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Autore: _f r a n c y_    11/06/2015    3 recensioni
Al momento non ci sarà un "Oltre la neve-parte II". Vorrei provare a trasformare questa fanfic in un'originale e per farlo dovrò mettere tutto in discussione, dal primo capitolo. Grazie a chiunque mi abbia seguito fino a qui. Spero di ritrovarvi in un futuro non troppo lontano.
*Riassunti della storia all'inizio dei capp. 18 e 37*
Un'amazzone residente nelle Terre del Nord ed un ninja proveniente dalla Terra del Fuoco. Due mondi distanti e diversi che si scontrano inaspettatamente. Due persone che non si cercavano, ma che iniziano a rincorrersi, finendo per divenire indispensabili l'una per l'altra.
Il suo odore era diverso. Depurato dalle fragranze dell'incendio, della fuga, dei pasti divorati davanti ad un fuoco mai abbastanza caldo, delle notti mute trascorse al buio con nient'altro che il respiro dell'altra a colmare ogni timore.
Neji emanava un odore nuovo per Tenten, eppure quello, proprio quello, era il suo autentico. Aveva familiarizzato con Neji Hyuuga in circostanze straordinarie; soltanto adesso lo vedeva nel suo ambiente. Un ambiente a cui lei non era mai appartenuta.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hanabi Hyuuga, Neji Hyuuga, Nuovo Personaggio, Tenten | Coppie: Neji/TenTen
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Terra del Fuoco







A Neji occorse meno di una settimana per arrivare al villaggio di Konoha. La mappa di Tenten lo guidò fuori dalle Terre del Nord, enigmatiche persino per la sua abilità oculare. Abbandonate le vette dominate dal vento e dalla neve, approdò sull'erba verdissima, baciata dalla rugiada. Procedette verso sud-ovest, dove sapeva che avrebbe trovato Tinkij, una cittadina vivace e trafficata. Era il giorno del mercato e bancarelle si diramavano nelle vie principali, attraendo numerose persone. Le strade erano strette, ma gli abitanti del nord avevano un'indole paziente per natura e si accalcavano con rispetto, senza fretta. Neji si mescolò nella folla, arraffando pagnotte, formaggio e carne arrosto dai banchi, i venditori distratti da altri clienti. Poi Vide in una viuzza ciò che stava cercando: un carro per trasportare la merce, sui cavalli il marchio di Anpa, una piccola città svariati chilometri a sud.
Fu soltanto il primo di una lunga serie di mezzi sui quali avrebbe viaggiato da clandestino. Viaggi sempre scomodi, stipato tra pile di casse di legno, sballottato dai sassi o dalle buche, stordito dall'odore di cibo ormai andato a male... Era però il solo modo di tornare a casa il più rapidamente possibile e soprattutto, come si conveniva ad ogni ninja, senza lasciare traccia del proprio passaggio.
Giunto nella Terra del Fuoco, proseguì a piedi. I villaggi ninja erano agglomerati urbani nascosti, mimetizzati nel paesaggio circostante. Konoha, in particolare, era stato costruito al limitare di una foresta, a ridosso di una parete di morbida roccia rossa.
Scostò i rami e gli arbusti con gesti ormai divenuti abituali e finalmente, tra la fitta vegetazione, intravide gli altissimi pali di legno del recinto. Era l'alba e i raggi di luce rosata solleticavano la punta affilata dei tronchi. Se Neji poteva di nuovo scorgere quelle forme e quei colori familiari, lo doveva unicamente ad una persona.
Le due guardie alla porta nord lo guardarono, si scambiarono un'occhiata allibita e quindi lo fissarono ancora.
 - Neji Hyuga. - disse meccanicamente, in una nuvola di vapore, - Di ritorno dall'Operazione Salice. -
 - Questo... Questo non è possibile. Ci hanno detto che eravate morto. -
 - Dove sono il coprifronte e l'equipaggiamento ninja? -
Neji passò una mano tra i capelli sporchi, scostandoli completamente dal viso. Le guardie indietreggiarono, come avessero visto un fantasma: quegli occhi pallidi, privi di ogni emozione, erano inimitabili. I capillari intorno a quegli specchi opachi si ispessirono e i due ebbero la sensazione di non avere più segreti dinanzi a quel giovane uomo.
Lo lasciarono entrare senza aggiungere obiezioni.
Il villaggio dormiva ancora. In altre circostanze, Neji avrebbe percorso le sue vie lentamente, per assorbire quella pace silenziosa, ricamata soltanto dal cinguettio degli uccelli nei loro nidi.
