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Autore: Tayr Seirei    10/06/2015    2 recensioni
Un applauso infinito risuona alla chiamata sul palcoscenico, eppure...
Mezza citazione per presentare quella che, in realtà, è una storia che tratta di melone col prosciutto. E orchi, è una storia che parla di orchi!
E parla di gente che si perde nei boschi e gente che nel bosco ci abita, per la precisione in una casetta col tetto sbilenco. Una casetta che un po' odia e che qualcuno gli ha rubato. Eppure, in quella casetta ha anche qualche ricordo felice. Ma se si vuole tornare indietro bisogna prima andar via, giusto?
Ed è difficile, ma va bene comunque, perché quando lui ne ha bisogno Iwaizumi andrà a prenderlo - ovunque sia.
Poi questa storia parla anche di panini al latte, secchi senza fondo e sarti molto allegri, ma questo lo vedremo piano piano.
Al segnale, il sipario si alza e via, cominciamo!
[Iwaoi + Quel che succede quando si mescolano Cenerentola, la Iwaoi e Haikyuu Quest + Tanti OC random. (No, non è SU Haikyuu Quest, ma ne riprende qualcosina. Alla larga.)]
Genere: Comico, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Anche se solo per mezz'ora





Il primo giorno, Tooru correva qui e là.
Alla fine, Iwaizumi lo ritrovò in una stanzetta, a notte fonda, intento a ripulire un caminetto.
― Vedi... ― aveva detto, alzando il viso sporco di cenere. ― Devo farlo quando tutti dormono, altrimenti alla signora vengono le bolle sotto i vestiti e inizia a rotolarsi per terra. Dice che è allergica ai caminetti puliti di giorno!
... ma era fisicamente possibile che...?

Il secondo giorno, Tooru correva qui e là.
Alla fine, Iwaizumi lo ritrovò in un salotto, circondato da tappi di sughero.
A quanto pareva, appartenevano alla signora ed era una straordinaria collezione di tappi con incise le teste di tutti i re degli ultimi cento anni. Contando anche i pezzi extra in diverse colorazioni - shiny - la collezione vantava ben millesettecentonovantratré pezzi.
Solo che la signora e le sue amiche avevano pensato di usarli come palline da badminton, due giorni prima.
Perciò ora lui doveva risistemarli in ordine alfabetico inverso. Tutti e millesettecentonovantratré.

Il terzo giorno, Tooru correva qui e là.
Alla fine, Iwaizumi lo ritrovò in cucina, spalmato sul tavolo.
Neanche dormiva, era solo troppo stanco per muoversi.
Lo aveva acchiappato per la collottola e spedito in camera sua - l'intenzione sarebbe stata di spedircelo a calci, ma era così esausto che si era fatto qualche scrupolo perfino lui.

Il quarto giorno...

Prima di uscire di casa, a due passi dalla porta di ingresso, Iwaizumi sbadigliò, ma uno sbadiglio immenso che quasi gli slogò la mascella. Poi fece alcune circonduzioni per stirare le braccia, seguite ovviamente da del sano stretching: giù la schiena, le gambe divaricate, la testa pendente.
Infine si tirò su e sbadigliò, ma uno sbadiglio immenso che- sì, insomma, stava per (ri)addormentarsi in piedi.
La sua camera poteva pure avere una vasta gamma di funghi multicolor che crescevano sulle pareti, una finestra minuscola, l'illuminazione di una miniera a torce spente e una porta che doveva aprire/chiudere con molta cautela per evitare di divergerla ogni volta che passava, però gli conciliava il sonno che era una meraviglia. Per quanto non fosse del tutto sicuro che si trattasse di un cosa positiva: per quel che ne sapeva, avrebbero anche potuto essere eventuali spore tossiche dei funghi sul muro, quindi lo stavano lentamente avvelenando nottetempo. O magari era solo che odiava alzarsi così presto il mattino dopo una bella nottata, d'accordo.
Giusto per rimandare di altri due minuti il momento in cui avrebbe dovuto arrendersi, aprire la porta di casa e consegnarsi di sua spontanea volontà al gelo del primo mattino, decise di controllare che nella sacca ci fosse tutto il necessario.
I pugnali di scorta, il liquido incendiario, l'acciarino, le bistecche crude.
Sorrise - ghignò, vabbé - e dette una pacca affettuosa alla borsa, sentendo il liquido agitarsi nel suo contenitore. Per la mattinata, aveva in programma pulizia globale delle caverne degli oni che aveva trovato il giorno prima e, già che aveva il fuoco acceso e pronto, un bel barbecue.
E se gli fossero avanzati cinque minuti, avrebbe raso al suolo il dannato bosco, una buona volta.
Ma ora, a meno che non volesse tornare in camera sua a sradicare i funghi dal muro, non gli rimaneva proprio nient'altro da fare, perciò...
Proprio quando aveva, infine, teso la mano verso la maniglia, gli giunse un rumore di passi veloci in avvicinamento.
― Iwaizumi!
Molto veloci.
A dire il vero, così veloci che quando si voltò si ritrovò all'istante Tooru di fronte, sorridente anche se col respiro grosso. Doveva aver attraversato almeno tre corridoi in un lampo. E teneva stretta in pugno una pergamena tutta spiegazzata. Appena ebbe ripreso un pochino il fiato - forse erano sei corridoi - gliela porse con un gesto... non brusco, deciso. Quasi sapesse che non avrebbe rifiutato.
... e effettivamente Iwaizumi prese quella pergamena, perché non aveva davvero alcun motivo per rifiutare. Anzi, in fondo forse era pure un po' curioso. Pochino. E molto in fondo.
E poi avrebbe potuto cazzeggiare per altri cinque minuti, la qual cosa era più che benvenuta.
La aprì, buttò un occhio al contenuto...
...
Avrebbe voluto commentare, ma il suo cervello gli rimandò solo un religioso silenzio.
"Lavare tutti i pavimenti di casa. [Entro il mattino]"
― E' la mia lista delle cose da fare! ― La voce dell'altro era quasi trillante ma, vedendo quel che era annotato su quel foglio, come potesse essere tanto giulivo andava oltre la sua comprensione.
― Con gli orari!
"Lucidare tute tutte le pedine per giocare a dama - quelle inn edizione limitata, doppia passata. [h 09 a.m.]".
Cosa ca-.
― Non ti garantisco che li rispetterò con precisione, ma insomma, se vuoi parlare con me sai dove trovarmi! Possibilmente la mattina o il primo pomeriggio, dato che la sera sono troppo stanco per formulare frasi di senso compiuto. Poi vedi tu quando sei più comodo, senza fretta, dai pure la precedenza alle altre cose che hai da fare, comunque se ti va... ― Oltre ad essere riuscito a proferire tutto senza mai pausare per più di mezzo secondo, ora parlava sempre più in fretta e gesticolava pure: ― Ho pensato che volessi parlarmi, visto che vieni sempre a cercarmi e mi chiedi sempre come sto e quindi sì insomma credocheoratorneròdilà ― Una volta raggiunto quel che evidentemente era il culmine/massima velocità raggiungibile dalla sua lingua, tacque.
Si scambiarono un'occhiata: il viso pallido dell'altro, ora, non era proprio-così-pallido.
Non era arrossito, ma aveva le guance più colorite di quanto non fossero di solito.
