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Autore: Felis    21/02/2005    3 recensioni
L’equilibrio nei cieli d’Arcadia è mantenuto da sei lune di colori diversi, ognuna dominante un determinato elemento; ma leggende vogliono che ce ne fosse stata una settima, andata perduta dopo la distruzione del Vecchio Mondo. Per secoli si è discusso sulle circostanze della sua scomparsa, tuttavia, sono ancor’oggi sconosciute.
Se un potere così pericoloso da dover essere rinchiuso venisse liberato di nuovo, in questo mondo, oggi, vi sarebbe ancora qualcuno capace di contrastarlo? E se ad essere chiamate in causa fossero una manciata di persone legate insieme dal caso, con in mente tutto fuorché fare gli eroi?
[07/2009: In Continuazione]
Genere: Avventura, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Dedicated to my sìs.

 

Capitolo I: Seeing - Diverse Prospettive

 

Ore, giorni... settimane. Ormai aveva smesso di contare  il tempo che passava seduto su quella sedia, a fissare il vuoto al di là della vetrata che faceva da sfondo alla sua stanza. Il suo ufficio.

In realtà, era una stanza come tutte le altre, ma il fatto che lui che chiamavano capo la occupasse, le conferiva il titolo di ufficio, così da poterla distinguere in caso qualcuno ci fosse dovuto andare.

E l’idea lo divertiva non poco.

In quella stanza, le luci erano sempre spente. Inondata d’oscurità, com’era ciò che vedeva ogni maledetto giorno al di là di quel vetro, come del resto lo era tutto, in quel luogo.

Quello che comunemente veniva chiamato Dark Rift, era un luogo in cui pochi avevano osato metter piede, e ancora meno, ne erano usciti vivi. Uno di quei posti su cui le leggende circolavano a bizzeffe, in giro per i porti di tutta Arcadia. Uno di quei posti che tutti conoscono per sentito dire, ma nessuno ha mai visto veramente.

Si diceva che in quel labirinto di tenebre venisse dissipata qualsiasi speranza... e così era stato, per molti. Ma qualcuno aveva tentato. Qualcuno ce l’aveva fatta.

Poco più di un anno fa, un ragazzo di nome Vyse attraversava il Dark Rift alla volta dell’ormai dimenticato continente di Yafutoma, un’impresa che aveva contribuito a farlo diventare una leggenda.

Una leggenda... Era questo, no, quello che la gente desiderava?

Lo specchio di una realtà intangibile che sprona la nostra fantasia e ci solletica l'anima, poiché siamo troppo codardi per viverla, troppo lontani per toccarla con mano. Comodo, affidare le nostre speranze a qualcun altro.

Pensò a com'era assurdo, il genere umano.

Una persona, può essere forte. Ma la gente... la gente è incredibilmente debole.

Tutto ciò non aveva comunque importanza, ora. L’unica cosa di cui preoccuparsi era di quanto ora come non mai fosse vicino al suo obbiettivo. Ciò che cercava era vicino... Lo sentiva.

Sapeva che prima o poi l’avrebbe trovato, e quando sarebbe successo, l’avrebbe sentito.

Restava solo da stabilire quando.

Chiuse gli occhi, mentre i suoi pensieri scivolavano dolcemente nell'oscurità.

 

Drigel è ormai fuori controllo. Ed anche noi.

Al punto da non sapere più quale dei due controlli l’altro.

I Silvites hanno dato vita all’ultimo e al più potente dei Gigas, Zelos. Entro breve, a Zelos verrà ordinato di scagliare le piogge della Distruzione sui continenti. E tutto ciò che porta segno di civiltà, verrà trascinato nelle profondità del cielo.

Non volevamo che finisse così. Ma forse é la punizione che ci siamo meritati, per l’aver giocato troppo a fare Dio. Per aver abusato di un potere che ci garantiva l’assoluto controllo sugli esseri umani.

Forse non era compito nostro, assumereci la responsabilità di vite altrui.

Dunque perché permettiamo a qualcun altro di decidere della nostra sorte?

Sta tornando… Si ode il suo lamento.

Volgendo lo sguardo al cielo bruno che ci separa, vediamo scendere un’ombra cupa.

Di nuovo oscurità.

 

Un rumore di passi incerti ruppe il silenzio nella stanza, ed il vuoto nella sua mente.

L’uomo alla scrivania si voltò del tanto necessario a riconoscere la figura che aveva messo piede nel suo mondo.

Signore...” L’intruso, un ragazzo alto dai lineamenti sottili, scompigliati capelli biondi e due profondi occhi blu dietro un paio di occhiali rettangolari, cercò con lo sguardo un cenno del suo interlocutore a proseguire; non ricevendo risposta, tornò a fissare i fogli poggiati sulla cartellina che teneva nella mano destra.

Aspettò per qualche secondo, rimirando distrattamente quei pezzi di carta colmi di formule e strani schizzi, probabilmente comprensibili solo agli occhi di uno del mestiere, poi continuò comunque.

Siamo quasi certi di aver localizzato il portale.” Annunciò, riportando lo sguardo a pochi metri di fronte a sé.

Apprezzo l’informazione. Sei venuto fin qui per dirmi questo?”

Beh, io…” Per un tormentoso secondo, non seppe cosa rispondere. Poi gli tornò in mente.  “E’ stato lei a chiederci di informarla su come procedevano le ricerche, Signore.”

Sebbene lavorasse per lui da diversi mesi, non aveva mai visto il suo volto da vicino; ma se avesse potuto vederlo in faccia, avrebbe scommesso sul fatto che l’uomo nell’ombra stesse sorridendo, in questo preciso istante.

Ti chiami Noa, vero?” Fece, distogliendolo momentaneamente da quel pensiero.

Lo scienziato accennò un sobbalzo. L’aveva appena chiamato per nome...?

Nonostante fosse girato di spalle, e ciò faceva sì che non potesse vedere la targhetta che portava appesa al taschino destro della tunica, e non avessero mai parlato direttamente, ricordava il suo nome. Ricordava? A patto che qualcuno gliel’avesse mai detto, come si chiamava.

