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Autore: Emotional Fever    12/06/2015    7 recensioni
"Andrew guardò verso il cielo, coperto da un sottile strato di nuvole color grigio acqua sporca. Avrebbe desiderato morire in un giorno migliore, ma purtroppo la sua pazienza era già arrivata al limite da troppo tempo"
...Ma questa ragazza riuscirà davvero a compiere quell'estremo gesto?
...Oppure qualcosa glielo impedirà, capovolgendo completamente la situazione?
Genere: Drammatico, Sovrannaturale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
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Premessa: Questa Storia può avere diverse Teorie d'Interpetazione, pur non conoscendo i dettagli della mia vita privata. Inoltre, è dedicata a 2 miei Cari Amici. Uno dei quali aveva una grande passione per le moto, mentre l'altro la possiede tutt'ora. Se sono riuscita a trovare il coraggio di pubblicare volontariamente le mie emozioni (ed i miei sentimenti) lo devo a loro. Grazie dell'Attenzione. Buona Lettura.



Andrew guardò verso il cielo, coperto da un sottile strato di nuvole color grigio acqua sporca. Avrebbe desiderato morire in un giorno migliore, ma purtroppo la sua pazienza era già arrivata al limite da troppo tempo. L'aria fredda di quella sera le stava accapponando la pelle. Con un inspiro tremante piegò il carpo del polso destro verso l'alto, posando lo sguardo su quello che pareva essere un braccialetto di cuoio nero, con una piastrina ovale al centro del cinturino. Distolse subito lo sguardo da esso, concentrandosi sul suo obiettivo. Prima di sentire l'ennesimo brivido lungo la schiena, si sporse leggermente oltre il bordo dell'impalcato del ponte, situato sopra il naviglio. Vide la forte corrente d'acqua scura farsi strada tra i residui di alberi ed immondizia. Con un profondo respiro si preparò a fare l'estremo gesto che avrebbe posto fine alle sue sofferenze. Facendo attenzione a non scivolare, si arrampicò s'un ancoraggio vicino; restando in piedi ad osservare il fiume che l'avrebbe inghiottita, ed annegata, pochi secondi dopo. Cercò di trattenere il fiato, stringendo i pugni e facendo penetrare le proprie unghie nella carne del palmo.
«Solo un salto di pochi metri. E poi...Sarà finita» Si disse a bassa voce, col timore di essere sentita da qualcuno.
Erano le 3:44 del mattino e non c'era nessuno che controllava la zona. Andrew decise di non perdere tempo. Prese un grande respiro, che rigettò fuori dai polmoni subito dopo; quindi chiuse gli occhi girandosi di spalle. Aprì le braccia, sentendo la coscienza ordinarle di abbandonare le forze per lasciarsi cadere all'indietro; sfidando la morte. Inarcò la schiena e la forza di gravità pensò al resto. Il senso di caduta le fece sentire nel petto uno sbuffo di angoscia, mentre si sforzava di chiudere gli occhi per attenuare la sua paura. All'improvviso, però, udì un assordante fracasso; sicché la sua attenzione venne nuovamente sviata. Non appena mise bene a fuoco la vista, notò che il cielo era mutato; divenuto un indefinibile miscuglio di colori accesi, misti ad una luce lontana. Era come se il firmamento si fosse spezzato a metà, lasciando campo libero ad un raggio luminoso, simile ad un enorme fulmine variopinto.
Andrew ebbe a malapena il tempo di schiudere le labbra, nello scoprire che ciò che stava cambiando non era solo il cielo...Ma tutto l'ambiente circostante. Il paesaggio, la luce soffusa dei lampioni e lo stesso ponte dal quale si era buttata, cominciarono a perdere saturazione. Tutto ciò che vide divenne pian piano una massa informe di ombre nere, fino a quando non restò solamente il buio. Prima che potesse rendersi conto della gravità della situazione, però, la ragazza avvertì un colpo violento contro le scapole. L'impatto fu così forte che dubitò immediatamente di essere andata a sbattere sulla superificie dell'acqua; poiché la sua mente associò il suono dello scontro con quello di un vetro in frantumi. In un certo senso era proprio questo che stava accadendo. Andrew era precipitata sopra una lastra di vetro cristallino, che si sgretolò in un insieme di pezzi; tutta in una volta. I frammenti le passarono sui bordi del collo e delle tempie, graffiandole la pelle come artigli affilati. Come se non bastasse, dalla volta celeste cominciarono a cadere piccoli aghi giacciati, che la colpirono sul viso. Non le ci volle molto a capire che aveva cominciato a piovere e che presto si sarebbe inzuppata dalla testa ai piedi.
