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Autore: Runners sisters    14/06/2015    2 recensioni
Due ragazze nel Labirinto. Una trappola dei creatori o la soluzione all'enigma?
Nel dubbio, fonte di risate per l'intera Radura e compagne d'avventure di due pive poco raccomandabili.
***
Dai capitoli seguenti:
«Rosie, dobbiamo trovare un modo per lavarci senza dare nell'occhio. Insomma... sono ragazzi! Ragazzi che dopo mesi o addirittura anni di astinenza avranno bisogno di rifarsi gli occhi... non possiamo fidarci di andare da sole!»
[...]
«Forse potremmo chiedere a Gally o... »
«Il Gallo? Tu vuoi far sorvegliare il bagno dal Gallo? Ma sei matta? Scommetto che tenterà di annegarmi nella doccia per poi farti chissà che cose orribili.»
***
«Ah sì?» strillò, inferocita « Beh, almeno quella faccia di caspio, come l'hai definita, ha almeno la decenza di trattenere i suoi ormoni da pollastrella in calore!» esclamò infine, urlando così forte da farsi udire da tutti gli abitanti della Radura.
***
La mora stava quasi per gettare il blocco da parte e stendersi ad oziare un po', quando il suo occhio cadde su una parola in particolare, scritta in maiuscolo e per di più sottolineata alla fine dell'ultima pagina della lista delle richieste.
PRESERVATIVI.
«Quel fottuto cretino!»
Genere: Comico, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gally, Minho, Newt, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
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Ciao a tutti!

Siamo Melly e Franny e stiamo scrivendo questa storia a quattro mani da un po' di tempo, esattamente da quando abbiamo scoperto Maze Runner.

Dopo aver visto il film e letto i libri ci siamo totalmente innamorate di Newt e Minho, perciò abbiamo iniziato a covare l'idea di riscrivere la saga con la nostra gentile partecipazione muahahah

Il titolo è "Never stop running" per il semplice fatto che non ce n'è venuto in mente uno migliore xD accettiamo quindi suggerimenti :)

Per quanto riguarda la storia, sebbene rispecchi abbastanza i libri – e sia ancora in lavorazione, anche se abbiamo scritto già una sessantina di pagine- , abbiamo voluto aggiungervi vari teatrini che dovrebbero far ridere, che vedono come protagonisti la nana malefica -Melly- e sopratutto Gally detto semplicemente il Gallo.

La principale madre delle idee più pazze e contorte è ovviamente Melly, mentre io -Franny- sono la beta e colei che cerca di rendere presentabile questa accozzaglia di pazzie quali sono le nostre fantasie.

Speriamo che la storia vi piaccia e vi diverta tanto quanto a noi.

Melly-pive & Fra-pive banana

P.S. Cerchiamo qualcuno che possa farci un bel banner xD





Prologue



Quando Minho si svegliò quel mattino, capì all'istante che qualcosa quel giorno sarebbe cambiato.

Non aveva idea di cosa si trattasse -la Radura, da quando erano arrivati, era sempre stata pervasa da uno strano senso di quiete e ordine- ma le viscere gli dicevano che c'era qualcosa di strano nell'aria.

Il suo istinto gli diceva che qualcosa stava per accadere.

E la vera incognita stava nel fatto di se si trattasse di qualcosa di bello o di brutto.

Non appena le porte del Labirinto si furono aperte bloccandosi con un colpo secco, tanto da fargli tremare le ossa, Minho si scambiò un cenno con gli altri velocisti, per poi partire a tutta birra verso i lunghi corridoi che sembravano estendersi all'infinito.

Ormai il ragazzo aveva memorizzato a memoria i passaggi e gli angoli da svoltare della sua Sezione, indipendentemente dai cambi dei muri.

Avrebbe potuto disegnare tutte le varie piante dei cambiamenti ad occhi chiusi.

Minho e gli altri, il primo gruppo arrivato nella Radura, vivevano dentro quel Labirinto da più di un anno e non avevano ancora capito quale fosse il modo per uscire di lì.

