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Autore: Teen Idle    12/06/2015    1 recensioni
La presidentessa Cora stava nel suo studio privato. In silenzio. Non una parola, un suono, oltre alle sue dita che tamburellavano sulla scrivania. Tic tac, tic tac. Spari. Sembravano degli spari nel silenzio.
Morte.
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quindici secondi di totale oscurità.
Poi, un innaturale biancore investì gli occhi dei ventiquattro ragazzi, abbagliandoli e stordendoli.
Molti si portarono le dita al volto e si stropicciarono le palpebre, altri si limitarono a sbattere le ciglia più volte e ad assottigliare lo sguardo, infastiditi.
«Signore e signori», esordì la voce bassa e suadente di una donna «i primi Hunger Games sono ufficialmente aperti!».
Un pensiero unico attraversò le menti scombussolate e terrorizzate dei tributi.
"Non ancora".

60...59...58... 57... 56...
Il conto alla rovescia era ormai già iniziato quando i ragazzi riuscirono ad identificare l'arena.
O così si fa per dire.
55... 54... 53... 52... 51...
Si trovavano nel bel mezzo di quella che pareva essere una gigantesca lastra di cemento, solo che era di un colore rosso sangue.
I ragazzi arricciarono il naso, guardandosi intorno in cerca della migliore via di fuga.
50... 47... 46... 45... 44...
Lontane circa trecento metri da loro, ad ogni lato della Cornucopia, erano state piazzate un paio di pareti dorate che si allungavano verso l'alto. 
Tra le due pareti vi era uno spazio vuoto, come a simboleggiare una porta.
Avrebbero dovuto correre parecchio e molto in fretta per raggiungerle.
43... 42... 41... 40... 39...
Un'ansia tremenda gravava sugli animi dei tributi, insieme alla sicurezza che gli strateghi si fossero davvero sbizzarriti per la creazione di quell'arena.
38... 37... 36... 35... 34...
Quel luogo non somigliava a niente che avessero mai visto in vita loro.
I tributi aggrottarono la fronte, senza riuscire a capire di che razza d'arena si trattasse, mentre l'ansia cresceva ad ogni secondo.
Non aveva senso.
33... 32... 31.. 30... 29...
Era tutto così insolito, così strano... 
Persino l'aria che li circondava era strana.
Era come se i tributi si trovassero avvolti da un'immensa nube rossa.
28... 27... 26... 25... 24...
Il cielo artificiale era di un rosso vivo, che spaventó i tributi.
23... 22... 21... 20... 19...
Regnava un silenzio innaturale, interrotto solo dal ticchettio del tabellone rosso e oro che scandiva il passare del tempo.
18... 17... 16... 15... 14...
I ventiquattro tributi erano disposti in un perfetto semicerchio, al centro del quale si trovava la Cornucopia.
Quell'anno, l'enorme corno dell'abbondanza era stato ricavato da un intreccio perfetto di rubini e diamanti, e strabordava di oggetti che sarebbero sicuramente stati utili ai ragazzi.
Ragazzi che, in quel momento, erano immobili come statue di sale, ognuno in piedi sulla propria piattaforma di metallo, con i muscoli tesi allo spasmo.
13... 12... 11... 10... 9...
Non sapevano su che cosa concentrarsi.
I loro sguardi guizzavano dalle porte dorate alla Cornucopia, a scatti nervosi e preoccupati.
La paura, l'eccitazione e l'adrenalina erano palpabili.
8... 7... 6... 5... 4...
Che cosa fare al via? 
Lanciarsi verso quelle strane pareti e sperare che non nascondessero qualche pericolo o fiondarsi verso la Cornucopia e pregare di non  essere uccisi?
3... 2... 1...
Il forte "gong" risuonò prepotentemente nell'arena, e i ragazzi schizzarono immediatamente giù dalle piattaforme, col cuore che martellava loro nel petto più velocemente di quanto un essere umano avrebbe dovuto sopportare.