S-sì.” Bisbigliò. Poi si tranquillizzò, pensando che probabilmente qualche suo collega avesse fatto il suo nome al citofono, mentre annunciava che sarebbe venuto ad informarlo sugli ultimi progressi.

Non chiamarmi signore, mi fa sembrare più vecchio di quello che sono. Chiamami Siron.”

Siron. A dirla tutta, nemmeno lui era sicuro di aver sentito pronunciare il suo nome prima di allora. La maggior parte dei suoi colleghi vi si riferiva semplicemente con appellativi quali “Capo”, “boss” e simili.

Comunque fosse, quella richiesta lo mise non poco a disagio.

Ecco, io... Non sono solito chiamare per nome i miei superiori.”

Allora prendilo come un ordine.” Il tono della sua voce era cambiato radicalmente nel trascorrere di quei pochi minuti. Era sicuro che, nel pronunciare quelle parole, stesse decisamente sorridendo. Un ghigno, piuttosto.

Del resto, poteva benissimo approfittare del fatto che non lo vedesse per trarne un ulteriore vantaggio psicologico.

Come desidera... Siron.”

Lo scienziato diede le spalle alla scrivania ed avanzò un passo verso il corridoio. Avrebbe chiesto di potersi congedare, ma il suo capo aveva diversi piani.

Sai cos’ha causato la distruzione del Vecchio Mondo, Noa?”

L’interpellato interruppe il suo incedere verso l’uscita. Senza voltarsi, rispose alla domanda senza pensarci troppo su.

Le piogge della distruzione caddero da ogni luna sui continenti, distruggendo quasi interamente ogni traccia di civiltà umana.”

Risposta esatta. Ma dimmi, cosa causò la caduta delle piogge?”

Fu una punizione per l’avidità del genere umano. O almeno così raccontano le leggende.”

Una punizione decisa da chi?”

Un'altra domanda, alla quale, stavolta non avrebbe saputo rispondere.

Furono i Silvites ad ordinare le Piogge. Credevano che distruggendo tutto avrebbero creato un mondo migliore.”

Quella frase risuonò un paio di volte nella sua mente, prima che potesse coglierne appieno il significato.

Non lo sapevi, forse? ...Non ha importanza. Torna pure al lavoro.” Disse infine, sollevando la mano destra in aria.

Un lavoro al quale si dedicava costantemente da un paio di mesi ormai, nonostante fosse uno degli ultimi arrivati.

Come se cercare un chissà quale "portale" per chissà quali fini potesse essere veramente considerato un impiego.

Ma in fondo, era per questo che lo pagavano. Era uno scienziato, e in quanto tale, erano richieste le sue abilità per cercare in un posto lugubre come il Dark Rift, un imprecisato campo magnetico. Quale però fosse il suo scopo, non era di sua competenza.

Ma non era questo che lo preoccupava.

Quello che lo preoccupava, era quello che c'era dietro. Quello che avrebbe trovato dietro.

Un qualche tesoro? Un’uscita secondaria del Dark Rift? Un’altra...dimensione, forse? No, non era il caso di cadere nell’assurdo.

E comunque, sempre se fossero riusciti a rintracciare la fonte, ovvio. Come se fosse facile.

Non che non ne avesse visti, prima d'ora, di fenomeni simili; di solito si manifestavano in luoghi dove si erano concentrate nel corso degli anni un gran numero di moonstones*.

Ma in un posto come quello, con una tale pressione e simili correnti che avrebbero potuto trascinare con sé qualsiasi cosa, era come cercare un ago in un pagliaio.

Prima che potesse ponderare l'idea di fare un passo verso la porta, Siron lo trattenne nuovamente.

"Ah, Noa... Voglio che tu mi avvisi soltanto quando avrete in mano qualcosa di concreto."

Il biondo abbassò il capo, fissando il pavimento con l'aria avvilita di un ragazzino al quale è appena stata fatta una ramanzina.

"D'accordo."  Rispose umilmente Noa, ma non aggiunse altro. Si spinse gli occhiali sul naso, raccattò i fogli sulla cartella, e realizzò che era ora di tornare definitivamente alla sua attività.

 

La fine, è iniziata...

Le Piogge hanno cominciato a scendere.

Sono rimasti in pochi... Siamo rimasti in pochi. Drigel si sta nutrendo poco a poco della nostra energia vitale, e non sappiamo cosa sia rimasto del mondo, là fuori.

L'abbiamo creato, ed ora non sappiamo più come fermarlo.

Piove.

Ma non è acqua quella che cade dal cielo.

Sono pietre. Frammenti di Luna.

E' dunque questa la nostra condanna?

Con le poche energie che ci rimangono, costruiamo ora uno scudo, una barriera che avvolga le nostre lande prive di luce in un manto d’oscurità senza fine. Creiamo il Dark Rift, sperando che ci possa proteggere.

 

A Sailors’ Island, tutto procedeva come ogni mattina. Le navi mercantili attraccavano al porto, scaricavano le merci, facevano i loro scambi e ripartivano alla volta della città più vicina.

L’isola centro delle rotte commerciali del Mid Ocean era affollata e frenetica come sempre, e tutti, dai marinai ai pirati dell’aria, dai mercanti agli esploratori, si affrettavano a fare la propria parte.

Ok, forse non proprio tutti...

DOMINGOOO!!”

L’anziano proprietario della locanda dell’isola batté insistentemente i pugni sulla porta di una delle stanze al secondo piano, nel tentativo di svegliare il suo giovane ospite. ...Inutilmente.

Si trovava lì davanti da una buona decina di minuti ormai, ed era fermamente deciso a rinunciare: non aveva il tempo né la voglia, di occuparsi di faccende del genere.

Si accinse a scendere le scale per tornare ad occuparsi del banco, o per lo meno, per prendere le chiavi della stanza. Superato il primo gradino, si arrestò al pensiero della breve conversazione che avevano tenuto la sera prima.