Sebbene fossero già stati in molti a perdere le speranze, non c'era giorno che nel cuore del velocista non nascesse la speranza di trovare una soluzione a quell'enigma indecifrabile.

Anche se a volte gli capitava davvero di chiedersi se non fosse tutto inutile, se non fosse meglio rinunciare a quell'impresa impossibile e vivere felicemente nella Radura.

Sempre che la Radura si potesse considerare un posto felice dove vivere.

Certo, gli altri ragazzi non erano malaccio, a parte Gally e la sua cricca di sploff.

E poi, da quando Minho era diventato Intendente dei velocisti, nemmeno Alby aveva più osato alzare troppo la voce con lui.

Quindi, ringraziando i suoi polmoni e le sue gambe lunghe, poteva ancora considerarsi fortunato nella disgrazia.

Godeva di un bel posto nel Casolare e quando Frypan era di buon umore, gli riservava la salsiccia più grande.

Poteva decisamente andargli peggio.


* * *


Quel giorno il sole – o quella cosa che avrebbe dovuto essere il sole, sempre che potesse considerarsi tale- splendeva più del solito, tanto che Minho dovette fermarsi a riprendere fiato prima del previsto.

Il cuore gli batteva a mille nel petto, mentre il sudore gli colava sui vestiti e sulla fronte, bruciandogli gli occhi.

Si sedette per un momento nell'angolo del lungo corridoio che aveva appena percorso, le orecchie ben aperte a eventuali segnali di Dolenti.

Mangiò velocemente il proprio panino e dopo aver bevuto un ultimo e lungo sorso d'acqua, si accasciò ancora un istante sulla parete, per assaporare quel momento di pace e silenzio.

I suoi occhi scuri, dal taglio orientale, erano chiusi, quasi il ragazzo stesse meditando.

Nella propria mente, stava ripassando per l'ennesima volta la mappa della Sezione, confrontandola con ciò che aveva visto fino ad allora.

Niente, almeno fino a quel momento, era cambiato.

Era tutto dannatamente uguale.

Stanco. ricacciò in una tasca laterale il blocco per appunti in cui puntualmente annotava ogni conformazione della Sezione, a dispetto della triste verità.

In seguito, sospirò e si rimise lo zaino in spalla, per proseguire nel lavoro.

Il suo pomeriggio trascorse quindi così, alla ricerca disperata di qualcosa che Minho sentiva dentro di sé non avrebbe trovato.

Quando la luce del giorno cominciò ad affievolirsi, il Velocista sentì nuovamente la strana sensazione di quel mattino.

Un brivido gli attraversò la schiena, una scarica di eccitazione e adrenalina, tanto che si chiese se per caso non avesse un Dolente dietro il culo e non l'avesse ancora notato.

Minho si voltò appena e il suo cuore perse un battito vedendo che, effettivamente, qualcuno che lo stava inseguendo c'era.

Il velocista fulminò con lo sguardo il ragazzo biondo che, correva nell'intento di raggiungerlo più in fretta possibile, a dispetto del suo zoppicare.

«Che diavolo ci fai qui, razza di pive? Spero tu abbia un buon motivo per essertela data a gambe, Newt!»

Il giovane, rosso in viso e col fiatone, si piegò sulle ginocchia quel tanto da riprendere il fiato necessario a parlare.

«Mi spiace, amico... ma cacchio... alla Scarpata c'è qualcosa che devi assolutamente vedere!»

I suoi occhi avevano una luce diversa dal solito.

Sembravano dannatamente eccitati, pensò confuso Minho.

Di certo, c'era qualcosa che non quadrava in quella situazione.

Raramente Newt perdeva la sua calma.

«Spero per te che ne valga la pena, pive.»

L'Intendente gli diede una pacca d'avvertimento, prima di seguire il biondo attraverso la ragnatela di corridoi e vicoli ciechi del Labirinto, fino ad arrivare alla sua fine.

