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Autore: InuAra    09/06/2015    10 recensioni
ULTIMO CAPITOLO ONLINE!
Con due bellissime fanart di Spirit99 (CAP. 4 e 13)
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Cosa succede se il mondo di Ranma incontra il mondo di Shakespeare? Rischia di venirne fuori una storia fatta di amori, avventura, amicizia, gelosia, complotti. Tra fraintendimenti e colpi di scena, ne vedremo davvero delle belle!
DAL CAPITOLO 2
Ranma alzò lo sguardo verso il tetto. “Akane. Lo so che sei lì” “Tu sai sempre tutto, eh?” A Ranma si strinse il cuore. Ora che era lì, ora che l’aveva trovata, non sapeva cosa dirle. Soprattutto, non poteva dirle nulla di ciò che avrebbe voluto. “Beh, so come ti senti in questo momento” “No che non lo sai” “Si può sapere perchè non sei mai un po’ carina?” “Ranma?” “Mmm…”  “Sei ancora lì?” “Ma certo che sono qui, testona, dove pensi che vada?” Fece un balzo e le fu accanto, sul tetto. “Sei uno stupido. So benissimo che sei qui perchè te l’ha chiesto mio padre” “E invece la stupida sei tu”, si era voltato a guardarla, risentito e rosso in viso, “E’ vero, me l’ha chiesto, ma sono qui perchè lo voglio io! Volevo… vedere come stai…ecco…”
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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E' bella e quindi puo' esser corteggiata; E' donna e quindi puo' essere conquistata.
Richard III – William Shakespeare

 
È mai possibile che la modestia seduca i nostri sensi più che la leggerezza della donna?
Measure for Measure – William Shakespeare
 



 
La cupa luce rossastra proveniente dalle braci di un fuoco ormai esangue, lambiva il ghigno di un uomo incappucciato che stava contando ormai per la terza volta i denari luccicanti di un piccolo scrigno.
 
"Più di qualunque cifra abbiamo mai ricevuto, ti dico", gongolò in direzione di un cespuglio i cui contorni si perdevano nella notte e nella boscaglia, "Il giovane cognato di Soun-sama non ha lesinato nel pagarci la giusta ricompensa per far fuori quel ragazzo, il marito della principessa! Quanti soldi, dico io, mai visti tutti questi soldi insieme!.."
 
"Allora vediamo di meritarceli", grugnì l'uomo tarchiato che uscì dal cespuglio, mentre si tirava su i calzoni e si grattava con malagrazia le parti basse.
 
Il primo uomo, forse più giovane, ma decisamente di umore migliore, sfilò dal suo fodero un pugnale affilato.
 
"Mi chiedo se sarà più veloce la mia lama avvelenata o la morsa della tua mano intorno al suo collo..."
 
"Nè l'una nè l'altra, te lo garantisco"
 
Una voce bassa e gracchiante aveva risposto, ma non era di nessuno dei due.
 
Si misero in guardia.
 
"Chi ha parlato?", sibilò il secondo uomo, allarmato.
 
"Io! E saranno anche le ultime parole che udirai!"
 
Un bastone nodoso e pesante apparve dal nulla, colpendolo in testa. Ma il grosso bestione era avvezzo alle percosse e non batté ciglio.
 
"Vieni fuori spirito maledetto!"
 
L'incappucciato scoccò rapido un paio di frecce nella boscaglia.
 
Ci fu un attimo di silenzio irreale e poi una figura fulminea e inafferrabile venne allo scoperto.
Durante il breve susseguirsi di assalti, a malapena i due sicari capirono chi davvero avevano davanti.
 
"E'-è una vecchia!... Colpiscila idiota! E' solo una vecchia! Non deve essere difficile atterrarla!"
 
"Questo lo dici tu!", ridacchiò la vecchia in questione.
 
Obaba, più in forma che mai assestava bastonate e attacchi energetici, schivando frecce, coltellate, calci.
 
I due delinquenti erano molto abili, ma erano abituati a uccidere nell'ombra con poche implacabili mosse, mentre lei era una Maestra del combattimento e li stava fiaccando lentamente e inesorabilmente.
 
La attaccarono singolarmente e in coppia, tentando di farla fuori.
 
"Ci vuoi forse fermare, vecchiaccia?!", ansimò il tarchiato, "Non puoi, vecchia strega! Siamo i migliori sicari delle Terre dell'Ovest! I sovrani ci pagano oro per far scorrere sangue ed è quello che faremo!... Che sia il tuo, marcio e puzzolente, o magari quello profumato e invitante della principessa, chissà..."
 
Ma le parole gli morirono in gola.
 
Obaba aveva allungato una invisibile mano rugosa, per spezzargli il fiato e la vita in un batter di ciglia.
 
Non le importava. Era una combattente e aveva promesso che li avrebbe difesi: sarebbe stata spietata con chiunque avesse voluto uccidere Akane. O Ranma.
 
L'uomo col cappuccio urlò di rabbia e terrore e immediatamente tentò di affondare due pugnali avvelenati nel torace dell'amazzone. Il gesto gli risultò fatale, perchè fu il bastone della donna a conficcarsi nelle budella dell'aggressore sorpreso ancora con entrambe le braccia alzate.
 
Il tonfo del corpo dell'assassino, morto sul colpo, fu l'unico suono che segnalò la fine della battaglia.
 
*Devo stare con gli occhi aperti*, sospirò Obaba, guardando i due uomini a terra, ricomponendosi dopo la lotta. *Ci saranno certo altri sicari a cui Kuno chiederà la testa di Ranma. Devo impedire a ognuno di loro di raggiungerlo in Cina*
 
Ma, ridandosi alla macchia, Obaba non poteva immaginare che il vero pericolo per Ranma non gli stava andando incontro, ma si stava anzi allontanando fisicamente da lui proprio in quel momento nel tentativo di andarlo a colpire dove davvero aveva il cuore.
 
Lì in Giappone.
 
Più precisamente, a Palazzo Tendo.
 


***


 
L'alba lo colse a cavallo, scintillante nelle sue vesti dorate, fresco come un bambino il giorno del suo compleanno, che poco si cura delle scarse ore di sonno tanto è il desiderio di scartare i regali.
 