"Senti Munoh, potresti passare a svegliarmi domattina? Ho una faccenda importante da sbrigare."

"Mi prendi in giro?" Gli aveva risposto a metà tra lo stupito e il seccato.

"Mai stato più serio!" Domingo se l'era cavata così, col suo solito sorriso stampato in faccia, prima di uscire dalla locanda dalla quale si sarebbe sicuramente diretto alla taverna di Polly, e dove avrebbe sicuramente tentato di rimorchiare qualche ragazza davanti ad un bel bicchiere di loqua.

Per un attimo gli era balenato per la mente il dubbio che non fosse già ubriaco alle nove del mattino, ma poi aveva scartato quell'ipotesi. Cose del genere ce le si poteva benissimo aspettare, da un tipo come lui.

Tornò indietro, deciso a fare l'ennesimo tentativo.

Lo chiamò ancora una volta per nome, mentre le sue nocche producevano un piccolo, regolare rimbombo ogni volta che toccavano la superficie liscia del legno.

Finalmente, sentì qualcosa di diverso dal solito silenzio.

Dall'altra parte, l'interpellato era scattato quasi inconsciamente in piedi sul letto, facendo volare letteralmente lenzuola e compagnia bella sul pavimento.

"Il giorno del giudiziooo!!" Urlò come un'idiota portandosi le mani alla testa.

"Domingo... Sono io! Potresti farmi il favore di aprire questa maledetta porta?"

"Eheh...Ops...Arrivo subito!" Fece, balzando giù dal letto, e buttando un'occhiata all'orologio mentre si avvicinava all'uscio. "Le nove, le noveee! E' tardissimo!"

"Prestissimo vorrai dire, visto che di solito non ti alzi prima di mezzogiorno." Ribattè il locandiere dall'altra parte, ma lui non lo sentì.

Girò la chiave nella serratura, facendo sì che questa producesse un leggero click, prima che la porta si aprisse senza nemmeno aver bisogno di armeggiare con la maniglia.

"Dovresti far controllare questa serratura..."

"Sì, e tu dovresti pagarmi la stanza." Ribatté l'uomo mentre riprendeva possesso delle chiavi.

Heh...vero!” Sorrise, senza scomporsi minimamente. Una volta incrociato lo sguardo scettico del locandiere, continuò suo malgrado. “Ma ti pagherò presto, te lo prometto!”

Sì, certo...” Fece, poco convinto. “Piuttosto, cosa sarebbero queste faccende urgenti a cui mi hai accennato ieri?”

Domingo tirò un sospiro, spostando un ciuffo di capelli neri che invadeva la sua visuale rivolta al soffitto tappezzato di vecchie travi. Poi tornò a fissare il vecchio, e a dar pane alla sua curiosità.

Me ne vado” Fu la sua risposta, accompagnata da un consueto sorriso compiaciuto.

Se non lo conoscesse, avrebbe pensato seriamente di chiedergli se c’era o ci faceva.

Cosa?”

Hai sentito bene, me ne vado!” Ripeté con più convinzione.

L’uomo scoppiò in una fragorosa risata. “Ahahahah! Era da un bel po’ che non lo sentivo! Stai cercando di dirmi che Domingo, il grande esploratore, ha intenzione di tornare all’opera?”

Esatto." Annuì, facendogli l'occhiolino. "...Che c'è di tanto divertente?”

In effetti, era divertente sentirlo parlare così. Divertente e sollevante.

Dopotutto si era ripreso, finalmente.

Niente, niente... Beh, era ora!” Concluse dandogli una sonora pacca sulla spalla, cosa che gli costò il doversi mettere in punta di piedi a causa della notevole differenza d'altezza.

L'esploratore incrociò le braccia, assumendo un'espressione vagamente seria, che gli era davvero poco consone.

Le cose si sono stabilizzate ormai... E' passato quasi un anno dalla faccenda di Soltis... E io non ho più voglia di starmene con le mani in mano.” Fece, inarcando un sopracciglio.

Certo, per me puoi andartene anche subito, ma...”

Che c'è?”

Non indossi i pantaloni.” Annunciò indicando il bassoventre del ragazzo, mentre si portava una mano alla bocca nel tentativo di trattenere una risata.

Domingo lo fissò con gli occhi sbarrati per una frazione di secondo, probabilmente quanto bastava per mettere insieme la parola "uscire" con la parola "pantaloni", ed il malcapitato spettatore non ebbe il tempo di aprir bocca che si vide sbattere la porta in faccia.

"Scusa, ti pagherò anche quella!" Sentì urlare dall'altra parte, insieme ad altri rumori non ben definiti.

"Sì, sì..." Sbuffò in un mezzo sorriso, sollevando le braccia a mezz'aria.

Poi proseguì in direzione delle scale. Era ora di tornare alle proprie faccende.

Si era allontanato anche troppo, e non poteva certo lasciare la ragazza delle pulizie ad occuparsi del banco per tutta la mattinata.

Sostò a pochi passi dal primo gradino, quando sentì Domingo gridare un euforico "Arrivo, mondo!" in fondo al corridoio.

Quel ragazzo non cambierà mai...” Sospirò, passandosi una mano sul capo ormai segnato dall’età.

Ragazzo... Per modo di dire. Pensò. A ventiquattro anni ormai era un uomo, anche se spesso e volentieri... non si comportava come tale.

 

Camminava per Sailors' Island.

Camminava, senza badare alla confusione ed al blaterìo della folla che riempiva l'unica via diretta al porto, troppo occupato a riordinare i suoi pensieri.

Oltrepassò il negozio di ricambi navali, e dovette scansarsi per lasciar passare due uomini che trasportavano un'enorme cassa, contenente probabilmente qualche nuovo cannone. Era una giornata piuttosto afosa, per essere soltanto metà primavera, ma per il resto, era solamente una giornata come tante altre. Una di quelle giornate dalla quale non vedeva l'ora di evadere.

