Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
Ricorda la storia  |      
Autore: Frida Rush    09/06/2015    3 recensioni
"Petra, Aruo, Erd e Gunther.
Erano tutti quanti lì che li guardavano con un'espressione serena e sorridente sul volto.
Petra allungò il braccio verso Eren e chiamò il suo nome. Egli non riuscì a fare a meno di avvicinarsi al capitano in modo da trovarsi di fianco a lui. Sembrava che non si fosse nemmeno accorto della sua presenza, anche perché aveva ancora la testa bassa e una mano a coprirsi gli occhi.
- Eren - lo chiamò di nuovo Petra attirando la sua attenzione.
- Eren, ti prego - continuarono lentamente gli altri compagni, sempre con quel sorriso sul volto.
- Cosa volete? - domandò alla fine il ragazzo. Levi non aveva ancora mosso un muscolo.
- Prenditi cura del nostro capitano - la ragazza sorrise di più e si strinse ai suoi amici che lo guardarono incoraggianti e imploranti."
Eren x Levi
ATTENZIONE: spoiler dell'anime e del film incentrato su Levi 'Choice with no regrets'
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Eren, Jaeger
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Eccomi qui, dopo pochissimo tempo, a rompervi le scatole con questa nuova Ereri che mi ha prosciugato le forze per quanto impegno ci ho messo! Non voglio dilungarmi molto, sperando che l’intro vi abbia abbastanza incuriositi, perciò dico solo che tengo molto a questa ff perché analizza il personaggio di Levi che a mio parere è molto più complicato di quello che sembra.
Detto ciò, ovviamente siete liberissimi di lasciare qualsiasi tipo di commento, accetto critiche /costruttive/, consigli di qualsiasi genere, sia sullo stile sia sul contesto o su dettagli che secondo voi dovrei modificare o eliminare o aggiungere. Ripeto che tengo molto a migliorare quindi non fatevi problemi!
Grazie in anticipo a chiunque leggerà, ci vediamo alla prossima ff <3
 
 
 
 
 
Il buio era talmente fitto che Eren non riusciva a vedere assolutamente nulla. Avanzando a tentoni qualche passo, con la mano tesai, cercò di capire dove si trovasse e ben presto un minuscolo spiraglio di luce comparve dal nulla davanti a sé. Il soldato si coprì gli occhi con il braccio per cercare di abituarsi lentamente e quando la luce non lo infastidiva più si decise ad abbassare l'arto per guardare. 
Vide un uomo girato di spalle, con lo sguardo rivolto verso il basso, come se stesse meditando su qualcosa di tremendamente triste. Dai capelli neri e dalla corporatura, Eren comprese ben presto che si trattava del capitano Levi. 
Cosa ci facevano lì? Cos'era quel posto? 
Ma non ebbe nemmeno il tempo di iniziare a lavorare su una risposta che la luce si intensificò davanti al capitano, che si trovava a qualche metro di fronte a lui. 
Delle sagome iniziarono a prendere forma in quella grande luce abbagliante e Levi ebbe un fremito, portandosi la mano alla bocca. Questo perché le sagome comparse erano quelle della sua squadra, tutti i suoi compagni che avevano dato la vita durante lo scontro con il titano femmina, Petra, Aruo, Erd e Gunther. 
Erano tutti quanti lì che li guardavano con un'espressione serena e sorridente sul volto.
Petra allungò il braccio verso Eren e chiamò il suo nome. Egli non riuscì a fare a meno di avvicinarsi al capitano in modo da trovarsi di fianco a lui. Sembrava che non si fosse nemmeno accorto della sua presenza, anche perché aveva ancora la testa bassa e una mano a coprirsi gli occhi.
- Eren - lo chiamò di nuovo Petra attirando la sua attenzione. 
- Eren, ti prego - continuarono lentamente gli altri compagni, sempre con quel sorriso sul volto. 
- Cosa volete? - domandò alla fine il ragazzo. Levi non aveva ancora mosso un muscolo. 
- Prenditi cura del nostro capitano - la ragazza sorrise di più e si strinse ai suoi amici che lo guardarono incoraggianti e imploranti. 
Eren a quel punto prese istintivamente la mano di Levi destandolo dal suo stato di semi coscienza in cui era caduto e, senza esitare, lo trascinò via senza dargli il tempo di chiedere nulla. L'altro non oppose resistenza, solo si voltò un secondo per dare un ultimo sguardo alla sua squadra, mentre scompariva nella luce, guidato dal giovane.

 
 
Eren si svegliò aprendo gli occhi di scatto e restando sdraiato sul letto. Aveva fatto uno dei sogni più strani della sua vita, strano sì, ma non privo di significato. Si passò una mano sulla fronte, scompigliandosi i capelli che vi erano ricaduti realizzando che si trovava nella sua camera assieme ad Armin. Certo, dopo gli avvenimenti recenti che riguardavano Annie la situazione sembrava essersi ristabilizzata un pochino. Ci si stava mettendo all’opera per far fronte ai danni nelle città e i vari soldati, compreso lui ed i suoi amici, erano stati raggruppati in uno dei tanti edifici adibiti all’addestramento militare, in modo da continuare ad esercitarsi per far fronte ad eventuali successive minacce. I dormitori erano ovviamente suddivisi per sesso e grado, infatti Eren e i suoi compagni che erano entrati da poco a far parte della legione, erano stati sistemati in varie stanze tutte unite, in coppia, mentre i superiori come il capitano Levi, Erwin ed Hanji avevano un’ala a parte dell’edificio, distaccata dalla zona dei soldati semplici. Una buona disposizione per tutti. Per ora si concentravano su esercitazioni varie, perfezionamenti delle tecniche di combattimento, esercizi di potenziamento e della manovra tridimensionale, poi Hanji e i suoi collaboratori si dedicavano una o due volte a settimana alle trasformazioni di Eren per cercare di ottenere ulteriori informazioni dal momento che Annie non era in condizioni di parlare.
Eren scese dal letto cercando di abituarsi al buio della stanza e, senza fare rumore, indossò l’equipaggiamento per il movimento tridimensionale, aprì la finestra e si lanciò: aveva bisogno di prendere un po’ d’aria.
Salì sul tetto dell’edificio in cui si trovava, fermandosi lì per qualche momento e prendendo qualche respiro profondo perché l’atmosfera della camera era abbastanza soffocante. Guardò il cielo sopra di sé vedendo che quella era una notte stellata, ma non potè soffermarsi molto su quel particolare perchè si era accorto che qualcuno era salito sul tetto dell’ala poco distante dalla sua. La figura si guardò intorno con fare sospettoso e, anche se il giovane non poteva vederlo in faccia, riconobbe subito Levi. La scena gli diede un fastidioso senso di deja – vu, ma lo scacciò via subito dopo aver visto il suo superiore accendere il gas ed iniziare a muoversi. Chissà se avevano avuto entrambi la stessa idea di uscire nello stesso momento, era una coincidenza piuttosto bizzarra, ma decise di coglierla al volo iniziandolo a seguire a distanza e silenziosamente. Levi si muoveva con la solita grazia, sforzando tutti i muscoli del corpo per avere più facilità nel movimento, sfruttando la gravità e facendo piroette atterrando poi sui tetti con grande maestria, come se volesse dare sfoggiò delle sue abilità, ma c’era una cosa che Eren aveva notato da quando il capitano aveva iniziato a muoversi e cioè che c’era qualcosa che non andava con la sua gamba sinistra poiché sembrava che la sforzasse più del dovuto e quando si trovava nelle condizioni di correre zoppicava anche abbastanza vistosamente. Stando a contatto con lui e i suoi compagni esperti durante l’ultima spedizione aveva imparato a prestare più attenzione ai dettagli che in certi casi potevano rivelarsi di vitale importanza e questa dote si era acuita fino a fargli notare quel problema fisico nel capitano, tanto che non gli sfuggì nemmeno lo strano e leggero tremolio che gli scuoteva il corpo, soprattutto le spalle e le braccia. Evidentemente doveva essersi ferito in modo piuttosto serio se zoppicava in quel modo. Come mai non l’aveva notato prima? Sicuramente non se n’era accorto per il semplice fatto che l’uomo era abituato a nascondere le proprie emozioni e un sentimento banale come il dolore fisico era semplice da non mostrare in presenza d’altri.
La situazione mutò non appena vide quel piede storcersi mentre atterrava su un tetto e gli si mozzò il fiato quando vide il superiore ruzzolare a terra, cadendo da un’altezza notevole.
-Capitano!- gli scappò l’esclamazione poco prima di lanciarsi per soccorrerlo. Lo trovò disteso sulla strada umida, con il mantello stropicciato e il viso sciupato mentre tentava già di rialzarsi. Levi si era accorto di lui quando aveva urlato e così alzò lo sguardo per incrociare il suo.
-Che fai, moccioso, mi segui?- chiese con tono quasi scocciato ed il giovane sussultò. Beh, quella poteva sembrare la verità, ma tentò di spiegare.
-No signore, non riuscivo a dormire così sono uscito e l’ho vista… la prego di non fraintendermi!-
-Non ho insinuato nulla- rispose il capitano, tentando a stento di rimettersi in piedi, impedito fortemente dalla gamba malandata che glielo impedì diverse volte, facendolo scivolare nonostante si stesse aggrappando al muro. Eren si tenne in disparte, ben sapendo dell’orgoglio dell’uomo, ma quando al terzo tentativo lo vide cadere non riuscì a trattenersi.
-Lasci che le dia una mano a rimettersi in piedi- si offrì, ma quello lo scacciò.
-Eren, grazie del pensiero, ma non ho bisogno di nessun aiuto- detto ciò fece un ultimo sforzo e si resse sulle proprie gambe, azionando i cavi per salire nuovamente sul tetto da cui era scivolato ed il ragazzo lo seguì, mettendosi accanto a lui e scrutandolo in volto. Sembrava stanco, il capitano, con il viso smagrito e pallido, gli aloni neri sotto gli occhi leggermente più marcati del solito, sicuramente causati dalla mancanza di sonno.
-Mi stai fissando- affermò con calma Levi, distogliendolo dalle sue riflessioni. Gli guardò la caviglia.
-La sua gamba mi preoccupa, ad essere sincero, signore- non si fece problemi ad esprimere il suo pensiero e l’altro sembrò apprezzare la cosa anche se gli rispose di malo modo.
-Non ho chiesto la tua opinione, ragazzino- gli lanciò uno sguardo veloce e si incamminò lentamente verso la fine del tetto non riuscendo a non zoppicare un po’, tanto che l’altro lo seguì.
-Non voglio essere insistente o mancarle di rispetto, capitano, ma è ridotta piuttosto male-
Levi si scurì in volto a quell’affermazione detta con molta calma e girò il viso per poter incrociare i suoi occhi.
-Se me lo permette l’aiuterò a tornare in camera, così potrà…- non riuscì a finire la frase a causa dello sguardo irato che gli lanciò il capitano. Evidentemente stava osando troppo.
-Per l’ultima volta, Eren, non ho bisogno di aiuto!- stavolta il suo tono era minaccioso ed autoritario, quasi intimidatorio, e dopo aver detto quella frase continuò sforzandosi di non mostrare l’acuto dolore che stava provando, dolore che gli si dipinse in volto pochi passi dopo, facendolo bloccare e gemere sonoramente. A quel punto il castano non riuscì più a trattenersi e gli andò vicino, guardandolo quasi con aria di sfida.
 