Quella mattina di dicembre, invece, percorse le strade con passo lesto, quasi correndo. Non era tornato a casa: era tornato in gabbia. La notizia del suo rientro avrebbe fatto presto il giro delle guardie e a breve avrebbe varcato anche la soglia di Villa Hyuga. Doveva recarsi dall'Hokage prima che lo facessero loro per screditare le sue accuse con qualsiasi mezzo.
Il palazzo del capo villaggio si ergeva al termine della via principale. Lo si poteva vedere da centinaia di metri di distanza, con il perimetro circolare e la vernice rossa stinta dal sole, graffiata dal vento. Neji vi entrò quasi trattenendo il respiro, come aspettandosi che qualcuno o qualcosa gli avrebbe impedito di farlo. Dopodiché iniziò a correre su per le scale, senza fermarsi fino a quando non ebbe raggiunto il terzo piano. Qui si diede un contegno rispettoso e camminò lungo la curva del corridoio. Alla sua destra, fuori dalle finestre, Konoha iniziava a svegliarsi.
 - Che mi prenda un colpo! -
Neji si voltò con un sussulto. Dovette trattenersi dal mettersi in posizione di guardia.
Era soltanto Shikamaru Nara. L'esponente più giovane dell'omonimo e storico clan di Konoha, era la mente più brillante della loro generazione, anzi, con molta probabilità dell'intero villaggio. L'espressione più comune sul suo volto sottile era di noia: era estremamente difficile trovare qualcosa che stuzzicasse la sua straordinaria intelligenza.
Per la prima volta, Neji vide un largo sorriso illuminargli il volto, spezzato solo dalla sigaretta stretta tra le labbra.
 - Buongiorno, Shikamaru. -
 - E' tutto quello che hai da dire? - esclamò l'altro, stringendogli la mano con una presa più salda del solito. Persino i suoi capelli, una massa nerissima, folta e spettinata raccolta in una coda stretta, sembravano ravvivati.
 - Diamine, persino dopo un viaggio all'inferno rimani un ghiacciolo! - aggiunse dandogli sonore pacche su una spalla. - Che diavolo è successo? I tuoi parenti non sanno più distinguere un vivo da un morto? -
Neji si lasciò scappare un mezzo sorriso amaro e Shikamaru depose all'istante il sarcasmo.
 - Non è stato un incidente... Merda, te l'avevo detto che era pericoloso, dopo la scomparsa di Hinata. Senza l'appoggio di almeno un membro della casata principale, è un suicidio. -
 - Sono il guerriero più forte dell'intero clan, non possono rinunciare a me tanto facilmente. Durante le missioni, spesso sono stati gli Hyuga di prim'ordine ad appoggiarsi a me, non il contrario. -
 - Sei sempre stato arrogante... - scosse la testa Shikamaru, - E' il tuo punto debole, lo sai. -
 - Ma è la verità. Perciò sono sicuro che il mio omicidio è stato deliberato solo da una piccola parte del clan. -
Shikamaru espirò il fumo della sigaretta, un velo che si alzava a coprire gli occhi castani e affilati:
 - Probabilmente i più conservatori. Quelli che hanno trascorso una vita intera all'ombra delle tradizioni, accumulando potere e autorità. Non vorrebbero mai rinunciarci, tantomeno perdere la loro reputazione proprio al termine della loro esistenza. -
Neji annuì. 
Proseguirono insieme fino alla doppia porta di legno dipinta di verde scuro. Qui Shikamaru si buttò su una sedia con uno sbadiglio.
 - Vai avanti tu. Io devo semplicemente fare rapporto per una noiosissima missione. -
La guardia davanti all'ufficio dell'Hokage, tuttavia, non fu conciliante come quelle all'entrata del villaggio.
 - Senti, ragazzino, sono stato qui in piedi tutta la notte. Non ho voglia di scherzi. Porta i tuoi trucchetti da qualche altra parte, se non vuoi che ti accompagni all'uscita. -
Fece per sospingerlo via, quando Neji diede voce a ciò che aveva Visto.
 - Sarà lei ad essere accompagnato, se l'Hokage verrà a sapere che è un bevitore incallito. -
Due secondi dopo, Neji veniva annunciato all'Hokage e fatto entrare nello studio. Una scrivania ed una piccola libreria: questo era il solo arredamento della stanza più importante di tutto il villaggio. Le informazioni sensibili erano custodite altrove, nei sotterranei del palazzo: centinaia di fascicoli sulle missioni svolte, altri su tutti i ninja susseguitisi nella storia di Konoha, infine i registri appartenuti ai precedenti Hokage, contenenti segreti accessibili soltanto alla massima carica del villaggio.
