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Autore: SkyDream    14/06/2015    5 recensioni
Una notte Heiji Hattori si alza senza fiato, Kazuha è scomparsa e apparentemente non si può fare nulla se non aspettare che accada qualcosa.
Quella stessa notte una nuova spia entra nell'Organizzazione con l'intento di far fuori Toyama, Hattori e suo figlio.
Qui comincia l'ultimo caso di Heiji, che si ritroverà a scoprire cosa significano veramente le parole coraggio, amore e speranza.
Genere: Avventura, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Heiji Hattori, Kazuha Toyama, Un po' tutti | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Raccolta storie su Heiji e Kazuha'
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Without you- The Last Case of Heiji Hattori-

Chapter IV
 
«Devono essersi messi in qualche casino, ne sono certo…» Toyama giocherellava con una matita sul tavolo continuando a farla rimbalzare.
«È stata certamente un’esplosione, spero che stiano bene, dobbiamo intervenire al più presto.» Il signor Hattori accavallò le gambe abbassò lo sguardo verso terra, adorava suo figlio per quanto si sforzasse di nasconderlo.
«Stanotte stesso, dobbiamo intervenire con tutte le squadre possibili…è l’unico modo che abbiamo.» Esclamò l’altro senza prendere la matita che rimbalzò e finì a terra ai piedi dell’uomo davanti a sé.
«No, non possiamo rischiare di perdere i nostri uomini, attaccheremo stanotte ma da soli. Heiji e gli altri sono ancora vivi ma…la faremo pagare comunque a Kobashi.» Hattori sorrise e prendendo la matita tra le mani la spezzò in due. Era ora di agire.
***
«Sei riuscita a dormire?» Chiese Heiji alla ragazza, l’altra si continuava a strofinare gli occhi.
«Non molto in verità, che ore sono?» Si alzò la giacca sulla spalla e sentì un brivido sulla schiena, l’aria notturna la pungeva.
«Sono quasi le tre, Shinichi dorme ancora, doveva essere molto stanco.» Heiji passò una mano sui capelli di Kazuha e poi si alzò a svegliare il suo amico.
«Perché li hai tagliati così corti?» Chiese prima di allontanarsi. Ma non ricevette risposta.
Shinichi si svegliò quasi subito, non era riuscito a prendere il sonno profondamente, si alzò e aprendo la porta si accorse che non era rimasto nulla del magazzino se non una striscia invisibile di pavimento che collegava la loro stanza a un corridoio.
«Siamo rimasti senza telefono perché il mio è scarico, ci tocca basarci sul nostro intuito e sulla nostra fortuna. Chi di voi ha fortuna?» Chiese Shinichi. Voltandosi trovò i due ragazzi con i volti anneriti e i vestiti ridotti a stracci che a stento stavano in piedi.
«Okay, domanda stupida.» Si arrese cominciando a camminare sul bordo del muro per arrivare all’altro corridoio.
Kazuha rimase a fissare i piedi che camminavano lenti e insicuri sulle piastrelle scivolose di polvere. Era saltato in aria anche il tettuccio di ferro, l’aria fredda scuoteva i capelli corti e le solleticava il collo.
«Vieni…» Heiji le prese il lembo della giacca e la trascinò con sé, non l’avrebbe più lasciata sola.
 
Il corridoio era illuminato dai soliti neon, una miriade di stanze si stagliavano ai lati, Shinichi prese un bel respiro prima di entrare e, silenzionsamente, arrivare fino alla fine del corridoio.
«Dobbiamo scendere al piano di sotto, la terza porta sulla destra è l’ufficio di Kobashi.» Sussurrò la ragazza senza opporsi alla mano di Heiji che sfiorava la sua appena mentre teneva stretta la manica.
Il detective dell’Est scese un paio di scalini, controllò che la pistola fosse al suo posto e poi scese un gradino ancora. Uscì il telefono e lo fissò un momento solo, non poteva permettersi di morire. Come avrebbe fatto Ran? Aveva già sofferto tanto per colpa sua.
«Kudo…» Lo chiamò il suo amico facendolo voltare. «Ne usciremo, ora concentrati e quando tornerai a Tokyo sarà terminato tutto.»
Era assurdo come Hattori avesse il potere di leggergli il pensiero e riuscire anche a rassicurarlo.
 