Fu dura, ma alla fine l’aveva convinto a lasciarsi aiutare, poiché aveva capito che era una questione di non perdere la faccia di fronte ad un cadetto, ma in fondo ad Eren non importava. In realtà non sapeva nemmeno perché stava facendo tutto quello, forse per l’ammirazione che provava per il capitano, forse per la voglia di rendersi utile, forse per il sogno che aveva fatto…
Con l’uomo caricato sulle spalle che gli si aggrappava al corpo, Eren usava la manovra tridimensionale con difficoltà a causa del suo peso, ma resistette fino a quando non si trovò sul tetto proprio sopra alla camera del capitano. Spalancò la finestra e si precipitò al suo interno, osservando l’ordine e la pulizia maniacale che regnavano lì dentro, segni particolari del moro. C’era un ampio letto che era stato sistemato dal capitano prima di uscire per la passeggiata notturna, una libreria, un bagno e un piccolo angolo cucina, cosa concessa soltanto ai superiori. La stanza era spaziosa nonostante tutto.
Levi scese dalle spalle del soldato, reggendosi alla parete, cercando di non mostrare l’imbarazzo che stava provando. Diamine, proprio in quel momento la gamba doveva cedergli? Si sentiva amareggiato e deluso da se stesso, ferito quasi nell’orgoglio dall’essere stato aiutato da Eren, nonostante fosse consapevole che non c’era nulla di male nel ricevere aiuto. Si guardarono per un secondo e il più basso assunse nuovamente un tono autoritario.
-Ora tornatene in camera, moccioso, hai già fatto troppo-
Quello sembrò sorpreso, ma non si lasciò prendere dal panico.
-Io… io vorrei… lasci che le guardi un momento la gamba, capitano…-
A quel punto Levi sembrò perdere la pazienza. Va bene la sfrontatezza, va bene l’aiuto ma quello era troppo per lui. Lo guardò furente.
-Non hai sentito?! Ti sto ordinando di tornare nella tua camera, Jeager, non farmi incazzare!-
Eren restò un momento indeciso sul da farsi. Era davvero preoccupato per il suo capitano, la sua era una preoccupazione assolutamente genuina e giusta anche vedendo lo stato pietoso del suo viso, ma allo stesso tempo lo vedeva contorto dall’ira e dalla stanchezza. Stava imparando ad eseguire gli ordini in battaglia, durante le esercitazioni no faceva domande, cercava di capire da solo le varie situazioni che gli si paravano davanti, ma quello era un caso a parte perché in quel momento non era Eren il soldato, ma semplicemente Eren, il ragazzo sfrontato e senza peli sulla lingua, che si faceva valere, che parlava e che urlava se non veniva ascoltato, e quello che aveva davanti non era il capitano Levi, ma solo Levi, un uomo ferito sia fisicamente che moralmente e non certo per il fatto di essersi lasciato aiutare da lui, così decise di essere semplicemente se stesso. Serrò i pugni e i suoi occhi brillarono, puntati in quelli piccoli e grigi del moro.
-No, mi ascolti lei adesso!- tuonò –E’ ferito, ha un palese bisogno di aiuto ma non lo chiede per il suo stupido orgoglio, qual è il suo cazzo di problema? Lo so, probabilmente non dovrei prendermi certe libertà con lei, ma è più forte di me. Non riesco a guardarla stare male senza fare niente, voglio davvero rendermi utile e che le piaccia o no adesso mi lascerà controllare quella dannata gamba. Non sono un infermiere ma me la so cavare con i kit di pronto soccorso!- fece questo discorso senza rompere il contatto visivo con il capitano che, per un momento, rimase spiazzato dalla veemenza con cui si era imposto. Eren era davvero così preoccupato per la sua salute? Sicuramente lo era e Levi non era nelle condizioni fisiche e mentali di sostenere un dibattito con lui.
Si portò una mano sulla fronte, stringendo poi la base del naso tra l’indice e il pollice, massaggiando quel punto tirando un respiro rassegnato. Poi alzò il viso e guardò quello del ragazzo. 
- Se acconsento dopo mi lascerai in pace? - domandò con scocciato. 
- Dipende, ma penso di sì - 
Eren non aveva intenzione di darsi per vinto, non quella volta. A parte il sogno che era stato una specie di spinta per tutto quello che stava facendo in quel momento, aveva desiderato da sempre potersi rendere utile a lui, in qualsiasi modo e quella sembrava l'occasione adatta. Aveva anche voglia di conoscerlo, il suo capitano, di sapere qualcosa in più su di lui e sulla sua personalità. Sentiva di stare maturando, in un certo senso. 
Dall'altra parte, Levi si mostrava seccato da tutte le attenzioni che Eren gli stava dando, ma internamente ammise che non gli dispiaceva che quel moccioso si prendesse cura di lui. Era anche parecchio compiaciuto dal tono che aveva usato per zittirlo, gli piaceva quel lato forte e violento del suo carattere. Incrociò le braccia sul petto. 
- D'accordo, allora, ti permetterò di dare un'occhiata... - 
L'altro sorrise compiaciuto e lo invitò a sedersi su una delle sedie di legno che erano poggiate vicino al muro. Si rese conto, però, che per controllargli l'arto il capitano avrebbe dovuto liberarsi dei pantaloni e il suo viso prese colore. Deglutì sonoramente. 
- Uhm... Dovrebbe... Prima dovrebbe... - indicò l'equipaggiamento e i pantaloni bianchi che stava indossando e Levi sospirò, iniziando a sganciarsi le cinghie, lasciandole poi cadere sul pavimento. 
- Vorrei farti notare che quello imbarazzato tra i due sei tu, non certamente io - 
La frase contribuì ad aumentare il rossore sulle guance del ragazzo che guardò il capitano reggersi al muro mentre si toglieva le scarpe e i pantaloni, restando con addosso solo l'intimo bianco. Levi era basso ma la straordinaria magrezza e tonicità delle sue gambe lo faceva sembrare più alto di quanto non fosse in realtà, si sedette sulla sedia indicata dal soldato e attese che questi si sedesse di fronte a lui. 
Eren gli prese la gamba ferita poggiandosela sul grembo e notando che aveva la caviglia gonfia e livida, i muscoli del polpaccio e della coscia molto rigidi, probabilmente stirati. 
- Ha per caso una qualche crema od olio per massaggi...? - domandò dopo un attimo di esitazione. Levi lo guardò inespressivo, poi indicò il bagno con la mano. 
- Controlla nell'armadietto, Hanji ci riempie di prodotti e medicinali di tutti i tipi, dovrebbe esserci qualcosa. Ritiene che sia sempre meglio averne con sé - 
- Non ha torto - scappò ad Eren ma si morse la lingua e mormorò qualche scusa quando vide che Levi lo stava uccidendo con lo sguardo. Mentre si alzava per andare nel bagno notò che il tremolio nelle mani del capitano non cessava ed erano comparse due macchioline rosse sulle sue guance. Inizialmente non ci fece caso, concentrandosi sull'armadietto, trovando lozioni, olii essenziali e impacchi di erbe. Dopo aver rovistato per qualche minuto ne trovò uno che gli sembrava adatto per un massaggio, perché i prodotti con cui era fatto servivano per rilassare i muscoli, tornò nella stanza portandosi anche delle bende e si sedette nuovamente di fronte al capitano che sembrava essersi rilassato sulla sedia, incrociando le braccia. 
Mentre Eren gli prendeva la gamba si soffermò sul piede sorprendentemente piccolo e curato: prese un po' di crema e la spalmò gentilmente sulla caviglia, iniziando a massaggiare il punto gonfio con le dita, facendo movimenti circolari, passandovi sopra i palmi, accarezzando la pelle prima, premendo dopo per sciogliere la tensione. Non avrebbe saputo fare una cosa del genere se non avesse avuto l'aiuto e l'insegnamento di suo padre quando era piccolo, fortunatamente si ricordava ancora qualche cosa come i movimenti da fare sul muscolo teso e Levi dal canto suo, non sopportava l'idea delle mani di qualcun altro sul suo corpo, ma chissà perché, le mani del ragazzo non gli creavano molto fastidio, anzi, era persino piacevole. Prese un altro po' di crema unendosi le dita e passandola sul polpaccio dell'uomo che fece una smorfia. 
- Posso chiedere come ha fatto a ferirsi così? - azzardò il giovane. Sì, si stava prendendo troppa confidenza con il capitano, ma il pensiero non durò molto perché vide un guizzo passare nei suoi occhi e lo vide evitare il suo sguardo per un secondo. Eren non smise di massaggiare. 
- È stato quando Annie ti teneva in bocca nella foresta. Mikasa e io stavamo tentando di liberarti, ma ho posato male il piede atterrando quando quella puttana ha cercato di colpirci - spiegò Levi, brevemente. 
L'altro non commentò, si limitò a continuare a fare il suo lavoro, muovendo il pollici circolarmente lasciandosi guidare dalle smorfie e dai gemiti impercettibili del capitano. Fu abbastanza tragico quando dovette passare alla coscia e Levi non poté non notare il suo imbarazzo. 
- Andiamo, moccioso, non dirmi che ti fai seriamente problemi per una stronzata del genere! Non ti ho costretto io a farlo - aveva voglia di essere stronzo e non si trattenne dal fare quell'esclamazione, per il puro gusto di metterlo in difficoltà. 
- Ma no, signore, io... Non ho problemi - balbettò quello, affrettandosi a toccare quella carne pallida e dura, cercando di sciogliere i muscoli premendo dove li sentiva più rigidi, massaggiando tutta la superficie arrivando quasi all’anca.
Dopo aver svolto meticolosamente quel lavoro prese le bende e iniziò a fasciare il piede del capitano, continuando sul polpaccio, girando bene la stoffa sul ginocchio per non impedirgli i movimenti, avvolse con cura la coscia e quando la lunghezza terminò di ritrovò ad una distanza quasi inesistente dal volto dell'uomo: quegli occhi solitamente così vividi e grigi, ora li vide offuscati e tristi, non si era sbagliato riguardo le occhiaie e la pelle bianca. 
Prima che Levi potesse dire qualsiasi cosa, il ragazzo si voltò e si avviò verso il grande armadio vicino al letto che doveva contenere i vestiti. 
- Se vuole può provare ad alzarsi e camminare un po' per la stanza... - lo invitò Eren e quello non se lo fece ripetere due volte: poggiò il piede fasciato sul pavimento notando che il dolore si era notevolmente affievolito e poi posò l'altro, mentre il giovane si voltava verso di lui reggendo in mano un paio di pantaloni scuri larghi e comodi che aveva ripescato dall'armadio. 
- Va decisamente meglio, sì! - ammise il capitano e il più piccolo non riuscì a trattenere un sorriso di autocompiacimento.
- Lieto di sentirlo, signore! - 
Gli porse i pantaloni e gli porse la spalla per aiutarlo ad indossarli, ma lui rifiutò, riuscendo ad infilarli alla bell’e meglio. Dopo che ebbe finito si rimise nuovamente in piedi e si passò una mano tra i capelli.
-Sarà meglio che la tenga sott’occhio e che non la sforzi più di tanto- affermò il ragazzo notando che già si reggeva meglio e il capitano fece un piccolo cenno con il capo. Normalmente avrebbe dovuto dirgli di andare via, di tornare nella sua stanza e di lasciarlo solo, ma era molto combattuto. Da una parte avrebbe voluto liberarsi velocemente di quel ragazzino impiccione ed assillante, dall’altra però gli garbava la sua compagnia e decidere non fu semplice, anche perché non poteva continuare a fissarlo insistentemente. Alla fine si decise sospirando internamente e, con finta cortesia, si avvicinò alla cucina poggiandovisi con il fondoschiena.
-Tanto per non dimenticare le buone maniere, dal momento che sei qui posso offrirti da bere. Consideralo una specie di ringraziamento- era banale come scusa, ma non aveva né voglia né il motivo di inventarsene una migliore. Doveva averlo colto di sorpresa perché gli sembrò che Eren avesse sgranato gli occhi, ma non gli diede il tempo di reagire che si voltò per aprire lo sportello della piccola credenza e afferrare alcune bustine.
-Purtroppo non ho molto, ho solo del tè, niente alcolici…- iniziò.
-Non bevo alcolici- lo interruppe Eren con un sussurro –Il tè andrà benissimo-
Levi si voltò a scrutarlo per un istante poi tornò a guardare i fornelli mormorando un “lo immaginavo”. Accese il fuoco e mise un po’ d’acqua a riscaldare mentre preparava l’infuso, sentendo il suono della stoffa del mantello e della giacca del compagno che li stava posando delicatamente sul tavolo di legno. Non gli tolse gli occhi di dosso, osservando la schiena del moro, fasciata dalla camicia bianca e non potè fare a meno di notare il continuo tremolio delle sue mani mentre maneggiava con le tazze e il bollitore dell’acqua. Aveva capito che c’era qualcos’altro che non andava, ma non voleva dire nulla per non irritare di più il suo superiore, così tacque e si avvicinò a lui per afferrare la tazza di tè fumante che gli stava porgendo, poi si sedette nuovamente sulla sedia, guardandolo poggiarsi contro la parete e soffiare sul liquido fumante per raffreddarlo un po’. Il soldato osservò la sua mano tremolante tenere in quel modo strano e particolare la tazza, avvicinandosela alla bocca per poi prendere un sorso, passò ad osservargli la gola che spuntava dal colletto sbottonato della camicia, per poi passare al mento, alle labbra umide e agli occhi, inchiodando il suo sguardo. Si osservarono a lungo, in silenzio, ma non era un silenzio imbarazzante, quanto piuttosto un muto desiderio della compagnia l’uno dell’altro. Fu Eren a rompere quel contatto, riportando gli occhi sulla sua tazza e bevendo il suo tè, ma la sua concentrazione venne interrotta dal pesante sospiro a cui si era lasciato andare l’uomo davanti a sé. Lo vide bene nei suoi occhi spenti che stava pensando a cose piuttosto spiacevoli e dolorose, per questo lo riportò alla realtà iniziando a parlare.