Alzò gli occhi al cielo limpido, tappezzato qua e là da imbarcazioni di varie dimensioni che sorvolavano l'isola facendo rotta verso le più svariate mete.

Gli mancava, la navigazione.

Ma soprattutto, gli mancava la totale assenza di preoccupazioni che lo aveva accompagnato durante la maggior parte dei suoi viaggi.

Sembravano essere passati secoli, da quando deteneva il monopolio dell'esplorazione. Ma si sa, visto in prima persona, il tempo sembra trascorrere sempre più lentamente di quanto non faccia in realtà. Obbiettivamente, non era passato poi così tanto.

Un anno fa si sarebbe sentito parlare di lui pressappoco in tutti i luoghi conosciuti fino ad allora, nei porti e nelle isole, si sarebbe sparsa la voce di qualche sua nuova scoperta; si sarebbe sentito parlare di lui e quello che probabilmente si sarebbe sentito dire era quanto fosse dannatamente bravo nel suo mestiere.

Uno dei più grandi esploratori del nuovo mondo. Il migliore, forse.

E purtroppo o per fortuna, era un cosa che sapeva da sé.

Così era stato, almeno finché non era arrivato Vyse.

Da quando aveva accettato di far parte dell'equipaggio della Delphinus, le cose non avevano fatto altro che peggiorare.

E poi, ovviamente c'era stata la sua idea folle di aprire un business tutto suo. Fallito dopo a malapena due mesi.

Comunque fosse, non era mai stato il tipo da mollare dopo il primo intoppo, e non avrebbe cominciato di sicuro ora.

Raggiunse il ponte di legno che dava alle porte dell'isola ed allungò il passo.

Si portò una mano alla fronte, ed allontanandola nel tentativo di sistemare due ciuffi ribelli, sperò di allontanare così anche i cattivi pensieri.

Non poteva certo rischiare di perdere il buonumore a causa di assurde paranoie.

"Domingo!" Chiamò una voce alle sue spalle. Una voce femminile.

Sì voltò mentre la ragazza che aveva parlato si avvicinava, e sentì il portone del Polly's Place chiudersi con uno schiocco. La biondina in canotta bianca che ne era uscita gli si avvinghiò a un braccio e lo guardò con occhi dolci.

"Finalmente ti rifai vedere..." Sbuffò, non mollando la presa.

L'esploratore la fissò inarcando un sopracciglio.

"Heh..."

"Senti Domy, l'altra notte con te è stata fantastica. Pensavo che se avevi un po' di tempo, magari potremmo replicare..."

"Scusami..." Fece lui, abbozzando un sorriso. "ma adesso non ho proprio tempo. Quando ripasserò da queste parti ne riparleremo ...Mindy...Cindy...o forse era Sandy?"

La ragazza mollò la presa e indietreggiò di qualche passo, con un'espressione tra il disgustato e il seccato.

"Sally." Rispose monocorde. "Ah, comunque... Ieri è passato un ragazzino a cercarti. Magari sei più interessato a lui..."

"Un ragazzino...?" Ripeté, ma ormai la ragazza era già rientrata nel locale, non degnandolo di un secondo sguardo.

Un ragazzino... Che fosse forse...?

Nah, perché avrebbe dovuto cercarlo?

Sorrise. Si trovava esattamente nel posto in cui aveva incontrato Vyse la prima volta.

Vyse... Certo che dal ragazzino alle prime armi, che sapeva a malapena pilotare una nave ne aveva fatta di strada.

Si voltò un'ultima volta ad osservare il panorama movimentato dell'isola, e prese un ultima boccata di quell'aria cristallina, inspirandone più che poteva, come immaginasse non l'avrebbe rivista per un bel pezzo.

Il portone che divideva l'area cittadina dal porto si chiuse cigolando alle sue spalle.

 

"Siron, venga subito per favore!" Era entrato ancora una volta in quella stanza, col respiro affannoso a causa della corsa e della fretta nel voler comunicare la notizia.

L'interessato distolse l'attenzione dallo scarno panorama offerto dal pannello di vetro, sbadigliando.

"Che c'è?" Chiese, alzandosi di malavoglia.

"I rilevatori segnano qualcosa di interessante." Fece gesticolando con la mano libera, mentre l’altra era ancora saldamente aggrappata allo stipite della porta.

Spero sul serio che ne valga la pena…” Disse, sbadigliando.

Viola. Il suo occhio destro era viola. Dell’altro non era certo del colore, poiché era nascosto da un ciuffo di capelli corvini che copriva l’altro lato del viso.

Lo scienziato lo fissò immobile per qualche secondo, mentre avanzava silenziosamente verso di lui, troppo silenziosamente, sembrava quasi non toccasse terra mentre camminava.

Sembra che tu abbia visto un fantasma...” Disse inarcando le labbra in un ghigno divertito.

Quello che si trovava davanti non sarà stato un fantasma, ma sicuramente non era ciò che si aspettava.

Io...”

Immaginavi fossi diverso?” L’aveva fatto ancora una volta. Aveva anticipato la sua risposta.

Lo squadrò superficialmente dall’alto al basso, mentre, passandogli affianco gli faceva cenno di seguirlo lungo l’unico corridoio che conduceva alle altre sale della nave.

Anche se di una nave, possedeva solo lontanamente l’aspetto e le funzioni. Assomigliava di più a una base di ricerca mobile. O a un enorme laboratorio galleggiante.

Quanti anni hai, Noa, venticinque, ventisei?” Lo seguiva ad un paio di passi di distanza, e vedeva il lungo mantello indaco ondeggiare lievemente al suo passo, seguito a sua volta da un informe essere nero sul pavimento.

Ventisette” Rispose con il solito, sommesso tono di voce.

Sei piuttosto giovane per essere uno che ha dedicato se stesso ed i suoi anni migliori allo studio, non ti pare? Ma dopotutto, nemmeno io sono così vecchio, eppure guardami...Sono in questo buco da mesi, e mi sono privato dell’opportunità di avere un qualsiasi tipo di contatto... umano...”