Il nome dell'Hokage era Takeshi Hinoe. Era un uomo sulla quarantina, i capelli corti brizzolati, la fronte ampia e occhi di pece, piccoli ma intensi. Aveva servito il villaggio in modo ammirevole, portando a termine missioni ad alto livello, fino a quando un combattimento con ninja di altri villaggi gli era costato l'uso della gamba destra. Non apparteneva a nessuno dei clan maggiori di Konoha: nessuno di questi avrebbe mai gradito un clan rivale al potere. 
L'Hokage osservò l'entrata di Neji con controllata curiosità, le mani che mettevano da parte alcuni fogli per potersi concentrare soltanto sul nuovo arrivato. Sentiva che quello del giovane Hyuga non sarebbe stato un semplice secondo rapporto sulla Operazione Salice.
Neji chinò il capo in un rispettoso inchino:
 - Signore, vorrei sottotoporle una questione della massima importanza. -
 - Lo so, ragazzo. Ti ascolto. -
Neji raccontò all'Hokage del doppio tentativo di omicidio che aveva subito. Disse che a curare le sue ferite e a dargli ospitalità era stata una piccola famiglia del luogo. Non fece mai il nome di Tenten né di alcun'altra Amazzone. Confessò di aver respinto e ucciso gli aggressori con le sole proprie forze. Una parte di lui, quella integerrima, votata all'onestà, si ribellava mentre una simile menzogna riceveva voce: senza l'aiuto di quelle donne, lui non avrebbe mai raggiunto lo studio nel quale adesso sedeva. Un'altra, però, la sovrastava e costringeva in un angolo remoto, cui soltanto lui e la sua memoria avrebbero mai avuto accesso. Negare a quelle donne il merito era l'unico modo per proteggerle e ringraziarle.
L'Hokage ascoltò rispettosamente, senza mai interromperlo. La schiena rilassata contro la sedia imbottita, le mani intrecciate sull'addome, lo fissava senza giudicarlo. Mai, nel corso di quei lunghi minuti, i suoi piccoli occhi di pece dubitarono della veridicità delle sue parole.
Neji nutriva massima fiducia in quell'uomo, ma si stupì ugualmente del fatto che nessuna guardia fosse stata chiamata per trascinarlo via insieme con le sue accuse ingiuriose.
 - Non appena i capoclan scopriranno che sono ancora vivo, cercheranno di chiudermi la bocca. Tornare sotto il loro tetto, a Villa Hyuga, sarebbe l'equivalente di un suicidio. Per questo invoco la vostra protezione, Hokage. E vi chiedo di intervenire per porre fine alla schiavitù del ramo cadetto. -
Nella stanza si posò il silenzio. L'Hokage spostò lo sguardo da Neji alla scrivania, mentre rifletteva.  
 - Quello che mi hai appena detto è grave. Molto grave. - rivelò infine.
Neji attese che proseguisse, senza incalzarlo oltre. Aveva previsto che una tale notizia lo avrebbe preso alla sprovvista.
 - Voglio essere sincero con te, ragazzo. I capi del tuo clan mi avevano avvertito che avresti potuto farmi visita. -
Gli occhietti neri tornarono su di lui, ma Neji non riuscì a radunare un solo fiato di voce per chiedere chiarimenti.
 - Meno di tre settimane fa, al rientro dalla Spedizione Salice, i tuoi due compagni di squadra ti avevano dato per disperso. La mattina dopo, mi hanno chiesto l'autorizzazione per una missione di recupero: riportare il tuo corpo a casa, per dargli degna sepoltura. Non sono più tornati. Un paio di giorni fa, però, Hokuto-san in persona ha chiesto di conferire con me. Sapevano che eri ancora vivo. -
Neji ebbe la sensazione di vacillare nel vuoto. Come avevano potuto scoprirlo? Era convinto che avrebbe agito nell'ombra fino al suo rientro, invece erano stati loro ad anticipare le sue mosse.
Affilò i sensi e fece per attivare la Vista, ma l'Hokage placò i suoi sospetti:
 - Siamo soli, ragazzo. Non è un'imboscata. Nessuno ti ritrascinerà alla Villa. -
Neji si concesse ancora qualche secondo, poi abbassò la guardia. L'Hokage sorrise.
