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Autore: The Galway Girl    14/06/2015    1 recensioni
Sono una scrittrice, o meglio ho scritto solo un libro due anni fa, una storia per bambini intitolato “Capitan Coraggio”, che si è venduto piuttosto bene. La casa editrice mi aveva assicurato che per il secondo libro avrebbe organizzato un lancio promozionale senza precedenti, spendendoci un sacco di soldi in modo da assicurarci più lettori possibili, ma la mia migliore amica mi ha comunicato una notizia che mi ha fatta sprofondare nella più profonda delle disperazioni.
I soldi non ci sono più, puf! Andati, spariti.
C'è un solo modo di recuperarli, che io vada di persona alla casa editrice a reclamarli. Unico ostacolo, non metto un piede fuori casa da cinque anni, così ho fatto ricorso ad un life coach che mi aiuterà a sconfiggere le mie paure. Riuscirò a riottenere il mio budget?
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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MERCOLEDI'



Stamattina mi sono svegliata insolitamente di cattivo umore, ho sbattuto ogni porta, lanciato qualsiasi cosa, ieri Charlotte mi ha nuovamente dato buca per una delle sue fiamme e più guardo la lavagna, più mi viene voglia di piangere.

Oggi dovrò toccare uno di loro, se penso che potrei capitare su un altro filippino incavolato mi vengono i brividi.

Ops, è vero, non devo catalogare.

Sono le 15.45, fra meno di due ore Enzo sarà qui a reclamare il suo resoconto e io non ho la più pallida idea di come fare a stabilire un contatto fisico con un perfetto sconosciuto.

Potrei “accidentalmente” andare a sbattere contro uno di loro, ma so già che il mio life coach non apprezzerebbe il mio approccio, lui vuole un contatto fisico vero e proprio, come quello che c'è stato tra di noi l'altro giorno.

Controvoglia mi trascino giù per le scale, arrivo all'ingresso e nella cassetta delle lettere trovo un'altra odiosa bustina rossa, come se il mio umore non fosse già abbastanza funereo.

La porta d'ingresso si apre ed entra Nadia, con un'espressione triste.

Potrei andare via, devo toccare un inquilino nuovo, lei l'ho già usata ieri, ma si accorge di me così sono costretta a salutarla.

< < Buongiorno > >

< < Virginia, salve > > mi dice con tono triste.

Lei fa qualche sospiro mentre controlla la posta e mi rivolge un sorriso.

< < Ehm > > dico schiarendomi la voce < < Tutto bene? > >

< < No, vedi, un'inquilina del palazzo è improvvisamente venuta a mancare > > mi spiega.

< < Oh > > mi limito a dire, anche mi dicesse di chi si tratta non l'avrei comunque mai vista.

< < La Signora Rosa, abitava al 4D > > mi racconta mentre con orrore noto che mi segue su per le scale

Ok, questa l'ho vista.

< < L'ho incontrata l'altro ieri > > dico confusa per evitare l'imbarazzo.

< < Soffriva di cuore poverina, adesso c'è la figlia nel suo appartamento, sta sistemando le sue cose > >

Per fortuna, penso, Nadia vive al secondo piano, mancano ancora poche scale.

< < E' stato lo stesso con tua nonna? > > mi chiede invece di entrare in casa trattenendomi.

< < No, mia nonna si è solo trasferita, non è morta > > taglio corto.

< < Non ti sei occupata tu delle sue cose? Adesso vivi tu nel suo appartamento > > mi chiede.

< < No, se n'è occupata mia madre, poi sono subentrata io > > dico guardando distrattamente il cellulare per farle credere che vado di fretta.

< < Organizzeremo una veglia nei prossimi giorni > > mi dice tirando finalmente fuori le chiavi.

Bello, dovrei invitare Charlotte.

< < Vado a presentare le condoglianze > > dico per svignarmela.

< < Ok, ci vediamo! > > mi risponde un po' meno triste.

Salendo le scale mi rendo conto che la scusa che ho appena usato con Nadia può andare benissimo per il compito di oggi.

Quale motivo migliore per toccare una persona se non per farle le condoglianze?

Suono al campanello del 4D e attendo.

Mi apre una signora sulla quarantina con un vestito a fiori che mi rivolge un sorriso

< < Si? > >

Accidenti, dovrebbe essere atterrita dalla perdita, invece sembra che sia qui per il matrimonio della sorella.

< < Buongiorno, mi chiamo Virginia, abito qua sopra, ho saputo della Signora Rosa > > dico mettendo

su un'espressione il più possibile contrita.

< < Oh, certo adesso le chiamo Roberta, io sono una sua collega, sono qui per darle una mano > > mi spiega.

Torna in casa lasciando la porta aperta e la sento borbottare qualcosa.

Dopo pochi istanti vedo venire verso di me una signora in tuta con le spalle curve e un fazzoletto di stoffa a quadri in mano.

Mi guarda e con orrore noto che sta singhiozzando e ha gli occhi rossi.

< < Ehm, salve > > dico cauta < < Sono qui per porgerle le mie più sentite condoglianze per sua madre. > >

La signora mi guarda e scoppia a piangere.

Io rimango impietrita, so che dovrei toccarla, ma nessun muscolo del mio corpo sembra voler obbedire.

Non mi sono mai ritrovata in una situazione del genere, non ho mai dovuto consolare nessuno, i miei nonni sono tutti vivi e vegeti, o quasi, e l'unica volta in cui ho visto piangere Charlotte è stato quando abbiamo guardato insieme “I segreti di Brokeback Mountain”.