Il ragazzo gli diede le spalle di botto e corse via - prima che il suo cervello recuperasse coscienza, sempre più basito - salvo fermarsi in fondo al corridoio, lanciargli un'occhiata da sopra la spalla e agitare con forza una mano. ― Buona giornata, Iwaizumi! ― Gli sorrise e sparì.
Rimase piantonato lì per un lungo secondo. Il suo cervello aveva, infine, tratto le dovute conclusioni.
Quel tipo era una mina vagante di umore variabile e con uno scandaloso tasso di energia, specie per una persona così impegnata da mane a sera. Per una qualche ragione, aveva l'impressione che stare con lui per più di cinque minuti fosse una cosa sfiancante. Non si spiegava, quindi, perché ora fosse così curioso di fare una prova.
Scosse il capo e aprì la porta, lasciandosi punzecchiare sul viso e le dita da quell'aria freddina. Forse stava davvero dormendo in piedi.
Fece per ripiegare la pergamena e riporla nella sacca insieme al resto... all'ultimo, la rialzò e le diede un'ultima occhiata.
"Ridipingere tutte le rose rosse di bianco per il cambio stagione primavera/estate [h 8:20 a.m.]." Nnnno.
"Prendere i funghi per il pranzo dalla cappa del camino dell'ala ovest - nel caso, aggiungere quelli nella camera di Iwaizumi. [Prima di pranzo]" Perché, quel posto aveva un'ala oves- cosa?
"Rastrellare le foglie secche in giardino [h 11 a.m.]". Okay, per le undici sarebbe stato libero dalle incombenze di disinfestazione e dal barbecue.
Magari la seconda bistecca avrebbe potuto portarla a Tooru? Non per altro, ma se avesse mangiato due bistecche intere a metà mattina poi si sarebbe rovinato l'appetito per il pranzo. Ovviamente.

Iwaizumi piombò di corsa nel giardino; un po' perché temeva di non fare in tempo, un po' perché, quando aveva visto in lontananza la casa, non gli era sembrato vero di essere riuscito a tornare da solo, senza neanche chiedere indicazioni a qualcuno o imprecare. Soprattutto senza imprecare.
Era stato puntuale. Come promesso, Tooru era lì, nel giardino, a rastrellare foglie cadute.
Le aveva pure suddivise in tre gruppetti ordinati secondo il colore. Quanta solerzia...
― ... ohi.
Era un saluto, sì.
― Iwaizumi! ― Il ragazzo mollò il rastrello, lo saltò - fortunatamente senza inciamparci, che sennò lui ci avrebbe riso e poi si sarebbe sentito una persona orribile. - e gli andò incontro a braccia aperte: ― Sei venuto davvero! Allora ho fatto bene a...
Questa volta fu lui a porgergli qualcosa: il cartoccio con la bistecca arrosto. E il suo, di gesto, era stato effettivamente brusco. Ma l'unica cosa importante, lì, era che l'altro si riempisse la pancia - e che lui potesse godere a dovere del pranzo, in seguito.
Tooru tacque e, forse per riflesso involontario, richiuse le dita, sorpreso, esitante.
Ci volle qualche secondo e uno sguardo di conferma da parte sua (sguardo che diceva pressappoco "Prendi, mangia e taci."), ma poi l'altro accettò l'offerta e gli sfilò piano il cartoccio di mano.
Rimase ad osservarlo un momento, quasi con... tenerezza - e lui si chiese seriamente se fosse commosso dal gesto o commosso dal vedere una grossa bistecca al sangue tutta per lui. Credeva più la seconda, in realtà.
Poi la scartocciò e, con ben meno tenerezza, la azzannò. Una volta. Due. Tre. E la bistecca non c'era più.
Con la fame che aveva, era strano non cercasse di addentare anche qualcuno dei residenti della casa - beh, oddio, la vecchiaccia in effetti non l'avrebbe digerita nemmeno un orco, ma...
― Mille grazie! ― Tooru sollevò un lembo della maglia e piegò le ginocchia in un inchino giocoso. ― Allora, adesso mi dirai perché sei qui...?
E teneva gli occhi fissi su di lui, carico di aspettativa. Gli ricordò tanto un bambino in procinto di spacchettare un grosso regalo o un grosso pony, perciò - in un improvviso slancio di bontà - decise di stare al gioco.
― ... non mi hai dato il tempo di rispondere, prima. ― Sospirò Iwaizumi (con un microscopico accenno di sorriso che di sicuro l'altro non avrebbe notato e solo lui poteva saperlo, certo), superando i mucchietti di foglie per avvinarsi. ― Ma, sì, vorrei parlarti. Anche se, prima... perché hai suddiviso le foglie per colore?
Un istante dopo averlo detto, si chiese perché l'avesse fatto. Un istante dopo ancora, si disse E perché no?. Era il buon vecchio far conversazione, in fin dei conti.
― Oh! Capisco che sembri strano, ma è per comodità. ― Tooru indicò il mucchietto verde. ― Quelle verdi sono per il mio cuscino. ― ... A ben pensarci, però, forse quel modo di dire riguardo felini ammazzati dalla troppa curiosità aveva il suo perché. ― Quelle secche, invece, le metto in una bustina per la signora. Dice che le piace schiacciarle e sentire come crocchiano! ― E, come a dir dimostrazione delle sue parole, Tooru se ne mise una sul palmo e poi strinse le dita con non necessaria violenza. Crack crack. ― Quelle rosse le usa Tobio-chan come decorazione per la sua scrivania. E' un po' fissato col rosso e l'arancio, sai... ― Se avesse dovuto associare un colore a Tobio, tutto blu e quasi sempre vestito di blu e di solito seduto in penombra (quindi più o meno sotto luce blu) sarebbe stato più il... ecco, insomma... magari, riflettendoci bene... il blu.
Annuì lentamente, non proprio sicuro di quel che avrebbe dovuto dire.
― Certo, a volte in mezzo a quelle verdi ci si trova qualche bruco e quando li ritrovo nel cuscino è un po' noioso... anche se quelli pelosi sono carini! Se provi ad accarezzarli ti si arrotolano intorno al dito.
Ad ogni modo, soggiornare in quella casa per Iwaizumi era stata un'esperienza istruttiva. Bruchi domestici..
― Comunque... ― Senza che ce ne fosse alcun bisogno, Tooru si allontanò un poco e indicò una sedia da giardino, un chiaro invito a sedersi. Tuttavia, la sedia era una e loro due, dunque era altrettanto chiaro come sarebbe andata a finire.
Scosse il capo. ― No, grazie. ― E gettò la sua sacca sull'erba, a distanza di sicurezza dalle foglie verdi, per poi seguirla a ruota. Non vedeva perché lui dovesse sedersi con comodo sulla sediola in vimini e l'altro sul terriccio.
Tooru non commentò, ma da come si era lanciato subito nel quadratino di terra accanto a lui, poteva supporre avesse apprezzato.
― Se continueremo a parlare, allora... ― Giunse le mani, deliziato ― Questa sarà una vera e propria conversazione!
Parola detta con gusto, e tanto. Come se avesse aspettato da sempre di pronunciarla.
― Uhm... sì, direi di sì. ― Faceva strano perfino a lui, ma era bello provare nuove esperienze, di tanto in tanto. (?)