Lasciatosi alle spalle il viaggio in mare, Mousse precedeva di qualche miglio il calesse noleggiato al porto giapponese di Hakata e guidato da un servitore pagato per badare al suo bagaglio: alcuni bauli riccamente intarsiati e rivestiti di stoffa pregiata.
 
E a un tratto, dalla collina in cui si trovava, gli apparve in tutto il suo splendore il palazzo di Soun Tendo.
 
Non si era sentito così vivo dai tempi delle battaglie, non troppo lontani dal presente, eppure estranei a quella che era diventata la sua vita, molle e senza direzione.
 
Anche quella scommessa era in fondo null'altro che un diversivo... Ma aveva tutte le potenzialità per rivelarsi un interessante diversivo.
 
Quale tesoro doveva celarsi in un palazzo il cui portone era tanto imponente e sorvegliato?
 
Qualunque fosse il suo valore, quel tesoro sarebbe stato suo.
 
Ormai prossimo all'enorme entrata principale, inspirò a pieni polmoni l'aria di quel mattino, giurando a se stesso che sarebbe uscito da quelle mura non più tardi del mattino successivo e con la vittoria in pugno.
 
Alzò il capo e si palesò a coloro che stavano di guardia.
 
 
***
 
 
"Tesoro caro, ma guarda che occhi che hai... Non dirmi che anche stanotte non hai dormito... sono già due notti di seguito...", la signora Nodoka carezzò gentilmente la testa di Ranma, seduto sul pozzo di pietra nel retro della locanda.
 
Distolto dalla nebbia dei suoi pensieri alzò appena uno sguardo triste sulla donna, tentando di ricambiarne le attenzioni con un sorriso affaticato.
 
I suoi occhi erano color del piombo, cerchiati da occhiaie bluastre.
 
"Sono stato uno stupido... uno stupido! Come ho potuto perdere la testa a quel modo? Ora lei è là e non sa che deve difendersi da quell'individuo... non lo sa perchè...indovinate un po'? Quest'idiota le ha persino scritto una lettera dicendole di accogliere quel Mousse come il più fidato degli amici!... Certo lei è... lei. E si sa difendere e... io mi fido di lei, sempre... Ma lui era così sicuro che... Aahhrgh! Dannazione! Come mio solito ho sfidato la sorte! Ma perchè, perchè per quanto mi sforzi non riesco a restare umile!? Voglio vincere, voglio sfidare tutto e tutti! Sono sempre così sicuro di vincere!...  Ma... e se questa volta perdo tutto? Tutto, intendo! Tutto quello che ho! Perchè io non ho niente! Ho solo lei, che è tutto..."
 
Il povero ragazzo era in balìa delle sue emozioni in un corpo a corpo con se stesso.
 
E non ne stava uscendo troppo bene.
 
A tratti voleva prendersi a schiaffi e scaricare così la propria frustrazione, poi di colpo si spegneva fino a disperarsi in una richiesta smarrita di aiuto...
 
Si immaginava Akane, lì, in Giappone, preda delle mire di quel superbo cinese dai capelli lunghi e dagli occhi colmi di cupidigia...
 
L'avrebbe fermato a cazzotti se avesse potuto, ma ormai lui era partito e si maledisse per aver lasciato che a decidere fosse la sua testa irrorata dal vino e fomentata dagli impulsi più rovinosi.
 
"Ranma, caro... Non farti del male... Quel che è fatto è fatto... Ma tu, ti fidi di lei, non è così? E allora abbi fede e non lasciare che i cattivi pensieri avvelenino il tuo animo"
 
Poche parole che in qualche modo gli attutirono almeno per un po' il dolore lancinante che stava provando. 
 
Ma la mattina era ancora molto lunga e la signora Nodoka si alzò per continuare le sue faccende. L'occhio le cadde su una docile Shan-Pu che da lontano aveva assistito a quella scena, troppo rispettosa del dolore del ragazzo per avvicinarsi al pozzo e riempire il secchio che teneva tra le mani.
 
Quanto a volte una persona troppo buona può agire scioccamente, perchè non può vedere il male nell'animo altrui...
 
"Oh, Shan-Pu cara, capiti a proposito! Pensaci tu, di' qualche parola di conforto a Ranma... Ranma, caro, ti lascio in buone mani... cerca di tirarti su, mi raccomando", e li lasciò serena e fiduciosa.
 
La cinesina si avvicinò timidamente.
 
"Lanma stale poco bene?"
 
"Poco bene dici? Perchè, perchè non l'hai fermato?!", si stava rivolgendo a lei ma ce l'aveva soprattutto con se stesso.
 
"Se stai pallando di Mousse, non è tipo che può essele felmato", gli confidò rassegnata, sedendogli accanto, "ma tu non devi temele. Tua moglie è celto donna speciale, salà plima al mondo a non cedele alle sue lusinghe, Shan-Pu ne è sicula!"
 
"C-come la prima?... Che intendi?"
 
"Come tu non sai? Mousse è famoso in tutte le telle che ha attlavelsato con suo eselcito pel avele fatto innamolale qualunque donna che ha posato occhi su di lui. Dicono che pule figlia di impelatole ha pianto inintellottamente tlenta giolni e tlenta notti pelchè non poteva essele suo. Non sembla intelessato a cuole delle donne. Piuttosto a qualcos'altlo...", concluse allusiva.
 
Occhi sgranati, Ranma non si perdeva una sola sillaba.
 
Eppure non riusciva a capacitarsi.
 
"Ma... davvero è così bello quel cretino?"
 
"Ma l'hai gualdato? Ha fascino, siculezza, eleganza, sa combattele... Lui è uomo, no lagazzo"
 
Quest'ultima allusione lo gettò nell'insicurezza più totale. Ma cercò di non darlo a vedere.
 
"M-ma... tu... voglio dire, tu non sei innamorata di lui..."
 
"Oh, Shan-Pu non lacconta tloppo di suo cuole", gli rispose laconica, "Shan-Pu giovane e sa che la vita non deve essele fatta solo di tlistezza. Cosa pensa Shan-Pu non ha impoltanza. Quello che impolta è cosa pensa sposa Akane, velo Lanma?"
 