La prima a toccare terra fu Mulan, la ragazza del distretto 2.
Corse con tutta la velocità che possedeva verso la Cornucopia, superando le provviste sparse a terra e gli altri tributi come se neanche esistessero. Raggiunse il corno in un attimo, col fiato grosso e la gola che bruciava per la corsa. 
Dovette aggrapparsi alle pareti di rubini per riuscire a fermarsi senza cadere. Entrò nella Cornucopia con un balzo, mentre una vena gli pulsava su una tempia tanto forte che avrebbe potuto scoppiare da un momento all'altro e lei non se ne sarebbe neanche resa conto.
La ragazza si muoveva a scatti, nervosa, ma non spaventata.
Inconsciamente, si accorse che, nella Cornucopia, l'aria era meno densa e di un colore quasi normale.
"Cerca un'arma", s'impose immediatamente "qualcosa con cui difenderti".
Si guardò intorno, ma il corno era popolato solo da tanti sacchi chiusi e oggetti privi di qualunque utilità.
Un elegantissimo "merda" le scivolò fuori dalle labbra nello stesso istante in cui intuì che ciò che stava cercando era stato nascosto accuratamente.
Proprio mentre si apprestava a tirare fuori una spada da un  sacco, un rumore alle sue spalle la fece scattare sull'attenti.
Il ragazzo del distretto 3, Neal, le pareva che si chiamasse... oppure Bae? Non ricordava.
Stava di fatto che quello stupido si era intrufolato all'interno della Cornucopia.
Mulan si morse l'interno della guancia, fingendo di non averlo visto, e continuò a trafficare con la sua nuova spada.
Il ragazzetto scivolò piano fino alla parete sinistra, ben intenzionato a non farsi notare dalla ragazza del 2.
Mulan stralunò gli occhi e si morse ancora più a fondo l'interno della guancia.
Uccidere non era esattamente al primo posto nella sua lista dei desideri per il futuro, ed era quello il motivo principale per il quale si era infilata nella Cornucopia. Aveva sperato che nessuno fosse così stupido da entrare nella sua nuova tana, ma, ovviamente, niente andava mai come lei sperava.
Se tutto fosse andato bene, Neal - o Bae - sarebbe riuscito a trovare qualcosa di utile prima che lei fosse costretta a voltarsi, ad accorgersi ufficialmente di lui e quindi ad ucciderlo.
«Mulan! Dietro di te!».
Regina. Maledetta.

 
Zelena in quel momento, si era sentita come catapultata in un mondo a parte. Con l'adrenalina che le scorreva nelle vene, immersa in quella nube rossa, la ragazza aveva corso a perdifiato fino a raggiungere uno dei grossi sacchi che si trovavano di fronte alla Cornucopia.
Aveva spinto nella corsa con tutte le sue forze, e adesso sentiva i piedi scottare all'interno degli scarponi.
La ragazza si lasciò cadere sulle ginocchia ed iniziò a slegare il laccio che teneva chiuso il sacco più vicino. 
La ragazza si muoveva velocemente, con movimenti meccanici e tutt'altro che fluidi, con il respiro affannato.
C'era una tale confusione, intorno a lei... sarebbe bastata una piccola distrazione perché qualcuno le piantasse un coltello nel cranio.
Zelena stava per aprire uno degli astucci contenenti i suoi coltelli, quando un corpo più pesante del suo le venne addosso e la inchiodò a terra, separandola dall'astuccio.
Il ragazzo del 10 non era armato, ed aveva gli occhi quasi fuori dalle orbite mentre si guardava intorno con fare attento, individuando le posizioni di tutti gli altri ragazzi.
Il suo ginocchio era piantato rudemente nello stomaco della ragazza, togliendole il fiato.
I muscoli cominciarono a tremarle spasmodicamente, e Zelena strinse gli occhi, tentando di fermare il tremore e trattenere quelle stupide lacrime che minacciavano di scivolarle dagli occhi.
Riusciva quasi a sentire il peso della morte che incombeva su di lei, e la sua mente era caotica almeno quanto ciò che le accadeva intorno.
Non riusciva a pensare a niente, oltre al fatto che stava per morire.
Le sfuggì una risatina isterica. 