L'altro annuì con forza, radioso. ― Se è una conversazione dobbiamo fare le cose per bene! ― E agitò un pugno per aria, lanciato. ― Tu fai una domanda a me... ― Si indicò ― E io ne faccio una a te! ― E gli sfiorò una spalla come se niente fosse. Non aveva certo problemi di espansività. ― Con ordine, come con le foglie. D'accordo?
Di fronte a cotanto entusiasmo non poté far altro che concordare. I bambini vanno lasciati giocare.
Tooru fece un largo cenno col braccio. ― Prego, inizia pure. Sei tu l'ospite!
― ... come sei finito incastrato qui?
... ecco, per quanto amasse la sua stessa impulsività, forse era una di quelle situazioni in cui avrebbe dovuto soffermarsi a riflettere prima di parlare. La domanda era venuta fuori da sola, non richiesta.
Eppure era quello che più gli aveva sempre dato da pensare di tutta quella faccenda: come c'era finito quel ragazzo lì? Non avrebbe saputo spiegarsi neanche da solo il perché, ma aveva come l'impressione che ci fosse un qualcosa di davvero, davvero sbagliato in tutto quello che vedeva nella casa...
Ma l'altro liquidò la domanda con uno sventolare della mano e un sorrisino: ― Oh, ci sono nato e cresciuto. Ora tocca a me!
Risposta poco soddisfacente. Che generava ancora altre domande.
In primo luogo... allora dov'era la sua, di famiglia...?
Ma non avrebbe insistito. Per ora.
L'altro non fece subito la sua domanda, però; forse selezionava quale curiosità preferiva togliersi per prima. Giunse le dita. ― Vediamo, vediamo un po'... quanti anni hai?
Una domanda che non si sentiva fare spesso. ― Diciassette.
― Anche io! Però... ― ... Tooru non disse altro, lo guardò in tralice e basta.
Lo invitò a proseguire inarcando un sopracciglio, in attesa.
― E' che... ― Si coprì la bocca con una mano, ma sentì benissimo la sua risata: ― Sono più alto di te! Sei proprio sicuro di aver fatto bene a lasciarmi quella bistecca...? Fanno bene alla crescita!
Tutto ciò in Iwaizumi provocò due reazioni distinte.
Una parte di lui desiderò procurargli dolore acuto e immediato - l'altezza non era il suo tallone d'Achille. No. Assolutamente no.
Un'altra parte di lui - piccolissima - doveva ammettere che, però, era molto meglio così, vederlo ridere e scherzare e non terrorizzato come il primo giorno o stanco morto come tutte le sere.
Ma tanto non avrebbe mai ammesso l'esistenza della seconda parte, quindi poteva soddisfare la prima senza alcun rimpianto.
Gli piantò una gomitata fra le costole con totale nonchalance. ― Ora è il mio turno, giusto?
― Ahia...! Uh, sì...
Iwaizumi si ridette un contegno; sbuffò appena - che fatica queste conversazioni, oh -, poi portò entrambe le mani sui fianchi e ruotò il busto quel che tanto che bastava per poterlo guardare negli occhi (con disapprovazione). ― Prossima domanda. ― Interloquì, cercando di mantenere l'aria più compassata possibile. ― Piatto preferito?
Il ragazzo sbatté le palpebre. Una, due volte. Un sorriso che fioriva per metà, aveva curvato solo un angolo della bocca. ― Sai... ― Si grattò il naso ― Tutto considerato, direi... tipo... qualunque cosa? ― Rise ― Ho sempre fame!
In teoria, non era un'uscita propriamente felice.
Ma detto così, con quella spensieratezza e quella risata...
Iwaizumi si trovò a ridere piano con lui. Non sapeva nemmeno come. Non ricordava nemmeno da quanto fosse che non rideva - di una risata che non fosse di pura e accorata malignità, si intendeva.
Aveva come la sensazione che, se anche fossero stati in un altro tempo e in un'altra casa, avrebbe risposto più o meno allo stesso modo.
― Ah...! ― Sospirò quello, deliziato ― Ma allora anche tu ridi, ogni tanto!
E lui si placò di colpo, giusto per sbottare: ― Perché, cosa credevi?
― Uhm... ― Tooru si passò le dita fra i capelli, portando la frangia indietro, e si accigliò: ― Sospettavo tu fossi una di quelle persone che... ― Parlò anche con una voce più bassa, contenuta, e si rese conto con due secondi di ritardo che lo stava scimmiottando. ― ... hanno sempre il muso lungo e, quando vanno a trovare i nipotini, dicono che hanno un forno abbastanza grande per cucinarci anche i bambini dentro. Quel genere di persona.
Uh, buona quella. E il forno a casa sua era anche di quelli con ampio spazio di manovr- aspetta.
Visto che l'aveva già quasi steso con una gomitata ed era deciso a dimostrare che lui era una persona pacata, si limitò ad acchiappare delle foglioline da terra e lanciargliele contro.
Ma l'altro lo ignorò - forse non c'erano bruchi - e distese anche la schiena sull'erba. ― Ah... - sospirò ancora, ma stavolta con tono sognante, gli occhi persi nel cielo. ― In realtà... ― Intrecciò le dita e se le sistemò sotto la testa a mo' di cuscino. ― Quand'ero piccolo, c'era una cosa che mi piaceva da morire: i panini al latte. Sono... delle grosse focacce dolci con crema di latte in mezzo. Tanta crema. E sono buonissimi!
― Crema... panna, intendi?
― No, no, una crema specifica. Uno strato di crema alto un pollice!
Iwaizumi lo imitò, ma senza distendersi del tutto. Puntellò i gomiti sull'erba, quel tanto che bastava per mantenere il busto sollevato. Davanti agli occhi aveva un bel cielo azzurro, nuvolette bianche e un bestione di pane spugnoso e crema ad alto contenuto calorico. Più crema che pane.
― Ma sono anni che non ne mangio uno...
Ora riusciva a spiegarsi com'era che, nonostante la sua attuale dieta a base di acqua e aria, fosse arrivato alla sua ampia apertura di spalle, l'abbondanza di muscoli e ad essere alto ben quattro risicati centimetri più di lui - e no, questa non gliel'avrebbe mai perdonata.
Probabilmente era alto un metro e ottanta già a sette anni, e il tempo successivo si era trattata solo di mera sopravvivenza.
― Non li producono più? ― Se tanto li amava e avevano detti effetti miracolosi, com'era che...?
L'altro sorrise appena, ma era più il sorriso di chi ha appena ricevuto una martellata su un dito e cerca di rassicurare tutti che ma sì, sto benone, non mi sono rotto una falange e non piangerò sangue-.
― Oh, no, no! Ci sono anche dal mercante dove vado a far la spesa per la casa ― Sospirò. Tutte e tre le falangi, forse. ― ...Ma la signora sa che mi piacciono, quindi ha ordinato di non comprarne nemmeno se fossero l'ultimo pezzo di pane disponibile nell'intera regione.
Un'improvvisa ondata di fastidio che gli fece strizzare le palpebre e scrollare appena il capo nel tentativo di levarsi la spiacevole sensazione di dosso - neanche avesse appena ingollato una fettina di limone.
Un improvviso impulso di fare qualcosa per il suo prossimo - e, ehi, questo era strano forte.
Un improvviso colpo di reni, un piccolo balzo e fu subito in piedi. Si chinò, porse la mano.