La velocità di caduta delle gocce gelide le invase l'interno del naso. Ciò la costrinse a proteggersi gli occhi col braccio. Peccato solo che, nello sforzo di ripararsi dall'acqua, la reazione di movimento la fece girare s'un fianco. Con enorme sorpresa scoprì a sue spese di trovarsi a pochi metri da terra, al di sopra di un cancello chiuso, situato di fronte ad una strada asfaltata. Ebbe pochi secondi per vedere quei futili dettagli, dato che la paura la preparò psicologicamente a subire un lancinante trapasso sul suo addome. Pochi secondi dopo Andrew venne trafitta dalla punta in ferro, che decorava la parte superiore del cancello. Non rimase infilzata, tuttavia la punta le perforò non poco la carne, lacerandola e provocandole il dolore più forte della sua vita. Un urlo straziante la fece sfogare, dando alla sua forza morale la possibilità di resistere a quella sofferenza. Purtroppo quello non fu l'unico colpo traumatico che ricevette...E non passò molto per ritrovarsi anche col bicipite mezzo aperto. Il riflesso condizionato di piegarsi dal dolore, infatti, non fece altro che ruotare nuovamente il corpo della povera malcapitata; lasciando che il suo arto destro si beccasse una non indifferente scorticata sulla pelle ed i nervi. Come se non bastasse la ragazza si ritrovò col petto e la faccia a terra, mentre la pioggia le sbatteva violenta sul corpo prono.
Andrew trattenne a denti stretti un'imprecazione contro se stessa, non appena stirò il collo in avanti; lasciando che i lineamente del suo viso grattassero contro l'asfalto bagnato. Lo scroscio piovano sembrò aumentare la sua violenza, accompagnato dal fragore dei tuoni lontani. Nonostante si fosse quasi grattugiata la faccia per riprendere un po' d'aria, non sembrava mostrare il minimo stupore di tale circostanza; poiché il sangue, che cominciò a colarle dal naso, le diede la conferma che il suo patetico tentativo di suicidarsi era fallito.
«S-sto bene...» Sussurrò, mentendosi per farsi forza, con una smorfia quasi divertita.
Aveva freddo e il suo stomaco aveva bisogno di svuotarsi per il duro colpo appena subito. Cosa strana, dato che aveva smesso di mangiare da più di 24 ore. Nonostante la nausea, però, non riuscì a vomitare. Era già tanto sentire i propri denti tutti interi. Tentò di sollevarsi da terra, ma senza successo. Non voleva, per nessuna ragione, chiedere aiuto. Si sfogò con alcuni colpi di tosse, che non le permisero di respirare per qualche secondo. E intanto, la pioggia le stava appiccicando vestiti e capelli sulla strada. Ciò non le diede modo di guardare bene dove si trovasse. Tuttavia, qualcosa catturò la sua attenzione non appena si rese conto che, facendo strisciare, di pochi millimetri, il braccio ferito contro la sua gamba, il suo braccialetto di cuoio le si era staccato dal polso.
Il suo cervello aumentò immediatamente la somministrazione naturale di adrenalina, prendendole in ostaggio il cuore. I suoi occhi si mossero a destra e a sinistra ed il suo respiro si fece affannoso.
«No...No, no, no...NO!» Si agitò, tastando il terreno alla cieca con la speranza di recuperare l'ornamento.
Poi la sua attenzione cadde s'una pozzanghera straripante d'acqua. Valutò per un secondo l'ipotesi che potesse trovarsi lì. Con la poca riserva di forze che sentiva di avere, la ragazza si riempì i polmoni d'aria, sputando un grumo di saliva bollente. Quindi mosse il braccio sinistro (quello ancora illeso) e lo protese in avanti. Un sonoro CRACK le fece scrocchiare la spalla.
Andrew fece una smorfia schifata, mentre la faccia le s'infiammava dalla rabbia. Agrottò la fronte assumendo uno sguardo pressoché omicida. L'ennesimo tuono assordante le diede l'input di fare in fretta. Sbatté i polpastrelli contro il terreno ruvido, contraendo i muscoli dal gomito in su. Con uno sforzo inaspettato riuscì a sollevarsi, aiutandosi con le ginocchia. Si fermò dopo pochi secondi, poi riprovò con più determinazione. Sbatté la mano oltre la sua testa, aumentando la pressione sulla sua ferita. Ciò peggiorò il suo stato emotivo, cominciando a sentire l'abbandono delle forze e la vista farsi offuscata. Chiuse le palpebre, mentre un fastidioso gonfiore cominciava ad apparirle sui bordi degli occhi; ormai troppo esausti per cercare una via di sollievo fisico. Ciò nonostante non volle arrendersi.