Lì, dove la loro prigione finiva, dove l'unica via di fuga possibile era il vuoto.

Lì, al confine del loro piccolo mondo, c'era qualcosa che fece restare a bocca aperta Minho.

Sul ciglio del precipizio, sdraiate e prive di sensi, c'erano due ragazze.



* * *


«Ma che caspio... »

«Credimi, amico... ho pensato la stessa cosa.»

Minho e Newt continuarono a fissare le due giovani con tanto d'occhi, prima di decidere di avvicinarsi e controllare che fossero vive.

L'Intendente dei velocisti si avvicinò alla ragazza che, inconsciamente, faceva penzolare un braccio nel baratro della Scarpata.

Delicatamente, lo ritrasse e spostò la giovane di un paio di centimetri, al riparo dall'inquietante vuoto.

Minho si abbassò leggermente verso il suo petto.


Tum tum. Tum tum.


Il cuore batteva.

Era viva.

Quasi impercettibilmente, sentì un gran sollievo invaderlo, anche se non ne capì la ragione.

Newt nel frattempo si era avvicinato alla ragazza che stava appoggiata, quasi in posizione fetale, dall'altro lato del corridoio della scarpata.

Aveva le labbra semichiuse, forse per respirare meglio.

Tuttavia a Newt non dispiacque affatto abbassarsi ad ascoltarle il battito, approfittando dell'occasione per sbirciare il suo seno.

Probabilmente anche Minho l'avrebbe fatto, se fosse stato solo.

Ma preferiva di gran lunga che in quel momento la figura del pervertito la facesse l'amico, visto che la ragazza tra le sue braccia si era appena svegliata.

Due enormi occhi castani lo fissavano spalancati, mentre le guance della giovane, prima lievemente rosate, si accendevano di un rosso accesso.

Prima ancora che Newt potesse tapparsi le orecchie, la giovane stava già gridando abbastanza forte da richiamare tutti i Dolenti delle vicinanze.

Ma Minho, per niente scalfito dalla sua aria spaventata, le tappò le bocca prima che potesse davvero cacciarli nei guai.

«Sh! Non c'è bisogno di gridare, non vogliamo farti del male!»

La ragazza si ritrasse dalla presa di Minho, lo sguardo fisso sul ragazzo, le mani tremanti.

Solo dopo essersi allontanata a sufficienza da lui, ebbe il coraggio di guardarsi intorno.

I suoi occhi si riempirono di panico misto a paura, con una punta di diffidenza rispetto i due velocisti.

«Dove siamo? Cosa mi avete fatto?» balbettò, il respiro che le diventava affannoso.

Newt cercò di sorriderle e calmarla, alzando le mani in segno di resa.

«Va tutto bene... non vogliamo farti del male... »

La giovane si guardò ancora intorno terrorizzata, puntando il suo sguardo su Minho, a poca distanza da lei.

«Chi... si può sapere chi diavolo siete?»

Il velocista la esaminò a lungo, gli occhi che vagavano su quella giovane che avrebbe potuto costituire una trappola per la Radura.

«Avete idea di dove vi trovate?» domandò allora gentilmente Newt, cercando di avvicinarsi e di spezzare quel silenzio imbarazzante.

La ragazza sembrò notare solo in quel momento la presenza dell'altra giovane che, ignara di tutto ciò che stava accadendo, giaceva al fianco del velocista biondo priva di sensi.

«Che le è successo?» domandò, avvicinandosele.

I lunghi capelli neri le ricaddero sul viso mentre esaminava l'altra.

Minho strinse gli occhi, domandando:

«Vi conoscete?»

Visto già l'assurdità di quella situazione, i due velocisti non si sarebbero affatto stupiti di una risposta affermativa.

Ma la ragazza negò con un cenno del capo, per poi mordicchiarsi un labbro indecisa:

«Veramente... non mi pare di ricordare... niente.»

Minho sospirò, quasi sollevato.

Almeno un cenno di normalità in quel casino c'era.

«Bene così.»