Filippo era arrabbiato.
Davvero, davvero, davvero molto arrabbiato.
Il fatto che le armi fossero state chiuse dentro a dei sacchi non gli era andato molto a genio, per nulla.
La  prima stratega doveva essere pazza, per pensare ad  una simile idea.
Aveva bisogno di una lancia, ovviamente la lancia c'era, ma era sommersa da una moltitudine di robe inutili. 
Il tributo afferrò l'arma con un certo risentimento e squadrò la punta bronzea ed affilata, mortalmente affilata.
Uccidere doveva essere il suo scopo. Nessun altro.
Uccidere i tributi che non avevano ancora raggiunto le porte. 
Aveva l'impressione che, una volta che gli avversari avrebbero raggiunto quelle porte sarebbe stato molto più difficile trovarli.
E poi la vide...
Correva, la ragazzina dai capelli rossi del distretto 4. Ma non ancora per molto.


Ariel non riusciva neanche più a sentirlo, il battere del suo cuore. 
Pulsava tanto velocemente che i battiti sembravano essersi accavallati l'uno sull'altro, e nella mente della ragazzina non c'era spazio per nient'altro se non per la paura di essere uccisa.
Si voltò indietro, ansimando, ma continuando a correre.
Correva più velocemente che poteva, diretta alla porta che si affacciava sull'est della Cornucopia, ma era ancora troppo lontana.
Accelerò, ignorando i lamenti dei tendini e il bruciore alla gola che si facevano sempre più intensi e fastidiosi.
Poi, un improvviso e acuto dolore al polpaccio la colse di sorpresa, troppo forte perché potesse continuare a correre.
La ragazzina cadde in avanti, gridando di dolore.
Atterrò sul cemento con un lamento soffocato.
Le lacrime le velavano gli occhi, così spesse e pesanti che le lance conficcate nella sua gamba sembravano tre, invece che una.
Cercò il coraggio di strapparsi l'arma dalla carne, ma non ci riuscì. 
Faceva troppo male, e le mani tremavano troppo perché potesse farcela.
Strinse i denti e le labbra, corrugando la fronte per il dolore. 
Vide il ragazzo del 2 che le andava incontro; cercò di strisciare via da quella posizione tutt'altro che comoda, ma Filippo la sovrastò in un attimo. 
Le sfuggì un secondo gemito.
«Ti prego...», sussurrò, senza fiato.
Non c'era un'espressione particolare dipinta sul viso del ragazzo del distretto 2. Come se non ci fosssero sentimenti in lui, né buoni né cattivi.
Filippo estrasse la lancia dalla gamba di Ariel, e la ragazzina gridò di nuovo, mentre una lacrima solitaria le rigava la pelle pallida del viso.
«Ti prego», ripeté «ti prego...».
Il ragazzo del 2 non l'ascoltò. 
Ariel lo vide alzare nuovamente la lancia e puntargliela contro, ed ingoiò l'ennesima supplica.
La punta della lancia le squarciò il petto in un'esplosione di dolore crescente, senza pietà., e la ragazzina avvertì in bocca l'inconfondibile sapore metallico del sangue.
Ariel sentì il suo corpo ricadere inerme sul cemento, gli occhi verdi rivolti verso il cielo.
Lo sapeva, Ariel, che sarebbe andata a finire in questo modo. Il 4 preso nella sua sessione privata con gli strateghi, d'altronde, ne era stata la premonizione.


Anastasia prese un grosso respiro, mentre si lanciava a tutta velocità incontro alle porte ad est della Cornucopia, le più vicine a lei.
Avrebbe preferito non andarsene a mani vuote, ma la rabbia dipinta sui volti di alcuni tributi l'aveva convinta a non avvicinarsi troppo, e si era dovuta accontentare di una piccola molla e di una cordicella, raccolte proprio sotto i suoi piedi, appena balzata giù dalla piattaforma.
Non stava più pensando a niente, in quel momento, se non al fatto che doveva assolutamente uscire viva da quel posto.
L'idea di morire e di abbandonare la sua famiglia le opprimeva il petto persino più del fiatone.
Avrebbe vinto ad ogni costo.
Sì, anche al costo di uccidere.
Non poteva morire. Non poteva.
No.
Sentiva il cuore batterle rumorosamente in gola, soffocando il chiasso e le grida disperate che gli giungevano solo ovattate.
Per fortuna, perché se le avesse colte a pieno, probabilmente si sarebbe spaventata a tal punto da non riuscire più a muoversi, e la sua determinazione avrebbe rischiato di venire meno.
Non essere del tutto coscienti di ciò che accadeva non era completamente un male, in fondo.