Con tutte le mie forze tendo un braccio e le afferro il polso della mano che regge il fazzoletto, lei per tutta risposta mi afferra e mi serra in un abbraccio che mi toglie il respiro.

Trattengo il fiato più che posso, questa sconosciuta mi sta letteralmente singhiozzando sulla spalla, le mie braccia sono rigide lungo i fianchi e il mio cuore batte all'impazzata.

Mi trovo costretta a respirare e inspirando noto con sollievo che la signora ha un buonissimo odore, sarebbe potuta andarmi peggio.

Non so per quanto rimaniamo così, almeno un paio di minuti.

< < Oh, per l'amor del cielo, Roberta, lascia andare quella povera ragazza! > > la collega accorre in mio aiuto < < Non puoi continuare ad abbracciare tutti quelli che suonano alla porta. > >

La signora col vestito a fiori mi scolla di dosso l'amica che mi dice < < Grazie di essere passata, lo apprezzo molto > >

< < Si figuri > > dico indietreggiando per paura di un nuovo abbraccio.

Le due donne tornano in casa e io salgo le poche scale che mi separano dal mio appartamento con le gambe molli.

Manca mezz'ora all'arrivo di Enzo e io devo ancora scrivere il mio dettagliatissimo resoconto che però temo sarà molto conciso dato il tempo.

Alle 17 in punto premo il pulsante che apre il portone e lui non ha neanche bisogno di suonare che la porta è già aperta.

< < Ciao Virginia… > > comincia lui.

< < Si è andata bene e ho svolto il compito > > lo interrompo io.

Senza aggiungere altro prende il quaderno e legge il resoconto.



Oggi Nadia mi ha comunicato che un'inquilina del palazzo è improvvisamente venuta a mancare. Era molto triste quando me l'ha detto, ma io, non conoscendo la signora, non ho provato gli stessi sentimenti.

Mi sono recata nel suo appartamento per presentare le mie condoglianze alla figlia, lei era molto scossa e piangeva a dirotto.

Io mi sono sentita un po' a disagio, le ho preso una mano per consolarla e lei mi ha stretto in un abbraccio che mi ha lasciata senza fiato.

Era da molto tempo che qualcuno non mi abbracciava, ma non ho ricambiato il gesto, sono rimasta immobile e ho lasciato che la signora si sfogasse.

Non ho cercato di consolarla, non sapevo come comportarmi, non mi aspettavo di ritrovarmi in una situazione del genere, e quando la signora mi ha lasciata andare mi sono sentita sollevata.



Mentre Enzo legge ad alta voce capisco di essermi data la zappa sui piedi da sola.

Non avrei dovuto scrivere che ero sollevata di essermi scollata di dosso la figlia, crederà che ho il cuore di ghiaccio.

< < Bé, per lo meno sei stata sincera, lo apprezzo > > osserva lui invece.

< < Sul serio? > > chiedo incredula.

< < Si, non mi aspettavo certo che tu ti mettessi a consolarla dandole pacche sulla schiena > > ammette.

< < Allora va bene? > > chiedo tanto per essere sicuri.

< < Chi è la signora? > > mi chiede ignorando la mia domanda.

< < Quale? > >

< < Quella che è morta > >

< < Ehm, Nadia non me l'ha detto > > dico in fretta.

Che idiota, ma che risposta è?

< < Ma se sei andata a fare le condoglianze > > mi guarda lui allibito.

< < Ok, è la signora del 4D > > confesso, mi ero premurata di non sottolineare questo dettaglio nel mio resoconto.

Noto che lui mi guarda in modo strano.

< < Cosa c'è? > >

< < Niente, ma l'altro ieri lei ti sbatte la porta in faccia e poco dopo muore > > osserva.

< < Non crederai mica che l'abbia uccisa io! > > esclamo esterrefatta.

< < Cosa? Certo che no! > > ribatte lui basito < < Ma ricordi cosa ti ho detto ieri? > >

Io ci penso un po', ricordo di cosa abbiamo parlato ieri, ma non capisco a cosa si riferisce.

< < Ti ho detto che la signora avrà avuto i suoi buoni motivi per sbatterti la porta in faccia, e data la situazione attuale, probabilmente stava già male > > mi spiega lui.

Guardo il pavimento come un bambino beccato con la mano nel vaso dei biscotti.

< < Devo dirti che avevi ragione? > > chiedo.

< < No, perché lo so che ho ragione > > dice lui compiaciuto spuntando anche il “mercoledì”. < < Domani devi fare un invito > > aggiunge controllando la lavagna.

< < Non vedo l'ora! > > dico fingendomi entusiasta.

Lo scorto fino alla porta e poi accendo il portatile, con tutti questi compiti sono indietro col lavoro.

Odio doverlo chiamare “il mio lavoro”, ma perlomeno mi permette di pagare le bollette.

Charlotte non si presenta neanche oggi, due sere di fila, dev'essere una storia seria.

Ceno con la solita pizza surgelata e mi infilo nel letto.

All'improvviso mi rendo conto di aver saltato il mio rituale della sera, non mi sono spalmata il latte detergente e non ho ripetuto il mio mantra.

Lo farò domani.










note dell'autrice:

Ciao a tutti! Ecco un nuovo capitolo delle disavventure di Virginia! Dato che sto scrivendo questo racconto man mano che lo pubblico purtroppo non sono molto veloce nell'aggiornare... Cosa ne pensate del "formato" del racconto, giorno/compito? Vi sembra ripetitivo, noioso? Fatemelo sapere, questo è un vero e proprio esperimento per me, ogni consiglio è ben accetto! Grazie!


  
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