Non era stato un gesto brusco, ora. Solo... deciso. Tooru aveva sbattuto le palpebre.
La sua mano era lì e aspettava d'essere afferrata. Avrebbe aspettato, e stavolta non avrebbe sentito ragioni.
L'altro lo fissò... forse si stava chiedendo se avesse il permesso o il diritto di prenderla, o forse si preoccupava di tutte le porcherie che aveva dovuto toccare quel mattino. Se anche avesse avuto la mano sporca d'erba o detersivo, però, non sarebbe cambiato niente.
E proprio un istante prima che aprisse bocca e glielo facesse notare, il ragazzo si sporse e strinse la sua mano di rimando. Una presa salda... molto salda; ebbe la remota impressione che, più che altro, si fosse aggrappato. E sorrideva, stavolta sul serio.
Iwaizumi lo tirò su e l'altro lo lasciò fare. Quando se lo ritrovò a pochi centimetri di distanza si rese conto che in effetti sì, gli piaceva un sacco vederlo sorridere.
E forse se lo tenne a pochi centimetri di distanza per più tempo di quanto fosse legittimo, dato che lo guardò per abbastanza tempo da notare anche come lui lo stesse ricambiando.
Dette un loschissimo colpo di tosse e si voltò di scatto, ma senza lasciar andare quella mano.
Anzi, ne approfittò impunemente: prese a camminare a passo di marcia verso il limitare del giardino, o per meglio dire il cancelletto, trascinandoselo dietro.
― Ehm... Iwaizumi?
― Ti accompagno a far la spesa. Ora.
Ohi, ora, piano. Il suo essere più gentile con quel ragazzetto che con chiunque altro non voleva certo dire che gli stesse simpatico o che fossero d'improvviso diventati amiconi - o che mai lo sarebbero stati.
― Non vorrei dire, ma...
Soltanto - soltanto - a vederlo lì, tutto solo e abbandonato a far da Cenerentola in quella casetta col tetto sbilenco e la sola compagnia del muschio, di un hikkikomori e di una matrigna che... sì, insomma... la signora era un caso a parte. Un grave caso a parte.
Iwaizumi-
... gli era improvvisamente salita la voglia di fare qualcosa. Una qualunque cosa.
― Iwa... Iwaizumi! Sto camminando al contrario guarda che ti cado sopra rallenTAA-
Ormai correva e l'altro là dietro faceva del suo meglio per non schiantarsi, ma poco importava.
D'altronde... il suo lavoro era pur sempre salvare la gente dai mostri.
Anche se si trattava di mostri con lunghe unghie smaltate, collane con perle grosse come uova di fagiano e dodici sottane merlettate.
Anche se solo per mezz'ora, un po' di salvezza.

Le porte del supermercato del bosco si aprivano e richiudevano con deboli sibili; ogni volta veniva fuori una poderosa, quanto piacevole, zaffata di... beh, c'erano senz'altro salame, pancetta, caffé e verdure fresche. Poi arrivava l'odore di pesce e tutto il resto impallidiva.
Iwaizumi doveva ammettere che era stata una buona idea mettere un supermercato nel bel mezzo del bosco, veniva incontro alle esigenze di tutti. Certo, c'era da chiedersi come fosse possibile che ne fosse venuto al corrente dopo... uhm... diciassette anni - ovvero la durata complessiva della sua vita - di scorribande fra la vegetazione.
A sua discolpa, poteva dire che non aveva mai capito nemmeno dove fosse l'entrata e dove l'uscita del bosco - ma tanto lui avrebbe dato fuoco ad ogni singolo alberello, quindi la cosa aveva una qualche importanza? No, ecco.
Si rigirò fra le mani i ricci di castagna che aveva ottenuto dal gashapon vicino alle porte. L'ultima volta che ne aveva preso uno aveva dieci anni in meno e una spada molto più piccola. (Più piccola ma ce l'aveva. Anche a sette anni. Hai. Era stata un'infanzia relativamente piacevole.) Però osava dire che, stavolta, la situazione lo consentisse.
E alla fine, anche Tooru riemerse dalle porte. Con tre grosse buste al seguito, e in una ci intravvedeva un melone. O forse erano due, a giudicare dalla grandezza complessiva.
Basta Col Melone-.
Si avvicinò al ragazzo e gli levò una delle buste dalle mani, senza dir niente - e se anche l'altro avesse protestato, l'avrebbe fatto comunque. O gli avrebbe dato un pugno e l'avrebbe fatto comunque.
Ad ogni modo, lasciò uno dei ricci di castagna sulla mano vuota, quasi come pagamento.
Tooru portò all'altezza degli occhi la pallina puntuta, stranito...
― ... spaccalo ― Si affrettò a spiegare e non capiva proprio perché di punto in bianco si sentisse lui quello infantile. ― Basta mettere due dita a circa metà del diametro, sopra e sotto, e premere.
― Oh, sì, sì. ― L'altro parve riprendersi all'improvviso e annuì, quasi con foga: ― Lo so. E' solo che non ne ho mai comprati... e non me ne hanno mai comprati e mi sono... ― La frase si concluse così, senza parole, solo lui che sorrideva con fare di scuse e si stringeva nelle spalle. Non seppe come prenderlo: scusa per la sorpresa - e okay - o scusa, ma non mi interessa? (... Magari la prossima volta ci avrebbe pensato due volte, prima di fare quello che avrebbe fatto con il suo fratellino minore.)
Mentre lui cogitava, Tooru era andato a sistemare le buste al sicuro fra le radici di un grosso albero - ma lui non avrebbe appoggiato la sua. Non era così pesante.
Il ragazzo studiò il riccio ancora per qualche secondo, girandolo e girandolo di nuovo fra le dita. Beh, sì, aprirli senza spaccarli in mille pezzi, o senza far esplodere l'interno, non era così facile; occorrevano svariati anni di deliberata pratica, e-
Tooru spaccò il riccio in due metà perfette.
Okay, non ci credeva che non ne avesse mai preso uno in mano.
― Oh... oh! ― L'altro fece due saltelli sul posto ma poi si bloccò all'istante, forse ricordandosi di avere una veneranda età o forse notando il suo sopracciglio inarcato; rise appena e tese le mani a coppa verso di lui. ― Guarda, Iwaizumi! Ci ho trovato un onigiri! Di quelli al salmone!
Un piccolo, carino, perfetto onigiri al salmone, rosa e bianco.
Onigiri. Salmone.
Salmone...
Salmone...
Inspirò. Davvero un buon profumo, dovevano essere freschi di quel mattino.
Proprio un istante prima che potesse allungare la mano, fregargli l'onigiri e ficcarselo in bocca - per poi allontanarsi fischiettando come se niente fosse accaduto - il ragazzo ebbe la buona idea di tirare indietro le braccia, osservando il suo nuovo tesoro. ― Grazie, Iwaizumi! Ma... ― Gli scoccò un'occhiata allusiva ― Nooon apri il tuo?
Abbassò gli occhi. Oh, giusto, ne aveva preso uno anche per sé.
Lui non aveva bisogno di tante scene: era un professionista in vari campi, soprattutto quelli che richiedevano la forza bruta. Ovviamente, spaccare il riccio della castagna ci rientrava in pieno.
Lasciando il riccio in una mano sola, lo racchiuse da pollice e medio e... pop! il riccio si aprì, spaccato alla perfezione.