Ranma deglutì.
 
"V-vero"
 
Ma nemmeno lui riuscì a credere a se stesso.
 
Senza dire una parola, ma regalandogli il più rassicurante - e falso - dei sorrisi, Shan-Pu si alzò per tornare serena alle sue mansioni giornaliere.
 
Avrebbe dovuto sentirsi sollevato e invece qualcosa stava iniziando lentamente e inesorabilmente a divorarlo dall'interno.
 

***

 
Akane era inquieta.
 
Era un paio di notti che dormiva male. "I primi caldi", diceva Ukyo. "Mah", rispondeva lei.
 
Mai come quando il padre e la matrigna erano lontani dal palazzo si sentiva così tremendamente in gabbia.
 
Quel giorno nemmeno Kuno era nei paraggi, dal momento che l'odioso pretendente aveva intrapreso con Happosai un viaggio di tre giorni fuori dai confini delle loro terre per questioni che le erano estranee e che, a dirla tutta, poco le importavano.
 
Libera dunque, libera di andare dove volesse.
 
Ma pur sempre all'interno delle vaste mura della tenuta.
 
Quella effimera libertà le dava ancora di più la misura della sua prigionìa.
 
Come avrebbe voluto fuggire alla volta della Cina!
 
Quanto avrebbe resistito ancora?
 
Erano in quei momenti che si sentiva realmente persa, desiderosa di prendere in mano la propria vita e spaventata a morte dalle conseguenze.
 
Quella mattina si era alzata ancora prima di Ucchan e di Ryoga. Si era gettata sulle spalle uno yukata bianco e azzurro di cotone leggero, e ancora scalza era scesa nel "cortiletto della carpa". Così amava chiamare fin da bambina quel piccolo paradiso, lontano dalle stanze ufficiali e poco frequentato anche dai domestici. Obaba era solita raccontarle che era stato in quel cortile che sua mamma aveva trascorso placidamente gran parte della gravidanza.
 
Era un angolino ombroso e curato.
 
Al centro di un gruppo di alberi, circondato da alcune pietre lisce e da un tappeto di muschio, si apriva un piccolo specchio d'acqua, da cui, di tanto in tanto una carpa saltellava giocosa.
 
Quando Ukyo la scovò, portando un piccolo vassoio con un bicchiere di tè caldo, Akane era lì, seduta ai piedi del salice piangente, sovrapensiero, a mordersi il lembo di una manica.
 
"Maledizione, Akane-san, ecco dove eravate finita! Potevate svegliarmi..."
 
"Sono arrivate notizie dalla Cina?", le chiese febbrilmente, saltando in piedi.
 
"N-no... non ancora"
 
Un pugno improvviso si accanì contro il tronco del povero albero.
 
"Ukyo sono due giorni che non mi arrivano lettere... Gli sarà successo qualcosa?", cominciò rabbiosa e poi sempre più smarrita, fino ad accasciarsi lentamente a terra.
 
Un pianto nervoso e sommesso le bruciò gli occhi e le scosse il petto in una serie di singhiozzi soffocati.
 
"Ma no! Ma cosa state dicendo?", la consolò la confidente, posando il vassoio sull'erba, "Su! Ora vi sciacquate un po' il viso e vi calmate, eh?", la confortò lavandole le lacrime con un po' di quell'acqua cristallina.
 


Fu così che la trovò Mousse.
 
Accovacciata, scalza, sotto i giochi di luce dei rami pendenti, in un timido sorriso, col pugno arrossato e col candido volto bagnato di lacrime e rugiada.
 
Il suo cuore sempre freddo e arroccato perse un battito a quella vista.
 
Poteva esistere una creatura più dolce e indifesa? Una bellezza luminosa, pura... indescrivibile.
 
Se quella fanciulla fosse stata onesta la metà di quanto era bella, avrebbe perso tutto, scommessa e reputazione.
 
"Akane-san, mia signora!", si fece avanti Ryoga, "Questo nobiluomo ha chiesto di voi. E' arrivato direttamente dalla Cina"
 
"Dalla Cina?!", lo interruppe Akane, impaziente.
 
Mousse deglutì e si ricompose, scacciando lo stupore e armandosi di malizia.
 
*Se devo cadere, cadrò combattendo*
 
"Mia signora", si inchinò ai suoi piedi con lo sguardo basso, "Vi porto i saluti di vostro marito Ranma", il cuore di lei le salì in gola, "e la lettera che mi ha pregato di consegnarvi"
 
"Oh! Grazie!...", si avventò con trasporto verso il piccolo foglio ripiegato e lo aprì trepidante, divorandone al volo ogni parola.
 
Mentre Akane leggeva in silenzio, Ukyo e Ryoga, in un misto di preoccupazione e sospetto, non sapevano cosa dire: guardavano lui, ancora inginocchiato, in attesa, e guardavano lei. Fu solo quando la videro tirare un profondo sospiro di sollievo che anche loro si rilassarono un po'.
 
Akane sollevò il capo dalla lettera, e si rese conto che Mousse, quel nobile soldato di cui le aveva scritto Ranma, era ancora in quella posa di referenza e sottomissione.
 
Si diresse risoluta e sorridente verso di lui e, contro ogni etichetta, gli prese la mano per tirarlo su.
 
A quel tocco lui liberò lo sguardo su di lei.
 
"Vi prego, alzatevi! Non state a terra... Sono così maleducata!... Ma dovete capire la mia apprensione... e voi non solo mi portate belle notizie ma... Oh grazie! Grazie per tutto quello che state facendo per mio marito. Mi parla di voi nella lettera, sapete? Della vostra gentilezza e di quanto siate l'amico più fidato! Non potevo sperare in una situazione migliore per lui laggiù in Cina!..."
 
Parlava sorridendo, come una bambina felice che non riesce a trattenere il suo entusiasmo - Ranma stava bene e aveva degli amici! - e non riusciva a lasciare la mano di lui - gli era grata, tanto grata! - se avesse potuto l'avrebbe abbracciato!...
 
Gli occhi di lui si addolcirono.
 
