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Autore: Crazy_Diamond    12/06/2015    2 recensioni
Sono abbastanza nuova nel fandom e ho pensato di presentarmi con questa. È una versione romanzata della storia dei Pink Floyd e in particolare di Syd, dal quale sono rimasta affascinata la prima volta che ne ho sentito parlare e a cui dovevo un omaggio. Spero possa piacere a qualcuno ^^
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Roger Waters, Syd Barrett
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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            You shone like the sun

Conobbi Syd all'età di 10 anni, mentre lui ne aveva appena 8, due meno di me. Eravamo a scuola ad ascoltare una lezione di arte ed io mi avvicinai a lui, perché sembrava l'unico fuori posto, che ignorava bellamente l'insegnante, chiuso nel suo universo personale. Aveva la testa china sul banco, i capelli scuri che gli coprivano il volto, e disegnava. Non ricordo che cosa di preciso, ma di sicuro doveva essere un disegno bellissimo, visto il suo talento. In realtà non ci scambiammo neanche una parola e, nel giro di pochi giorni, mi dimenticai del tutto della sua esistenza. Poi un giorno, diversi anni più tardi, quando suonavo occasionalmente in un gruppo che lui aveva contattato per proporsi come cantante e chitarrista, ci incontrammo di nuovo, ed in un certo senso fu di nuovo la prima volta. Si faceva ancora chiamare Roger, come me, e ricordo che entrambi sorridemmo proprio per questo motivo, l'uno alla presentazione dell'altro. Non sapevo che quell'incontro mi avrebbe letteralmente sconvolto la vita, nei modi migliori e peggiori possibili. Non sapevo che in quel momento avevo incontrato, insieme al mio destino, la persona più importante di tutta la mia inutile esistenza. Una cosa, però, la sapevo: questa volta non mi sarei dimenticato tanto facilmente di quel singolare ragazzo dagli occhi scuri e i capelli mossi. Solo tanti anni dopo, infatti, realizzai che non solo la mia prima impressione si era rivelata corretta, ma che era stata anche un leggero eufemismo. Chiunque abbia avuto modo di conoscere Syd Barrett, che sia stato personalmente o attraverso le sue canzoni, non è mai riuscito davvero a toglierselo dalla testa. Diventa una sorta di ossessione, non appena si viene in contatto con lui in qualunque modo. Tutti hanno sempre voluto capirlo, cercare di entrare nella sua mente complessa e così diversa dalle altre e, quando ha cominciato ad "impazzire", aiutarlo. Naturalmente nessuno è mai riuscito a fare niente di tutto ciò. Parlando per esperienza personale, ritengo sia pressoché impossibile conseguire questo obiettivo, per il semplice motivo che Syd costituisce un mondo a sé, l'ha sempre fatto. In ogni caso io a quel tempo ero solo un adolescente pieno di idee ambiziose e voglia di mettersi alla prova, di certo non mi curavo di certe cose e non potevo sapere di preciso che tipo di persona avessi di fronte. Lo osservai fare il suo provino per entrare definitivamente nella band e rimasi senza fiato. Aveva uno stile musicale unico come la sua personalità, la chitarra distorta e una voce sguaiata ad accompagnare parole strane, infantili nella loro profondità, mai sentite prima in una canzone rock. Irradiava un fascino palpabile che mi aveva catturato fin da subito. L'aveva composto lui, quel pezzo, e ricordo che lo capii all'istante, pur non conoscendolo ancora. Ovviamente espressi il mio entusiasmo agli altri membri del gruppo, esclamando che non potevamo lasciarci sfuggire un simile talento e loro concordarono con me che quel ragazzo aveva qualcosa di speciale. Nick accennò un sorriso cordiale verso il nuovo arrivato e gli diede una pacca sulla spalla: "Allora, Roger, direi che sei dei nostri" Fu questa la breve frase che esaudì il mio desiderio. Ma lui guardò me, sorridendo sia con le labbra che con gli occhi e rispose semplicemente: "Chiamatemi Syd"
Roger Keith Barrett, ora divenuto Syd, faceva ufficialmente parte della mia stessa band e niente avrebbe potuto rendermi più felice.