-Signore… non so come chiederle scusa. Mi sento responsabile della morte della squadra, anche se lei mi ha ripetuto diverse volte che nessuno poteva sapere…-
-Allora te lo ripeterò di nuovo, fino allo sfinimento se sarà necessario: nessuno è in grado di prevedere il futuro, Eren, smettila di incolparti, fai solo del male a te stesso in questo modo- Levi rimase calmo e prese un altro piccolo sorso dalla sua tazza, poggiando poi la testa sulla parete dietro e guardando un punto indefinito del soffitto.
-La ammiro per come riesce a nascondere i suoi sentimenti, capitano Levi-
Quella frase ebbe uno strano effetto sull’uomo: da un lato si sentì onorato di ricevere quel complimento, ma quella sensazione svanì subito dopo lasciando spazio all’amarezza e alla delusione. Posò la tazzina mezza vuota sul fornello, si infossò di più nelle spalle e si portò le mani sul viso, accarezzandosi il mento a tutto palmo, le guance, la fronte per poi far terminare il tutto passandosele tra i capelli neri. Eren seguì tutti i suoi movimenti capendo che si stava innervosendo, ma cercò di rimanere calmo, soprattutto quando l’uomo fece un gesto con la mano, agitandola leggermente e arricciando le labbra dando al proprio volto un’espressione disgustata.
-Tu…- iniziò lentamente con voce rotta dalla rassegnazione –Tu e quei piccoli idioti che vivono all’interno delle mura… credete che sia semplice, vero? Credete che sia semplice per me o per Erwin non mostrare un briciolo di umanità quando invece vorremmo urlare, quando vorrei urlare!-
Il castano rimase imperterrito ad ascoltare, stringendo spasmodicamente la tazzina tra le mani.
-Lascia che ti dica una cosa, Eren: non lo è, non lo è per niente, ma ci ho fatto l’abitudine quindi mi riesce facile mostrarmi senza pietà, mi riesce bene essere… così- la vista di levi si appannò e strinse le labbra ancora di più, deglutendo rumorosamente cercando di ignorare l’enorme groppo in gola che aveva e il fastidioso senso di vuoto e leggerezza nello stomaco che lo assillava ormai da settimane, prosciugandogli le forze ed impedendogli di vivere. Tuttavia non smise mai di guardare Eren in faccia.
-Le persone mi dipingono come un eroe, l’uomo più forte dell’umanità, ma se voi pensate che sia solo uno stronzo senza cuore, incapace di provare emozioni, beh allora mi dispiace, ma non avete capito un emerito cazzo di me! È facile giudicare dalle apparenze senza soffermarsi su quello che c’è dietro, vero?- l’uomo non riusciva più a controllare quell’improvviso scatto d’ira che lo aveva colto, così tentò invano di porre rimedio soffocando un forte gemito tappandosi la bocca con la mano e stringendo gli occhi. Non era semplice per il ragazzo stare a guardare senza fare nulla, ma fece violenza su se stesso per non intervenire, intuendo che il capitano aveva solo bisogno di sfogarsi, anche perché era sicuro che si stesse contenendo dall’urlare soltanto perché era notte fonda. Tuttavia si alzò silenziosamente, tendendo i muscoli, pronto a scattare in avanti nel caso le gambe dell’uomo avessero ceduto. Il moro si tolse la mano dalla bocca e se la mise sulla fronte, reggendosi il capo.
-Fare la vittima… è una cosa che odio perché non fa parte di me, della mia personalità, ma davvero, non ne posso più di essere etichettato come un eroe senza che nessuno sappia quello che ho passato. Non sono certo il primo né sarò l’ultimo a perdere le persone care, non sono certamente diverso dagli altri... Ma ognuno ha una storia diversa! - alcune lacrime iniziarono a scendere colandogli sulle guance: il capitano aveva ceduto. 
Eren sentì distintamente una morsa stringergli il cuore a quella vista perché non si sarebbe mai aspettato di assistere ad una scena del genere, era come se stesse provando il suo stesso dolore solo guardandolo. Levi continuò a reggersi la fronte con la mano, tenendo gli occhi sgranati e tirando su con il naso per tentare di respirare. 
- Ho gli incubi, Eren... Vedo tutti quei volti, tutti i volti delle persone che hanno dato la vita per noi, per il successo delle nostre missioni... Mi tormentano, non mi lasciano dormire e... Cazzo, credi che sia stato facile abbandonare il corpo di Petra lì, come un sacco di spazzatura? - iniziava a fargli veramente male la testa, se la sentiva pesante al contrario delle gambe che gli tremavano. 
- Ho ordinato a quei soldati di rallentare quei fottuti giganti con i corpi dei caduti, ho visto Petra rotolare giù dal carro come... Avrei voluto cavarmi gli occhi pur di non vedere, per non parlare poi di quando ho dovuto parlare con le famiglie... Tengo duro finché posso, per il bene della specie umana, ma... ma... - un respiro profondo e poi un forte capogiro, Levi si resse con la mano libera alla parete, scivolando lentamente verso il pavimento sentendosi praticamente mancare, ma un paio di forti braccia lo ressero da sotto le ascelle ed Eren lo circondò in un forte abbraccio, facendo aderire i loro toraci, stringendolo forte, una mano in vita e l'altra sulla schiena sudata. 
Il capitano rimase un momento destabilizzato da quel gesto d'affetto tanto intimo quanto delicato, gesto che non riceveva da quando era bambino, tanto che sul momento non seppe davvero cosa fare e si lasciò reggere dal ragazzo, le braccia a penzoloni e il viso sconvolto e rigato dalle lacrime mezzo infossato nel suo collo. Poi Eren parlò. 
- Capitano... Le giuro sulla mia vita che non la giudicherò per questo suo sfogo. Va tutto bene, signore...- mormorò con tono rassicurante e altre lacrime sgorgarono dagli occhi a mandorla del più basso che, non senza una certa esitazione, abbracciò il collo dell'altro con la destra e posò la sinistra sulla sua spalla, aggrappandosi come se quel giovane fosse la sua unica ancora di salvezza. E forse, dopotutto, lo era. Lo aveva soccorso quando era in difficoltà, si era preso cura di lui aiutandolo a fasciare la gamba ferita e ora che si stava mostrando così debole e /umano/ lui non solo lo stava consolando, ma lo stava anche aiutando a reggersi in piedi e non solo fisicamente. 
Il capitano ricambiò l'abbraccio, nascondendo il viso nel suo collo ancora di più, bagnandoglielo con le lacrime calde che non riusciva ancora a trattenere e per una volta nella vita dopo tanto tempo,  si lasciò guidare dalle emozioni, continuando a balbettare. 
- Erd... Il suo corpo era... Metà... Come... Come quello di Furlan... - 
Il punto era che il giovane non riuscì a comprendere quella frase perché non sapeva di Isabel e Furlan, i ragazzi con cui Levi aveva trascorso gran parte della giovinezza vivendo come un criminale nei bassifondi della capitale, ma lasciò correre, tentando di comprendere il resto. 
- Tu... Tu sai quanto fa male... Eren... Fa male, veramente! Io... Io non... - andò avanti così ancora per qualche minuto fino a quando non si calmò un pochino. L'uomo era praticamente schiacciato tra il corpo del ragazzo e il muro, ma almeno lì, in quella posizione si sentiva meglio, ma ad un certo punto le sue gambe cedettero completamente, forse a causa dello sforzo del pianto disperato a cui si era lasciato andare dopo anni che non succedeva, forse a causa della caviglia insana, ma cedettero ed Eren fu pronto per sorreggerlo nuovamente, soprattutto quando sentì le sue braccia diventare molli attorno al suo corpo. Sentendolo tremare vistosamente gli venne un dubbio così gli mise una mano sulla schiena e lo fece poggiare contro il muro mentre con l'altra gli toccava la fronte. 
- Signore! Diavolo, ha la febbre alta! - osservò il suo volto sciupato mentre si rimproverava di non averlo notato prima e gli mise il braccio libero sotto le ginocchia, prendendolo in braccio. Oh, non riuscì a non provare tenerezza alla vista di Levi in quel momento, così debole e fragile, con la piccola statura che contribuiva a farlo sembrare ancora più vulnerabile, lì, tra le sue braccia, tuttavia si riprese subito perché non era il momento adatto per lasciarsi andare a contemplazioni simili. Lo adagiò sul letto e lo coprì con le lenzuola. 
- Vado a chiamare qualcuno - annunciò e fece per girare i tacchi e andare verso la porta della stanza, ma la manica della sua maglia venne trattenuta. Il capitano aveva afferrato la stoffa tirandolo a sé con le poche forze che gli erano rimaste e lo guardava con gli occhi spenti e le guance ancora rigate di lacrime scuotendo leggermente la testa. 
- No, Eren... Non chiamare nessuno... - la sua voce era roca ed impastata. 
- Ma... - tentò di ribattere il ragazzo, ma si bloccò quando sentì la stretta della sua mano aumentare. Lo vide strizzare gli occhi e stringere le labbra. 
- Eren, non voglio vedere... Nessuno! ...Nessuno... –
Eren dovette arrendersi alla volontà del suo capitano, non prendendo la cosa come un ordine ma piuttosto come una preghiera. Mentre andava avanti e indietro dal letto al bagno per inumidire con acqua fredda dei panni Eren si domandò a quanto dolore doveva essersi tenuto dentro per esplodere in quel modo e soprattutto davanti a lui, un semplice soldato che, per quanto speciale per l’umanità, per Levi non era niente di importante, o almeno così credeva. Era abbastanza sicuro che non si sarebbe lasciato andare se non si fosse sentito a proprio agio, probabilmente anche lui stesso si era aspettato di venir scacciato da un momento all’altro, ma al contrario, l’aveva fatto rimanere, aveva pianto davanti a lui, si era lasciato consolare e addirittura abbracciare. Strizzò bene lo straccio imbevuto d’acqua e lo posò delicatamente sulla fronte bollente dell’uomo steso, che respirava a fatica a causa del naso ostruito e del dolore alla testa. In quel momento capì che quando era uscito dalla sua stanza doveva avere già qualche linea di febbre visto come tremava tentando di non mostrare il suo malessere e la temperatura si era alzata notevolmente nei momenti successivi. Gli bagnò la testa, passando le dita tra i capelli umidi e osservando le sue labbra secche. Aveva chiuso gli occhi, Levi, tentando di riposare un po’, ma ovviamente non riuscì a fare molto in quelle condizioni almeno fino a quando non si sentì talmente esausto che crollò per forza di cose, quasi perdendo i sensi.
Il castano tirò un sospiro di sollievo anche se vedeva che comunque il suo petto si alzava e abbassava ad intervalli irregolari, ma almeno era riuscito ad addormentarsi ed era meglio di niente. Continuò a prendersi cura di lui, cambiandogli ancora poche volte il panno sulla fronte per poi legarglielo attorno alla testa, in modo che non cadesse durante il suo riposo se si fosse mosso. Eren si sedette sulla sedia ponendola accanto al letto in modo da stare in una posizione comoda nel caso si fosse svegliato nella notte e avesse avuto bisogno di aiuto. Capiva perché non aveva voluto che chiamasse qualcuno, si era già mostrato vulnerabile a lui, sia fisicamente che emotivamente, non voleva certo altri intrusi, era certo che fosse già abbastanza che avesse accettato il suo, di aiuto. Lo vide dimenarsi appena tra le lenzuola, probabilmente in preda a qualche incubo, e gli si strinse nuovamente il cuore. Non sapeva molto sulla sua vita passata, a parte quel poco che gli aveva raccontato Petra, ma capiva che aveva racchiuso tutte le sue emozioni confinandole e segregandole da qualche parte dentro la sua anima, mostrandole il meno possibile e reprimendo tutto. Poteva sembrare una cosa positiva da un lato, ma dall’altro non l’aveva lasciato respirare e lo sfogo che aveva avuto qualche ora prima ne era stata la prova. Quando era piccolo e andava a guardare il rientro della legione esplorativa dopo una spedizione con Mikasa, Eren si soffermava spesso ad osservare gli uomini che formavano l’esercito, conosceva bene il viso del capitano, inespressivo e freddo poiché era conosciuto per essere l’uomo più forte dell’umanità. Non aveva alcun dubbio che lo fosse, dopo averlo assistito: chi, se non un uomo forte, sarebbe stato in grado di reprimere il dolore per tutti quegli anni, senza fare una piega, una smorfia, mentre in realtà aveva l’inferno che gli bruciava nel cuore? Lo aveva sempre stimato, il giovane, ma certamente dopo quel momento la sua ammirazione non poteva che essere aumentata. Le sue labbra si curvarono all’insù, in un piccolo sorriso rivolto a quell’uomo così fragile e nello stesso tempo così forte che ora giaceva malato davanti a lui. Levi si era reso utile per l’umanità per tanti anni, era giunto il tempo che qualcuno si prendesse cura di lui ed Eren era ben disposto a farlo, almeno per quella notte che stava lasciando ormai posto alle prime luci dell’alba.
 