"Grazie mia signora. Siete molto buona. Dovete essere molto innamorata di lui..."
 
"Oh, sì, moltissimo!..."
 
"Ehm... Mmh...", era stata Ukyo a schiarirsi rumorosamente la gola e a riportare Akane alla realtà e a discorsi più convenienti.
 
"Oh ma scusate! Sarete stanco per il viaggio e vorrete riposare! Vi faccio subito prepare-"
 
"Non ce n'è bisogno, davvero", la bloccò il cinese, "Non per il momento, almeno. Sono abituato alla fatica e alle lunghe traversate, e poi questo vostro giardino mi ristora l'animo e i sensi. Starei ancora un po' qui con voi, se non vi dispiace..."
 
"Ma certo che no! Tutto quello che volete! Anzi, ci sono molte cose che vorrei chiedervi, di mio marito là in Cina", lo rassicurò, "Ucchan, tu comunque vai a preparare la stanza più bella e anche un bel bagno caldo, per quando... vorrete riposarvi", terminò rivolgendosi a Mousse. 
 
"Come volete Akane-san", ubbidì l'ancella non senza una certa reticenza.
 
Andandosene, Ukyo lanciò a Ryoga una breve occhiata, che non passò inosservata all'ospite.
 
"Avrei inoltre bisogno, perdonatemi per la richiesta, che un vostro servo fidato aiutasse il mio uomo a scaricare i miei bauli dal carro. Ho saputo che Soun-sama non si trova a palazzo quest'oggi, ma vorrei comunque fargli trovare, al suo ritorno, i doni che ho portato per lui, come omaggio alla sua grandezza da parte di un umile figlio della Cina"
 
"Ma non ce n'era affatto bisogno!", gli sorrise scrollando il capo, per poi aggiungere, "Mio padre ne sarà felice... sempre che non gli diciate che siete amico di Ranma..."
 
"Ah ah, no, questo mai!", risero allentando un po' di tensione.
 
"Ryoga, puoi occupartene tu?"
 
"M-ma certo, Akane-san", e a malincuore anche il ragazzo con la bandana fu costretto a congedarsi.
 
"Vi prego", sorrise Akane indicando un po' imbarazzata il praticello tra il salice e il laghetto, "Mettetevi comodo"
 
Si sedettero a terra in modo composto e Akane vide il bicchiere di tè ancora fumante sul vassoio e lo porse al suo ospite: "Prego! Bevete almeno un po' di tè... Era per me, ma non ho sete!"
 
"Grazie", le rispose con un sorriso che a lei parve... triste.
 
No, si stava certamente sbagliando... Magari provava solo un po' di disagio per quella situazione così poco formale... Doveva essere abituato a ben altre accoglienze... In fondo era un nobile, Akane ne era sicura.
 
Finalmente la ragazza lo guardò con calma.
 
Il suo volto era pallido e assottigliato e i lunghi capelli scuri ne marcavano i lineamenti. Il corpo era slanciato, ma sembrava forte e definito anche sotto la lunga casacca dorata e i pezzi dell'armatura.
 
Mentre sorseggiava il tè, non potè non scorgere una certa malinconia nel suo sguardo perso davanti a sé. Chissà, forse anche lui si era dovuto allontanare dalla donna che amava...
 
"State bene?", gli domandò premurosa.
 
"Oh, sì, mia buona signora. Non avrei potuto sperare in un'accoglienza migliore. Non mi aveva detto vostro marito che foste tanto gentile e tanto bella..."
 
"Oh", arrossì Akane, "lui non ama parlare di queste cose"
 
"No. Decisamente non ama parlare di voi", rispose secco.
 
"Ma... che avete? Sembrate come risentito..."
 
"Non è nulla, perdonatemi... Sono solo stupito, davvero"
 
"Stupito? Eppure a me sembrate così triste..."
 
"Triste dite? Può darsi... Mi rattrista sempre molto non capire l'animo umano..."
 
"H-ho forse fatto o detto qualcosa di sconveniente?..", si allarmò la principessa.
 
"Voi?! Ma per nulla al mondo! Voi siete così bella e così dolce... E' che non capisco come si possa impazzire tutto d'un tratto... Eppure anche chi è pazzo, tra una cosa bella e una cosa brutta, sceglie quella bella..."
 
"Io non..."
 
"O forse è l'astinenza! Ma no... Chi ha conosciuto la perfezione poi non riesce a cedere a ciò che è più accessibile ma tanto più imperfetto..."
 
Akane non riusciva ad afferrare il senso di quei discorsi incomprensibili e che pure le stavano mettendo addosso una grande inquietudine. Mousse sembrava parlare più a se stesso che a lei, rispondendo da solo alle sue stesse domande, infervorandosi sempre più, con un tono sempre più duro, probabilmente nel tentativo di trovare ad alta voce una soluzione a delle questioni filosofiche o di principio che attanagliavano il suo animo.
 
Niente che la riguardasse, a quanto pareva, eppure...
 
"State bene?..."
 
"Benissimo, mia signora. Scusate, stavo pensando a voce alta"
 
"Ma, vive bene, no, lì, Ranma?", tentò timidamente Akane di riportare il discorso a qualcosa che fosse più ragionevole.
 
"Ah ah! Eccome se vive bene! Eccome...", scoppiò a ridere Mousse, malcelando una certa amarezza.
 
"Beh, spero sia di buonumore... Sapete, tutta questa storia è dura per noi da-"
 
"Di buonumore?! Ma quello è sempre lì a sganasciarsi e a ridere, a far battute! 'Signora Nodoka! Svelta, altro vino!'....", cominciò ridacchiando, intanto che riportava evidentemente alla mente immagini di vita goliardica accanto a Ranma, arrivando persino a imitarne la voce.
 
"Cosa? Dice così?!", sgranò gli occhi Akane, "Beh, cosa volete, lui sa fare amicizia con tutti..."
 
"Eh, mia buona signora, con tutti! Proprio con tutti! E' proprio vero che gli uomini sono tutti uguali!", sospirò sorridente ancora sovrapensiero.
 
"Come tutti uguali!?", il volume di Akane si era fatto più alto, incredulo, "Volete dire che lui....?!"
 