Si trascinò ancora, fino a quando non decise di fare una delle sue solite cazzate. Si spinse in là cadendo nuovamente all'ingiù. Gran parte del busto finì dentro la pozza, faccia compresa. Andrew si tirò immediatamente su mentre la pioggia increspava l'acqua. Si lasciò, quindi, bagnare per bene. Sospirò esausta, sentendo la consistenza viscida della terra bagnata. I denti cominciarono a batterle per il freddo, ma almeno le ferite sembravano aver trovato un po' di sollievo. Peccato solo che, per quanto cercasse, proprio non riusciva a trovare il bracciale. Andrew strinse gli occhi, mentre le lacrime le rigavano gli zigomi.
«Non è possibile...Non posso averlo perso!!»
Si angosciò, colpendo con violenza la buca, schizzandosi addosso l'acqua. E il ribrezzo (chissà perché) di quella reazione si concentrò sui sensi di colpa, nei confronti di colui che le aveva regalato quell'oggetto, ormai perduto. Già...Perduto proprio come quella persona, scomparsa anni addietro a causa di un incidente stradale. Il solo pensiero di tale disgrazia la sopraffece di punto in bianco. Lo stomaco cominciò a contorcersi come se stesse implodendo. Andrew si sentì soffocare...O meglio: stava soffocando! Ma era un soffocamento inusuale, carico di dolore e odio nei suoi stessi confronti. Qualcosa le stava salendo fin sopra la gola, pronta ad uscire. Erano i conati (questa volta veri e propri) causati dalla sua disperazione. Poi i conati si trasformarono in tosse, in sussurri ed in voce.
«Oh Matt...MAAAAAATT!!»
Si mise ad urlare quel nome...E solo lei poté sentirlo. O forse, semplicemente non riusciva a sfogarsi in modo abbastanza forte, per colpa del dolore fisico che l'aggravava senza pietà. Non ce la stava facendo più...Voleva che tutto finisse, subito! Quindi si fece forza, arcuando la spina dorsale; e si sfogò.
«M-mi dispiace...E' colpa mia...» Supplicò, riuscendo a sentire bene ciò che stava dicendo solo nella sua mente.
«...Se solo io non me ne fossi andata...Saresti ancora vivo...E' colpa mia»
Il vento e la precipitazione impetuosa aumentarono, ma Andrew non se ne preoccupò. Aveva troppo dolore e voleva liberarsene. Continuò a piangere, tirandosi su dalla fossa.
«E ora che cosa farò!?...Come potrò colmare questo VUOTO che mi porto dentro??...Chi mi aiuterà ad andare avanti?!»
Ormai si era alzata in piedi, stringendo le spalle e cingendosi i gomiti per autoconsolarsi. Sbatté le palpebre, togliendosi le lacrime dalle occhiaie. Poi, d'un tratto, qualcosa luccicò nell'ombra, di fronte alle sue scarpe fradice. Andrew sgranò gli occhi dallo stupore, accorgendosi che il suo bracciale avesse trapassato un groviglio controrto, di quelle che sembravano essere radici di un albero. E alzando lo sguardo, ne ebbe la conferma.
Un albero nero, dal fusto imponente coi rami dritti verso l'alto, si era palesato dalla natura vuota e cupa di quell'altro mondo. Sporgendosi da un lato, al ragazza notò anche il paesaggio oltre quell'arbusto. Nonostante il tardo orario, il colore dell'orizzonte sembrava possedere la tipica luminosità del crepuscolo. Le estese colline parevano mari d'erba scura, che incontravano alti rilievi e laghi apparentemente immensi. Una cosa del genere non l'aveva mai vista.
Andrew deglutì a fatica, attonita. Fissò nuovamente le radici dell'albero, guardando con attenzione le incisioni sulla piastrina del bracciale: "DXS" ...Non c'erano dubbi, era proprio il suo.