Tooru aprì appena la bocca per lo stupore e lui percepì una punta di soddisfazione. Anche se non era del tutto sicuro che l'altro fosse davvero stupito e non stesse teatrando. Ma...
Nel suo riccio c'era un minuscolo palazzo in miniatura. Tutto blu e bianco, con tante finestrine e quello che, perfino in scala, era un abnorme portone d'ingresso.
― ... oh. L'Aobajousai. ― La miniatura del loro sacro (?) palazzo reale era un pezzo piuttosto raro e anche carino dal punto di vista estetico... ma lui avrebbe di gran lunga preferito qualcosa di commestibile, aveva mangiato una bistecca sola quel mattino e l'onigiri di quell'altro disgraziato aveva proprio un buon profumo-
Tooru guardò la miniatura, poi lui, poi il suo onigiri, poi il suo stomaco, poi tornò a lui.
― ... vorresti scambiare? ― Fece, tentatore, agitandogli l'onigiri sotto il naso.
Riuscì di nuovo a riportarlo indietro prima che potesse mangiarselo - anche se in questo caso, forse, fu un bene; visto quant'era appetitoso, era probabile che nello sporgersi e morsicarlo/azzannarlo gli avrebbe amputato anche un dito o due. E' veloce...
― No, non lo voglio il tuo onigiri al salmone. Mangiatelo. ― Si concentrò su un a dir poco interessantissimo buco nella corteccia di un albero sulla sua sinistra. Tanto per levarsi sia il bocconcino che il rompiscatole dal campo visivo.
Eppure l'onigiri tornò di nuovo sotto il suo naso, terribilmente vicino. La mano al di sotto era callosa, quasi crepata alcuni punti, delle piccole pellicine seguivano il bordo di alcuni dei calli.
Fece per arraffarlo una buona volta... e si fermò all'ultimo, le dita sospese poco sopra la fettina di salmone.
Quella mano non si mosse. Rimase lì, invitante, in attesa. E aveva come la sensazione che non si sarebbe spostata nemmeno se avesse aspettato di più. Non lo guardò, ma sapeva anche che quello lì stava sorridendo, come al solito.
Con tutta la compostezza e la dignità del mondo, inspirò, prese tranquillamente l'onigiri e se lo ficcò in bocca tutto intero. Masticò a lungo, con calma, lasciando che il leggero sale del salmone gli si sciogliesse sulla lingua. Buono, sì. Proprio come pensava.
Una volta sminuzzatolo per bene, lo mandò giù e seguì un lungo momento di silenzio in cui lui pensò a cosa fosse il caso di dire.
Che buono - era superfluo. Odio anche le miniature - certo adeguato all'occasione ma, per un qualche motivo che proprio non riusciva a spiegarsi, ogni qual volta lui diceva "Io odio XXX" la conseguente replica era sempre: Ma tu odii tutto?
Grazie sarebbe potuto andare bene, forse. Però.
Quel lungo momento di silenzio fu infranto dall'eco del boato di un tuono in lontananza.
Che per essere un tuono in lontananza, era sembrato straordinariamente vicino.
Guardò Tooru, il quale invece stava guardando la propria pancia con occhi sgranati.
― ... era il tuo stomaco. ― Realizzò, incredulo.
L'altro annuì e basta, le guance di una sfumatura appena appena più accennata - che avrebbe potuto anche essere causato da un gioco di chiaroscuri, lì, nella penombra del bosco.
― Avevi (di nuovo) fame ma me l'hai dato lo stesso...? ― Il ragazzo era così...
L'altro annuì di nuovo, stavolta impegnato a tastarsi con cautela lo stomaco.
... così.
Non avrebbe saputo esprimerlo a parole, ma sapeva che gli faceva saltare i nervi. E, allo stesso tempo, lo trovava apprezzabile.
Quel sentimento era più curioso che il suo "odio completo e totale per qualsiasi cosa esistente" - cit. dai suoi colleghi. Che poi non era vero, a lui piacevano un sacco di cose. Tipo la carne arrosto. E tanti soldi. E del buon vino/birra/alcolici. E stare in santa pace. L'ultima, nello specifico.
Era il momento giusto per darglielo.
Cacciò il riccio con il palazzo imperiale nelle mani del ragazzo e poi, con la mano nuovamente libera, si mise a pescare nella sua sacca.
Meditava di conservarlo per quella sera, che tanto l'altro sarebbe stato di sicuro reduce da una cena mancata, tanti piatti da lavare e chissà quale altra assurdità - gli pareva che fra le sue attività di quella sera figurasse anche il ripulire il tetto dalle lumache, che ultimamente c'era stata una brutta infestazione - ma...
Lo tirò fuori. Sentì l'altro trattenere il fiato all'improvviso.
Eccolo: il panino al latte.
Con ancora meno pane di quanto pensasse e più crema di quanta pensasse.
Glielo porse. ― Ho detto che quand'avessi finito con la spesa mi avresti trovato qua fuori. ― Si sentì in dovere di aggiungere, di fronte ai suoi occhi a palla. ― Ma non che non sarei entrato anche io nel frattempo.
Tooru, stavolta, non si fece attendere né pregare; accettò il panino fra le mani, ma non lo strinse.
Anzi, lo prese con delicatezza, nemmanco fosse una sacra reliquia.
E lo stava guardando con occhi piuttosto languidi.
Il panino, diceva, non lui.
Fin troppo languidi.
Un singhiozzo.
― Ehi, ehi... ― si mise subito sull'attenti, facendo per dargli una pacca sulla spalla ― Frena, non è che ora ti metti a-
Tooru morsicò il panino e, nello stesso istante, gli vennero giù due lucciconi grossi così.
Cos-.
Dal canto suo Iwaizumi stava per sentirsi atterrito e/o una persona orribile (e due), ma dato che l'altro stava continuando ad azzannare il panino e piagnucolare per conto suo, forse non era così male...?
Beh, sì, piangeva, eppure i suoi occhi gli parevano luccicanti per tutt'altro motivo.
― Stai piangendo perché... ― azzardò ― ... il panino è buono?
Come da copione, l'altro annuì per la terza volta, con vigore.
Iwaizumi si accigliò.
― Ho capito tutto. ― Se ne uscì quello, non appena ebbe la bocca libera - ovvero dopo aver sterminato almeno metà del panino in un colpo. ― Tu sei la mia fata madrina e sei venuto qui per farmi un regalo bellissimo per il mio compleanno!
Pareva seriamente convinto.
Fra tutti gli insulti che gli avevano rivolto in vita sua, fata era davvero il più-
Tooru alzò entrambe le mani in segno di resa, una ancora stretta sul panino. ― Suvvia, suvvia, scherzavo!
Oh, quando aveva estratto la spada e quando l'aveva puntata verso di Tooru? Era stato così rapido da non accorgersene nemmeno da solo.
La mise giù con un lungo sospiro, l'altro che abbassava lentamente le braccia.
― Però, sai...
Rialzò la spada, ma di poco.
Un gran sorriso, nonostante tutto: ― Anche se non sei una fata e non puoi fare miracoli, sono felice di essere qui con te, ora!
La spada tornò giù di botto.
Non era più tanto sicuro di avere il diritto di sentirsi offeso.
E non avrebbe mai pensato che il tizio se ne uscisse con una frase del genere. O forse piuttosto che gli avrebbe fatto tanto piacere sentirla.