Newt sorrise alla giovane, mentre spostava lentamente l'altra ragazza e la prendeva in braccio.

I corti ricci ramati gli sfiorarono la spalla, facendoli il solletico.

«Perchè va bene? Secondo voi è normale non ricordarsi nemmeno il proprio nome?»

Un lampo di rabbia accese gli occhi della ragazza.

Si alzò in piedi incespicando, prima di mettersi a braccia conserte.

«Non ricordarsi nulla è nella norma quando vieni spedito qui.»

Minho fece roteare gli occhi verso gli immensi muri che li circondavano, che si estendevano a perdita d'occhio dietro di loro.

«Spe... spedito qui? Ma di cosa... »

«Benvenuta nel Labirinto, dolcezza. E no, non abbiamo idea di chi siano i fottuti pive che hanno voluto farci lo scherzetto di sbatterci qui. E no, non abbiamo nemmeno idea di come voi ci siate spuntate, qui.»

Minho assottigliò gli occhi, fissando la ragazzina.

Era più bassa di lui di almeno venti centimetri e almeno all'apparenza, sembrava una ragazza qualsiasi spaventata e rincaspiata per essersi risvegliata in un cacchio di labirinto con una fottuta amnesia.

Ma il fatto che lei e l'altra fossero state trovate proprio lì, alla Scarpata, dove si supponeva che ci fosse l'unica via d'uscita dal Labirinto, sempre che si fosse ben disposti per il suicidio, lo insospettiva non poco.

«Dovremmo portarle alla Radura.» lo anticipò Newt, caricandosi meglio la ragazza dai riccioli scuri che sembrava ancora ignara di tutto ciò che le stava accadendo intorno.

Il biondo dovette interpretare il silenzio di Minho come indecisione, perchè si affrettò a dire:

«È quasi ora... dobbiamo tornare e... non possiamo lasciarle qui.»

L'Intendente acconsentì con un cenno del capo.

Non era ancora così malvagio da voler abbandonare due ingenue ragazzine alle grinfie dei Dolenti, sebbene quell'affare gli puzzasse.

«Portiamole alla Radura.» sentenziò alla fine.

I due ragazzi si incamminarono quindi verso la Porta.

Minho aveva appena accelerato il passo per seguire Newt verso gli infiniti corridoi che gli avrebbero riportati indietro, quando si accorse che la ragazza dai capelli neri non li stava seguendo.

Più che scocciato, Minho si voltò verso di lei, continuando però nel frattempo a correre:

«Si può sapere che ti prende? Hai intenzione di restare qui, per caso?»

L'altra lo fissò rabbiosa, le mani sui fianchi:

«Si dia il caso che non ho intenzione di seguire nessuno, senza avere almeno uno straccio di spiegazione su dove diavolo mi trovo o perchè... »

Digrignando i denti, il velocista controllò di scatto l'orologio, per poi ritornare di fronte alla giovane:

«Ti ho già detto dove ti trovi. Questo è il Labirinto. Nessuno sa per quale fottuta ragione ci abbiano sbattuti qui dentro o chi siano i responsabili... ma ne parleremo più tardi, ora non c'è tempo. Dobbiamo raggiungere la Radura prima che le porte si chiudano.»

La ragazza non sembrò soddisfatta da quella risposta, tanto da iniziare a replicare aspramente alla sua spiegazione sbrigativa.

Ma prima che una sola parola potesse uscire dalla sua bocca, la mano di Minho aveva afferrato la sua e la stava trascinando di corsa attraverso gli imponenti e sterminati muri del Labirinto.


* * *


«Cacchio... questa qui sembrava tanto leggera... ma adesso sta davvero cominciando a pesarmi!»

Newt aveva perso un paio di metri rispetto a Minho, che procedeva veloce e spedito in cima a quella strana fila, il cui ultimo occupante era la ragazza dai capelli neri.

Decisamente, Minho valutò che non fosse affatto abituata a correre come loro, o almeno non ai loro ritmi quasi disumani.