 - E' proprio vero, non hai la stoffa del subordinato. Ti fidi soltanto delle tue percezioni. Mi hanno preparato anche a questo, i tuoi parenti. In verità, mi hanno anticipato tutto ciò che mi avresti detto. -
L'Hokage arricciò le labbra e cercò le esatte parole nel soffitto color avorio. 
 - "Vi dirà di essere stato quasi assassinato dal suo stesso sangue. I nostri medici l'hanno definita una forma di paranoia. Suppongono coltivi manie di persecuzione fin dalla morte del padre, che ha nobilmente sacrificato la propria vita per il clan. Ormai è... delirante". Sì, è questo il termine che hanno usato: delirante. -
 - Con tutto il dovuto rispetto, Signore, storicamente l'accusa di pazzia è una delle strategie più efficaci per rimuovere un avversario dalla scena. Soprattutto se non lo si può eliminare fisicamente. -
 - Lo so, lo so, ragazzo. Questo però non lo hai appreso all'accademia ninja, vero? -
 - Ho visitato molte Terre, Signore. -
 - Esatto. Un ninja viene addestrato a non lasciare traccia, a non essere nè visto nè udito. Ma tu osservi, studi, analizzi... E acquisisci così un'esperienza indiretta che pochi altri della tua età potrebbero vantare. Adesso ti ho finalmente inquadrato. Non sei affatto un pazzo, come volevano farmi credere. -
Strofinò due dita lungo le labbra sottili. Infine poggiò entrambi i gomiti sulla scrivania e sentenziò:
 - Mi piaci, ragazzo. Non sei un tipo convenzionale. -
 - Permettetemi di dissentire, Signore. Io non mi sono presentato qui per ricevere favoritis... -
 - E non li riceverai, infatti. - lo interruppe l'Hokage. Alzò le spalle e sospirò, sinceramente dispiaciuto: - Vedi, ragazzo, la politica non si fa con le sensazioni, ma con il calcolo. Tu mi piaci, è vero, ma... Come posso dire? -
Di nuovo, cercò la risposta nell'aria.
 - Non sei nessuno, ecco. Potrei anche credere alla tua storia... Anzi, ammetto di crederci, ma cos'hai da offirmi, a parte quella? -
Neji schiuse la bocca, ma conoscevano già entrambi la risposta.
 - Esatto, niente. E questo è un vero peccato, accidenti... Mi dispiace davvero che debba finire in questo modo. -
Di nuovo, i suoi sentimenti si espressero attraverso la linea delle labbra. Increspata verso destra, poi verso sinistra, contratta e proiettata all'esterno... Disorientato da una conversazione che stava degenerando verso il surreale, Neji se ne scoprì ipnotizzato. Comunicavano veramente rammarico.
 - Voi... Voi avete la mia parola, Signore, alla quale credete. O forse essa vale meno di quella dei capi del mio clan, che pure è menzognera? -
L'Hokage sollevò lo sguardo su di lui, perplesso.
 - Ma naturalmente la tua parola vale meno, ragazzo. E' proprio questo il fulcro del problema. -
 - Avevate detto di credermi... -
 - Ed è così. - lo interruppe ancora, - E' evidente che sei un personaggio scomodo per il ramo principale del tuo clan, ma non posso intervenire. -
 - Questo non ha alcun senso. - ribattè Neji, cominciando ad alzare la voce.
L'Hokage si abbandonò ad una breve risata.
 - Certo che ce l'ha, ragazzo mio. Non fraintendere: io ritengo che ogni abitante di questo villaggio abbia diritto a presentarmi un reclamo. Chiunque può bussare alla mia porta e sottopormi un problema. La tua parola e quella dei tuoi capoclan, prese per se stesse, hanno lo stesso valore. Tuttavia, vedi, i tuoi capoclan le forniscono un valore aggiunto che tu non puoi darle. -
Scrutò l'espressione incredula e contrariata di Neji e si raddrizzò.
 - Sei un giovane sveglio. Voglio concederti una breve lezione su come funziona la politica in questo piccolo villaggio. -
Diede un paio di scossoni alle braccia, per liberarle dall'impaccio delle ampie maniche.