Appena il "gong" aveva risuonato per l'arena, Robin aveva cominciato a cercare un'arma per  uccidere tutti.
Falli fuori. Falli fuori. Falli fuori.
Era come se non riuscisse a pensare ad altro, come se la sua mente fosse perennemente settata in modalità "uccidi".
Non voleva che i capitolini lo guardassero con ammirazione.
Lui voleva che lo temessero, che avessero paura di lui. 
Prima che il ragazzo dai capelli castani esplodesse come una bomba ad orologeria mal programmata,  riuscì ad impossessarsi di un arco
Lanciò un'occhiata alla sua destra, dove il tributo maschile del distretto 4 aveva appena tirato fuori da un  sacco un enorme tridente.
Sorrise malignamente.
Che si trattasse di una donna o meno, non gli importava.
Si drizzò in piedi, attento che la ragazza del 2 fosse ancora voltata dalla parte opposta, e corse incontro alla ragazza del 12 .


Mary borbottò qualcosa d'insensato riguardo alla stupidità degli strateghi, poi il suono di alcuni passi pesanti e piuttosto arrabbiati le giunsero alle orecchie.
La ragazza del distretto 12 si voltò con un rapido scatto, riuscendo a deviare la traiettoria di una freccia in volo.
Indignata, cercò con lo sguardo chi avesse tentato un tale affronto, ed individuò il ragazzo del distretto 7, intento a riafferrare la lancia.
«Che idiota!», esclamò la ragazza dai capelli neri, scuotendo il capo e preparandosi a fuggire.
I due si fissarono per un tempo indeterminato.
«Posso schiacciarti come un moscerino», le fece notare Robin, piantando gli occhi verdi e luminosi in quelli di azzurri di lei.
Espirò profondamente, e, proprio in quell'istante, Robin attaccò. 
Mary si scansò rapidamente, ma la punta dell'arma la ferì comunque al braccio destro. Un dolore bruciante esplose proprio in quel punto, e la ragazza digrignò i denti, come un animale in gabbia.
Robin inarcò eloquentemente un sopracciglio e ripartì alla carica.
Il ragazzo le afferrò le ginocchia e le fece perdere l'equilibrio. 
Cadde a terra, e le lacrime le corsero agli occhi, insieme alla consapevolezza che per lei non c'era più scampo.
«Fine dei giochi, dolcezza», le sibilò all'orecchio il ragazzo del 7, visibilmente compiaciuto.
E quella fu l'ultima cosa che sentì.


Walsh aveva pensato che chinarsi a raccogliere qualcosa per un misero istante non avrebbe comportato la sua morte, e adesso si sentiva una stupido.
Sentiva il dolore dietro alla coscia vivo ed acuto come non mai. E vide davanti a sé quella stupida pagnotta che aveva cercato di afferare,  che stupido.
Maledí la ragazza del distretto 1 per averlo accoltellato, e non averlo ucciso. Sarebbe stato meglio morire che sopportare quel dolore,  e tutto il dolore che gli avrebbero inflitto gli altri tributi
Il dolore e il senso di vergogna erano insopportabili.
Almeno li percepiva... e questo significava che morto non era ancora.
Le lacrime lottavano per uscire dai suoi occhi e inondare il suo viso pallido, solo il fatto di sapere di essere osservato da tutta Panem gli impediva di implorare pietà.
Quando vide il ragazzo del quattro cercò di scappare, o di attirare l'attenzione di Zelena, convinto che lo avrebbe salvato.
«Shh, shh», gli aveva  Killian, estraendogli il coltello dai muscoli «Andrà tutto bene».
Sorrideva Killian mentre gli prometteva la salvezza, ma era stata una bugia.
Killian rise «Sorridi, mago, un bel sorriso per il pubblico» disse afferando il volto del ragazzino e puntandolo verso una telecamera
Walsh non fece nemmeno in tempo a formulare un pensiero rivolto alla sua famiglia, che un coltello gli perforò il cuore.