Tossicchiò. ― Perché, il tuo compleanno è questi giorni...? ― Sì, stava solo deviando l'argomento, ma tant'era.
― No no! E' fra due mesi!
Okay, ORA la gomitata nel fianco ci stava tutta.
Anche se... - ahi! - lui non poteva fare miracoli... però qualcos'altro sì. Aveva già incominciato, del resto.

Iwaizumi fu la sua ombra per tutta la giornata.
Lo vide sbucciare patate e lavare verdure; lo vide ripulire tutti i vetri di ogni finestra della casa; lo vide lucidare i cardini di ogni porta, battente e credenzina. E oliarli, perfino.
E ridipinse il cancelletto d'ingresso e innaffiò il muschio sul soffitto e sturò un lavandino e piantò un abete in giardino e preparò una torta a tre piani e...
Vide anche la signora lanciargli una secchiata d'acqua da una finestra del piano di su.
Senza apparente motivo, poi piantò i gomiti sul davanzale e rimase lì a... boh, forse si godeva la sua espressione sconvolta.
Lui, invece, sempre calmo e ragionevole, tese il suo arco e ci incoccò una freccia, pronto a lanciare.
Per quanto in teoria facesse parte delle cosiddette brave persone, al momento...
L'arco tremò.
Oh, ma tanto - scrollò le spalle. Era risaputo avesse un caratteraccio; nessuno si sarebbe stupito se avesse-
La finestra si richiuse di botto. Dannazione.
E Tooru, dopo lunghi secondi di shock in cui non fece altro che sgocciolare sulle gardenie già ben innaffiate, riprese a lavare i vetri come se nulla fosse successo. Dopo ancora, iniziò a fischiettare. Non si era neanche asciugato.
Insomma, Iwaizumi l'aveva seguito proprio per tutta la giornata.
E quello - quel tipo - era riuscito a fare tutta quelle... cose e rimanere sempre di buonumore. Sorrideva, scherzava fra sé e sé, non si lamentava.
Chissà perché, ma avrebbe trovato molto più rassicurante e comprensibile un pianto isterico contenuto ma continuo.
Ormai si era incuriosito. Voleva capirci qualcosa.

Quando, al tramonto, Iwaizumi si era deciso ad interrompere le sue attività di stalkering spionaggio studio/ricerca sociale e rientrare in casa, aveva trovato Tobio seduto vicino alla porta.
Che stava lì. E lo fissava.
Lui lo fissò di rimando.
E si fissarono per quelli che dovevano essere stati due minuti abbondanti.
Stava giusto cominciando a chiedersi se sarebbe stato maleducato tirar fuori dalla sacca un panino e cominciare a sgranocchiarlo mentre ancora si scrutavano, che era pur sempre quasi ora di cena, quando una voce squillante li fece sobbalzare entrambi.
― Tobio-chan! Smettila di spaventare la gente con la tua faccia fosca! ― Tooru che era provvidenzialmente, o qualcosa di simile, arrivato da una delle stanze a lato. ― Hai salutato, almeno, spero?
― Certo che ho salutato! ― Saltò su l'altro, vivace come mai l'aveva visto.
Tooru, con faccia piatta, si voltò verso Iwaizumi per lanciargli una rapida occhiata e indicò l'altro ragazzo con il pollice, come a chiedergli conferma. Beh, in effetti... No.
Viva la sincerità, d'altronde.
Non ebbe il tempo di tradirlo, però, che Tobio continuò, ancora infervorato: ― Stavo per farlo. ― Sbuffò. ― Se qualcuno mi avesse lasciato il tempo...
Prese un bel respiro, forse per ritrovare la compostezza perduta, spinse il mento in su e proferì, solenne: ― ....'era.
... ah?
Tooru mosse le mani, facendogli cenno di andare avanti. Incoraggiandolo, ecco.
― ... -uonasera...
Ma noooo, Tobio-chan! ― Prese (di nuovo) un colpo a lui e, a giudicare da com'era sussultato (di nuovo), anche a Tobio; Tooru aveva una voce davvero alta. O forse era più la sua veemenza? ― Che mi combini? Più spigliato, più spigliato! Parla chiaro e basta con quella faccia che... che... ― ... Il ragazzo si soffermò un momento, un dito sulle labbra. ― ... diciamo sembra ti abbiano appena ammazzato il gatto, il che non è credibile visto che tu nemmeno ce l'hai mai avuto, un gatto. Per fortuna. Del gatto, dico. Aaaad ogni modo... ― Tooru tornò a rivolgersi ad Iwaizumi, con un sorriso a trentadue denti: ― Si fa così. Buonasera, Iwaizumi-san!
...
Nessuno di loro trovò qualcosa di sensato da replicare.
Da parte sua, Iwaizumi era tutto preso in due profondi quesiti esistenziali: in primo luogo, era normale che tutta quella farsa gli avesse fatto venir voglia di ridere - ridere di gusto e non perché era malvagio - ...? (Ma non avrebbe riso, nossignore.)
In secondo luogo, come cacchiarola faceva, il tipo, ad avere una dentatura perfetta? La signora non pareva proprio la tipa da prodigarsi per le cure mediche e l'assicurazione sanitaria dei suoi servitori - e non avrebbe scommesso nemmeno sul figlio.
Tobio, invece, dopo averci riflettuto per quei due/tre minuti...
Si rialzò, guardando avanti, in fondo al corridoio. ― Buonasera, madre.
Tooru si irrigidì di colpo e ci sarebbe stato da chiedersi anche com'era che non gli si fossero drizzati tutti i capelli sulla testa; si girò lentamente, molto lentamente, per dare un'esitante occhiata dietro di sé...
Ma il corridoio era vuoto.
Si voltò di scatto, alzando i pugni stretti. ― Tobio-chan! ― S'imbronciò ― Così non vale, però!
Tobio lo superò e tirò dritto per il corridoio; aveva sempre la solita espressione neutra, ma lui avrebbe giurato di aver visto una minuscola luce di soddisfazione nei suoi occhi.
L'altro fece un gesto vago con la mano. ― Anche tu bari. ― E se ne andò, tranquillo.
Se avesse avuto un mantello, era probabile che in quel momento avrebbe svolazzato per tutto l'ambiente.
Tooru abbassò con lentezza i pugni, senza scioglierli. Anzi, li stringeva. Doveva star piantando le unghie nei palmi.
― Così non vale. ― Un mormorio. ― Così ce l'ha sempre vinta lui.
E Iwaizumi si stupì appena, ma non avrebbe saputo dire se per le sue parole o se per il tono sommesso con cui le aveva pronunciate.
Il ragazzo si voltò a guardarlo e, come sempre, sorrideva. Non pareva convintissimo, però. ― Allora, ho una cena da preparare. Vuoi farmi compagnia?
Si ritrovò ad annuire e basta, quasi senza accorgersene.
O forse era stato più il suo viso.

Una volta finita la - molto buona - cena a base di pesce e verdurine, Iwaizumi si richiuse la porta della cucina alle spalle, com'era diventata usanza in quei tre giorni... no... come sarebbe diventata usanza, quei tre giorni, se fosse mai riuscito a beccare l'altro ragazzo in tempo.