 - Io non sono il sovrano assoluto, qui. La mia attività principale è ricevere richieste di lavoro tramite i nostri intermediari, sparsi per l'intera Terra del Fuoco, e individuare le squadre ninja più idonee a svolgerle. Insieme ad altri ninja meritevoli, vengo candidato dagli Anziani del villaggio ed eletto dai maggiori clan: Nara, Akimichi, Hyuga... Posso pianificare nei dettagli le missioni e punire chi non rispetta gli ordini impartiti. Ma non mi è permesso comandare i clan su come organizzano le proprie attività interne, se quel modo è vincente. E' ingiusto? Forse. Ma rimane il fatto che il clan Hyuga sia uno dei più forti e contribuisce a dare prestigio al nostro villaggio ninja. Se li indebolissi o, peggio ancora, perdessi il loro sostegno, i clienti diminuirebbero e allora il villaggio intero ne soffrirebbe. -
All'Hokage scappò una mezza risata davanti all'espressione di Neji: corrucciata, amara, delusa.
 - Se tu avessi qualcosa da offrirmi... - proseguì, - Se i tuoi familiari del ramo cadetto avessero qualche merce di scambio, allora potrei rischiare. Potremmo tentare una negoziazione. Sederci tutti a questo tavolo e cercare una soluzione. Ma stando così le cose... -
 - Noi non abbiamo niente proprio perché apparteniamo al ramo cadetto! Non avremo mai nient'altro se non la nostra parola! Possono ucciderci con un solo gesto delle mani! -
L'Hokage scosse leggermente la testa, affranto.
 - Allora temo proprio di non poter fare nulla. -
 - Ma, Signore...! - Neji scattò in piedi.
Il suo grido, unito allo scorrere violento della sedia, indusse la guardia a entrare fuliminea.
 - Su un punto, però, hai ragione: non posso riconsegnarti nelle loro mani. E, onestamente, non posso nemmeno permettermi che tu scorrazzi per l'intero villaggio, gridando le tue accuse e agitando le acque. -
Si rivolse alla guardia:
 - Arrestalo. No, no, non le manette ordinarie. Usa quelle che moderano il flusso di chakra. Polsi e caviglie, mi raccomando. -
 - L'accusa, Signore? - chiese dopo aver fatto scattare l'ultima serratura.
 - Oh, giusto. Uhm, tentata sovversione. Il processo si terrà il... - sfogliò l'agenda, senza apparente interesse, - ... venti dicembre. -
La guardia trascinò via Neji, sotto lo sguardo sconvolto di Shikamaru, che aveva udito le ultime battute. Vide l'amico assecondare la presa violenta dell'energumeno, senza ribellarsi né protestare. Farlo, lo sapeva, gli sarebbe valso un'ulteriore accusa durante il processo.
 - Avanti il prossimo. - fece l'Hokage incalzando Shikamaru, in piedi nell'atrio. - Non curarti di lui, giovane Nara. La sua mente è malata, povero ragazzo. Soffre di deliri e terribili paranoie. -
Takeshi Hinoe credeva al racconto dello Hyuga. L'Hokage, tuttavia, non poteva rischiare che quelle stesse parole trovassero credito oltre le pareti del suo studio.
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Una domanda: quanti di voi, quando usano la parola "surreale", hanno un automatico flashback di Notting Hill? Vi dirò di più: ogni volta che mia madre ed io guardiamo un film o una serie tv e sentiamo pronunciare l'espressione "E' stato bello", aggiungiamo automaticamente: "Surreale, ma bello". E poi scoppiamo a ridere. Vi prego, diteci che non siamo le sole vittime di questo delirio, ahahahah!

Ho inventato il personaggio dell'Hokage, sì. Mi serviva un carattere particolare.
Inoltre, vi ricordo che in questa What if? Naruto e Sasuke si sono uccisi a vicenda alle cascate. Vi ricordo anche che i personaggi femminili del manga qui sono svalorizzati, perché il mondo della fanfic è fortemente maschile e maschilista.

Nota sui giorni del viaggio: nei capitoli precedenti, i ninja impiegano appena quattro giorni a percorrere la distanza Terra del Fuoco-Terre del Nord. Mi sono resa conto che è un tempo troppo breve (considerato anche il cambiamento climatico), quindi qui l'ho ampliato. Correggerò i vecchi capitoli.

E niente... Mi sto sicuramente dimenticando di dirvi qualcosa, come al solito. Ahahahah. Per qualsiasi domanda, perplessità, insulti, scrivete pure. Al 90% avrete ragione voi :D

Grazie, grazie, grazie a tutti quelli che continuano a leggere questa storia. E un enorme abbraccio ai recensori, soprattutto ai nuovi arrivati!

A presto,

francy
  
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