 
 
Erwin Smith era preoccupato. Seduto alla scrivania del suo ufficio, con le mani unite davanti alla bocca e lo sguardo perso nel vuoto, non riusciva a concentrarsi sulle cartine e gli schemi che aveva davanti. Non aveva visto Levi prendere parte alle esercitazioni quella mattina e la cosa gli era sembrata piuttosto strana dal momento che il capitano era un uomo che teneva particolarmente alla puntualità e odiava discostarsi dai piani e dalle programmazioni. Sul momento non ci diede molto peso, pensando che forse era stato lui il distratto e non l’aveva visto, ma più tardi si era accorto anche dell’assenza di Eren nei campi di addestramento, e ancora non vedeva l’uomo. Aveva cercato di concentrarsi sui suoi documenti nell’ufficio, ma non c’era stato verso. Oltre all’intuizione c’era anche la sensazione che fosse accaduto qualcosa, perciò non perse altro tempo, uscì dall’ufficio e si avviò verso la stanza di Eren e del suo compagno, Armin, trovandola però vuota. Dunque non si trovavano lì, non gli restava che controllare nell’ala che ospitava i superiori. La stanza di Levi era la più lontana dalle altre, quasi isolata e, una volta raggiunta la porta trovandola chiusa a chiave, bussò tre volte.
-Levi! Sono Erwin, se sei lì dentro apri la porta-
Ma nessun suono giunse dall’interno della camera, così tentò un’altra volta.
-Levi…-
Dopo una manciata di secondi la serratura scattò e si aprì un piccolo spiraglio da cui Smith vide il volto di Eren, dall’espressione assonnata, che si strofinava gli occhi arrossati con la mano. Quando lo vide ebbe un sussulto, evidentemente capendo di trovarsi in una situazione insolita.
-Jeager, si può sapere che diamine fai qui? Dov’è il capitano?-
Il ragazzo guardò il letto dietro di sé su cui ancora riposava l’uomo e poi riportò lo sguardo sul superiore.
-Signore… le assicuro che posso spiegarle ogni cosa. Entri in camera ma devo chiederle di non fare rumore-
Non gli fu ben chiara la situazione fino a quando non vide Levi con il volto pallido e la fronte coperta da un panno bagnato che respirava male, così iniziò a mettere insieme i tasselli del puzzle, ma gli mancava ancora qualche informazione per chiarire il tutto. Guardò il castano e lo invitò ad uscire con lui. Eren fece come aveva detto, pentendosi appena di avergli mostrato il capitano in quelle condizioni, ma non ci pensò molto perché si preoccupò di socchiudere la porta e di mettersi nel corridoio con Erwin.
-Allora, Eren, parti dal principio e raccontami come sei finito in questa camera-
L’altro prese un sospiro, tentando di riordinare le idee e iniziando a raccontare di come non riuscisse a dormire, del suo desiderio di prendere un po’ d’aria e di aver incrociato il capitano. Gli parlò della sua gamba ferita, restando sul vago sul come l’aveva curata e saltando completamente la parte in cui Levi si sfogava con lui, ritenendo che non fosse giusto farlo sapere a Smith, e terminò dicendo di averlo assistito tutta la notte mentre delirava a causa della febbre dopo che aveva avuto un mancamento. Erwin sembrava convinto della cosa, anche perché era la verità con qualche taglio.
-Le assicuro signore, che per quanto si possa ritenere improbabile che io e il capitano ci trovassimo fuori nello stesso momento per puro caso, tutto ciò che le ho raccontato è lo specchio della verità-
-Eren, non c’è bisogno che ti agiti, ti credo. Conosco il capitano Levi, non è insolito che passi la maggior parte della notte sveglio, trascorrendo il tempo girovagando a piedi o con la manovra tridimensionale. Soffre d’insonnia. E nemmeno ho ragione di pensare che tu possa mentire per qualche motivo-
Ad Erwin non servì molto per capire una cosa: se Levi stava male e non aveva voluto l’aiuto di nessuno, addirittura impedendo all’altro di cercarne, significava che evidentemente si fidava abbastanza di lui. Non si sorprese della cosa perché trovava che i due, nonostante tutto, si somigliavano molto e se Levi aveva voluto la compagnia di Eren e di nessun altro non vide perché negargliela.
- Eren, ora ascoltami bene - il maggiore attirò l'attenzione del giovane che si mise sull'attenti. 
- La cosa migliore in questo momento è farti restare ad assistere il capitano. Assicurati che si riprenda e che quando uscirà da quella stanza sia nel pieno delle forze, pronto a riprendere il suo lavoro. Curalo, ascolta le sue richieste, parla con lui, se necessario. Sono più che sicuro che abbia bisogno proprio di questo... A meno che non l'abbia già fatto, ma tu hai tralasciato questo dettaglio - riflettè a voce alta facendo sbiancare in volto il ragazzo. Erwin trattenne una risata. 
- Non temere, se non mi hai detto nulla avrai un buon motivo e inoltre conosco la natura riservata e schiva del capitano. Allora, ti è tutto chiaro? Penso che nel giro di qualche giorno si sistemerà tutto, anche perché non è di salute cagionevole, io provvederò a mandare qualcuno tra poco che ti porti un materasso su cui dormire la notte, vi farò avere tre pasti al giorno e mi preoccuperò di informare Mikasa e Armin, in modo che non stiano in pensiero non vedendoti- parlò con tono tranquillo, come se si stesse rivolgendo a qualche amico invece che ad un semplice soldato, ma la cosa non era importante per Eren, almeno non in quel momento. Si limitò a ringraziarlo e a guardarlo andare via, poi riaprì la porta e rientrò in camera, sedendosi al suo posto non senza aver cambiato di nuovo lo straccio sulla fronte di Levi, ancora profondamente addormentato. Sospirò scrutando attentamente il suo viso che sembrava molto più rilassato rispetto alla sera prima e si concentrò su come rimanere sveglio ancora un po’ visto che non aveva dormito molto la notte precedente, ma a quello pensò un soldato che bussò alla porta per portargli il sacco a pelo, almeno si sarebbe tenuto un po’  impegnato andandogli ad aprire per recuperare il suo giaciglio. Quando tornò vicino al letto si accorse che Levi aveva una smorfia dipinta sul viso, così mollò tutto sul pavimento e gli si avvicinò per controllare che stesse bene. Le palpebre del capitano tremarono e aprì lentamente gli occhi, facendo capire ad Eren che si era svegliato. Il ragazzo tirò un sospiro di sollievo e carezzò la fronte del capitano, ancora coperta dal panno che rimosse poco dopo, gli controllò la temperatura e fu sollevato nel constatare che si era notevolmente abbassata, anche se aveva ancora la febbre.
-Buongiorno, capitano- lo salutò Eren, tentando di mantenere le distanze e di non apparire soffocante, ma si sorprese nel vedere che non ricevette risposta dall’interpellato, che lo fissava con un’espressione più triste del solito sul viso. Che lo avesse offeso in qualche modo? Questa opzione non aveva molto senso perciò la scartò e si limitò a mantenere la calma, continuando a parlare.
-La febbre è scesa notevolmente da ieri sera, sicuramente lo avrà notato… il maggiore Smith è venuto a farci visita poco fa e mi ha dato l’ordine di assisterla. Resterò con lei fino a quando non si sarà rimesso del tutto-
Levi dopo aver ascoltato quella breve ma esaustiva spiegazione restò un momento senza fare nulla, poi fece un piccolo cenno con il capo, ad indicargli che aveva capito e che gli stava bene così. Era ancora intontito e non aveva voglia né di parlare né di muoversi più di tanto, confidò nella capacità di Eren di comprendere le sue esigenze, così tornò a fissare il soffitto, muovendo appena le gambe per riattivare la circolazione. Lo guardò, il soldato, ricordandosi solo in quel momento della gamba ferita. Era meglio aspettare un po’ prima di fare un altro massaggio, ci avrebbe pensato più tardi, per ora doveva dare la priorità al sudore che bagnava i vestiti di Levi perché conoscendolo non avrebbe sopportato a lungo lo sporco sul suo stesso corpo, inoltre non è mai una buona cosa rimanere con i vestiti sudati quando si ha la febbre.
-Signore, so che è ancora molto stanco e provato, ma devo cambiarle la maglia, perciò dovrò aiutarla a sedersi- anche se non ricevette risposta, si munì di un altro panno asciutto e scoprì il corpo dell’uomo fino alla cintola. Continuava a tenere gli occhi fissi sul soffitto, senza guardarlo realmente, con lo sguardo vuoto, come se fosse in una specie di trance, ma il giovane proseguì il suo lavoro. Sbottonò la camicia aprendogliela sul petto, gli asciugò le gocce di sudore che vi si erano depositate sopra e poi gli cinse le spalle per farlo sedere molto lentamente per non rischiare di fargli avere un capogiro. Il capitano a quanto pare non aveva nessuna intenzione di collaborare dal momento che non faceva nulla per aiutarlo e si lasciava toccare e maneggiare come un pupazzo, probabilmente era così spossato che nemmeno si rendeva conto di quello che Eren stava facendo. Una volta che l’ebbe messo seduto sul letto gli tolse la camicia bianca e bagnata e passò lo straccio sulla schiena, certo che gli avrebbe dato un po’ di sollievo, giudicò che fosse meglio lasciarlo senza nulla addosso per permettere alla pelle di respirare, limitandosi a coprirlo con ulteriori coperte, lo rimise giù e lo coprì pesantemente. Levi non fece una piega, anzi, appena si accorse che era stato rimesso supino si girò e diede le spalle al giovane che rimase perplesso davanti a quel gesto ma non osò fiatare. A quel punto non gli restò molto da fare che pensare ad un modo per ingannare il tempo dal momento che il capitano non aveva intenzione né di parlare né di fare qualsiasi altra cosa. Se ne stette semplicemente seduto sulla sua sedia a fissargli la schiena, poi incrociò le braccia sul petto e si guardò intorno cercando di non pensare, ma semplicemente di rilassarsi riposandosi un po’ dal momento che aveva solo poche ore di sonno sulle spalle.