Si chinò, infilando la mano sotto la conca legnosa ad arco. Mosse rapidamente le 3 dita più lunghe, sperando di poter calamitare a se l'oggetto. Naturalmente non ci riuscì. Si era conficcato troppo in fondo e le sue dita, per quanto affusolate, erano troppo corte. Con espressione penosa abbassò il capo, scuotendolo lentamente. Guardò ancora in alto, osservando la maestosità dell'albero. Non riusciva a staccare gli occhi dal tronco altissimo, sotto i lunghi rami dalle punte aguzze. Così spoglio e ombroso, da far venir voglia d'immortalarlo in una foto.
«Oh...E' Bellissimo!»
Le parole le uscirono dalle labbra con tono maliardo; sicché i suoi occhi s'illuminarono. Più lei lo guardava e più non riusciva a fare a meno di pensare che quell'arbusto fosse apparso, in un qualche modo, per lei.
Andrew non seppe spiegarsi il perché di tale stato emotivo; ma sentiva che il suo morale si stava risanando. E che anche il freddo pungente del temporale cominciava a sfumare, dandole un po' di tregua.
Prima di tirarsi nuovamente su, però, la ragazza notò che la corteccia ruvida era intarsiata di decori, che ricordavano la forma di punto interrogativo. Ciò le fece balzare in mente uno strano pensiero, che la spinse a rilasciare nuove lacrime, per la tensione di quel momento.
«Beh...F-forse il bracciale p-potrei anche lasciarlo q-qui» Balbettò con le labbra che le tremavano dall'emozione.
«In questo modo non si perderà di certo. Perciò...Credo che...Almeno p-per il momento...»
Si bloccò, restando in piedi come una spada. Dopo un istante allungò il braccio leso in avanti, con l'intenzione di accarezzare l'intarsio al centro della corteccia. Sentiva di volerlo fare, perché ciò l'avrebbe supportata quanto bastava per alleviare tutti i suoi dolori (anche quelli nascosti). Tuttavia, l'ennesimo imprevisto la interruppe.
Un bagliore accecante la colpì in pieno volto, facendola sobbalzare dallo spavento. Andrew si sbatté il palmo sugli occhi chiari e dannatamente sensibili al cambiamento improvviso d'illuminazione. Terribilmente irritata ruotò il capo verso sinistra. Rabbrividì nell'udire un rombo impetuoso, simile ad un ringhio famelico, accompagnare un grosso occhio luminoso che cominciava a fissarla. Ansimò spaesata, tentando di capire cosa stava accadendo. Quell'occhio bianco poteva essere qualsiasi cosa: un essere mostruoso calato da qualche recesso del cielo nero, un'arma sconosciuta puntata contro la sua testa o più semplicemente...
«...Una moto?» Azzardò, sicura di non sbagliarsi.
Avrebbe dovuto capirlo subito. Era palese che quell'occhio fosse un faro acceso appartenente ad una moto. Man mano che le sue pupille accettavano di buon gradno quella luce, la ragazza notava sempre di più i particolari che il veicolo possedeva. Era una Harley Davidson, modello Night Rod rigorosamente nero, sia nel telaio che negli elementi. Sembrava essere nuova di zecca.
Ma perché era lì? Possibile che fosse apparsa dal nulla? E per quale motivo?
Tutto ciò non aveva senso. Come anche tutta questa storia. Niente aveva più un senso, ormai.
Perché Andrew si trovava lì? Com'era riuscita ad arrivare in quella sorta di mondo, se si era semplicemente buttata giù da un ponte? Cosa rappresentava quell'albero nero? E il bracciale sarebbe stato recuperato?
...Poco importava, dato che la ragazza stava, ormai, esaurendo le forze.
Lei stessa se ne accorse quando un capogiro la prese alla sprovvista. Dovette indietreggiare, immergendo distrattamente i piedi nella pozzanghera di prima. Si prese la testa con le mani, dando un ultimo sguardo al fascio di luce bianca. La moto era ancora lì, immobile. Ad un tratto, però, il farò sembrò attenutare la sua luminosità. Andrew fece cadere le braccia lungo i fianchi ed il suo equilibrio cedette. Chiuse gli occhi lasciandosi cadere nuovamente all'indietro. Pensò di sbattere contro qualcosa che le avrebbe spaccato la testa, ma non fu così...Qualcosa la trattenne, tenendole la schiena. Riuscì a sentire il flebile calore del contatto umano, ma niente di più. E prima che il suo cervello le spegnesse la vista, udì una voce ovattata pronunciare qualcosa a lei incomprensibile. Dopodiché...Il buio totale.

Nota dell'Autrice: L'Ispirazione di questa storia mi è stata data (in parte) dalla Canzone "Overjoyed" dei Matchbox Twenty [che vi consiglio di ascoltare]
  
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