Non parlò, ma aveva ascoltato ogni singola sillaba uscita dalla bocca di quell’uomo.

Perché si ostinava a voler intraprendere una conversazione con lui? In fondo era… Il suo capo.

La verità è che ho rinunciato a certe cose molto tempo fa. Ciò che succede nel mondo non mi interessa.”

Si voltò a guardare il corridoio che era ora avvolto da un’atmosfera cupa, rischiarato unicamente dalle lampade appese alla parete, tanto che scorgevano a fatica la porta attraverso la quale erano entrati. Poi, aprì la porta metallica alla sua sinistra, e la varcarono entrambi, ritrovandosi in un antro parzialmente illuminato dagli oblò sparsi sulla parete ed un paio di lampade ad olio, in fondo al quale faceva capolino un altro corridoio.

Dì un po’, ho davvero l’aria da signore?” Esordì poi, voltandosi verso il giovane scienziato con un'aria del tutto innocente.

Non saprei...” Rispose, mentre camminava con la testa china rivolta al pavimento. Poi alzò lo sguardo, incrociando quello del superiore, e cambiò radicalmente espressione. “Mi scusi, non intendevo offendere!” Concluse, agitando convulsamente le mani come a voler cancellare quel'attimo di esitazione.

Siron sorrise, aggiustandosi il colletto del mantello.

Tranquillo, non mi offendo!”

Per qualche istante Noa lo fissò, senza vederlo.

Cos’era cambiato?

Dov’era finito l’uomo serio e assorto con cui aveva parlato poco fa? Probabilmente non aveva mai lasciato quella scrivania.

Aveva come l’impressione di parlare con due persone diverse… E non sapeva se questo fosse un bene oppure un male.

No, doveva prendersi una vacanza.

Sempre così loquace?” Chiese Siron con una nota di sarcasmo.

Mi dispiace, non credo di essere la persona più adatta a tenere compagnia...” Noa gli sorrise timidamente di rimando.

Chi lo è...” Fece spallucce. “Ti sei guardato attorno? Sono tutti così presi da loro stessi, che a volte dimenticano anche le cose più basilari. Io credo che la conversazione sia un fattore molto importante nei rapporti umani, ne convieni?”

Il giovane lo guardò perplesso.

Eheh... Lo prenderò per un sì.”

Che uomo strano...

 

Ognuna delle stanze che oltrepassarono era colma di macchinari di ogni genere, la maggior parte dei quali prettamente inutili. Quando finalmente arrivarono alla sala di comando, ognuno dei presenti si affrettò a porgere le doverose salutazioni, e a dare delucidazioni in merito all’andamento della ricerca.

C’erano circa una dozzina di uomini, che lanciarono un’occhiata fugace verso il punto dove si trovavano Siron e Noa, prima di tornare a svolgere i rispettivi incarichi.

Signore, venga a dare un occhiata.” Fece un uomo sulla trentina, in rigoroso camice bianco, alzandosi dalla propria postazione.

Siron vi si avvicinò, seguito da Noa.

Lo schermo del tozzo macchinario che stava guardando mostrava una serie di puntini luminosi disposti in cerchio, che si accendevano e si spegnevano ad intermittenza.

Non ne ho mai visti raggruppati in questo modo...” Fece, allineando le lucette sullo schermo con un movimento circolare dell’indice.

Ma la cosa più strana è che non era mai comparso prima d’ora, benché avessimo già ispezionato quest’area...” Aggiunse Noa, incrociando le braccia.

Siron guardò i due, poi di nuovo lo schermo, infine si voltò avanzando qualche passo verso l’uscita.

Aprite il portellone del ponte, voglio vederlo da vicino.” Ordinò. “...Noa?” Fece poi, sorridendo in sua direzione.

Il giovane lo fissò e annuì, sottintendendo che l’avrebbe seguito, qualunque cosa avesse in mente di fare.

Ma signore, potrebbe essere pericoloso, non sappiamo ancora…” Intervenne l’altro scienziato, girandosi di scatto.

Apritelo.”

 

Aveva imboccato la rotta a sud est, senza una precisa motivazione, seguendo l'istinto, come aveva sempre fatto.

La sua unica, involontaria compagnia era quella del ritmico mugolio delle pompe e il brusio costante dei motori. Non sarebbe stata una cattiva idea farli controllare, alla prossima sosta.

Da quando aveva lasciato Sailors' Island, le navi che aveva incrociato lungo la strada si erano fatte sempre più rade, fino quasi a scomparire, nel tratto in cui ora si trovava.

Una cosa piuttosto insolita, dato che le rotte lungo gli oceani ora erano tutte perfettamente traghettabili. 

Ma d'altronde era meglio così, almeno avevrebbe avuto la certezza di non andare incontro ad inutili fastidi.

Domingo afferrò saldamente il timone, osservando attraverso il vetro un cielo che cominciava a tendere al rossiccio, e trasse un profondo respiro.

"Ok... Ora non resta che scegliere."

Si trovava di fronte a un bivio. Non un vero e proprio bivio ovviamente, nel quale ci sono solo due vie possibili, diciamo solo due che andavano sul sicuro.

A sinistra, Esperanza e il seguente tratto verso il Dark Rift, a destra, l'Oceano sud, verso Ixa'Taka.

"…Ma direi che prima posso anche prendermi una pausa!" Fece, armeggiando con i comandi, e i motori parvero sentirlo, dato che rallentarono lentamente l'andamento della nave, fino a farla sostare nei pressi dello sky rift che la separava da Capo Vittoria.

Sapeva già che avrebbe proseguito verso est; dopotutto ad Ixa’Taka aveva già scoperto tutto ciò che c’era da scoprire.

Uscì sul ponte, a godersi l’aria frizzantina dell’oceano, ed estraendo dalla tasca dei pantaloni il fedele cannocchiale quasi come fosse un arma, lo puntò su un pezzo imprecisato di cielo. Lo ispezionò per quelli che parvero interminabili minuti, senza tirarne fuori null'altro che una distesa rosata.