"No no, perdonatemi", si ricompose Mousse, facendosi serio, forse anche leggermente preoccupato, "Non volevo dire questo. No, certo no..."
 
Nello scrutare lo sguardo del suo ospite in cerca, chissà perchè, di qualcosa che le chiarisse quella strana sensazione che provava alla bocca dello stomaco, Akane si rese conto che aveva il fiato corto. Lo guardava, con le pupille dilatate e un inconsapevole sguardo implorante.
 
Mousse la guardò, stava per dire qualcosa ma si trattenne.
 
Sembrava in conflitto con se stesso.
 
Voleva parlare ma non poteva? Perchè poi?
 
"Mio signore, ditemi, avete qualcosa che vi assilla?..."
 
Il ragazzo non rispose.
 
"Vi prego, io vi sono amica. Confidatevi pure con me"
 
"Certo che...", azzardò lui, come vinto, "di fronte a occhi così... Come si fa a mentire? Io davvero mi stupisco... e anche un poco... compatisco...", calcò l'ultima parola.
 
"Cos'è che compatite?!", si alzò di scatto Akane, andando verso di lui.
 
"Perdonatemi, ho osato...", sembrava affranto, e si stava scusando.
 
Ma di che diavolo si stava scusando?!
 
"Cos'è che compatite?!!", lo incalzò la ragazza, sovrastandolo.
 
In tutta risposta lui sollevò lentamente uno sguardo lucido su di lei.
 
"E' me che compatite??", indietreggiò appena, "St-state guardando me... Cosa trovate in me da compatire?", chiese. E sembrava sinceramente stupita.
 
"Io... Oh che pena!", scattò in piedi anche lui, allontanandosi da quella scomoda situazione, e dirigendosi verso il laghetto.
 
Akane gli corse dietro: "Insomma!", strattonandolo per un braccio lo fece voltare, "Desidero risposte trasparenti! Cosa trovate in me da compatire?"
 
"Che altre donne...!", fu quasi un urlo e immediatamente Mousse si tappò la bocca per impedirsi di andare avanti, "No! Stavo... stavo per dirlo... No! Che siano i kami a punirlo, ma io non parlerò"
 
Una stilettata in fondo al cuore, ecco cosa era stato quell'urlo per Akane, una stilettata il cui veleno le aveva seccato di colpo l'aria in gola e svuotato il sangue dalle vene.
 
Il volto pietrificato,  con una lentezza snervante si accasciò su un enorme masso.
 
"Ma ormai lo so", la sua voce si era fatta debole e sottile, quasi uno squittìo senza corpo, "ho capito... cosa volete dire... Vi prego, parlate! Il dubbio è il peggiore dei nemici... Voglio sentirlo dalla vostra voce..."
 
Iniziò, totalmente disarmato, a camminare tristemente verso di lei.
 
"Io so solo...", indugiò appena e poi le si sedette accanto, "che se io avessi i vostri baci", le guardò la bocca rossa e tremante, "se ricevessi da mani come le vostre...", l'occhio di lui accarezzò le mani di lei abbandonate in grembo, "quel tocco che sfiora appena e che forzerebbe qualunque peccatore ad essere fedele, se ci fosse un volto così dolce a imprigionarmi a sé...", alzò il capo e si ritrovò a pochi centimetri da quello di lei, "Non mi darei a labbra di passaggio, non vorrei farmi toccare da mani che hanno toccato tanti uomini, e non mi perderei in occhi spenti e smaliziati", le sussurrò vicino all'orecchio in un crescendo di rabbia e disprezzo.
 
Ad Akane mancò l'aria.
 
"Allora non pensa più a me?..."
 
"Ma neanche a se stesso, mia dolce signora! Neanche a se stesso! E' completamente allo sbando! E se io vi ho detto tutto questo è perchè il vostro sguardo me l'ha domandato!...", sembrava disperato, combattuto.
 
"Oh, kami! Tacete!...", Akane si allontanò improvvisamente da lui, senza sapere bene dove andare, pentita di essere andata in fondo a quella storia.
 
Non poteva credere davvero a quelle parole, eppure Mousse stava soffrendo nel dirgliele... Come poteva mentire?
 
Ma come poteva Ranma tradirla?
 
Copiose lacrime cominciarono a rigarle il viso.
 
Voleva solo stare sola, scappare da lui.
 
"Tacere?", si indignò il cinese, seguendola per tutto il giardino, "E come potrei restare a osservare in silenzio una simile bassezza...! Ora che vi ho conosciuta non potrei più... Lui non la merita una donna come voi, fedele, pura, coraggiosa!... Io non concepisco che lui vi spartisca con quella... Shan-Pu!"
 
"Sh-shan-Pu...?", Akane si bloccò.
 
"Sì... Una gatta morta della peggior specie”, spiegò lui, “occhi languidi, chioma leonina, pelle di seta... Un ammasso di calcolo e lussuria! E non ha perso tempo lui! Appena messo piede alla locanda si è lasciato sedurre... Quando avrebbe voi..."
 
"Oh, no, no! Ranma...", scuoteva il capo, incredula.
 
Lui la prese per le braccia, cercando di scuoterla. Akane si trovò con la schiena contro una grande quercia e gli occhi fissi nei suoi.
 
"Sì! Sì, vi dico! Ha perso la testa! Dice che lui sta bene tra quelli del suo rango, voi l'avete sempre fatto sentire inferiore e andare via da voi è stata la più grande benedizione! E' pazzo! E' pazzo!", le andò ancora più vicino, occhi negli occhi: "Vendetta...!", la esortò a bruciapelo, stringendola più forte.
 
"Vendetta?", lo sguardo di Akane era perso.
 
Aveva capito bene?
 
Lui le stava proponendo di vendicarsi?
 
"Ma cosa state dicendo? Io... io non potrei mai vendicarmi contro Ranma... Però se è vero... No! Non posso credere alle vostre parole! Io so che non è così... Lui... non può... tradirmi... Però se è vero? Oh kami, non posso! Non posso!"
 
Era tormentata, tremante.
 
Distrutta e svuotata come una bambola di pezza.
 