Aveva il viso rosso fuoco e grondava sudore da ogni parte; Minho immaginava anche che i suoi muscoli poco allenati le stessero implorando silenziosamente di fermarsi, visto il suo rallentare sempre più evidente.

Ma l'Intendente non poteva permettere che quella tipa morisse o restasse chiusa fuori a fare le nanne coi Dolenti.

Magari il giorno dopo lo avrebbe fatto, ma prima doveva essere vista da Alby e gli altri insieme alla sua compagna.

Perciò, Minho si voltò nella sua direzione, spronandola a muoversi.

La Porta occidentale si stagliava in fondo al lungo corridoio.

E mancavano meno di tre minuti alla sua chiusura.

«Ehi tu! Muoviti! Le porte stanno per chiudersi!»

La ragazza lo fissò infuriata, prima di cercare di fare leva sulla poca forza restatole per raggiungere i due velocisti.

Nel frattempo, Minho oltrepassò la porta frenando a pochi centimetri dalla soglia e alzando una nuvola di polvere.

Pochi secondi dopo Newt lo raggiunse, la ragazza riccia stretta al petto ansante.

Mancava solo l'altra all'appello.

«Maledizione... »

Minho sentì il famigliare stridore delle porte che cominciavano a muoversi, a strisciare sulla fredda pietra per chiudersi sui pericoli notturni del Labirinto che altrimenti li avrebbero sterminati.

Il velocista guardò di nuovo lungo il corridoio e ciò che vide gli fece accapponare la pelle.

La ragazza era ferma, inginocchiata, incapace di muoversi e di riprendere il fiato necessario.

Era a cento metri.

Solo cento fottuti metri eppure, il suo corpo aveva smesso di rispondere.

Non ce l'avrebbe mai fatta.

In quell'istante, senza alcuna ragione razionale, Minho decise che non poteva davvero permettere che ciò accadesse.

Per quanto inizialmente si fosse imposto che la mocciosa andasse portata alla Radura per essere vista dagli altri Intendenti e da Alby, ora si rendeva conto con sempre maggiore chiarezza che quella ragazza poteva essere un indizio, un qualcosa per trovare un'uscita dal Labirinto.

Tanto quanto, forse, una trappola.

Ma non poteva lasciarla morire.

Lei...

Minho si accorse che stava correndo verso la ragazzina solo quando udì le grida di Newt e Alby, accorso lì insieme a Gally e agli altri Radurai.

«Minho, è troppo tardi! Torna indietro!»

Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, mentre un sorriso sarcastico gli si disegnava sul volto stravolto dalla fatica e con scatto felino raccoglieva la ragazza accasciata.

Ripartì così velocemente che non gli sembrò di essersi nemmeno fermato.

Il cuore sembrava sul punto di esplodergli dal petto.


Venti metri...


Il tempo passava, lo spazio si restringeva.

Minho incitò ogni minuscolo centimetro del suo corpo a farsi forza, a reggere quell'ultimo stacco, a portarlo alla salvezza.


Dieci metri...



Quando si lanciò con un grido tra le due pareti a pochi centimetri di distanza, atterrando sul pavimento di pietra, la ragazza rotolò di fianco a lui, sbattendo senza volerlo un ginocchio nel suo punto debole.

Gridando ingiurie contro di lei, i Dolenti e i Creatori, Minho si accorse con velata soddisfazione che le porte erano sigillate, ma loro erano dentro.


* * *


«Mi stai dicendo che queste ragazzine sono spuntate come funghi dalla Scarpata?»

Alby se ne stava seduto al centro della Sala usata per richiamare a consiglio l'Adunanza, mentre i vari intendenti ai suoi lati borbottavano sottovoce, commentando quell'eccezionale avvenimento.

«Non sappiamo esattamente come siano arrivate lì, ma dicono di non ricordare nulla... »

Newt ascoltava la riunione a braccia conserte sulla soglia della porta, in allerta, in caso i Medicali l'avessero avvertito del risveglio dell'altra ragazza.

