nera parcheggiata tra le altre auto, un'auto che mai aveva notato parcheggiata su quella via.
Appoggiato alla portiera, un uomo dal volto avvolto dalla penombra, con solo i contorni della bocca vagamente illuminati da una sigaretta quasi finita, era appoggiato alla portiera anteriore. Finì di fumare, gettò il mozzicone a terra e lo calpestò, poi fece per salire sul veicolo, quando d'un tratto si immobilizzò. Si voltò verso l'edificio in cui viveva l'istruttore e guardò in quella direzione per un istante, dopodiché salì in macchina e partì.
Ad Edward Grant parve quasi di vedere sul suo volto un accenno di sorriso, durante quel breve istante, ma non ne poteva essere sicuro a causa della distanza e della poca illuminazione. Quello di cui era assolutamente certo, tuttavia, era che quell'uomo si fosse voltato per fissare proprio lui.

   
 
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