Le scoperte sono come le belle donne, sempre la stessa storia… Non cercarle, e verranno loro a cercare te.” Sospirò, sorridendo.

Poggiò il cannocchiale sul legno fresco sotto i suoi piedi, vi si distese, e chiuse gli occhi.

Aveva quasi dimenticato quanta pazienza ci volesse, ma soprattutto, come fosse malinconico in un certo senso, viaggiare da soli. Ripensandoci, non aveva considerato questo fattore, quando aveva deciso di tornare alla caccia ai tesori.

Probabilmente non ci aveva pensato perché era una cosa con cui aveva convissuto per anni, senza mai darci troppo peso; in fondo avrebbe potuto fermarsi in qualsiasi momento, in una città, in un porto, al Gordon bistro... ed avrebbe trovato sicuramente qualcuno con cui fare quattro chiacchiere, parlare del più e del meno e far passare il tempo. Magari anche divertirsi, per una notte.

Ma non era la stessa cosa.

Era contraddittorio, ma in fondo si era abituato alla compagnia, sulla Delphinus.

Si era abituato alla confusione mattutina di Vyse e Aika in sala comandi, che discutevano sulla prossima meta, o a Fina, che in ogni frase trovava una parola di cui non conosceva il significato, all’enorme tavola imbandita piena delle prelibatezze che Polly soleva preparare per tutto l’equipaggio, agli aneddoti sulle conquiste di Gilder, e... alla sua silenziosa presenza.

Al fatto che per ottenere una conversazione da lui avrebbe dovuto svuotare il portafoglio.

Non che si potesse considerare di grande compagnia, anzi... Ma era proprio quello che inspiegabilmente gli mancava, le due parole al giorno che gli rivolgeva quando era di buon’umore, o per l’esattezza, quand’era meno di cattivo umore del solito.

Chissà cosa stava facendo Lawrence in questo momento, o dove fosse.

Beh, qualunque cosa facesse non si stava di sicuro perdendo in inutili sentimentalismi.

Che idiota…” mugugnò tra sé e sé.

Si alzò, mettendosi a sedere, e un luccichìo poco lontano attirò la sua attenzione.

Si stropicciò gli occhi, tentando di mettere a fuoco ciò che si muoveva nell’aria a pochi metri da lui, ma non riuscì a capire al volo di cosa si trattasse. O meglio, un’idea ce l’aveva, ma era altamente improbabile che si trattasse di...

"Flutterflies*?” Fece, mentre si portava il cannocchiale all’occhio destro, puntandolo verso il nugolo di esserini sbrilluccicanti.

Il bagliore dorato e il fatto che si muovessero in gruppi così numerosi non lasciava dubbi.

Da queste parti..? E a così bassa quota?”

La cosa strana, era che normalmente si trovavano nella parte opposta di Arcadia.

Ed era ancora più assurdo che avessero abbandonato la loro tratta abituale, se non fosse che per andare a nutrirsi.

Ma non aveva notizie sullo spostamento della traiettoria dei pochi balloon flowers, loro cibo prediletto, e sicuramente se fosse accaduto, da buon esploratore ne avrebbe sentito parlare.
Dunque, che cosa le aveva spinte a spostarsi?

In più, un viaggio di tal genere doveva essergli costato giorni e giorni di viaggio.

Posso considerarla la prima scoperta della giornata!” Fece, tornando alla sua espressione abituale, mentre continuava ad osservare le farfalle volteggiare nell’aria con la leggiadria di foglie sospinte dai primi venti autunnali.

Sembra che siano attratte da qualcosa... Mi piacerebbe sapere cosa...”

Per quanto poteva vedere, stavano avanzando verso sud-est, e da quelle parti, a quanto sapeva, oltre le decine di isolette sparse, c’era solamente l’ingresso del Dark Rift.

Si richiuse la porta alle spalle, tornando alla postazione di pilotaggio, e rimise in moto i motori, che protestarono col solito sconnesso brusio.

D’accordo, mie piccole amichette alate... Mostrate a papà cosa c’è di tanto interessante da queste parti..”

 

L’aria, là fuori, era pressoché irrespirabile. Emanava un odore acre e pungente, da entrarti nel naso e percorrerti le ossa.

In più, essendo la pressione nel Dark Rift notevolmente superiore a quella del normale cielo, nemmeno muoversi risultava cosa facile.

Noa si portò un braccio davanti al viso, cercando di inspirare il meno possibile.

Non credo sia stata una buona idea venire qui...” Mugugnò, seguendo con lo sguardo il suo compagno d’avventure che avanzava a passo normale verso la ringhiera del ponte, come non sentisse la differenza, da lì all’interno della nave.

Finalmente ti ho trovato...”

Siron non rispose a lui, ma a un qualcosa che non poteva vedere, e tanto meno sapeva che sì trovasse lì, giusto di fronte a loro. L’unica cosa che ne tirò fuori, era che in quel momento, “quella cosa” stava esercitando su di lui l’effetto di una calamita.

Cosa..?” Ancora una volta, sembrò non accorgersi della sua presenza.

E’ così...vicino.”

 “Io non vedo nulla...” Fece il giovane, ispezionando il cupo ambiente attorno a sé, sforzandosi di vedere qualunque cosa fosse la fonte di quell’invisibile attrazione.

Tu non vedi perché non vuoi vedere, Noa... Per questo ti ho portato qui.” Siron si voltò, una volta raggiunta la ringhiera, con uno sguardo assente e un tono che gli fece venire la pelle d'oca.

Non capisco...” Ripeté, ormai incapace di pensare a qualcosa di concreto.

Lo immaginavo.” Sospirò lui, scompigliandosi i capelli sul viso. “La teoria non è il tuo forte, non è così? Allora… Passiamo alla pratica.”

Siron si sporse sulla ringhiera, allungando una mano nel nulla.