Nell’ufficio Kobashi riposava sulla poltrona, il sigaro sul portacenere lasciava intuire che dovesse essersi addormentato da poco.
I tre ragazzi si nascosero sotto il tavolo, Heiji stavolta prese la mano di Kazuha con decisione e la tenne stretta stando attento a non farle male.
«Cosa pensi di fare?» Grugnì l’uomo alzandosi dalla poltrona come se non avesse mai dormito.«Ti ho visto, mini-Hattori, sei nascosto sotto il tavolo. Hai lasciato fuori i tuoi amici?»
Heiji sentì i passi di Kobashi farsi più vicini, se avesse guardato sotto il tavolo avrebbe scoperto anche Kazuha e Shinichi. Non poteva correre questo rischio.
Lasciò lentamente la mano della ragazza e si alzò scoprendosi al rischio.
«Hai un ottimo udito, sei molto attento ed evidentemente avevi anche capito che ero sopravvissuto all’esplosione. I miei complimenti.» Heiji si avvicinò, uscì la pistola e la puntò verso Kobashi, sentiva il sangue defluire e poi salire, sentiva le mani pulsare.
«Ridicolo, tu che sei il figlio del famoso  Heizo Hattori, con una pistola in mano. Cerchi di prendermi in giro?» Rise quello uscendo a sua volta una pistola che, chissà quante volte, aveva già ucciso.
«Credi di essere più veloce di me?» Chiese quello togliendo la sicura, girò la pistola verso il petto del ragazzo che guardò attentamente dietro il tavolo, Shinichi puntò la pistola verso la coscia dell’uomo, pronto a sparare.
«Non puoi farlo, Shinichi! Lo ucciderà!» Kazuha aveva gli occhi lucidi, prese per il braccio il suo amico e provò a convincerlo, ma lui era deciso.
«Raggiungerai i tuoi amici, Hattori.»
Kazuha scattò verso il suo amico, sapeva che non si sarebbe mosso dalla traiettoria. Non poteva perderlo, non ora.
Heiji si ritrovò il corpo dell’amica addosso, istintivamente lo spostò e muovendosi il proiettile arrivò a colpirgli lo stomaco anziché il cuore. Si strinse a Kazuha e urlò di dolore portando la mano alla ferita.
Shinichi sparò due colpi alla coscia dell’uomo che cadde a terra perdendo la pistola dalle mani.
«Ora hai finito, brutto bastardo.» Urlò il detective mentre lo legava con un pezzo di corda.
La porta saltò via con un botto e finì a terra, Hattori e Toyama entrarono nella stanza e si stupirono di trovare Heiji agonizzante e Kobashi a terra tramortito.
I due si divisero, Heizo prese per i capelli il criminale e lo portò fuori dove  lo fece entrare in una macchina della polizia, era stato finalmente catturato.
 
«Heiji, ti prego rispondi…Heiji…» Kazuha si era tolta ciò che restava della giacca e tentava disperatamente di fermare l’emorragia. Piangeva e carezzava il petto del ragazzo, piangeva forte.
«Kazuha, ci penso io. Va’ a casa, va’ via di qui.» Le ordinò suo padre prendendo in braccio il corpo inerme del ragazzo, perdeva sangue e non si muoveva, gli occhi erano socchiusi.
«No, voglio andare con lui! Non scapperò di nuovo, non voglio abbandonarlo così.» Urlò mentre la stanchezza e la paura non le permettevano nemmeno di stare in piedi.
Ginshiro portò via Heiji su un’autopattuglia, il rumore della sirena che si allontanava fu l’ultima cosa che sentì prima che Shinichi la prendesse per le spalle. Non se n’era accorta ma era in ginocchio accanto al posteggio dove fino a pochi secondi prima c’era la macchina. Aveva lottato per andare con lui e non ci era riuscita. Non era riuscita a stargli accanto.
Urlò il nome del ragazzo a gran voce, battè i pugni anneriti sull’asfalto e lasciò che grosse lacrime le togliessero la polvere dal viso. Quando Shinichi la abbracciò per consolarla chiuse gli occhi e lasciò che la stanchezza la vincesse.
 
Quando si risvegliò era su una macchina e vedeva le strade di Osaka sfrecciare accanto a sé.
«Dove stiamo andando?» Chiese mentre si teneva la fronte, il dolore alla testa era insopportabile.
«Da Heiji, mi pare ovvio, ho trovato un cambio femminile decente nell’armadio di Kobashi, non chiedermi cosa ci faceva là dentro, ma almeno è pulito.» Rispose Shinichi cambiando marcia e premendo sull’accelleratore, non c’era molto traffico alle cinque del mattino.
«Da quando guidi?» Chiese lei per distrarsi, non voleva pensare a Heiji prima di averlo visto.
«Mai fatto prima, mio padre provò a insegnarmelo alle Hawaii ma fu l’unica cosa che non riuscì a imparare. Consolati, di questo passo arriveremo presto all’ospedale.» Le disse quello con un sorriso, l’idea che fosse finito tutto e che presto avrebbe riabbracciato Ran lo faceva stare bene.
L’unica cosa che lo amareggiava era sapere che suo fratello in quel momento fosse certamente sotto i ferri. Non doveva abbattersi, era già sopravvissuto a una cosa simile, perché non avrebbe dovuto farcela questa volta?
«Kazuha, sei stata molto coraggiosa. Ti ammiro molto, lo sai?»
«No…non lo sapevo…»
 