Erano ormai passati svariati mesi dal giorno del nostro primo incontro (o secondo, dipende dai punti di vista), ed io e Syd andavamo d'accordo ogni giorno di più. Nel gruppo eravamo finalmente riusciti a trovare il giusto equilibrio, insieme a Nick e Richard e il nome definitivo era stato deciso, ovviamente da Syd: ci saremmo chiamati Pink Floyd, dai cognomi di due famosi bluesman, anche se ad un intervistatore disse che gli era stato suggerito dagli alieni. Ne ridemmo per giorni tutti insieme, ripensando all'espressione stralunata dell'uomo che a quell'uscita era rimasto totalmente senza parole. Iniziammo anche a suonare in giro per la città, cercando di farci un nome. Ogni sera in un locale diverso, persone diverse che ci ascoltavano e applaudivano la nostra musica, le nostre canzoni. Sembrava già un sogno. Non eravamo ancora chissà quanto famosi, ma avevamo tanta fiducia e ottimismo, sapevamo che era solo questione di tempo. Avere Syd come leader e compositore di quasi tutte le canzoni, poi, era una vera fortuna. Lui era straordinario, come avevo immaginato fin da subito: entusiasta, brillante, energico, con un'ironia unica. Sarei potuto restare a guardarlo per ore, tali erano la sua bellezza e la luce che irradiava, oppure ascoltarlo cantare le nostre canzoni, con la sua voce meravigliosa, capace di ipnotizzare chiunque. Ogni tanto, però, il luccichio nei suoi occhi neri si spegneva e quel ragazzo così allegro e spontaneo diventava intrattabile per un certo periodo, quasi depresso. Lunatico, sgorbutico, praticamente tutto il contrario di quello che era normalmente. Oppure, cosa ancora peggiore, si comportava in modi ridicoli, strambi. Provai a chiedergliene il motivo, una volta, quando avevamo raggiunto un minimo di confidenza. Mi rispose che spesso sentiva di non appartenere a questa realtà, di essere un estraneo perfino per se stesso e che questo lo rendeva molto triste. Sul momento non ci pensai due volte ad abbracciarlo forte e tenerlo stretto a me, nel tentativo di consolarlo da qualcosa che io stesso non comprendevo fino in fondo. Fu il nostro primo abbraccio e in seguito realizzai che era stato il momento in cui avevo capito di amarlo, anche se allora continuavo a mentire a me stesso. Lui non si scostò e sorrise sulla mia spalla, sapendo che potevo sentirlo. "Resterai sempre con me, vero?" Chiese in un sussurro appena percettibile. "Certo che sì, non vado da nessuna parte" Risposi, orripilato solo all'idea di allontanarmi da lui. A ripensarci adesso, tutto quello che provo è un senso di colpa più pesante di un macigno. Comunque sia, a quel tempo Syd era fidanzato, per giunta con una ragazza bellissima. E, dopotutto, come avrebbe potuto non esserlo? Io naturalmente la odiavo con tutto il cuore, anche se all'inizio avevo scambiato la mia evidente gelosia per invidia nei confronti dello stesso Barrett. Perché lui era sempre stato tutto ciò che mi sarebbe piaciuto essere. Bello, affascinante, intrigante da ogni punto di vista. La notte in cui si lasciarono lui venne a casa mia in lacrime, sostenendo di non sapere neanche il motivo per cui stava tanto male ma che era certo di avere bisogno di me. Non saprei dire quanto fosse veloce il battito del mio cuore quando mi attirò a sé per baciarmi, ma mi sembrava che stesse per uscire dalla cassa toracica. Capii in un lampo che forse ero sempre stato un po' innamorato di lui e non esitai un secondo a ricambiare il bacio, infilandogli le mani nei capelli per avvicinarlo ancora di più. Ci separammo dopo un tempo indefinito, unicamente per riprendere fiato e la sua espressione in quel momento fu la cosa più bella che avessi mai visto. Le labbra ancora socchiuse, gli occhi spalancati e immersi nei miei, tutto di lui era splendente. Inventai io il soprannome "Crazy Diamond", proprio in quell'istante, ma quasi nessuno sa la vera storia dietro a quell'invenzione. 