Stavolta, invece, Tooru era effettivamente lì e lo aspettava. Tuttavia, Iwaizumi pensava che si prospettasse loro davanti una lunga serata passata a chiacchierare e lavare una pila di piatti ogni giorno più alta - e che ci faceva quel paiolo lì. Perché era incrostato di roba viola. - non che Tooru, al vederlo, gli sarebbe corso incontro e gli avrebbe afferrato il polso per poi trascinarlo... boh? Cos'era, la porta sul retro?, senza spiegare niente. Solo un dito davanti alle labbra incurvate, un sorriso che arrivava fino agli occhi lucenti nella penombra.
... e va bene, si disse, lasciandosi trasportare. Si meritavano una vacanza entrambi, in fin dei conti.
Aprirono pian piano la porta, camminando in punta di piedi, i respiri trattenuti - oddio, forse Tooru non stava respirando proprio. Se fosse diventato blu, gli avrebbe dato una botta in testa - e sgusciarono nel giardino buio. Sebbene fossero in primavera inoltrata, non c'era il minimo rumore, come se non ci fosse neanche un insetto.
In effetti, forse non c'erano insetti e basta. Non ricordava di averne visti - a parte i bruchi di cui avevano parlato quel mattino. Né altri esseri viventi. Nel raggio di dieci chilometri.
... dunque solo gli orchi (e i bruchi) hanno il coraggio di avvicinarsi alla signora questa catapecchia.
Si chiese d'improvviso, forse inopportunamente, se i bruchi pelosi fossero così soffici come diceva Tooru. Quei giorni aveva sempre più voglia di sperimentare cose nuove.
L'altro attraversò il praticello sguisciando come un'anguilla tra la sdraio della signora, il tagliaerba a pedali e l'ombrellone, sempre trascinandoselo dietro - e fu il primo a chiedersi come fosse riuscito a non inciampare - per poi fermarsi davanti a quella che pareva tanto una parete ricoperta dai rami/foglie/fiori violetti di un gigantesco bouganville.
Tooru si mise a... frugare nella pianta, spostando i rami centrali con quelli che parevano gesti esperti . E facendo volar via svariati petali viola. Il tutto in perfetto silenzio, solo lui sapeva come.
Però, in effetti, quand'ebbe scostato abbastanza rami...
... non vide comunque niente perché c'era il ragazzo in mezzo.
Si scambiarono una rapida occhiata.
Tooru aprì appena la bocca e dopo si spostò, emettendo un... soffio? che forse era stato l'accenno di una risata. Forse.
Finalmente poté vedere cos'era stato tanto ben nascosto lì: una scalinata. Una scalinata segreta (?). Soltanto, il bouganville era cresciuto anche all'interno, ricoprendo gradini e pareti ai lati. Quindi pareva più di infilarsi in un corridoio ricavato a forza in un intrico di legno e roccia.
O meglio, lì c'era effettivamente un passaggio segreto ricoperto di rami/foglie/fiori violacei. Aveva un suo fascino, tutto sommato.
― L'ultimo a salire chiude ― sussurrò Tooru, a voce così bassa che avrebbe potuto perfino esserselo immaginato. E si infilò nel corridoio vegetale.
Lui, invece, si guardò a lato. L'ultimo a salire chiude. Eh, certo. I primi a salire la facevano sempre facile. Tanto non era mica problema loro.
Individuò una grossa pianta in vaso e la trascinò - silenziosamente - fino all'ingresso del corridoio... e ora, una mossa da maestri: salì sul primo gradino senza nemmeno voltarsi, al contrario. E tirò la pianta il più possibile, fino a metterla proprio di fronte all'entrata.
Un'enorme pianta che prima non stava lì di fronte ad un bouganville mezzo divelto.
... Be'...
Aveva comunque visto cose più insgamabili. (Coff, coff).
Insomma, non proprio un qualcosa di raffinato e di totale copertura, ma sfidava chiunque non avesse avuto le sue braccia d'acciaio a smuovere i seicento chili di vaso, terra e pianta e bruchi. Tornando a loro...
Si voltò. In fondo al corridoio, le piante incorniciavano un quadratino di cielo stellato e Tooru che lo stava aspettando.
Si lanciò su per le scale, sperando solo che tutti gli insetti del giardino non si fossero nascosti proprio lì, pronti a lanciarsi in picchiata su qualunque malcapitato di passaggio.
Quando arrivò in cima e il cielo stellato si inarcò sopra di lui, si rese conto che quella era, come nella più classica delle tradizioni, una torretta. Una torretta il cui pavimento era ricoperto di soffice muschio - su cui Tooru già si era accomodato - e dal cui parapetto spuntavano ancora rami del bouganville. Sul bordo di pietra, invece, era cresciuta dell'erbetta. Per il resto, quel poco di roccia che ancora non era stato soffocato dalle piante anche al buio pareva così vecchio... Ci passò un dito: pietra levigata dopo chissà quanti anni di vento, sbiadita dopo chissà quanti anni di sole. Gli rimase una leggerissima patina di polvere sul polpastrello.
Andò a sedersi vicino al ragazzo cercando di fare il più piano possibile, non sapeva più nemmeno lui se per non svegliare l'idra addormentata - strano che la signora non avesse tre teste, in effetti, ma diceva abbastanza idiozie per tre - o se solo per non infrangere quel silenzio che era venuto a crearsi.
Era quasi... piacevole. Il silenzio di quando non c'è granché da dire però, sì, va bene così.
Occhieggiò le stelle sopra di loro: tante, luminose. Nei suoi viaggi aveva visto anche cieli più belli di quello, in teoria, ma non gli pareva la stessa cosa, al momento. Non davano la stessa sensazione.
Forse era solo che quelle volte non ci si era soffermato granché, preso com'era a sbudellare mostriciattoli d'acqua - cosa più complicata di quanto sembrasse, davvero. - o organizzare attacchi a sorpresa in accampamenti nemici.
Okay, forse lo sbudellare aveva rovinato la poesia del momento. Appena appena.
― ... mio padre mi portava sempre qui. ― Fece Tooru, dopo un po', neanche avesse potuto leggergli nel pensiero e rendersi conto di come stesse sciupando quell'attimo pieno di pathos. Per una volta, forse, avrebbe persino avuto ragione: ― Nessuno si ricorda più di questo posto, ma io sì.
Sapeva che si sarebbe dovuto sentire toccato - e un pochino lo era, in fondo, fosse stato anche solo perché l'altro gli stava facendo una confidenza su quell'argomento che si ostinava a schivare - eppure, chissà come mai, piuttosto si insospettì. No, era solo che...
― ... sai, mi piacciono un sacco le stelle! ― Tooru si lasciò ricadere all'indietro, come quel mattino, e gli venne il dubbio che approfittasse semplicemente di ogni momento possibile per riposarsi. Senz'altro il muschio al di sotto era morbido e adeguato al rilassamento dei muscoli. ― Perciò ogni tanto vengo quassù a guardarle...
Oh, no.
Assolutamente no.
― Frena i cavalli. ― Iwaizumi tese le mani avanti: ― Non starai per metterti a fare un raccontino lacrimevole sul tuo passato in toni melodrammatici, spero?
― Eh? ― L'altro aggrottò la fronte, preso in contropiede. ― Ma no, no! ― Accompagnò ogni no con lo scuotere del capo.
― Con tutto il rispetto per il tuo eventuale background tragico e se vuoi possiamo parlarne come persone ragionevoli, ma io il melodramma proprio non...