Si era cambiata velocemente e aveva bevuto una tazza abbondante di the caldo prima di vedere Heiji, sapere che stava bene l’aveva tranquillizzata e gli infermieri erano stati chiari: se voleva entrare in camera doveva prima farsi medicare e riprendersi, in fondo era fuori pericolo e stava dormendo.
Quando entrò nella stanza si sedette sul letto e provò a chiamarlo, ma non rispondeva.
«Heiji, sono io! Svegliati, ti prego!» Lo chiamava lei, ma quello sembrava dormire alla grossa.
Kazuha sfiorò le sue mani e poi le strinse, sospirò e rimase così qualche secondo.
Heiji poi sorrise, aprì un occhio e poi l’altro guardandola sornione.
«Mi aspettavo almeno un bacio!» Esclamò ridendo, Kazuha non si mosse e rimase a guardarlo mordendosi un labbro.
Heiji si mise seduto a fatica, le passò una mano dietro le spalle e l’avvicinò a sé.
«Scusami…non volevo metterti in questo casino.» Disse lei mentre poggiava il mento sulla spalla del suo amico.
«Non chiedermi scusa, volevi proteggermi e lo hai fatto. Meglio avere un foro in pancia piuttosto che saltare in aria come avevano programmato…non che non abbai rischiato comunque. Per un momento ho pensato che questa sarebbe stato il mio ultimo caso…» Lui le carezzò i capelli corti, era un vero peccato che se li fosse tagliati, erano così belli.
«Ti ho promesso che te l’avrei detto quando saremmo usciti…bhe, Heiji, vedi io…» Kazuha si allontanò da lui, allontanò la sua mano da quella dell’amico e lo guardò negli occhi.
Azzurri, come il mare…profondamente azzurri.
«Mi piaci, Heiji, ma non mi piaci come potrebbe piacermi un vestito o un dolce…tu..ecco…»
«Ti amo, Kazuha, ti amo follemente. E se non l’hai capito quando ti ho baciata questa notte, allora mi toccherà spiegartelo nuovamente.»
Le sfiorò il viso con l’unica mano libera da mollette mediche e strumenti vari, poi si avvicinò e le sfiorò le labbra lentamente, la baciò profondamente e stavolta la sentì sorridere sulle sue labbra.
Sarebbe rimasto tutta la vita a baciarla, letteralmente, non avrebbe mai smesso…mai mai.
Lei prese a carezzargli i capelli e a spingerlo ancora di più verso di sé. Lo amava, ecco cosa voleva dirgli, che lo amava come non aveva mai amato nessuno. Che lo amava con il cuore e con l’anima, che tutta sé stessa lo amava, anima, mente e corpo. Lei ormai era sua.
«Credo di non aver ancora afferrato il concetto, Heiji. Come insegnante sei proprio pessimo, ti toccherà spiegarmelo molto spesso.» Sussurrò lei mentre arrossiva.
«Se te lo spiego nuovamente arriveranno i medici preoccupandosi per la tachicardia, poi lo spieghi tu cosa è successo?» Rispose abbracciandola forte, quel bacio era molto meglio di mille anestesie.
«Perché no?»
 
Lontano da lì, a Tokyo, Ran venne svegliata all’alba da un continuo bussare alal finestra…al secondo piano?
Aprì la porta e si ritrovò Shinichi con i vestiti a brandelli e il viso annerito dalla polvere e dalla terra.
«Santi Numi! Shinichi?!» Esclamò aprendo la porta e facendolo entrare, il ragazzo non le diede nemmeno il tempo di chiudere la porta che già l’aveva presa per i fianchi per farla volteggiare in aria e poi stringerla come non aveva mai fatto.
«Shinichi…cosa ti è successo?» Chiese ancora sconvolta e senza provare a staccarsi dall’abbraccio, non ci sarebbe comunque riuscita.
«Ho messo al fresco quel criminale che mi ha portato lontano per così tanto tempo, è finita Ran. E’ finita! Ho preso il primo treno da Osaka e ho corso fino a qui per non aspettare l’autobus e dirtelo immediatamente.» Esclamò prendendole il viso e baciandola all’improvviso senza smettere di sorridere.
Inizialmente la sentiva tesa, ma poi sentì la sua bocca prendere il sopravvento e ricambiare il bacio con una gioia che non avrebbe mai immaginato.
Ora che era finito tutto poteva stare con lei, nessun criminale l’avrebbe più allontanato così.
 


 
   
 
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