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Autore: maria_stories    13/06/2015    1 recensioni
«E come nascono le Stelle Cadenti?»
Un bambino e una Stella Cadente e il bizzarro dialogo tra i due.
Secondo te, come nascono le stelle cadenti?
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una piccola fiaba che narra il dialogo tra un bimbo curioso e una Stella Cadente.
Cose si diranno i due personaggi? 
Buona lettura!

 
«E come nascono le stelle cadenti?»
 
 
«E tu cosa sei?»
«Sono una Stella, una Stella Cadente.»
«E come nascono le Stelle Cadenti?»
«Nascono dai sogni dei bambini, proprio come te.»
 


È grazie all’incontro tra un bambino e una Stella Cadente, che questa storia ha inizio.

Che lunga notte fu quella, quasi interminabile.
Un bambino e una stella parlante, nonché Stella Cadente, intrapresero un bizzarro dialogo.

Il fanciullo domandava, curioso, la stella paziente, rispondeva.
Le chiese il suo nome. La voleva sua amica.
La stella, pacata, rispose: «quelle come me, devi ben sapere, portano il nome dei bambini a cui vengono assegnati. Che nomi strani alle volte ci toccano.
Ricordo una collega a cui fu affidato il desiderio di Rosa Chiappa! Non lo trovi buffo?»
effettivamente, il piccolo lo trovò abbastanza buffo e rise.

«E tu a chi appartieni?» ritornò serio il giovanotto.

«Tempo al tempo. –  rispose, semplicemente, la stella.– Il sogno del bambino a cui appartengo, non è ancora pronto a realizzarsi. Mi hanno detto lassù  – indicò il cielo – che è un desiderio diverso, singolare.

Devi sapere che noi Stelle Cadenti, prima di avere la “scia” , facciamo parte della categoria Stelle Osservatrici. Scrutiamo la terra in lungo e in largo, in cerca di punti luminosi: proprio come fate voi umani, quando osservate il cielo da quegli strani aggeggi.

Quella spia luminosa ci avverte che manca poco dall’essere congiunte al bimbo prescelto.

È un momento emozionante per noi, perché, pian piano, ci cresce questa specie di coda che ci permette di muovere. Diventiamo libere!»

Il nostro protagonista era entusiasta di quel racconto.
«Continua! Continua! Che succede poi?» non riusciva a trattenersi dal domandare: avrebbe voluto che il tempo potesse fermarsi.

«Poi… poi è come dal fornaio che rimuove il pane dal forno, perché finalmente è pronto, perfetto.
Per noi, il principio, è lo stesso. Quando i sogni sono pronti, cadiamo giù, veloci, in picchiata, per “sfornare” e realizzare il desiderio.
Evidentemente ‘il mio pane non è ancora cotto a puntino’.»
Scherzò il corpo luminoso.

«E non fa male?» chiese lui timoroso.

«Male? Assolutamente no!
Mi hai mica preso per una di quei Raggi Solari, quelli che bruciano la pelle: che tipi scortesi.
– un’espressione di disappunto apparve sul suo volto scintillante – No, no, siamo delicate noi Stelle!  

La notte, quella ‘notte speciale’, quando tutto è buio, entriamo nelle camere da letto dei bambini.
Silenziose, ci posizioniamo dinanzi ai loro visi addormentati e li baciamo sul nasino. Delicatamente scivoliamo giù nel petto, fino al cuore che batte.»


Un momento di silenzio.
Non uno di quelli imbarazzanti, no. Un silenzio di quelli dolci, che ci fanno assaporare le parole appena dette.

«Tu hai un sogno, Tom?» chiese quasi sussurrando la Stella.

Rifletté un attimo prima di rispondere.
«Sì, ora sì. Voglio ricordare questa notte, sempre. Anche quando sarò ‘alto’ come papà e ‘grande’ come il nonno. Non voglio dimenticare.»

La Stella sorrise e stava per andare, quando Tom la fermò: «Stella! Come fai a conoscere il mio nome?»
Senza voltarsi, ella rispose «Perché è anche il mio.» e volò via, veloce. Come per magia.

Quella notte Tom ritornò a letto con aria soddisfatta.
Quella notte Tom non la dimenticherà mai.

Ve lo assicuro, perché quel bambino tanto curioso, che si ritrovò immerso in un bizzarro dialogo con una Stella, anzi, Stella Cadente, tanto paziente, ero io.
Quella notte non l’ho più dimenticata, ma la cosa più importante è che quel bambino, io, lo avrò sempre dentro di me.

 
Thomas. (Tom)
 
“Troppo spesso dimentichiamo cosa vuol dire ‘essere piccoli’. Alle volte bisognerebbe chiudere gli occhi e riaprire il cassetto dove abbiamo riposto il ricordo del bambino che siamo stati. Non c’è nulla di più magico, puro, che essere bambini.”
 
 
   
 
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