Cercò consolazione dalla sola persona che in quel momento poteva dargliela: fissò Mousse con occhi imploranti.
 
E Mousse non se lo fece ripetere.
 
"Se fossi io al vostro posto", le confidò il ragazzo, allentando la presa, "una moglie fedele e devota, tutta sola nel mio letto, mentre lui laggiù se la spassa deridendomi... io mi vendicherei!"
 
L'alito di Mousse che soffiava caldo sul suo viso, Akane sentì il cuore fermarsi.
 
Vendicarsi...?
 
"Ci sono molti modi per vendicarsi... oh, io sarei il vostro strumento, mia signora", quasi senza che Akane se ne rendesse conto, premette lentamente il proprio corpo contro quello di lei, facendo salire una mano lungo il suo collo per arrivare al viso, dove asciugò qualche lacrima con il pollice, "e intanto medicherei la vostra sofferenza e farei soffrire chi ha rinnegato il vostro letto. Sarà un segreto"
 
L'aveva in pugno. Coprendo gli ultimi millimetri che lo separavano da lei, si avventò sulle sue labbra umide di pianto.
 
A quel punto accadde qualcosa che nemmeno lui non aveva previsto.
 
Una frazione di secondo prima che riuscisse a impadronirsi di quella piccola bocca vermiglia, venne scaraventato via da una forza erculea - possibile che fosse quella della principessa? - e in men che non si dica si ritrovò col posteriore a bagno.
 
"Ma cos-"
 
"Andate via! Statemi lontano!", Akane aveva occhi di fuoco, e tremava, ma questa volta di una rabbia azzurrina.
 
"Ryoga!!! Ukyo!!!", gridò a gran voce, per poi rivolgersi a lui, "Come avete osato?"
 
Gli andò incontro minacciosa.
 
Per un attimo Mousse ebbe paura.
 
Akane non poteva credere di averlo fatto avvicinare a sè, di avere anche solo pensato che le sue parole fossero vere.
 
"E come ho potuto anche solo ascoltarvi?! Foste stato onesto e sincero, mi avreste informato per amor di giustizia e non per fare i vostri comodi osceni...", gli ringhiò contro furiosa.
 
"E Ranma! Oh Ranma, perdonami se per un attimo ho dubitato di te... Avete cercato di infangare il suo nome, lui che è tanto estraneo alle cose che mi avete raccontato quanto voi all'onore! Ryoga!!!", Mousse stava frettolosamente per alzarsi ma lei lo freddò, "Mio padre sarà messo a conoscenza di questo incontro, sapete? E se ha ancora a cuore sua figlia e la sua corte, questo gli basterà a sentirsi oltraggiato! Insomma Ryoga!!!"
 
"Akane-san!", Ryoga che dall'altra parte del palazzo aveva sentito l'urlo della principessa,si era precipitato in suo soccorso, saltando sul tetto e cominciando a correre. Fu dal tetto che vide Akane, vide Mousse a terra e capì cosa era successo. Balzò giù scagliandosi sul cinese e gli bloccò le braccia da dietro, nel momento stesso in cui Ukyo, trafelata, sbucò dalla porta scorrevole che dava sul cortiletto.
 
Aveva fallito.
 
Lui, Mousse, aveva fallito.
 
Possibile che quel loro 'amore' fosse tanto grande da resistere alla paura e persino al suo fascino seduttivo?
 
Eppure c'era quasi...
 
No, non sarebbe tornato a casa da perdente.
 
Avrebbe fatto carte false per vincere la scommessa.
 
Era solo questione di cambiare strategia...
 
"Ranma! Quanto sei fortunato, amico mio!", gridò Mousse al cielo, come se parlasse in prima persona con Ranma, o col suo fantasma, in un sorriso sereno e senza voglia di combattere.
 
Ryoga continuò a tenerlo, un po' meno convinto e parecchio impacciato.
 
Akane non riusciva a capire quel cambiamento improvviso.
 
*E' uscito di senno*, pensò Ucchan.
 
"La tua sposa è degna della tua stima e tu della sua. Fedeli e onesti: siate felici!", concluse rivolgendosi ad Akane, con una franchezza tale che era impossibile anche solo immaginare che fino a pochi minuti prima su quello stesso volto albergassero malizia e seduzione.
 
"Perdonatemi, signora. Ranma è l'uomo più esemplare che ci sia al mondo. Ho mentito sul suo conto, e vi chiedo perdono"
 
Si inginocchiò, facendo ammenda.
 
"Ma... perchè?", chiese Akane che continuava a non capire.
 
"E' dunque questo l'amore? Non riuscivo a credere che le parole del vostro Ranma fossero vere e ho deciso di mettere alla prova questo sentimento che egli chiamava tanto grande. Perdonatemi. Ho peccato di superbia. Ma l'ho fatto anche per lui, per assicurarmi che la sua fiducia fosse ben riposta. Perdonate il sospetto di un uomo che ha avuto solo tristi esperienze in fatto di donne. Ma davvero io dubitavo che esistessero sulla terra due persone in grado di amarsi così? Avevo torto, lo scopro adesso e ne sono felice", concluse abbassando il capo.
 
Akane provò un moto di pietà.
 
Ancora un po' titubante, con lo sguardo severo e la voce appena un po' dura, gli chiese: "Vi state dunque scusando?"
 
"Scusarmi non sarebbe abbastanza, mia signora. Per quello che vi ho fatto passare meriterei la morte. Consentitemi almeno di diventare il vostro schiavo e servirvi finchè vorrete"
 
"Ma no, che dite. Avete sbagliato, questo è vero, ma avete agito a fin di bene. E per questo non avete perso la vostra libertà ma avete guadagnato... l'amore. Ora sapete che esiste"
 
"Sì", rispose Mousse trattenendo un singhiozzo.
 
"Io vi perdono", concesse lei.
 
Ryoga mollò la presa e Ukyo sospirò: possibile che ce ne fosse sempre una in quel benedetto palazzo!...
 
"Potete restare quanto volete!"
 
Benissimo, era riuscito a ottenere di restare.
 
Ora non c'era altro da fare che prendere ancora un po' di tempo.
 