La mattinata passò abbastanza velocemente, entrambi sonnecchiarono senza dire una parola e ogni tanto Eren controllava la temperatura del capitano, a volte bagnandogli la fronte con lo straccio assicurandosi che stesse bene. Intorno all’ora di pranzo un soldato bussò alla porta della camera e consegnò un vassoio con due scodelle di zuppa di funghi e due pagnotte di pane. Sembrava però che Levi non avesse nessuna voglia di mangiare, così ad Eren toccò usare le maniere forti.
-Non vorrei essere costretto a minacciarla, capitano, ma se sarà necessario arriverò a questo. Ha bisogno di forze- tentò di buttarla quasi scherzosamente e l’uomo colse il tutto perché si girò e lo guardò male.
-Sai essere davvero insopportabile a volte- si mise a sedere lasciando che l’altro gli mettesse il vassoio sulle gambe e il cuscino dietro la schiena in modo che stesse più comodo. Eren gli sorrise docilmente e gli lanciò qualche occhiata di sfuggita mentre Levi prendeva una cucchiaiata di zuppa dalla scodella e ci soffiava sopra per poi mettere in bocca il cucchiaio, ingoiando lentamente. Sembrava avere un’espressione triste sul volto, con una sfumatura diversa da quella che solitamente aveva, come se ci fosse qualcosa che lo preoccupava fortemente, ma non ne fece parola con Eren e lui non voleva certo forzarlo a confidarsi. Consumarono il pasto lentamente e in silenzio e nello stesso modo trascorsero le ore successive fino a quando a metà pomeriggio Eren non annunciò che sarebbe stato meglio massaggiare la gamba prima della sera e, vedendo il capitano acconsentire silenziosamente, andò a recuperare l’olio che aveva utilizzato la sera prima e invitò Levi a sedersi posando i piedi per terra. Eseguì la richiesta, il moro, facendo però una smorfia disgustata che all’altro non sfuggì.
-Cosa c’è?- gli chiese e Levi si guardò il petto nudo toccandosi i capelli.
-Sono tutto sporco… che schifo!- in quel momento il ragazzo riconobbe il suo capitano e capì che stava decisamente meglio. Si lasciò sfuggire una risata e gli arrotolò il pantalone scoprendo la gamba ferita e aprendo la boccetta contenente il liquido.
-Magari quando abbiamo finito qui posso aiutarla a sciacquarsi un po’, domani potrà farsi un bagno- sciolse le bende e le mise da parte per poi posare le mani sulla caviglia, facendo i suoi movimenti circolari con le dita, facendolo rilassare, andò avanti passando per tutta la lunghezza della gamba, soffermandosi sul ginocchio per poi arrivare alla coscia a cui si dedicò con più attenzione, soprattutto sulla parte esterna dove lo sentiva più teso e rigido. Terminò il lavoro e alzò lo sguardo ritrovandosi a fissare gli occhi grigi di Levi, arrossì leggermente e voltò la testa per cercare le bende che afferrò per poi avvolgerle intorno all’arto del capitano, fasciandolo con cura. Si alzò schiarendosi la voce.
-Vado a bagnare uno straccio così potrà pulirsi un po’- non attese una risposta e si precipitò nel bagno prendendo un profondo respiro. Afferrò una grande ciotola che conteneva barattolini e tubetti con lozioni varie, probabilmente altri doni di Hanji, la svuotò e la riempì di acqua calda mettendoci dentro un panno pulito, poi tornò in camera porgendo il tutto al capitano.
-Purtroppo non è molto, ma per oggi dovrà accontentarsi- si scusò Eren, ma dal modo in cui Levi si avventò sugli oggetti sembrò che gli fosse abbastanza grato della cosa. Strizzò il panno e se lo passò su tutta la parte superiore del corpo, compreso il viso e i capelli mentre il giovane pensava a sistemarsi il sacco a pelo per la notte e quando l’uomo terminò di lavarsi mandò un sospiro beato sentendosi finalmente pulito.
All’ora di cena il solito soldato portò loro un vassoio che consegnò al ragazzo.
-Non voglio mangiare, Eren- disse Levi, scostando ciò che lui gli stava offrendo. Il sole stava tramontando e fu in quel momento che Eren si rese conto che Levi aveva detto poco più di due parole da quella mattina e la cosa, nonostante sapesse che il capitano era piuttosto taciturno, lo fece preoccupare. Si sedette sulla sedia accanto al letto e serrò i pugni sulle cosce gesto che gli fece guadagnare un’occhiata perplessa di Levi.
-Capitano… ho fatto qualcosa di male?- domandò poi senza preavviso, evitando di fare troppi giri di parole. L’altro alzò un sopracciglio.
-Scusami?-
-Il fatto è che non ha parlato molto oggi ed è tutto il giorno che ha un’espressione accigliata e preoccupata. Non vorrei aver detto o fatto inavvertitamente qualcosa che l’ha offesa, ecco!-
Levi sgranò gli occhi solo per un momento poi si guardò le mani.
- No, Eren, non hai fatto nulla che non va, stavo semplicemente... Pensando - Sussurrò Levi e l'altro cercò il suo sguardo. 
- Posso domandare a cosa... Capitano? - 
L'uomo tirò un sospiro stanco, non per la curiosità di Eren che tra l'altro era pienamente giustificata, quanto per il fatto che non sapeva da dove iniziare. Alzò le mani e fece spallucce. 
- Io... - sbruffò un momento e poi riprese - quello che è successo ieri... Non sarebbe dovuto accadere, non avrei dovuto! - fece con convinzione tale che il soldato sgranò gli occhi. 
- Cosa? Per quale motivo? - domandò ingenuamente attendendo di ricevere una risposta, risposta che giunse pochi secondi dopo. 
- Andiamo, lo so che hai sempre ammirato la mia persona. Il capitano Levi, l'uomo più forte dell'umanità, quello stronzo e senza pietà. Sicuramente avrai cambiato opinione su di me dopo aver sentito ciò che ho detto ieri - 
Non fu semplice per Eren dire qualcosa dopo aver ascoltato quel discorso. Si limitò a fissarlo intensamente, con lo sguardo perplesso di chi ha appena sentito una stupidaggine e quasi non respirando. Levi si accorse di questa sua strana reazione e si allungò con il busto verso di lui, cercando di captare qualcosa. 
- ... Eren? - lo chiamò e lui incrociò i suoi occhi. 
- Lei... Lei crede che io la ammiri di meno adesso che so quanto soffre? È davvero questo che crede? - il suo tono era un misto tra l'indignato e il perplesso, ma Levi dovette ammettere che sì, era quello ciò che pensava.
- Si sta sbagliando! - esordì il castano alzando la voce - Non è affatto così, non potrebbe essere più nel torto, mi creda. L'ammirazione che nutro per lei non è scemata, anzi! Dimostrandosi così umano mi ha fatto capire che io per primo mi sbagliavo sul suo conto, che tutti quelli che la guardano vedono solo una parte di lei. E... Il fatto che si sia aperto con me mi fa sentire onorato! Tutto questo, signore, non cambierà il mio modo di vederla - usò un tono carico di convinzione che lasciò l'altro senza parole. 
Davvero Eren non aveva smesso di provare ammirazione per lui? Davvero non lo considerava debole? 
- A questo punto - andò avanti il ragazzo - dovrei essere io a preoccuparmi che lei non interpreti queste mie attenzioni e le mie parole come se volessi ingraziarmela. Non voglio fare nulla contro la sua volontà, sono solo preoccupato per lei e non mi capitava da tempo di occuparmi di qualcuno con così tanta passione... Ma come ho detto prima, non voglio offenderla con questo comportamento - 
- Non dire stronzate, non sono queste le cose per cui mi offendo - ribattè scocciato ed Eren sorrise. 
Restarono in silenzio per un po', fino a quando Levi non parlò. 
- Comunque mi dispiace di essermi mostrato così debole - 
Jaeger non si scompose e continuò a sorridergli teneramente. 
- Mi prenderà per un imbecille che si improvvisa filosofo, ma credo che ci voglia coraggio per mostrarsi deboli a qualcuno, capitano - 
E l'uomo non riuscì a non sorprendersi della maturità raggiunta dal ragazzo. Con quella breve conversazione aveva capito che Eren stava iniziando a sviluppare una mentalità diversa da quella con cui l'aveva conosciuto all'inizio, lo trovava, appunto, più maturo e responsabile, certe volte gli sembrava timido nonostante fosse sempre stato sfacciato e impertinente. Non che avesse perso queste qualità, ma sembrava che stesse imparando a capire quando esserlo e quando no e la cosa era da ammirare. 
Nonostante non avesse già più la febbre, il capitano si sentiva stanco e si lasciò convincere a bagnarsi di nuovo la fronte per poi arrotolarsi tra le coperte e chiudere gli occhi per dormire un po'. 
Ormai era notte e anche Eren iniziava ad avere sonno ma non voleva dormire per paura di non sentire il capitano nel caso avesse avuto bisogno di aiuto durante la notte, così si sistemò meglio sulla sedia, incrociò le braccia sul petto e si preparò a vegliare su di lui.
 