«Se fossero saltate fuori dalla scatola avrebbero avuto un punto in più... »

Minho capì all'istante, nei freddi occhi di Alby, che non credeva a una parola di ciò che l'estranea aveva dichiarato.

«Non ho intenzione di correre inutili rischi. Potrebbe trattarsi di una trappola dei Creatori... »

La sua bocca si strinse in una linea dura:

«Sbattetela nella Gattabuia. Lei e anche quell'altra, almeno finché non sapremo cosa farne.»

Minho si voltò verso di lui sbigottito.

Stava dicendo sul serio?

Non era del tutto convinto nemmeno lui di quella storia, ma non credeva neanche che due simili nanerottole potessero fare molto contro un gruppo di ragazzi grandi e grossi, anche se avessero voluto.

Da quando Alby era diventato così prudente da richiudere in Gattabuia due ragazzine inermi?

«Posso capire che tutta questa sploff puzzi di guai, ma credo che chiuderle al fresco sia un po' troppo.»

Minho incrociò le braccia, fissando poi ognuno degli Intendenti.

«Beh... »

Frypan si grattò il mento con fare pensoso:

«Perchè non le facciamo stare semplicemente al Casolare finché quell'altra si sveglia? I Medicali possono dare loro un occhio e avvertirci se fanno qualcosa di strano.»

Alby strinse i pugni lungo i fianchi, mentre i restanti Intendenti annuivano soddisfatti.

Alla fine, l'unica cosa che disse fu:

«Terrò io d'occhio quelle due.»

Nei suoi occhi scuri si poteva intravedere una scintilla di minaccia.

«Non serve che ti disturbi tanto, pive.»

Newt entrò nella stanza quel tanto da fulminarlo con gli occhi, prima di sparire in corridoio.

Minho gli gettò un'occhiata d'avvertimento, che il raduraio contraccambiò con altrettanta severità.

Il velocista gli si avvicinò proprio mentre nella stanza Alby usciva sbattendo la porta, troppo infuriato per dire altro.

«Toccale con un dito, razza di pive, e sarai un sacco di sploff in men che non si dica. Un sacco di sploff morto.»


* * *


«Quando pensate che si sveglierà?»

La ragazza dai capelli neri se ne stava seduta su una sedia accanto al letto dell'altra, sorseggiando un bicchiere di succo di mela.

Sebbene fossero passate quasi tre ore dal loro arrivo nella Radura e la notte fosse ormai lentamente calata su quella strana prigione, la giovane non aveva lasciato per un attimo il capezzale della compagna.

E in fondo, anche se avesse voluto, gli altri radurai non gliel'avrebbero mai permesso.

«Non lo sappiamo. Ma magari quando lo farà si ricorderà qualcosa... »

Minho fissò Newt con il sopracciglio alzato, con aria scettica:

«Ovvio, e sicuramente si risveglierà e come per magia saprà dirci qual'è il modo per uscire da questo sacco di sploff

Il biondo lo ignorò, per poi fissare la propria attenzione sulla ragazzina davanti a sé:

«Dovresti andare a mangiare qualcosa.»

Lei incrociò ancora le braccia con fare infastidito:

«Non mi muovo di qui finché non mi raccontate tutto. E comunque non ho intenzione di lasciarla da sola con un pervertito come te!»

Newt arrossì all'istante, ricordandosi del suo passo falso nel Labirinto, quando aveva sentito il battito del cuore alla ragazza.

Minho si lasciò sfuggire una risata, prima di avviarsi fuori dalla stanza.

«Ti giuro sul mio onore di pive che non la toccherà, ma ora andiamo a mettere qualcosa nello stomaco. Salvare il tuo bel culo mi ha stancato, perciò se vuoi sentire tutta questa sploff, seguimi.»


* * *


Con grande sollievo di entrambi, quando Minho e la ragazza raggiunsero la cucina, Frypan stava finendo di riporre del cibo avanzato nel frigorifero, solo.

