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Autore: Breezeblocks    09/06/2015    0 recensioni
Bea dai lunghi capelli verdi e con la sua borsa tintinnante,si ritrova abbandonata dalle persone più care a lei senza alcuna guida di istruzioni per come affrontare la vita.
Michael cerca ancora se stesso ma pensa prima ai problemi della sua migliore amica perché lui e' fatto così o forse perché il suo sentimento non e' più legato all'amicizia.
Ashton sempre sorridente e con una battuta pronta,non esce mai senza una maglia che non copra i polsi.
Luke tortura il suo piercing ogni volta che il suo sguardo si incrocia con il suo amico dai riccioli d'oro.
Calum preferisce stare nell'angolo con un po' di sambuca sentendosi invisibile agli occhi dei suoi amici.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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~Dopo che Michael e Bea andarono via, Luke e Calum non aspettarono un attimo di più fiondandosi alla televisione per una partita a Fifa -Ragazzi io vado..-

Il riccio strinse l'orlo del suo maglione nero nelle sue dita affusolate - Di già? Resta ancora un po'!- esclamò Calum cercando di far cambiare idea all'amico.

Ashton afferrò le sue bacchette e il cellulare prima di fare un cennò della mano e salire le ripide scale. Il ritorno a casa fu quasi uno strazio per il ragazzo, la sua mente era proiettata soltanto nel suo bagno insieme ad una lametta e la sensazione di sollievo che avrebbe sentito dopo.

Sentiva gli occhi pizzicare mentre un turbine di pensieri confusi e sconnessi occupavano la sua mente "Sei un fallimento" "Potresti morire e nessuno si accorgerebbe della tua assenza" "Sei uguale a tuo fratello: niente."

Portò le mani ai capelli iniziando a tirare i suoi riccioli dorati come se quel gesto potesse strappare via quei pensieri che lo perseguitavano da troppo tempo.

Non badò se i suoi genitori fossero ancora svegli, salì la scalinata chiudendo la porta alle sue spalle e iniziando a spogliarsi del maglione.

Si chiuse nel bagno con due giri di chiave, non sapeva che ora fosse ma in quel momento non gli importava più nulla, riusciva solo a fissare il suo riflesso nello specchio. Il viso di Ashton non era più luminoso come qualche anno fa, era dimagrito a tal punto che gli zigomi erano più sporgenti e la mascella squadrata. Gli occhi contornati da due grandi solchi neri dovuti alle notte insonne per colpa dei suoi incubi, le sue iridi però non erano cambiate. Il verde dalle striature bronzee era persistente ma la luce che li rendeva unici era scomparsa.

Abbassò lo sguardo afferrando con l'indice e il pollice la lamette che sporgeva dal lavandino bianco, tese il braccio lasciando intravedere le venature prima di squarciare una parte di pelle bronzea e accostare un altro taglio agli altri.

Ashton era quasi senza fiato alla vista delle sue cicatrice e dei nuovi tagli, sono un caso perso pensò mentre il piccolo oggettino argentato cadeva nel fondo con un tintinnio. Con le dita tremanti toccò il suo braccio massacrato e il perché di tutto ciò era dovuto solo ai suoi genitori e uno dei suoi fratelli che lo tormentavano da quando Gordon, uno dei due fratelli, si suicidò il giorno del suo ventunesimo compleanno senza lasciare neanche una lettera.

Reputavano Ashton come lui, un ragazzo che vuole solo fare musica senza nessun piano per il futuro, i suoi genitori mentre il secondo fratello insinuava fosse la causa del suicidio. Harry era sempre stato invidioso del legame particolare che si era instaurato dall'adolescenza tra Ashton e Gordon, lui aveva cercato di farne parte ma senza alcun risultato dovuto al suo brutto carattere.

Ma quando seppe della morte del suo stesso sangue, sfogò la sua rabbia nel fratellino che glielo aveva rubato.

Nessuno sapeva cosa succedeva ad Ashton, erano a conoscenza della perdita ma di tutto ciò il riccio li tenne all'oscuro. Si vergognava troppo di se stesso e nascondeva il suo dolore con maglioncini neri.

Strinse le mani ai bordi del lavandino lasciando cedere il viso nel petto, liberando un pianto isterico dovuto a tutto le stress che doveva sopportare.

Non riusciva, non voleva più fingere. Era troppo doloroso, voleva aiuto.

-Mi dispiace così tanto..- mormorò tra i singhiozzi il riccio mentre la consapevolezza che ormai non c'era più nulla da salvare in lui lo pervase come uno tsunami. Nessuno può aiutarmi, è solo colpa mia la sua mente ripeteva straziandolo mentre si fasciava le ferite. Si distese nel freddo letto che a contatto con la schiena nuda gli provocò la pelle d'oca, cercando di addormentarsi ma svegliandosi subito dopo disturbando da un incubo.

   
 
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