Cos’ha intenzione di fare?” Chiese Noa, alzando il tono di voce per farsi sentire e cercando di porvi una fermezza dalla quale non trapelò altro che l’evidente preoccupazione.

Lo vedrai.” Si sentì rispondere in quello che parve uno sbuffo quasi seccato.

Zitto e guarda, Noa. Disse una voce nella sua testa.

Ed effettivamente, non poté far altro che osservare la scena immobile da lontano, mentre nell’ombra, qualcosa si accese.

Dove Siron aveva poggiato la mano, prese forma una sorta di specchio d’acqua, di colore violaceo, quasi indaco.

Sottili, leggere onde, partirono dall’epicentro per poi dissolversi a poche spanne, ricadendo nell’oscurità.

Una luce nell’ombra.

A Noa non fu concesso il tempo di capire, o quanto meno di farsi un’idea su cosa si trovasse davanti a loro, per quei pochi confusi istanti.

Vide soltanto quella mano ritrarsi, con la stessa rapidità di chi ha appena sentito una forte scossa. Come se la calamita, questa volta, avesse esercitato l’effetto opposto, sbalzando via l’oggetto intruso mediante una forza sconosciuta.

 “Dannazione... Il sigillo... è troppo potente...” Siron barcollò leggermente, mentre indietreggiava di qualche passo, e tutto davanti a lui tornava ad essere come prima. Un’inutile distesa di nulla.

Un’azione involontaria indotta dal dolore lo costrinse a premere una mano sulla tempia e l’occhio sinistro.

 “Signore, si sente bene?” Si allarmò Noa una volta sceso dalle nuvole, e nella caduta doveva essersi dimenticato di non rivolgersi al suo capo con quel termine. Ma nella confusione non ci aveva fatto nemmeno caso.

Scattò in avanti, e Siron allungò nuovamente la mano libera per fermarlo.

Sta lontano!”

Lo scienziato si bloccò come d’ordine, non tanto per le parole, piuttosto per quello sguardo.
Non aveva mai visto quello sguardo, prima.

In quel solo istante nella sua mente balenarono decine di interrogativi fra i quali non sapeva quale pescare. E tanto meno, vi avrebbe saputo rispondere.

Un sibilo fendette quell’aria disgustosamente pressante.

Poi, il portellone si aprì alle loro spalle, mentre una luce rossa si accendeva accompagnata dal suono di una sirena.

Sul ponte riecheggiò la voce di un altoparlante.

Si è verificata una reazione imprevista. Rientrate, in fretta!”

 

L'ombra continua a scendere.

Per ogni giorno che passa, per ogni vita che assorbe, diventa sempre più potente, sempre più insaziabile.

Non possiamo più concederci di aspettare oltre. Non possiamo rischiare di diventare tutti delle marionette al suo comando.

Le nuvole si muovono in fretta, sono nuvole nere. Il cielo é l'ombra delle nostre terre come sono ora: buie, e vuote.

Probabilmente, come per gli altri Gigas, eliminando la fonte del suo potere, saremo in grado di rendere Drigel innocuo.

Discepoli delle lune: Verde, Rossa, Gialla, Blu, Viola, Argento.

Riuniremo le nostre forze in questo ultimo atto.

Porremo un sigillo sulla Luna Nera, affinché scompaia da questi cieli.

Possa ella trovare riposo, e possano le anime che porta via con sé riacquistare la pace, in un luogo racchiuso al di là dell'oscurità.

 

Ad ogni tratto di cielo corrispondeva una diversa sfumatura.

Il rosato all’entrata dell’Oceano Sud era diventato rosa antico, per poi trasformarsi in arancio pastello, ed infine tingersi di rosso: un rosso che assomigliava sempre più al colore del sangue, man mano che procedeva verso est.

La visibilità inoltre cominciava a farsi scarsa, a causa dei venti che spiravano da nord, portando con sé le sabbie del vicino continente Rosso.

Ma già che era arrivato fin lì, tanto valeva proseguire.

Quelle dannate flutterflies non ne vogliono sapere di fermarsi un attimo. Eppure siamo a poche miglia dall’entrata del Dark Rift...” Sospirò Domingo, grattandosi la testa con la mano che non reggeva il timone. “E più avanti non vedo proprio cosa possa esserci...”

Si era interrogato su questo proposito per tutta la durata del tragitto, ripercorrendo mentalmente le isolette, le scoperte fatte, o qualunque cosa utile potesse trovarsi in quella zona, ed era giunto alla conclusione che era solamente un inutile spreco di cellule cerebrali.

Non valeva la pena tormentarsi, quando di lì a poco, di qualunque cosa si trattasse, l’avrebbe vista con i suoi occhi.

E chissà, magari sarebbe stata la scoperta del secolo. O solamente un altro buco nell’acqua.

Scrollò la testa facendo schioccare lievemente il collo, liberandola dai pensieri per poter tornare a concentrarsi sulle farfalle. Se le avesse perse di vista anche solo per qualche secondo, probabilmente avrebbe dovuto fargli ciao ciao con la mano e tornarsene sui suoi passi.

Quelle cose erano maledettamente veloci. Più del solito.

E non era l’unica cosa, ad essere diversa dal solito.

Adesso che ci pensava, c’erano più di un paio di cose che non quadravano.

Per prima cosa, il fatto che dopo poche miglia da Sailors’ Island, non avesse più visto l’ombra di una nave. Normalmente, a quest’ora avrebbe dovuto incrociare per lo meno qualche nave di blue rogues o qualche mercantile di passaggio.

Secondo; il silenzio, l’aria, il cielo... Il cielo aveva qualcosa che non andava.

Non ricordava di averlo mai visto di quel colore.

Tra Esperanza e il Dark Rift era sempre stato rossiccio, sì... Ma era un rosso vivo, intenso, come sotto un tramonto perenne.

Spento. Era così che lo vedeva ora.

E poi c’erano loro, quelle piccole creature dorate, che all’improvviso e senza un motivo apparente, avevano deciso di cambiare aria ed attraversare tre oceani... No, qualcosa doveva averglielo imposto.