Alzandosi da terra e strizzando via l'acqua dalla tunica, Mousse continuò: "Posso chiedervi un favore? Scusatemi se oso... ma... riguarda anche vostro marito..."
 
"Ranma?", si illuminò lei.
 
"Sì, vedete... Lui è molto premuroso con la signora Nodoka, la padrona di casa. E  sa che a lei manca il suo Paese, quasi quanto manca a lui. Allora ha pensato che in questo mio viaggio avrei potuto recuperare tutti quei piccoli oggetti di uso quotidiano che la farebbero sentire a casa. Kimono, obi, sandali, deliziosi minuscoli monili, tazzine e quant'altro... Nulla di troppo prezioso, ma 'carico di valore e di ricordi per una signora così', come direbbe vostro marito. Mi spiacerebbe che il baule contenente il raccolto di questa nostra piccola impresa, fosse confuso con quelli per vostro padre. E non mi fido del mio servo così tanto da affidarlo a lui. Potreste tenerlo voi in custodia?"
 
"Ma certo! Non c'è nemmeno da chiederlo! E dato che è stata un'idea anche di Ranma, sarò felice di tenerlo nella mia personale stanza"
 
"Grazie, principessa. Approfitto della vostra gentilezza, ma solo per stanotte. Riparto domattina"
 
"Ma come, di già?"
 
"Eh sì, purtroppo, ma non voglio tardare il mio ritorno. Vostro marito sarà in pensiero. Anzi, affrettatevi a scrivergli se volete che gli recapiti vostre notizie"
 
"Ma certo... Corro a scrivergli! Mandatemi il baule, mi raccomando! E... grazie!", urlò da lontano mentre spariva in casa, inseguita da Ryoga e Ukyo.
 
Rimasto solo, Mousse volse lo sguardo a occidente e sorrise di gusto.
 
*E ora, Ranma, stai a guardare...*
 
 
 
***
 
 
 
"E' mezzanotte, Akane-san... Che ne dite di andare a letto?", sussurrò Ukyo alquanto assonnata, seduta sul grande e ricco baule che Mousse aveva fatto recapitare nella stanza della principessa.
 
"Tutto il palazzo dorme ormai. Anche il vostro ospite è chiuso nella sua stanza da questo tardo pomeriggio... E domani sarà una giornata piena per tutti: lui tornerà in Cina e rincaseranno vostro padre, Kuno e Kodachi... Andate a dormire, su..."
 
"Ancora un attimo, Ucchan, ho quasi finito..."
 
Illuminata dalla luce fioca di una candela, Akane terminava a fatica le ultime righe di una lettera molto fitta.
 
"Ma non avete già consegnato la vostra lettera per Ranma oggi pomeriggio a quel Mousse?"
 
"Sì, Ucchan. Ma perchè non approfittarne e scrivere ancora e ancora? Volevo raccontargli così tante cose... Non di oggi però, questo no. Penso che si preoccuperebbe per niente. In fondo è già tutto risolto, no?"
 
"Ma sì, ma sì!... Un problema fatto e disfatto. Ecco", concluse l'ancella che non vedeva l'ora andare a riposare.
 
"La darò personalmente domattina al suo servitore quando verrà a ritirare il baule"
 
"Tra poche ore, allora", fece Ukyo con un filo di sarcasmo.
 
"Dai, vai a dormire, Ucchan. Sei stanca morta"
 
"Anche voi, però", le rispose addolcendosi la ragazza dandole un bacio materno sul capo, per poi uscire.
 
 
 
Rimasta sola, Akane sigillò la lettera, chiuse gli occhi e ascoltò per un attimo il silenzio sospeso di quella notte senza luna.
 
"Che sempre il vostro sguardo, oh kami, protegga me e... Ranma", mormorò quella breve preghiera a fior di labbra, come faceva ogni sera, da che era bambina, con le dovute modifiche. Da quando Ranma poi era stato esiliato, le dava un nuovo conforto.
 
Di colpo, una pesante stanchezza si impossessò delle sue membra.
 
Ebbe appena il tempo di trascinarsi sull'enorme futòn e slacciarsi leggermente lo yukata, che cadde in un sonno profondo.
 
La piccola candela ancora accesa delineava flebilmente i contorni di ogni cosa, allungando ombre sottili e tremolanti lungo le pareti.
 
Le membra immobili e abbandonate, i corti capelli scomposti sul piccolo cuscino, le labbra appena socchiuse, Akane sembrava finalmente calma e rilassata.
 
Soltanto il regolare sollevarsi e abbassarsi del suo petto scandiva il tempo della notte e di quel luogo.
 
Ad un tratto un rumore secco e sinistro ruppe il silenzio della stanza.
 
Akane non si accorse di nulla.
 
Nell'inquietante gioco di luci, un improvviso guizzo bianco saettò nella tenebra, rivelandosi a poco a poco il braccio di un uomo che scivolava fuori dal grosso baule.
 
Un secondo braccio si insinuò tra il pesante coperchio e le pareti del forziere e, facendo leva su di esse, in un gesto misurato e silente, lo spalancò.
 
Quello che a poco a poco si svelò all'oscurità era il corpo nudo e madido di sudore di un uomo che si issava lentamente e pericolosamente fuori dal baule.
 
Un uomo dai lunghi capelli scuri e occhi color di giada.
 
Mousse.
 
Respirando a fatica, mentre si guardava intorno riprendendo il controllo dei propri arti, il cinese si rallegrò di aver pensato fosse più saggio spogliarsi completamente prima di chiudersi raggomitolato in quel baule per così tante ore, in attesa della notte.
 
Era dove aveva programmato di essere.
 
La camera di Akane.
 
E lì la vide.
 
Inerme e bellissima.
 
Le si avvicinò con passo felpato e si bloccò ad ammirarla.
 
Era supina, abbandonata.
 
Le gambe appena dischiuse, il capo reclinato da un lato.
 
Un lembo dello yukata era sceso, scoprendo una spalla.
 
La sua pelle sembrava emettere una leggera luce, tanto era bianca e perfetta.
 
A Mousse mancò il fiato.
 
*Oh dei, quanto siete sfrontati a forgiare la bellezza*, maledisse tra i denti.
 
