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Autore: Juuri    14/06/2015    5 recensioni
Diciassette sono gli anni che portano con sé amori eterni e fragili come il cristallo, passioni arroventate che sfumano in fumo alla prima goccia di pioggia. Sono il desiderio di provare cose nuove e la consapevolezza di essere nel fiore di un'adolescenza che regala la propria parte migliore proprio quando è al culmine della sua fine.
Diciotto è l'età che Shiho aveva e che non sente di avere, perché lei l'adolescenza non l'ha mai vissuta, e Ai Haibara rappresenta un'infanzia che le è stata strappata troppo presto per essere anche solo assaporata. È un'età che si è sorpresa a vivere nelle vesti di una bambina, con sensazioni suscitate da un ragazzo con il quale ha condiviso quell'amaro scherzo del destino.

Di parole non dette e vuoti tra i passi, in una festività troppo frivola per entrambi.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Shiho Miyano/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il vuoto tra i loro passi.


- Oggi è San Valentino.
È solo una constatazione, la sua, intrisa di un tono derisorio che avrebbe fatto zittire qualunque sostenitore di quella ricorrenza. Una frase lasciata cadere per colmare il vuoto che c'è tra i loro passi, nei secondi in cui la suola si stacca dal terreno e a riempire il silenzio non c'è nulla. Ma, oltre ad essere solo quello, è anche una frase cascata con l'intento di stuzzicare la sua attenzione, pur consapevole che lei non l'avrebbe mai colta.
È una mela caduta da un albero e lasciata a marcire su un terreno d'erba.
- Che festa stupida.
Infatti. Consapevole di quale sarebbe stata la sua risposta, lascia che un sorriso scivoli su un volto troppo giovane per tanta arroganza. A volte, nemmeno quei grandi occhiali riescono a nascondere la cognizione che i diciassette anni hanno portato con sé. Eppure, Shinichi Kudo ha ancora gli occhi di un bambino, un dono che precedeva la sua trasformazione in Conan Edogawa.
È una vittoria con se stesso anche stavolta. L'aveva visto quando, quella mattina, lei aveva storto il naso in una smorfia davanti ad un pacco a forma di cuore – ovviamente, non era stata altrettanto restia nel mangiarne i cioccolatini all'interno.
“Sarebbe un peccato buttarli”, si era giustificata, “Un regalo è pur sempre un regalo”.
- Credi che l'amore renda stupidi? - domanda. Non sa nemmeno lui perché, domanda e basta. Forse, lo fa per scorgerla mentre inclina appena la testa e i capelli le scivolano via dal viso. Lo fa perché in quelle circostanze Ai si gira a guardarlo negli occhi, per capire se è serio o si sta prendendo gioco di lei, se lo rende diverso il fatto che, adesso, ha tutta la sua attenzione.
- Sì. - conferma. - È quello che penso.
Diciassette sono gli anni che portano con sé amori eterni e fragili come il cristallo, passioni arroventate che sfumano in fumo alla prima goccia di pioggia. Sono il desiderio di provare cose nuove e la consapevolezza di essere nel fiore di un'adolescenza che regala la propria parte migliore proprio quando è al culmine della sua fine.
Diciotto è l'età che Shiho aveva e che non sente di avere, perché lei l'adolescenza non l'ha mai vissuta, e Ai Haibara rappresenta un'infanzia che le è stata strappata troppo presto per essere anche solo assaporata. È un'età che si è sorpresa a vivere nelle vesti di una bambina, con sensazioni suscitate da un ragazzo con il quale ha condiviso quell'amaro scherzo del destino.
Da quando ha imparato a conoscerla come le proprie tasche, Conan aveva compreso che c'è troppo riflesso di donna in lei per quel piccolo corpo fasullo. Il sole ha lasciato in regalo raggi solitari che disegnano un tramonto e si rispecchiano nei capelli ramati di Ai. Lei li immagina mentre si perdono sul mare, che adesso ha i loro colori. Ma ha vissuto talmente tanto tempo con i piedi ancorati al terreno da lasciarsi scappar via quella visione prima ancora che riesca ad afferrarla - in fondo, è consapevole della sua vana illusione.
- Haibara... - Conan pronuncia solo il suo cognome, ma le parole si perdono col vento e la maschera che l'ha segnato si sgretola dinanzi all'incapacità di formulare una frase. Ai si ferma e lo guarda, solleva un sopracciglio e gioca quell'espressione un po' seccata di chi vuole ricevere una risposta senza girarci intorno.
“Se guardi tutti così, non c'è da sorprendersi se nessuno crede che tu possa davvero essere una bambina”, si ritrova a pensare.
Eppure...
Conan tace e rimangia parole non dette prima che queste possano sfuggire al proprio controllo. Odia quell'influenza che Ai ha su di lui: quella sensazione che lei sia l'unica in grado di farlo sentire stupido, imbarazzato, di lasciarlo senza parole.
- Ehm... torniamo a casa.
E l'unica che sa cosa vorrebbe dire prima ancora che lui lo dica.
- Sei davvero un idiota, Kudo.

C'è una sottile differenza tra amare ed essere amati. Conan crede che chi sia amato, ami incondizionatamente. Come se quel sentimento - l'Amore - si riversasse in uno specchio per poi tornare al mittente. Ai, invece, pensa che colui che ama non sia sempre amato, che l'amore sia da stupidi e motivazione d'esser deboli. Ma è un'adulta - una ragazza marchiata da un nero troppo intenso per chiunque - nel corpo di una bambina, ed è impossibile non esserne travolti. L'ha capito quando ha ricominciato a vivere. A diciott'anni non si è mai stati così giovani.
Il rumore dei loro passi è riempito da un silenzio diverso, adesso. Da sguardi che tacciono ciò che le parole non hanno mai avuto la forza di dire.
E forse da una nuova consapevolezza, e cognizione di un amore che da sempre avevano sottovalutato.
 

  
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