 
- Eren... - la voce del capitano risuonò piano nella stanza immersa nel silenzio e nel buio. 
- Eren! - con la mano lo scosse per il ginocchio tentando di svegliarlo riuscendo nel suo intento poco dopo. Il ragazzo si svegliò e guardò preoccupato il malato. 
- Cosa c'è? Si sente male? - 
- Ti sei addormentato sulla sedia - 
Le sue guance presero colore e ringraziò il buio della stanza che gli impediva di vederlo. 
- Perché non ti riposi più comodamente? Sei stanco e io sto meglio, solo mi sono svegliato di soprassalto – gli consigliò quasi con premura.
L'altro ci pensò un po' su, ma alla fine pensò che il capitano avesse ragione, così fece per alzarsi. 
- Sistemo il sacco a pelo, allora - 
Ci fu un momento di silenzio durante il quale Levi passò gli occhi dal sacco a pelo buttato per terra, a Eren, alle sue coperte. 
- No. Quel coso è scomodo quanto un letto di cemento -
-…E allora cosa propone?- domandò il ragazzo, non sapendo cosa fare.
L’uomo tirò un lungo sospiro, chiuse gli occhi e gli indicò il letto sul quale era sdraiato, scostando appena la coperta e appiattendosi contro il muro dietro di sé, come per fargli spazio. Ci mise un po’ ad assimilare la cosa, il soldato. Gli stava davvero proponendo di dormire con lui?
-Capitano, io non…- iniziò ma quello lo zittì imbronciandosi.
-Muoviti, idiota, e vieni qui prima che cambi idea e ti mandi a dormire sullo zerbino-
In realtà erano tutte scuse perché Levi sentiva un bisogno impellente di avere del contatto fisico con il ragazzo, forse perché gli era piaciuto l’avvolgente abbraccio della sera prima, forse perché Eren aveva un odore dolce e gradevole, forse per altri motivi che lui ignorava totalmente perché non aveva idea del perché lo avesse fatto, tuttavia fu ben felice di accogliere il ragazzo nel proprio letto, guardandolo coricarsi sul fianco accanto a lui. Lo vide arrossire violentemente e per un attimo gli fece quasi tenerezza, poi istintivamente portò una mano sulla sua guancia, carezzandola e facendosi serio in viso, ignorando l’espressione sorpresa di Eren.
-Sei carino quando arrossisci- detto ciò si girò dandogli le spalle e facendo aderire la schiena al suo petto, facendo aderire la pelle nuda alla stoffa della maglietta del compagno che rimase basito, senza sapere cosa dire o fare, con il fiato sospeso. Poi si riscosse e l’unica cosa che fu in grado di fare fu di abbracciare il torace e l’addome del capitano, stringendoselo forte addosso. Levi sembrò gradire la cosa ed entrambi si addormentarono con un’espressione serena e rilassata sul volto.
 