Tooru lo interruppe con una leggera risata: ― Oh, tranquillo! Casomai cercherò di farla passare impunemente come una storiella allegra. Ma le stelle mi piacciono sul serio! ― Agitò una mano per aria, quasi stesse cercando di acchiapparle: ― Il motivo è molto semplice. Se vedo le stelle, vuol dire che posso andare a dormire! ― E stiracchiò le braccia. ― Certo magari non subito-subito, ma almeno un pisolino ino ino...
Si ritrovarono a ridacchiare piano entrambi.
― In realtà ― Quando Iwaizumi si fu placato. ― A me la notte non piace molto. Preferisco il giorno.
Il ragazzo piegò la testa verso di lui. ― Oh? Perché?
― Perché la notte mi annoio. ― Non si poteva dire non avesse senso pratico. ― O dormo e non potrei fare altrimenti se voglio avere la forza di muovermi il giorno dopo, o capitano quelle notti che non riesco a dormire e mi annoio. A volte mi pare una perdita di tempo...
― Capisco. ― Annuì l'altro. ― Sei sempre felice per quello che farai il giorno dopo e l'aspetti. Beh, anche questa è una buona cosa! Vuol dire che le tue cose da fare sono piacevoli. O la maggior parte, almeno. ― Sorrise, ma pareva più... rassegnato? ― Qualche volta, mi chiedo anch'io... come sarebbe se...
... avessi una vita normale?
Iwaizumi si sedette alla scriba, che dava un'aria seria, e portò le mani sulle ginocchia. ― Beh, ogni tanto potresti provarci anche tu, sai? A fare le cose piacevoli. Quando capita. Non è così male.
Tooru sbuffò appena, guardando altrove. ― Sì, quando avrò tempo libero. Forse fra cent'anni...
― Dico sul serio. Potresti...
Nessuna risposta: le palpebre del ragazzo calarono dolcemente e non si mosse più, solo il petto che si alzava e abbassava, placido. Un po' come se si fosse...
... no, no ― Lo scosse ― Non pensare nemmeno di addormentarti. Non ci provare. Io non ti riporto di sotto. Guarda che...
... ti mollo qui?
Davvero? Non era così sicuro che, nel caso, avrebbe lasciato l'altro a dormire sul muschio, con la prospettiva di non lavare i piatti sporchi abbandonati in cucina e, dunque, doversi sorbire le urla della megera di primo mattino. Nessuno al mondo avrebbe meritato di trovarsi di fronte quella cosa - ancora in camicia da notte, la crema sul viso e i cetrioli appena tolti dagli occhi stretti in pugno - che urlava frasi di non-proprio senso compiuto. E vedersi pure tirare contro i cetrioli.
Si sporse per tirargli una ciocca di capelli, un minimo di soddisfazione.
Un sorriso sornione: ― Sono sveglio, eh.
... accidenti a te e ai tuoi soffici capelli color castagna-
― Comunque... ― Nemmeno riaprì gli occhi. ― ... non so se potrò mai, però... credo sarebbe divertente vedere queste cose di cui parli. Le cose belle da fare di giorno. ― La sua voce andava abbassandosi... ― Non mi dispiacerebbe se me le mostrassi...
... e si spense, come se si fosse davvero addormentato.
Ma ora sapeva che entro cinque minuti sarebbe balzato in piedi, pronto a tornare obbedientemente ai piatti sporchi e i suoi doveri (?). Magari avrebbe potuto aiutarlo con i piatti. Non troppo, lavarne giusto due o tre.
Osservò il ragazzo accoccolato sul muschio, accanto a lui.
La notte sarebbe stata ancora lunga e forse non tutta così piacevole.
Ma ora - anche se solo per un momento - avrebbero potuto godersi ancora quel silenzio, mh?






Yohoo!
Okay, sono le due, ho sonno, devo ancora finire di mettere l'html e probabilmente mi metterò a piangere sul tag I-. Quindi cercherò d'esser stringata. A parte questo, oggi abbiamo una cosa alquanto importante da dire...
Tanti auguri, Iwa-chan! *A*/ Di solito non faccio mai gli aggiornamenti ai compleanni (troppo scostante/memoria orribile) ma visto che il tag di Tooru su tumblr ha provveduto a ricordarmi che oggi era il 10 giugno, beh... (Sarai felicissimo, Iwa-chan. Una Iwaoi tutta per te al tuo compleanno! <3 *Si butta sotto la scrivania per scansare una pallonata alla velocità della luce*) Coff, dicevamo.
Questo capitolo è lunghino e sapete cosa? E' il mio standard. Di solito i miei capitoli di long sono così lunghi. Il prossimo capitolo, che come avevo detto è già scritto, è curiosamente più corto, ma quelli dopo ancora... *fa gesto vago* Beh, vedranno loro. Quando la voglia di delirare è tanta, non vedo perché dovrei porci freno.
... poi, sapete, nelle mie idee la storia non era così gaia. Non sono ben sicura di quel che stia succedendo, ma okay, sono pucci, lasciamoli fare. Tooru in particolare è scandalosamente puccio. Poi penso a come sarà in futuro e rido. (Semplicemente, con il tempo tornerà ad essere del tutto IC. Non so se Iwa sia d'accordo. Per carità, a me pare puccio a prescindere, ma...)
Miiii spiace un pochino che forse Tobio-chan non ci faccia proprio una gran figura, in questo capitolo, ma anche per lui abbiamo ancora tante cose da dire. In futuro si rifarà. à__à
Comunque, ormai il meccanismo è in moto, e dal prossimo capitolo si vedrà quanto. Una svolta (forse piccola, forse no), ecco.
Ora sto provando un profondo conflitto di interessi a causa delle zanzare che vogliono uccidermi e dello zampirone che invece vuole soffocarmi, perciò chiudo che mi rifugerò sotto un sacrosanto lenzuolo.
Ma prima di farlo, un momento per ringraziare magic mellah, Nazori chan, Amaya Mai, little_astrid e Mitsuri no Kaze per recensioni e/o aggiunte agli elenchini. Molto obbligata~ E tante grazie anche ai lettori, naturalmente!
E ora vi saluto.
Bye!



* Hai: Sì.
* Gashapon: per chi se le fosse perse, le macchinette che vendono le palline con la sorpresa all'interno - o anche la pallina stessa.
L'idea di sostituire le palline con una castagna me l'ha indirettamente suggerita la mia coinquilina, a causa di un nostro piccolo scambio di battute mentre esploravamo bancarelle di prodotti sardi: riassumendo, lei si faceva domande fisiologiche sul ripieno (?) dei ricci di mare, e io ho spiegato che dentro non hanno la sorpresa dell'Ovetto Kinder.
Il resto del dialogo l'abbiamo poi impiegato sulle castagne, e così è andata.
* Aobajousai: ... be' *gratta nuca* l'Aoba è un castello (Aoba-jou) a tutti gli effetti presente nella prefettura di Miyagi, cui probabilmente la scuola (e squadra) deve il nome. Mi sembrava una cosa simpatica *coff* infilarcelo *coff*.
* Sì, in teoria Tooru scrive in kanji/hiragana com'è giusto che sia, quindi il pezzo dove ho cambiato font è da vedere in via metaforica. (?)


  
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