Anna correva un po' alla cieca, mentre Wendy, vicino a lei, la spingeva e la incitava a correre il più velocemente possibile.
«Dai, dai» continuava a sussurrare Wendy « più veloce, Anna» 
S'impose di andare più veloce, di correre al massimo delle sue possibilità. E così fece.
Se voleva rivedere la sua famiglia... beh, non farsi uccidere  il primo giorno era il minimo che potesse fare. 
Era così immersa nei suoi pensieri, mentre fuggiva diretto chissà dove, che quasi non si accorse della freccia acuminata che le sfiorò la spalla, non ferendola solo per miracolo. Anna si chiese cosa stesse pensando Elsa in quel momento e si promise che l'avrebbe resa fiera di lei.
Ripensò a ciò che le aveva fatto giurare "non offrirti al mio posto, io senza di te morirei subito, tu continueresti a vivere" una lacrima le rigó il volto, mentre pensava a sua sorella.
Doveva assolutamente vincere per lei.


A Peter sarebbe piaciuto avvicinarsi alla Cornucopia ed afferrare qualcosa al volo - anche qualcosa di piccolo come quel pezzo di nylon adagiato proprio di fronte a lui - ma quando, prima del "via", il ragazzo del 2 gli aveva rivolto quell'occhiataccia omicida, aveva subito desistito.
Il viso sconvolto dall'eccitazione di Regina Mills era stato solo un incentivo.
Sapeva che l'avrebbero fatto fuori senza pensarci un attimo. 
Si era preparato allo scatto, senza riuscire davvero a pensare a qualcosa di sensato.
E poi il "gong" gli aveva risuonato nelle orecchie, con la stessa violenza di un fulmine che colpisce il terreno.
E con la stessa velocità di quel fulmine, Peter era schizzato giù dalla sua piattaforma ed aveva preso a correre nella direzione opposta a quella presa da tutti gli altri.
"La porta sud", così aveva già ribattezzato la sua meta, era la più piccola, ma anche la più invitante, per lui.
Appena sarebbe riuscita a raggiungerla, forse, avrebbe avuto un po' di tempo per calmarsi.
D'altronde, la maggior parte i tributi che aveva visto correre via avevano puntato a est o a ovest, le porte più vicine.
Peter si guardò alle spalle un'ultima volta, con le labbra socchiuse in cerca di più ossigeno ed i piedi che pulsavano all'interno delle scarpe, in tempo per vedere la ragazza del 12  che veniva atterrata dal maschio del 7.
Entrò nella porta. Vide alberi splendenti, simili a palme, con tronchi cristallini e palme dai tratti di smeraldo, dallo stesso colore dell'erba l'erba, innaturale, che gli pizzicava le gambe. Una luccicante foresta tropicale, preziosa e, probabilmente, assassina. 


La ragazza del due impiegò esattamente un decimo di secondo per voltarsi verso Neal con la spada in pugno e a piantare gli occhi nei suoi.
Neal soffocò un gemito e sentì il colorito scivolargli via di dosso. Improvvisamente, comprese il significato di "sentirsi gelare il sangue nelle vene".
Era stato un idiota. Solo adesso se ne rendeva conto. 
Neal portò le mani in avanti in segno di resa, e Mulan mosse un passo verso di lui.
«Senti, possiamo parlarne..», provò il ragazzo, accennando un sorrisetto.
«Che stai facendo?!», sbottò Robin, lanciando un'altra delle sue frecce «fallo fuori, è tuo!».
Mulan brontolò qualcosa che Neal non afferrò, per poi lanciarsi verso di lui rapido come un lampo.
Neal avvertì le dita calde di Mulan stringerglisi rigidamente intorno al collo e sbatterlo contro le pareti della Cornucopia.
Se  stava tentando di tenerlo fermo, ci stava riuscendo. Se voleva strangolarlo, per niente.
"Ecco", pensò Neal, quando la presa della ragazza divenne più ferrea "è la fine".
Rimasero a fissarsi per diversi istanti, finché Filippo non strepitò.
«Mulan! Vieni a darci una mano! Sbrigati, prima che scappino tutti!».
Le iridi terribilmente nere di Mulan parvero incendiarsi di rabbia e tornarono a piantarsi in quelle castano e terrorizzate di Neal.
Stava guardando negli occhi il suo assassino.
Neal ebbe appena il tempo di formulare un ultimo saluto mentale rivolto alla sua famiglia, prima che il rumore del suo osso del collo che si spezzava gli riempisse il cervello.
Non aveva fatto neanche troppo male, in fondo.
Le scuse della ragazza del 2 furono l'ultima cosa che sentì, poi,  immagini e suoni vennero inghiottiti da un'abbagliante luce bianca.