E dagli dei venne immediatamente punito.
 
Si sentì bruciare dall'inaspettato desiderio di toccarla, di toccare quella pelle.
 
*Soltanto un tocco*, si concesse mentalmente, mentre il respiro gli si accorciava e qualche gocciolina di sudore gli scivolava lungo i muscoli del collo.
 
Senza fare il minimo rumore, annullando completamente la propria aura, si abbassò e appoggiandosi all'avambraccio, sinuosamente le si mise accanto, sovrastandola con quel corpo allenato, carico di forza trattenuta.
 
Iniziò a divorarne le forme con gli occhi...
 
Ma poi gli occhi non riuscirono più ad appagare la sua voglia crescente e avvicinò le mani e il volto al corpo di lei, delineandone i contorni in una distanza impercettibile, quasi nulla, alitando ansante sulle sue carni.
 
Ma doveva far silenzio. Anche un solo gemito l'avrebbe potuto tradire.
 
Eppure ciò non bastò a fermarlo.
 
Non riusciva a smettere di inspirare quel profumo inebriante.
 
Aprì gli occhi e si ritrovò col viso di Akane appena sotto il suo, le scure ciglia serrate su quegli occhi brillanti, le labbra calde, invitanti, indifese.
 
Con una delicatezza maniacale, che nascondeva la violenza del gesto, calò su quelle labbra, assaporandone la dolcezza.
 
Un mugolìo della ragazza lo strappò da quel piacere proibito.
 
"Ran...ma..."
 
Cosa diavolo stava facendo? Rischiava di mandare tutto all'aria? Per cosa, poi? Un bacio?
 
Si guardò intorno, nuovamente lucido.
 
Impresse nella sua mente ogni angolo, ogni dettaglio di quella stanza, per garantire  all'altrui curiosità prove autentiche di esserci stato davvero.
 
Poi l'occhio gli cadde su un bracciale al polso della principessa.
 
Era il magatama (*) che Ranma le aveva lasciato in pegno il giorno della loro separazione. E da allora Akane non se l'era mai tolto.
 
Un ghigno si disegnò sul volto affilato di Mousse: quale prova migliore?
 
Insinuò le sue lunghe dita tra il bracciale e quel polso sottile e in un gesto lento e chirurgico lo sfilò con facilità.
 
Aveva quanto gli serviva per convincere gli occhi di chi avrebbe certo dato ascolto al cuore, conducendolo alla inesorabile sconfitta.
 
Si voltò un'ultima volta a guardare la principessa prima di alzarsi definitivamente, ma gli fu fatale.
 
La ragazza si era mossa appena, e in quel movimento il seno le si era leggermente scoperto.
 
Mousse sentì il sangue andargli al cervello e annebbiargli la vista.
 
Prima che potesse deciderlo, si ritrovò col corpo nudo e febbricitante sopra quello di Akane, in un silenzio irreale e malato, mentre la sua eccitazione premeva contro di lei, inconsapevole e pura.
 
Desiderò addentare quei seni bianchi e perfetti, strapparle le vesti e dare sfogo al proprio istinto animale, incurante della morale, della scommessa, persino della vita.
 
Per un attimo eterno fu sul punto di farlo.
 
Ma non lo fece.
 
Ricacciò il demone dentro di sè, che pulsava per uscire, e si disse che quel vuoto che gli si era aperto nell'istante in cui i suoi occhi si erano posati su Akane Tendo l'avrebbe colmato con la vendetta.
 
Fu in quel momento che l'occhio gli cadde su tre minuscole macchioline appena sotto il seno sinistro di lei, come tre gocce cremisi in fondo a un candido giglio.
 
Di colpo ritrovò il senno e afferrò la mano che la fortuna gli stava tendendo.
 
Annotò nella mente di nuovo fredda quell'immagine: sarebbe stata la prova definitiva e incontestabile della sua riuscita!
 
Mentre una timida aurora cominciava a tingere la stanza di un pallido grigio chiaro, Mousse si alzò dal giaciglio della principessa e, senza ripensamenti, stringendo il magatama in una mano, si calò nel baule, facendo scattare la serratura, in attesa di essere prelevato di lì a poco e di trovarsi fuori dalle mura all'alba del nuovo giorno e, come aveva giurato a se stesso, con la vittoria in pugno!
 
 
 
 
--
 
(*) Per chi mi segue da un po’, sa che mi sto riferendo al capitolo 6, e che il magatama in questione è quello che Ryoga ha regalato a Ranma in occasione del suo matrimonio con Akane e che a sua volta Ranma ha lasciato alla moglie prima dell’esilio in Cina.
I Magatama sono monili utilizzati in epoca antica come ornamenti.
Si ritiene che questi gioielli abbiano il potere di allontanare gli influssi maligni e, al tempo stesso, che siano di buon auspicio e portatori di un destino luminoso.
 
 NOTA AL CAPITOLO 9 
Mi scuso per aver fatto nominare a un certo punto da Mousse la carne di 'tacchino', quando è evidente che nella Cina del tempo che sto raccontando non ci fossero tacchini! ^_^'  Chiedo venia!
--
 
Ciao a tutti!
 
Sono finalmente riuscita a partorire questo sofferto, lunghissimo capitolo!
 
Devo dire che un po’ mi spiace descrivere questo Mousse così OOC, ma in un certo senso mi affascina anche… E devo ringraziare in particolare tre meravigliose Ladies per avermi consigliato a riguardo in tempi non sospetti! ;-*
Grazie grazie grazie Aron_oele, Gretel85 e Spirit99!! Senza i vostri preziosi consigli gli ultimi due capitoli sarebbero stati molto diversi…
 
Un ringraziamento speciale va anche a tutte le splendide Ladies che continuano a seguirmi, a credere in me e su cui posso contare sempre, nella mia quotidianità!
 
Un grazie infinito a coloro che non si sono stancati di questa storia ma continuano a leggermi e a scrivermi. Per chi non l’ha ancora fatto… che mi lasci un commento, una critica, un saluto! Sarò felice di rispondere e di crescere grazie a voi.
 
A presto!
 
Inuara
  
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