 

Il giorno dopo Levi aprì gli occhi e la sua vista venne invasa dai raggi del sole, tanto che faticò un po' prima di abituarsi completamente. Era sdraiato a pancia in giù, le lenzuola che gli coprivano anche la testa, così si puntellò sui gomiti per cercare di alzarsi e riemerse dalle coperte con i capelli scompigliati e lo sguardo assonnato. Si accorse, però, con tristezza, che Eren non era più accanto a lui. Guardò la finestra da cui entrava una forte luce. 
Che ore erano? Quanto aveva dormito? 
- Oh, si è deciso a svegliarsi, finalmente! - una voce familiare catturò la sua attenzione: Eren si sporse con la testa uscendo dal bagno e lo salutò quasi timidamente, anche perché il capitano conciato in quel modo sembrava davvero un cucciolo smarrito. 
- Perché? Che ore sono? - approfittò Levi e l'altro si asciugò le mani bagnate. 
- È passata da poco l'ora di pranzo - il giovane indicò i due soliti vassoi, uno vuoto e l'altro ancora contenente il pasto del capitano. 
- Si è agitato molto durante la notte... - continuò Eren sedendosi sulla sedia accanto al letto e guardandolo intensamente. 
- Ero preoccupato, ha mugugnato parecchio, come se stesse facendo un brutto sogno, poi ha iniziato a sudare, tanto che ho creduto che le sarebbe salita di nuovo la febbre, così le ho messo un panno freddo sulla fronte, ma non è servito perché la temperatura era perfettamente in regola. Non ricorda nulla? - terminò di spiegare e l'uomo fece un'espressione stupita. 
- No... Non ricordo niente! - e non lo ricordava davvero. Quelle poche volte che riusciva a dormire, Levi si lasciava sempre andare ad un sonno privo di sogni e quando gli capitava di sognare qualcosa per la maggior parte delle volte erano incubi, brevi ma intensi. 
- Tuttavia vedo che le ha fatto bene dormire in questi giorni. Le occhiaie sono quasi sparite - Eren si toccò la pelle sotto agli occhi per indicare il punto e poi tacque per lasciargli il tempo di riprendersi. L'altro si mise seduto, con la schiena nuda poggiata contro la tastiera del letto. 
- E io che volevo lasciarti dormire... - sbruffò quasi come per rimproverare se stesso, ma il ragazzo lo rassicurò. 
- Ho dormito, capitano, non molto ma ho dormito. Mi sono tenuto sveglio tutta la mattina bevendo del tè nero forte - indicò la tazzina vuota posata sul tavolo - e ho pulito un po' la stanza, tanto per come dormiva pesantemente non l'avrebbe svegliata nemmeno un cannone - 
Gli occhi di Levi si illuminarono sentendo quelle parole e si diede un'occhiata attenta intorno: era da quando si era ammalato che non puliva la sua camera e in effetti il pensiero gli era balenato in mente già il giorno prima, ma era ancora stanco e sapeva che non avrebbe potuto fare molto, anche volendolo. Il pavimento era pulito e lucido, i mobili e il tavolo non davano alcun segno di polvere depositata sopra, e quando si era svegliato Eren doveva aver appena finito di pulire il bagno. Mancava qualche dettaglio, ma non ne fece parola. 
- Niente male, davvero - mormorò e l'altro lo considerò un modo per ringraziarlo. Eren gli posò sulle gambe il vassoio con il cibo e Levi divorò tutto con avidità, come se non mangiasse da giorni interi, ma senza perdere la sua compostezza. 
Lasciarono trascorrere alcune ore pomeridiane, durante le quali Levi gli insegnò a giocare a scacchi con una vecchia scacchiera di legno che teneva conservata sotto il letto, affermando che l'aveva usata per ingannare il tempo in passato con il comandante Erwin. Il giovane imparava in fretta e fu una vera soddisfazione per Levi vederlo così entusiasta di quel gioco nuovo. Dopo qualche partita però, Eren guardò fuori dalla finestra e poi il suo superiore. 
- Credo che ora possa farsi un bagno, se lo desidera. La febbre è scesa da un po' ormai, e anche il suo viso ha ripreso colore - 
- Sarebbe una gioia! - esclamò l'uomo che non vedeva l'ora di potersi lavare per bene, eliminando tutto il sudore che aveva accumulato su di sé durante il periodo di convalescenza ma che era stato asciugato dall'improvvisato infermiere. 
Chiuse la porta del bagno dietro di sé senza bloccarla con la chiave perché c'era sempre il rischio che potesse avere una ricaduta, anche se era praticamente da escludere, e si immerse nell'acqua calda godendosi quel meritato riposo, inspirando a lungo le essenze delle creme e dei saponi che aveva mischiato e che creavano un'atmosfera rilassante e pacifica.
Uscì dal bagno dopo un tempo che a Eren parve interminabile nonostante fosse trascorsa soltanto un'ora e mezza, con addosso un paio di comodi pantaloni, una maglietta grigia a maniche lunghe con uno scollo a V sul petto e un asciugamano sulla testa, con il quale si stava asciugando i capelli. Quando Eren lo vide rimase incantato da quella vista perché il capitano sembrava essere rinato, il viso più colorito, gli occhi brillanti, i capelli più neri del solito e una grande sicurezza che si percepiva dai suoi movimenti. Levi si avvicinò a lui e tenendosi l'asciugamano sulla testa con il palmo si sedette di fronte a lui, sul letto. 
- Massaggio? - chiese con naturalezza distogliendolo dalla sua ammirazione, sentendolo borbottare qualcosa di indefinito e vedendolo iniziare a preparare le bende e la solita lozione alle erbe, iniziando il solito rito che ormai andava avanti da due giorni. Notò che i muscoli si erano decisamente distesi e che il capitano non gemeva quasi più quando toccava i punti che prima gli dolevano e la cosa lo risollevò parecchio. Non si imbarazzava nemmeno più quando arrivava a toccargli la coscia, tenendo il viso chino e concentrato sul suo lavoro. Fasciò l’arto con bende nuove e il capitano piegò lentamente e ripetutamente la gamba per abituarsi, ignorando Eren che entrava nel bagno per lavarsi le mani. Riemerse poco dopo, andando a sedersi sul letto accanto a Levi che se ne stava con lo sguardo imbronciato rivolto verso le proprie ginocchia. Ci fu un momento di silenzio durante il quale entrambi pensarono alla luce del sole che stava abbandonando il cielo per lasciare spazio alla sera. Sentendo un certo calore nel petto e un piacevole vuoto nello stomaco, Eren si avvicinò con il busto al superiore, toccandogli la spalla con la propria, facendo frusciare le loro magliette. Con la bocca secca, le guance appena imporporate e gli occhi lucidi, avvicinò le labbra all’orecchio dell’impassibile uomo.
-Sappia che… che sto per baciarla-
Pronunciò la frase con un mezzo sussurro, facendo strabuzzare gli occhi a Levi che, incredulo, girò la testa per guardarlo negli occhi, capendo che no, non stava affatto scherzando. Il bruno portò una mano sulla sua guancia, vedendolo deglutire, e iniziò lentamente e timidamente ad avvicinare il suo volto a quello dell’uomo che iniziava a sentire caldo a causa del battito cardiaco accelerato. Mancavano pochi millimetri perché le loro labbra si sfiorassero, in un contatto che entrambi avevano desiderato con passione ed inconsciamente per giorni interi, quando…
Knock knock
-Eren, sono Erwin- la voce del comandante fuori dalla porta risuonò stanca ma alta ed autoritaria, come sempre.
Levi poggiò delicatamente la fronte sul mento dell’altro, come se fosse scoraggiato, per fargli capire che non avrebbe voluto che si interrompesse, ma purtroppo era andata così. Il castano aveva il viso rosso fino alla punta delle orecchie ma con uno sforzo riuscì ad allontanarsi dal capitano, alzandosi e andando ad aprire la porta, lasciandolo seduto sul letto. Girò la chiave nella serratura e aprì la porta.
-Signore!- Eren fece il saluto tentando di mantenere un certo contegno, ma la sua voce risultò insicura e roca così dovette puntare tutto sulla speranza che Smith non si accorgesse di nulla.
-Mi dispiace di essere passato a quest’ora, ma abbiamo avuto molto da fare durante il giorno e questo era il mio unico momento libero. Come ti senti, Levi?- domandò dopo quel breve discorso all’uomo seduto sgraziatamente sul letto, che lo guardò stanco.
-Meglio, Erwin- rispose soltanto.
-Non ha più la febbre, per fortuna- aggiunse Eren, riacquistando la facoltà di parlare.
-Sì, ma immagino che debba riposare ancora qualche giorno. Non è il caso che ritorni a lavorare dopo così poco tempo…- venne interrotto da un soldato che portava dei vassoi con la cena, ricordando a tutti l’orario.
-Ripeto, Jaeger, tienilo a riposo. Mi serve in forze e anche tu! Hanji muore dalla voglia di riprendere il lavoro con te per raccogliere più informazioni possibili, perciò fai in modo di essere al meglio anche tu, chiaro?- ordinò il comandante e il giovane rispose affermativamente. Poi lo guardò andare via così ritornò in camera, posando i vassoi sul tavolo, guardando il suo capitano di soppiatto, come se temesse una sua reazione negativa, ma quello non diede segni di irritazione. Eren non sapeva cosa fare. Doveva sedersi sulla sua sedia, tornare accanto a lui, andare via…? Cosa doveva fare? La risposta gli venne data silenziosamente dal capitano che gli rivolse uno sguardo interrogativo e perplesso, quasi a chiedergli qualcosa senza parlare. Titubante l’altro tornò a sedersi accanto a lui, ma non ebbe il tempo di pensare a nulla che il moro gli afferrò la spalla e posò le labbra sulle sue, mozzando il fiato di entrambi. Il capitano teneva gli occhi chiusi, al contrario di Eren che era praticamente paralizzato, con gli occhi sbarrati dal momento che non si aspettava quel gesto. Non gli ci volle molto per riprendersi e afferrò il viso di Levi con entrambe le mani, approfondendo il contatto, posandogli prima qualche leggero bacio a stampo sulla bocca per poi inserire la lingua in modo impacciato e timido. Non aveva mai baciato nessuno prima di quel momento e tutto ciò che stava facendo era guidato dalle sensazioni, dall’istinto e dalla foga del momento. Le loro lingue si incontrarono, assaporandosi a vicenda, Levi si spingeva con il viso contro di lui, imitato dal compagno che gli afferrò la stoffa della maglia, respirando dal naso potevano godersi il profumo l’uno dell’altro, Eren sentendo quello fresco, pulito e pungente di Levi e quest’ultimo godendosi il lieve aroma di menta che emanava l’altro. Si staccarono soltanto per riprendere aria, per poi scambiarsi qualche bacio a stampo, guardandosi negli occhi. Rimasero a scrutarsi per un po’, Eren osservando gli occhi grigi e lucidi del compagno, dalla forma allungata, quasi a mandorla, contornati di nero, effetto dovuto alle lunghe ciglia, mentre Levi si perse in quelle enormi iridi di un verde indefinito che avevano saputo catturarlo dalla prima volta che le aveva viste brillare di determinazione e coraggio. Gli carezzò il labbro inferiore con l’indice e il medio e posò la fronte sulla sua.
-Lo desideravo…- mormorò il capitano con un filo di voce, passando dalle labbra, al mento, al collo per poi scendere a posargli il palmo della mano direttamente sul cuore che sembrava volesse uscire dal petto del giovane. Quest’ultimo gli afferrò delicatamente il mento con la mano e lo costrinse a guardarlo negli occhi.
-Da troppo tempo… capitano…-
Detto ciò baciò delicatamente le sue labbra, andando a cercare la mano di Levi che era abbandonata sulle lenzuola, trovandola e intrecciandovi le dita, gesto che in quel momento fu il più intimo che avessero mai avuto. Dopo qualche altro bacio, il giovane spinse il compagno sul materasso, facendolo stendere sulla schiena, sovrastandolo reggendosi sulle ginocchia per non gravare su di lui con il suo peso. Dalla bocca passò a baciargli la fronte, gli occhi, le guance, per poi passare le labbra vicino all’orecchio, leccando appena il lobo, mentre Levi sotto di lui, teneva gli occhi chiusi, continuando con una mano a stringere la stoffa della maglia e l’altra ancora intrecciata con la sua, beandosi di quelle attenzioni. Si lasciò sfuggire un mugugno quando la lingua del castano andò a stuzzicare la pelle dietro l’orecchio, succhiandola e lambendola impacciatamente, per poi spostarsi sul collo, lasciando qualche bacio sparso, terminando poi sulle clavicole, decidendo di non andare oltre la scollatura della maglia. Eren si resse sulle mani e tornò a baciare la bocca del capitano, separandogli le labbra, catturando la sua lingua tra le proprie, succhiandola per potersi gustare ancora il suo sapore, facendolo sprofondare ancora di più nel materasso, stimolando quel muscolo umido con il proprio, per poi far incastrare le loro bocche come le tessere di un puzzle. L’uomo gli afferrò il braccio e lo fece scostare gentilmente perché aveva bisogno di ossigeno: entrambi si guardarono negli occhi, ansimanti e accaldati, il viso del più piccolo con la solita colorazione rosso porpora. Levi divaricò le gambe per farlo mettere più comodo tra di esse, si aggrappò con la mano alla sua schiena e portò l’altra sulla sua guancia, guardandolo dolcemente.
-Sì… sei decisamente tenero… quando arrossisci- ripeté facendolo arrossire ancora di più. Poi lo fece stendere su di sé, facendo in modo che la sua testa si posasse sul suo petto, intrecciando le dita di una mano tra i suoi capelli e mettendo l’altra sulla sua schiena, lasciando di tanto in tanto qualche leggera carezza. Non era mai stato un uomo dedito alle coccole, alle parole dolci e ai vezzeggiamenti, ma in quel momento sentiva che coccolare il ragazzo e lasciarsi coccolare a sua volta era l’unica cosa che voleva fare, l’unica cosa importante da fare, e poi poteva sempre dare la colpa ai postumi della sua malattia.
Levi sapeva che era uno sbaglio, sapeva che non avrebbe dovuto lasciarsi coinvolgere in un sentimento tanto complicato e pericoloso come l’amore, sapeva che da quel momento in poi avrebbe vissuto con il terrore costante di perderlo anche se aveva visto le sue capacità. Era sbagliato e pericoloso, ma non poteva farne a meno. La mano sulla schiena del ragazzo strinse appena la stoffa della maglia, mentre sentiva il suo respiro farsi lento e regolare, chiaro segnale che Eren si stava addormentando. Con il palmo cercò di percepire il battito del suo cuore, sentendolo forte e chiaro e fu in quel momento che comprese che in realtà andava tutto bene.
Sì.
Fino a quando avrebbe sentito battere quel cuore sarebbe andato tutto bene.
 