Remember when you were young
You shone like the sun




Alla fine, dopo quel periodo confusionario che precede tutti i primi lavori di ogni band, uscì il nostro primo album: The Piper At The Gates Of Dawn. Non mi faccio alcun problema a dire che è un vero e proprio capolavoro, dato che io non c'entro quasi nulla con la sua creazione. Quello fu unicamente il disco di Syd, le sue idee e il suo genio. Gli anni successivi li ricordo come un lungo e terribile incubo, da cui tenti in tutti modi di svegliarti ma non puoi. Io ero pazzo di lui e ora che sapevo che anche lui mi amava pensavo che non sarebbe potuto succedere ma più qualcosa di brutto. Dire che mi sbagliavo sarebbe un eufemismo, ma la lungimiranza non era mai stata il mio forte. A mia discolpa, posso dire che la mia felicità mi impediva di vedere la realtà, mi rendeva cieco davanti ad essa. Dopo alcuni mesi passati insieme che furono, senza dubbio, tra i migliori della mia vita, Syd iniziò a peggiorare sempre di più. Quegli strani modi di comportarsi che prima erano relativamente rari, diventarono sempre più frequenti e preoccupanti. Non la smetteva di prendere acidi, ma io sapevo che non era quella l'unica ragione del suo malessere. La cosa più terribile fu l'impotenza che sentivo ogni giorni, il sapere di non poter fare nulla per aiutarlo. Questa consapevolezza mi distruggeva dall'interno. Per i ragazzi era lo stesso, nessuno di noi capiva che cosa avesse e cosa si dovesse fare. Iniziarono a dirmi che così non si poteva assolutamente andare avanti: Syd non veniva più ai concerti, alle prove, e quando lo faceva era sempre strafatto o non sembrava in grado di cantare. Le provai tutte, costantemente invaso dal terrore di perderlo, perché sentivo che stava scivolando via da me in modo inesorabile. Suggerii inizialmente di "arruolare" un nostro comune amico, David Gilmour, che lo aiutasse a cantare e suonasse con lui la chitarra. Anche quest'idea si rivelò inutile, lui era sempre più solo, isolato da tutti. I suoi occhi avevano perso quella luce che li aveva sempre caratterizzati, ora erano solo due buchi neri inespressivi, che segnalavano l'incomunicabilità tra di noi. Piansi tutte le mie lacrime, lo abbracciai, arrivai a schiaffeggiarlo nella mia disperazione. Non servì a nulla, il ragazzo che conoscevo se ne era andato per sempre e ritornava solo in sporadici periodi di tempo, gli unici in cui potevo ancora avere un briciolo di speranza. Ma perfino la speranza, anche se è l'ultima a farlo, alla fine muore. Un po' capendo il volere dei miei amici, un po' perché anche io lo avevo ammesso a me stesso da tempo, decisi che l'unica cosa da fare era cacciarlo dal gruppo. E dovevo essere io a farlo, il suo migliore amico, il suo amore. Non so da dove tirai fuori tutto il coraggio necessario per quel gesto, ma in qualche modo ci riuscii. Lo guardai in faccia e dissi la frase che spezzò il mio cuore per sempre. Lui mi guardava fisso, non disse una parola, ma posso giurare di aver visto un lampo di tristezza passargli negli occhi, forse in un momento di lucidità. Scappai via prima che quel dettaglio mi facesse cambiare idea, tentando di non piangere. Questo, lo ammetto non fu particolarmente coraggioso da parte mia, ma non potevo rischiare di cambiare idea all'ultimo momento. Il resto é storia: noi diventammo i celebri Pink Floyd e lui scomparve, oscurando per sempre il suo brillare. 





Seduto sul letto, il cellulare ancora in mano dopo la chiamata di Rick, il 7 Luglio 2006, mentre guardo l'unica foto che ho di te, ti imploro silenziosamente di perdonarmi quell'ultima cosa. Non ho mantenuto la promessa e ti ho lasciato andare via da solo. Non hai idea di quanto mi sia odiato per questo e di quanto mi odi ancora, forse adesso più che mai. Ricordo quelle parole, che descrivevano perfettamente i miei sentimenti, con cui alla fine ho scritto una canzone che ora tutti definiscono "capolavoro". Io ho sempre pensato solamente che fossero sincere, la cosa più sincera che abbia mai scritto. Sorrido, guardando il tuo volto allegro come non l'ho visto più e che ora non vedrò mai più, continuo a sorridere quando sento lacrime calde scendermi lungo la guancia.



Come on you raver
you seer of visions
come on you painter
you piper
you prisoner 
and shine!
  
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