Seguiva con lo sguardo quella scia luminosa, quando anche le sue orecchie vennero attratte da rumori alquanto... familiari, ed altrettanto insoliti.

Versi.

Non ebbe la certezza di cosa si trattasse finché non fu irrimediabilmente vicino.

Tanto vicino da passargli sopra la testa, un intero stormo di Uguisu. (Uccelli simili a gabbiani, comuni delle zone abitate.)

Che diavolo..?!” Sbottò, portando inconsciamente lo sguardo sopra di se, al soffitto che lo separava dalla marmaglia di disturbatori volanti. Sorpassarono velocemente la nave, starnazzando tanto che Domingo fu costretto a tapparsi un orecchio, finché una volta allontanati, non si ridussero a un informe chiazza bianca sullo sfondo vermiglio.

Ok, c’è indubbiamente qualcosa di strano in tutto ciò.” Sottolineò, sgranando gli occhi mentre rivolgeva un’ulteriore occhiata al pannello di vetro, assicurandosi che non ci fossero altri animali in vista.

Se non altro questo confermava la sua teoria.

A meno che insetti, uccelli e pesci non avessero perso contemporaneamente il senso dell’orientamento, cosa piuttosto improbabile, c’era qualcosa che li spingeva a migrare verso est. E doveva essere qualcosa di bello grosso, visti gli effetti considerevoli sulla fauna celeste.

Ispezionò nuovamente il cielo al di là del pannello: niente. A parte il nugolo di flutterflies, che non pareva essersi allontanato più di tanto.

Sentì uno scricchiolio, come se qualcosa si fosse poggiato poco delicatamente sul tetto della nave.

A chi tocca adesso?” Sbuffò, mollando il timone, ed azzardando un paio di passi verso la porta che dava sul ponte esterno.

Una protuberanza spugnosa e rossastra fece capolino dagli oblò alla sua sinistra.

Oh porca di una zozza...” Come aveva afferrato la maniglia, la lasciò andare, quando un occhio nero grande quanto la sua testa offuscò l’ultima delle finestrelle.

Ci mancava solo il calamaro gigante.” Sospirò, schiaffandosi una mano sulla fronte. “Sentite, non sono Noè, avete sbagliato nave!”

Ricordò qualcosa a proposito del fatto che gli animali percepissero alcune cose molto prima degli esseri umani.

Come il pericolo, ad esempio. Ma la probabilità che stessero fuggendo da qualcosa era da escludere; erano animali che provenivano da zone completamente differenti d’Arcadia, e a meno che non stesse per verificarsi un cataclisma...

E anche in quel caso, perché avrebbero dovuto prendere tutti la stessa direzione, riunirsi in uno stesso posto?

Se dapprima la prospettiva di una simile scoperta era allettante, ora era a dir poco angosciosa.

Le sue orecchie vennero pervase da un sibilo di cui non capì la provenienza.

Tutto si bloccò, per un istante.

Poi, il caos.

Il nugolo di farfalle si divise, si sparse in tanti piccoli brillanti di un bracciale frantumato.

I versi degli uccelli riempirono nuovamente l’aria, e lo stormo di Uguisu ricomparse come una nuvola all’orizzonte che la sua nave avrebbe presto attraversato.

Sentì qualcosa sbattere violentemente contro il motore sinistro, probabilmente un tentacolo, dacché il calamaro aveva lasciato perdere la nave, ed aveva fatto retromarcia in quattro e quattr’otto.

Sottili figure grigie sfuggivano velocemente da un oblò a un altro, tutte nella direzione opposta. Pesci, probabilmente.

Un soffio di vento.

Che diavolo sta succedendo?”

Guardando meglio, si poteva scorgere qualcosa in lontananza, ma non aveva né l’aspetto di una nave, e tanto meno quello di un animale.

Domingo riprese dalla tasca il cannocchiale, lo portò all’occhio destro, e mise a fuoco puntandolo sull’oggetto non identificato. In effetti, era più grande di una nave, e si avvicinava molto, molto più in fretta.

Fa che non sia ciò che penso...” Qualunque pensiero potesse passargli per la mente poco prima, si fece da parte per lasciar posto ad un immaginario pennarello intento a tracciare lentamente ogni lettera di un’unica parola...

Ciclone.

Cazzo!” Reinfilò il cannocchiale nella tasca, facendo ruotare con l’altra mano il timone più velocemente che poteva.

Se non si fosse allontanato in fretta, e la tromba d’aria l’avesse raggiunto, sarebbe stata la fine.

Tirò una leva alla sua destra, quella che avrebbe dovuto far aumentare la velocità all’imbarcazione, e per tutta risposta, sentì uno schiocco provenire dal motore sinistro.

Invece di accelerare aveva ottenuto l’effetto contrario. Stava rallentando.

Merda, non potete mollarmi proprio adesso!” Fece, continuando a spingere la leva su e giù.

Il rumore prodotto dal ciclone si faceva sempre più forte.

Ancora poche decine di metri, e...

Forse sarei dovuto andare a destra.” Disse, conservando il solito sorriso nonostante tutto.

Dopodiché, non vide più nulla.

 

 

 

 

 

Arcadian Glossary!

Moonstones: Frammenti di luna caduti sulla terraferma; vengono trasformati ed utilizzati come fonte d'energia. Il fluido di moonstones, per esempio, funge da carburante per le navi.

Flutterflies: Farfalle di piccole dimensioni, per lo più di color oro, che si muovono in gruppi; seguono costantemente lo stesso percorso, alla ricerca del nettare di balloon flower, di cui si nutrono. Una pianta rara che si trova solamente nell'oceano nord, non cresce sulla terraferma, bensì è in costante spostamento nel cielo lungo una traiettoria ben distinta. Quando le flutterflies intraprendono viaggi di questo tipo, possono coprire lunghe distanze senza mai fermarsi a dormire o riposare.

  
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