SANZO/GOKU
- Quella
volta che Goku riuscì a far sorridere Sanzo
«Saaaanzooooooo!
Io mi annoio!»
«Chiudi
il becco, scimmia, devo lavorare.»
Faceva
un caldo torrido quel pomeriggio di metà giugno, l'aria era
immobile
e in tutto il tempio sembrava non esserci nessuno; erano ormai tre
giorni che
Sanzo lavorava ininterrottamente, concedendosi solo rarissime pause non
più
lunghe di un paio di minuti durante le quali non poteva comunque stare
appresso
a Goku e alla sua noia. Il più delle volte si limitava ad
ignorarlo o a
rispondere a monosillabi, raramente con una frase completa e un po'
più
articolata.
«A
cosa lavori?» chiese, pensando che così almeno
avrebbe avuto per un po'
la sua attenzione.
«Niente
che ti riguardi» rispose il bonzo, secco.
«Magari
no, ma dev'essere qualcosa di brutto vista l'espressione che
hai.»
L'aveva
detto senza rifletterci e, anche se non era una novità, per
un
attimo appena Sanzo ne fu colpito.
«Che
vuoi dire?»
«Che
non sorridi, quindi non può essere una cosa bella»
spiegò il demone,
col suo solito candore disarmante.
«Ti
risulta che io sorrida spesso?»
«No,
ma ogni tanto, quando stai bene, qualcosa brilla di più
sulla tua
faccia, e a me piace pensare che quello è il tuo modo di
sorridere. Ora però non
lo stai facendo.»
Sanzo
non rispose subito. Goku non aveva torto: lui era un giovane bonzo,
molto più piccolo di tutti i vecchiacci che abitavano al
tempio e che avevano i
volti sfregiati dalle rughe causate da anni di espressioni accigliate e
parole
di disapprovazione verso tutto ciò che li circondava. Stava
davero facendo
anche lui quella fine?
«Beh,
ti sei risposto da solo» disse poi, dopo quelle riflessioni.
«E
comunque sorriderò quando sarà
indispensabile.»
«Quel
giorno spero di esserci» esclamò Goku, eccitato.
«Anzi, te lo
prometto: io ci sarò e ti vedrò
sorridere!»
MOLTI
ANNI DOPO
Lasciato
l'ultimo villaggio in cui si erano riparati per la notte, Sanzo e
i suoi si erano rimessi in viaggio da un paio d'ore quando subirono
l'ennesimo
attacco da parte di un gruppo di demoni impazziti. Riuscirono a
mettersi in
salvo a suon di pallottole sparate e colpi di energia spirituale,
mentre Gojyo
guidava come un matto in mezzo agli alberi del bosco in cui si
trovavano. Goku
era stato colpito alla testa ed era svenuto: mossa saggia da parte di
quei
vermi, che evidentemente conoscevano la potenza superiore del Saiten
Taisei e
avevano pensato di di annientare subito la minaccia maggiore.
«Sanzo,
sono troppi» urlò Hakkai, nel frastuono di
battaglia e motore.
«Fermiamoci
tra quei cespugli, dobbiamo combattere tutti!»
Gojyo
parcheggio la Jeep senza troppa grazia e richiamò la sua
arma, ma più
passavano i minuti e più la situazione volgeva a vantaggio
dei nemici.
«Dobbiamo
svegliare Goku, ci deve pensare lui!»
«Ma
Sanzo, come facciamo? Non ci daranno il tempo di rianimarlo!»
constatò
giustamente il mezzo demone.
«Non
ce n'è bisogno» e, mentre lo diceva, il monaco
tolse la tiara dalla
fronte del dormiente.
Non
passarono neanche un paio di secondi prima che due grandi occhi gialli
si spalancassero: Goku si era svegliato, e con lui anche il temibile
Saiten
Taisei. Si rimise in piedi con un salto, come se fosse perfettamente
fresco e
riposato, e cominciò a fare strage di demoni, terrorizzati
dal vederlo
scatenato più che mai.
Sanzo,
Hakkai e Gojyo avevano combattuto strenuamente per almeno venti
minuti, ma a Goku ne bastarono tre per annientare l'intero gruppo;
finito con
quegli scatti demoniaci e non ancora sazio di sangue e morte, si volse
infine
verso i suoi stessi compagni di viaggio, che in momenti come quello non
riconosceva.
Gojyo
fu il primo ad avventarglisi contro nel tentativo di fermarlo, quindi
fu anche il primo ad essere messo a tappeto, scaraventato a dieci metri
di
distanza con un solo calcio; Hakkai non fece una fine tanto diversa,
raggiungendo il rosso dopo aver resistito solo qualche secondo in
più; restava
solo Sanzo, che si rifiutava categoricamente di avere paura di una
stupida
scimmia. Goku atterrò anche lui, ma invece di scaraventarlo
lontano cominciò a colpirlo
violentemente, tenendolo bloccato a terra con tutto il suo peso.
Mentre
pensava che quella era davvero una pessima giornata, non si sa come
gli tornò in mente un afoso pomeriggio di troppi anni prima,
quasi il ricordo
di un'altra vita, e il poco tempo che aveva dedicato ad ascoltare le
parole di
un Goku annoiato e chiacchierone come al solito.
«Ehi,
scimmia, ricordi?» gli chiese allora, senza un
perché. «Avevi detto
che ci saresti stato quando avrei sorriso...»
E
lo fece: Goku si era bloccato un secondo quando si era sentito
chiamare,
e Sanzo allungò le labbra in un sorriso. Lo sguardo
animalesco si placò
all'istante, mentre due dita dagli artigli affilati si allungarono fino
a
posarsi su quell'espressione rara e bellissima. La mano di Sanzo fece
uno
scatto, bloccandogli il polso.
«Sì,
ma tu dove sei, Goku? Avevi detto che ci saresti stato per vedermi
sorridere... andiamo, mantieni la tua parte di promessa!»
urlò infine,
guardando dritto in quegli specchi d'ambra.
La
coscienza di Goku fu scossa nel profondo da quelle parole e da quel
sorriso, finché il suo io non riemerse facendolo tornare in
sé.
«Sanzo...»
sussurrò, la voce impastata, il tono spaesato, il cuore che
batteva forte perché lui... «Stai
sorridendo...?»
Non
voleva sapere perché si trovassero in un bosco, dove fossero
Gojyo e
Hakkai, cosa fosse successo, perché lui era steso a terra
ricoperto di sangue e
lo tenesse fermo per un polso; no, in quel momento era più
importante il
sorriso di Sanzo.
«Ti
dissi che lo avrei fatto quando sarebbe stato indispensabile... ben
tornato, Goku.»