Belle si sentiva sul punto di esplodere.
Da quanto tempo non correva così? Da quanto non aveva tanto paura?
Non riusciva a ricordarlo. Non riusciva neanche a pensarci.
L'unico pensiero fisso che le rimbalzava nella mente era legato alla fuga.
Scappa. Scappa. Scappa.
Vedeva le porte  di fronte a lei, ma sembravano così lontane... .
Una freccia argentea le sibilò a pochi millimetri dall'orecchio sinistro, facendole balzare il cuore in gola.
Aumentò ancora la velocità del passo, scoprendo che sì, poteva andare ancora più in fretta. 
Incredibile.
Aveva letto su svariati libri ciò che la paura faceva fare alla gente, ma provarlo su sé stessa era tutt'altro.
I lunghi capelli castani le ballavano fastidiosamente davanti al viso, ma non tentò neanche di spostarli.
Si voltò invece indietro, Tremotino era riuscito a rimediare un coltello e correva dietro di lei.
Il ragazzo la spinse oltre la  porta, salvandola da una freccia e cadendo sopra di lei. 
Una coppia su cui nessuno avrebbe mai scommesso, un topo di biblioteca e uno zoppo.
Ma lui l'aveva comunque seguita, guardandosi intorno con fare guardingo, e parandole le spalle come meglio poteva.
Lei gliene era grata, infinitamente. Belle gli strinse la mano, potevano farcela. Aumentò ulteriormente il passo. Finché non fu sicura di essere in salvo.
Rose, erano circondati da candide rose. 


Wendy non aveva mai corso tanto in vita sua, e, soprattutto, non si era mai trovata nella situazione di dover schivare armi che volavano sopra la sua testa e che tentavano di ucciderla.
Quel pensiero venne interrotto da un improvviso grido di Anna, troppo lontano da lei.
Wendy si voltò, terrorizzata, e vide il ragazzo del distretto 1 atterarla.
Il tempo di un grido e si ritrovò a terra, schiacciata dal peso del suo assassino.
Cercò di scalciare, di disarcionarlo e di graffiarlo, senza successo.
Gli morse addirittura la mano,invano.
Non le restò altra scelta che piangere.
«Ciao», sorrise Daniel, con falsa gentilezza «che buffa arena, non trovi?».
Un singhiozzo le sfuggì dalle labbra, e il ragazzo sembrò esitare.
Daniel scosse la testa ed alzò il pugnale dietro la testa, pronto a piantarlo nel petto della ragazzina.
Wendy smise di lottare e strizzò gli occhi. 
Era finita, ormai.
Pensò ai suoi fratelli, nel distretto... cosa avrebbe fatto, da soli? Sperò che non facessero pazzie.
E fu l'ultimo pensiero che le fu concesso, poi la lama del pugnale la trafisse e tutto si fece buio.