 

Com’era stato ordinato da Erwin, Levi rimase a riposo ancora per qualche giorno per poi riprendere gli allenamenti e le riunioni con gli altri superiori. Nonostante quello che era successo trattava Eren come un normale sottoposto e se all’inizio il giovane non aveva capito il motivo di quel suo comportamento, dopo un po’ si era reso conto che Levi riusciva a tenere separata la vita sentimentale da quella lavorativa e in fondo era meglio così. Sul campo erano il capitano e il soldato, nella loro camera e durante i loro momenti intimi, fatti ancora soltanto di baci e carezze, erano semplicemente Eren e Levi.
Erwin, qualche giorno dopo il rientro del capitano, guardava verso sera i ragazzi più giovani ed inesperti in fila tenendo in mano i loro archi, seguendo attentamente la spiegazione tenuta da Levi stesso. Il comandante si tenne in disparte, osservando i movimenti del suo sottoposto che passava in rassegna tutti i ragazzi, controllando le posizioni, correggendoli con tono autoritario ma infondendo allo stesso tempo coraggio. Lo conosceva bene, il suo capitano Levi, da quando lo aveva tirato fuori dalle fogne della città diversi anni prima aveva sempre riposto grandi aspettative in lui, tanto che era arrivato lì. Ricordava bene anche i suoi amici, Furlan e Isabel, ricordava il modo in cui li guardava, in cui si comportava con loro, come se fosse il loro fratello maggiore con il dovere di proteggerli, tanto che la ragazza lo chiamava sempre “fratellone”. Erwin non sapeva nulla della sua infanzia, non sapeva con chi avesse vissuto, chi lo avesse cresciuto o addestrato, sapeva solo che già a quel tempo nei suoi occhi si celava un velo di tristezza, come se ne avesse passate tante nella sua vita, tristezza che però era quasi completamente coperta dalla determinazione. I suoi occhi erano a dir poco stracolmi di sicurezza e parecchia sfrontatezza, il suo viso era più rotondo e colorito a quel tempo. Poi durante la loro prima uscita per la spedizione fuori dalle mura aveva perso i suoi amici e aveva sfogato tutto il dolore e la rabbia sul titano assassino, e l’avrebbe sfogata anche su Erwin stesso se non l’avesse fermato in tempo con l’aiuto di un altro soldato. Gli aveva fatto capire che non doveva rimpiangere le sue scelte, che se avesse iniziato a pentirsi avrebbe innescato una pericolosa reazione a catena che avrebbe compromesso le sue decisioni future, che lo avrebbe reso debole perché se si fosse pentito avrebbe lasciato che gli altri prendessero le decisioni per lui e questo non era giusto. L’umanità aveva bisogno di lui, della sua forza. Aveva compreso il concetto, Levi, ma da quel momento Smith lo aveva visto cambiare radicalmente, soprattutto nello sguardo che si era fatto sempre più cupo e triste, lasciando che questo sentimento fosse sempre visibile agli altri che però sembravano non accorgersene, forse troppo concentrati ad ammirare il suo coraggio e la sua forza. Aveva visto il suo viso smagrirsi e aveva visto i suoi occhi piano piano venire circondati da aloni scuri, come se non dormisse o lo facesse molto poco. Erwin non aveva mai fatto nulla per aiutarlo perché sapeva che non avrebbe mai accettato l’aiuto di qualcuno anche se fosse stato lui. Levi si fidava ciecamente del suo comandante, ma aveva rinchiuso i suoi sentimenti dentro di sé, segregando la sua umanità, almeno fino al giorno in cui non aveva incontrato Eren.
 
Io voglio entrare nella legione esplorativa… e ammazzare tutti quei fottuti titani, signore!
 
Quando il ragazzo aveva pronunciato quella frase Erwin aveva visto gli occhi di Levi illuminarsi di una luce che non vedeva da tempo e la conferma che non se la fosse sognata giunse dal commento da parte del compagno, che gli chiedeva di assumersi la responsabilità di Jaeger. Voleva prenderlo sotto la sua ala perché aveva visto del potenziale, perché in un certo senso rivedeva se stesso in quel ragazzo, essendo entrambi pieni di odio e rabbia verso i titani, ma forse la cosa più importante erano i suoi occhi. Verdi, grandi, solari e forti, capaci di sorridere senza l’aiuto della bocca, così simili a quelli della sua adorata Isabel… il comandante era abbastanza sicuro che questo fosse un punto fondamentale per spiegare l’attaccamento che Levi aveva per Eren, attaccamento che aveva avuto il suo culmine quando, qualche giorno prima, aveva voluto che soltanto Eren restasse insieme a lui mentre stava male, soltanto da lui si era lasciato curare e, era sicuro, soltanto con lui aveva parlato e si era sfogato. Chissà se gli aveva confidato di Isabel e Furlan, durante quei giorni trascorsi insieme, chissà di cosa avevano parlato…
Smith riportò gli occhi sui ragazzi e vide che Levi stava aiutando Connie a mettere in posizione corretta le gambe, poi si congratulò con Mikasa che ovviamente impugnava l’arco in modo impeccabile e lo vide passare ad Eren. Con lui fu leggermente diverso: gli si avvicinò fino a far toccare i loro vestiti, gli afferrò la spalla mettendola nella posizione giusta, con il piede gli sistemò le gambe, accostò il proprio volto a quello del giovane e gli prese la mano che tendeva la freccia, correggendo di poco la mira. Fu molto lento ed in quel momento Erwin si lasciò sfuggire un sorriso, intuendo che il loro rapporto era molto più profondo di quello che lasciavano vedere e gli tornò in mente il volto rosso di Eren quando gli aveva aperto la porta qualche giorno prima, durante la sua ultima visita al malato: probabilmente aveva interrotto qualcosa e nemmeno se ne era reso conto, in quel momento.
Internamente pensò che non c’era nulla di male, anche perché Levi non aveva mai trattato Eren meglio dei suoi compagni, da quando era tornato ad addestrarli, il che significava che sul campo lo considerava un semplice sottoposto, che era la cosa più giusta. Diede un’ultima occhiata al gruppo vedendo che Levi era passato oltre e se ne tornò soddisfatto nel suo ufficio.
Sicuramente quella relazione sarebbe stata un’ottima cosa per il capitano e il ragazzo dal momento che dava ad entrambi qualcosa per cui combattere e un motivo in più per rimanere vivi in quella terribile situazione in cui il genere umano si trovava. Di un’altra cosa era sicuro: Eren in un certo senso aveva salvato Levi ed il capitano grazie a lui era rinato.
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti / Vai alla pagina dell'autore: Frida Rush