Quando l'Intendente li vide, un sorriso gli apparve sulle labbra:

«Ma guarda chi abbiamo qui. Il L'eroe del giorno e miss Campanellino.»

A quel soprannome, la giovane si accigliò.

Per qualche strana ragione, il suo debole e ancora intontito cervello le diceva che Campanellino era un personaggio di fantasia, forse di un libro.

Magari di un libro che aveva letto.

Tuttavia, come del resto anche gli altri radurai, era incapace di contestualizzare quel ricordo.

«Certo pive, e chi se no? Comunque, quel branco di teste puzzone ha avanzato qualcosa per me e la nanerottola?»

La ragazza gli rifilò un pugno sul braccio, che il Velocista sentì appena.

Frypan sogghignò allo spettacolo, prima di indicare la credenza e il frigo.

«Ci dovrebbero essere ancora un paio di sandwich e un po' di frutta. Forse anche un po' di carne, se siete fortunati.»

Detto questo, si congedò con un cenno del capo, uscendo per andare a prepararsi per la notte.

Appena la giovane fu sicura che la porta dietro di lei fosse chiusa e il silenzio fosse il loro unico compagno, fissò i suoi occhi castani sul velocista di fronte a lei:

«Ok, ho aspettato fin troppo. Raccontami tutto.»

Quasi per farla stare più sulle spine, Minho aprì il frigorifero ignorandola con nonchalance, fingendosi concentrato nel scegliere la cena tra le confezioni di plastica accatastate nei vari ripiani.

Alla fine optò per dei sandwich prosciutto e maionese, un pezzo di salsiccia e delle carote crude.

«Allora?» lo spronò nuovamente lei, le braccia nuovamente incrociate in quella posa che ormai per Minho era diventata quasi famigliare.

Dopo aver ingurgitato in un sol boccone praticamente buona metà del sandwich, masticando lentamente, Minho finalmente si decise a risponderle:

«Viviamo qui nella Radura da quasi un anno e mezzo. Non abbiamo idea di come ci siamo arrivati o per quale ragione ci abbiano sbattuti qui. L'unica cosa che ricordiamo sono i nostri nomi... »

La ragazza si sedette di fronte a lui al malandato tavolo della cucina, gli occhi specchi di una curiosità senza limite.

«Quindi... »

«Quindi a quanto pare siamo sulla stessa barca.»

Minho incrociò il suo sguardo, nero come la notte.

«Alby potrà anche dire che tu e quell'altra siate una trappola dei Creatori, ma qualcosa mi dice che non è così.»

Lei strinse le labbra, abbassando la testa, un poco triste.

«Da quando siamo arrivate qui, gli altri ragazzi non hanno fatto altro che guardarci sospettosi e bisbigliare tra loro. Come se fossimo... »

Le parole le si bloccarono in gola.

Minho comprese che avesse paura ma che cercasse di nasconderla dietro un sorriso tirato.

Gli fece quasi tenerezza.

«Tieni, mangia qualcosa.»

Le porse il piatto dei sandwich e un paio di carote.

Lei ne assaggiò un pezzettino, quasi temesse che quel cibo fosse avvelenato.

La verità era che stava facendo del suo meglio per non trangugiarlo tutto in un colpo e fare la figura della morta di fame.

Il velocista sembrò capirlo, ma preferì continuare ad osservarla in silenzio, sorseggiando poi un bicchiere d'acqua fresca.

«Quindi... non ti viene in mente niente?»

La ragazza smise di masticare e dopo aver buttato giù il proprio boccone, gli chiese:

«Cosa?»

Minho alzò un sopracciglio:

«Non ti ricordi proprio... niente? Il tuo nome, dove sei stata prima di arrivare qui... qualsiasi cosa?»

Lei sembrò pensarci un attimo, socchiudendo gli occhi come se stesse facendo un grandissimo forzo mentale.

Una goccia di sudore le scivolò lungo la tempia, prima che dicesse:

«Io... credo che il mio nome fosse... Melissa.»


   
 
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