Hans non riusciva ancora a credere a che cosa avesse appena fatto: atterrare Zelena.
Quando si era lanciato verso la Cornucopia, non aveva pensato a nient'altro se non ad uccidere.
Guardò la sua vittima tentare di divincolarsi sotto il suo peso, e sorrise. Ora si sarebbe divertito.
La ragazza del distretto 5 aveva gli occhi stretti in due fessure. 
Non lo stava supplicando di lasciarla andare, non strepitava e non chiedeva aiuto a nessuno dei suoi alleati, che, comunque, li stavano bellamente ignorando.
Hans si guardò febbrilmente intorno, in cerca di qualcosa con cui uccidere la ragazza, quando gli occhi della giovane si sgranarono. La ragazza emise un verso strozzato, poco più di un sospiro, ma bastò perché Hans si voltasse, in preda al panico.
Il tributo del 10 continuò a tenere Zelena ben piantata al suolo, mentre Regina gli puntavava contro  un coltello.
Si alzò faticosamente da terra, solamente quando Regina gli tirò il pugnale dritto nell'occhio sinistro.
Anche Zelena scattò nuovamente in piedi, correndo a recuperare i coltelli che aveva lasciato cadere.
Hans si allontanò, le mani alzate in segno di resa.
Un improvviso dolore lancinante gli esplose al centro della schiena.
Le labbra gli si aprirono in un grido, che però non gli uscì, soffocato da un fiotto di sangue.
Vide la figura del ragazza dell'1 sorridere e stringere la mano a Zelena. La testa gli girava, ogni battito del cuore era come una pugnalata al petto.
Il ragazzo si sentì cadere in avanti, avvertì l'impatto col suolo. 
L'immagine del suo distretto gli apparve improvvisamente nella mente, come in un film al rallentatore.
E poi tutto volò via, portandosi dietro l'anima di  Hans.


Emma  non aveva la minima idea di dove stesse andando o di che cosa dovesse fare.
Sapeva solamente che era riuscita ad accaparrarsi ben tre zaini, prima che la ragazza dell'1 le tirasse un coltello, la mancasse di brutto e la convincesse a darsi alla fuga. 
Doveva raggiungere una di quelle porte, sapeva anche questo, e si stava proprio dirigendo verso quella più a nord. 
In quel caos, Emma era stata ben più spaventata di quanto aveva sperato. 
Così spaventata che le vene le pulsavano indecentemente sul capo, quasi come se volessero saltare via.
Aveva visto Neal morire, il suo migliore amico aveva voglia di piangere.
Un colpo secco al suo zaino centrale la fece voltare di scatto indietro.
Uno dei coltelli lanciato dalla ragazza del distretto 1 era rimasto conficcato nella stoffa.
Ottimo.
Ringraziò quella ragazza con un piccolo sorriso. 
Adesso anche lei era armata, e questo non poteva essere che un bene.
Raggiunse la porta nord dell'arena scivolando. 
Non si era aspettata quel brusco cambio di terreno. 
Adesso c'era erba soffice sotto i suoi piedi, e attorno a lei girasoli di tutte le dimensioni.


Regina era in fermento, come se le avessero iniettato nelle vene una tripla dose di adrenalina.
Si muoveva intorno alla Cornucopia con fare allegro e sprezzante, scoccando  un coltello dopo l'altro e tenendo d'occhio sia i suoi nemici che i suoi alleati.
C'era una gran confusione intorno a lei, ma questo non le impediva di rimanere ben concentrata su ciò che faceva.
Regina non aveva paura di morire, anzi, la morte le piaceva. Soprattutto quando era lei a causarla.
Eppure si sentiva una fallita.
Il bagno di sangue era concluso, i tributi si erano dispersi. E lei non ne aveva fatto fuori neanche mezzo.


Marian si nascose dietro la grande porta che aveva finalmente raggiunto, riprendendo fiato.
I suoni le giungevano ovattati e confusi, la testa le doleva terribilmente e le gambe le tremavano dallo spavento.
Aveva corso fino a lì con tutta la velocità che le sue gambe avevano potuto sopportare, ma non prima di essersi accaparrata uno degli zainetti sparsi a terra.  
In un sospiro tremante e più profondo degli altri, Marian aprì gli occhi.
La nebbia rossa era andata assottigliandosi, e così aveva visto Regina, ma troppo tardi.
Sentì il coltello che si piantava nella gola, un esplosione di sangue in bocca, dolore e poi il vuoto.


Quella sera, i sopravvissuti alzarono il viso al cielo, scrutando i visi dei caduti.
Il primo volto che apparve era quello del ragazzo del 3.
Seguì la ragazza del 4, il ragazzo del 5, la ragazza del 6, quella del 7, il ragazzo del 10 e la ragazza del 12.

Sidney ben nascosto osservava i ragazzi accampati alla Cornucopia, in attesa del momento perfetto per insinuarsi tra loro.
  
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